RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Milano ha riformato la pronuncia di condanna emessa in data 22 febbraio 2021 dal Tribunale di Milano nei confronti di G.B., per il reato di cui all'art. 642 c.p., dichiarando non doversi procedere essendo il reato estinto per intervenuta prescrizione, ferme restando le statuizioni civili.
2. Ha proposto ricorso per cassazione G.B., a mezzo del proprio difensore, per quanto attiene ai soli interessi civili, articolando un unico motivo di impugnazione, diretto a eccepire, sotto il profilo della violazione di legge (art. 124 c.p.p.) e del vizio di motivazione, l'improcedibilità del reato per tardiva presentazione della querela.
In particolare, secondo la difesa, a fronte di un fatto commesso - come da contestazione - il (Omissis), non potrebbe reputarsi tempestiva la querela proposta solo il (Omissis), tenuto conto del fatto che la falsità della certificazione medica era stata accertata il (Omissis) e la relazione investigativa riportava la data del (Omissis) (di modo che nessun peso poteva darsi, a fini della decorrenza del termine, al timbro con l'attestazione di "pervenuto" alla sede centrale, mero atto interno, recante la data del (Omissis)).
3. Si è proceduto con trattazione scritta, ai sensi dell'art. 23, comma 8, D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito nella L. 18 dicembre 2020, n. 176 (applicabile in forza di quanto disposto dall'art. 94, comma 2, decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, come modificato dal D.L. 22 giugno 2023, n. 75, art. 17).
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
1. Il ricorrente, non senza evocare in larga misura censure in fatto non proponibili in questa sede, si è per lo più limitato a riprodurre le stesse questioni già devolute in appello e da quei giudici puntualmente esaminate e disattese, con motivazione del tutto coerente e adeguata che non è stata in alcun modo sottoposta ad autonoma e argomentata confutazione (cfr., tra le molte, Sez. 6, n. 11008 del 11/02/2020, Bocciero, Rv. 278716; Sez. 2, n. 42046 del 17/07/2019, Boutartour, Rv. 277710; Sez. 2, n. 11951 del 29/01/2014, Lavorato, Rv. 259425).
2. In particolare, quanto alle censure relative alla asserita tardività della querela, la Corte di appello ha chiarito, nella pienezza della giurisdizione di merito e richiamando il principio di diritto reiteratamente espresso da questa Corte regolatrice, che "il timbro di ricezione della relazione investigativa presso la sede legale della società , della cui genuinità non vi è motivo di dubitare, è l'elemento pacificamente idoneo a determinare l'inizio della decorrenza del termine di cui all'art. 124 c.p., in quanto con il deposito della relazione il titolare del diritto è messo a conoscenza dei fatti" (pp. 2-3).
2.1. Questa conclusione, ancorata a precisi dati processuali, è coerente con il tradizionale orientamento di legittimità sul punto, secondo la quale il termine per proporre querela comincia a decorrere dalla data di piena cognizione del fatto-reato, nella sua dimensione oggettiva e soggettiva, da parte dell'interessato, sulla base di elementi seri e concreti, non avendo rilevanza il mero sospetto (Sez. 2, n. 37584 del 05/07/2019, Di Lorenzo, Rv. 277081; Sez. 6, n. 3719 del 24/11/2015, dep. 2016, Saba, Rv. 266954. Peraltro, la prova del difetto di tempestività della querela resta a carico di chi ne deduce la tardività , di modo che deve ritenersi tempestiva la proposizione della querela, anche quando vi sia incertezza se la conoscenza precisa, certa e diretta del fatto, in tutti i suoi elementi costitutivi, da parte della persona offesa sia avvenuta entro oppure oltre il termine previsto per esercitare utilmente il relativo diritto, dovendo la decadenza ex art. 124 c.p. essere accertata secondo criteri rigorosi e non sulla base di supposizioni prive di adeguato supporto probatorio; cfr. Sez. U, n. 12213 del 21/12/2017, dep. 2018, Zuccchi, Rv. 272170; Sez. 6, n. 24380 del 12/03/2015, P., Rv. 264165).
2.2. Peraltro, la persona offesa è una società per azioni, di modo che - salvo deleghe che qui non risultano - la titolarità del potere di querela spetta al vertice amministrativo, a cui l'ordinamento concede il pieno termine di legge, determinato nei termini appena illustrati, per determinarsi liberamente sul punto (cfr. Sez. 2, n. 10978 del 12/12/2017, dep. 2018, Puiatti, Rv. 272373, anch'essa relativa a termine ex art. 124 c.p.p. decorrente dall'esito delle indagini che avevano consentito di avere adeguata certezza delle falsità ideologiche commesse dall'imputato in denunce di sinistro al fine di truffare compagnie assicurative).
2.3. D'altronde, la procedura amministrativa di cui al D.Lgs. n. 7 settembre 2005, n. 209, art. 148, (diretta a disciplinare in primo luogo questioni risarcitorie), non introduce, contrariamente alle prospettazioni del ricorrente, una disciplina derogatoria rispetto a quella ordinaria codicistica (Sez. 2, n. 11144 del 18/12/2020, dep. 2021, Caci, Rv. 280993). Resta quindi ferma, nel caso di specie, la valutazione di adeguata conoscenza in capo alla persona offesa della vicenda di rilevanza penale intervenuta soltanto in epoca successiva alla definizione - in senso negativo per l'assicurato - della pratica inerente la richiesta di risarcimento stragiudiziale.
2.4. Le ulteriori censure meramente fattuali in tema di precedenti segnalazioni all'Autorità giudiziaria da parte della Azienda sanitaria locale, oltre che, come detto, reiterative e inerenti ad elementi già valutati dai giudici di merito, risultano del tutto generiche, in difetto di compiuta illustrazione della decisività della circostanza e, prima ancora della indicazione e produzione di tutta la documentazione ivi richiamata.
2.5. I suddetti motivi di ricorso sono dunque generici, per quanto sopra specificato, non consentiti, laddove sollecitano un'inammissibile rilettura in punto di fatto del compendio istruttorio, e comunque manifestamente infondati.
3. Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile.
Ai sensi dell'art. 616 c.p.p., il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali e, a titolo di sanzione pecuniaria, di una somma in favore della Cassa delle ammende, da liquidarsi equitativamente, valutati i profili di colpa emergenti dall'impugnazione (Corte Cost., 13 giugno 2000, n. 186), nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 7 settembre 2023.
Depositato in Cancelleria il 9 ottobre 2023