RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
1. L'impugnato provvedimento della Corte d'Appello di Me.Vi. ha riformato la sentenza del Tribunale di Patti, condannando l'imputata alla pena pecuniaria di Euro 2.000,00 ai sensi dell'art. 52 D.P.R. 274/2000 per il reato di modificazione di stato dei luoghi di cui all'art. 632 cod. pen., così riqualificata la iniziale accusa di invasione e danneggiamento di proprietà da cui l'imputata era stata assolta in primo grado. La sentenza di primo grado è stata invece confermata in relazione a due ulteriori imputazioni, concernenti abusi edilizi commessi nella ristrutturazione di un immobile.
2. Con il ricorso l'imputata formula tre motivi.
2.1 Con il primo motivo, si deduce violazione dell'art.606 lett. d) cod. proc. pen., per mancata valutazione dei seguenti elementi di prova:
- documenti e istanza di rinnovazione istruttoria dedotti con memoria, contenente motivi nuovi, ignorata dalla sentenza d'appello;
- mancata rinnovazione dell'istruttoria, richiesta con l'atto d'appello, con la riassunzione di un testimone, a conferma dell'usucapione di una particella immobiliare 'contesa' e con la riassunzione di un testimone su circostanze atte a dimostrare l'epoca di realizzazione degli interventi, risalenti al novembre 2017.
2.2 Con il secondo motivo si deduce violazione dell'art. 606 lett. b) cod. proc. pen., in relazione all'art. 124 cod. pen. per tardività della querela giacché il reato ex art. 632 cod. pen., commesso, a tutto concedere nel giugno 2018, è stato oggetto della querela presentata il 22 giugno 2019.
2.3 Con il terzo motivo si deduce vizio motivazionale per contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione che ha ignorato e travisato testimonianze e documenti acquisiti in primo grado.
3. Per ragioni di chiarezza e di logica espositiva, appare opportuno partire dall'esame delle questioni attinenti alla imputazione del capo C e, tra queste, dal secondo motivo, per la sua natura pregiudiziale.
Ebbene, sostiene la ricorrente, ancorché si ammettesse la fondatezza dell'accusa, la tardività della querela, condizione necessaria per la procedibilità del reato ex art. 632 cod. pen., preclude l'affermazione di responsabilità e la condanna.
Il rilievo è corretto. In effetti, l'accesso agli atti del processo, consentito in questo caso dalla natura in procedendo della questione di cui trattasi (Sez. U, n. 42792 del 31/10/2001, Policastro, Rv. 220092 nonché, più recentemente, Sez. U, n. 24591 del 16/07/2020, Filardo, non mass, sul punto) consente di rilevare che la querela non fu presentata prima del mese di giugno 2019 da parte della persona offesa, poi costituitasi parte civile, a fronte della modificazione dei luoghi avvenuta almeno un anno prima (giugno 2018) secondo la sentenza stessa, se non a settembre 2017, secondo la prospettazione difensiva.
Il reato previsto dall'art. 632 cod. pen. è un reato di regola istantaneo. E sebbene si sia altresì affermato che esso possa assumere carattere permanente allorché il protrarsi della modificazione in alieno sia la conseguenza di un'attività continua o ininterrotta dell'agente (Sez. 2, n. 17439 del 09/04/2019, Di Girolamo, Rv. 276443 - 01), tuttavia di una tale condotta non v'è traccia né nella sentenza di primo né in quella di secondo grado.
Di qui, l'improcedibilità dell'azione penale per tardività della querela e l'annullamento senza rinvio della sentenza in parte qua. In particolare, son da intendersi annullate e revocate, tanto la sanzione di Euro 2.000,00, irrogata in relazione al reato non procedibile, quanto le statuizioni civili pronunciate in grado di appello.
4. Passando al primo ed al terzo motivo di ricorso, se ne rileva la manifesta infondatezza, con conseguente inammissibilità del ricorso in relazione ad essi.
4.1. Con il primo motivo, come detto sopra, si contesta la mancata valutazione di istanze di rinnovazione istruttoria contenute rispettivamente in una memoria con motivi nuovi, nemmeno esaminata dalla Corte d'Appello, e nell'atto di appello.
In proposito appare opportuna una preliminare delimitazione del tema, sì da escludere, per evidente superfluità (frustra probatur quod probatum non relevat), le istanze di rinnovazione concernenti circostanze che afferiscono al reato oggetto del terzo capo di imputazione.
Sotto tale prisma, vengono innanzitutto travolte dalla regola euristica pluralitas non fit sine necessitate sia la richiesta di rinnovazione indicata nell'intestazione del motivo con la lettera B che quella della lettera C, in quanto dirette a provare circostanze che nulla hanno a che vedere con i contestati reati edilizi, concentrandosi piuttosto sulle condizioni storiche della disputata 'particella 6' nonché sull'epoca della contesa e dell'intervento invasivo dell'altrui proprietà.
Per quanto concerne invece la memoria asseritamente obliterata e le richieste ivi contenute, l'accesso agli atti, consentito anche in questo caso alla Corte, permette di verificare la fondatezza della tesi difensiva della mancata devoluzione del documento all'attenzione della Corte d'Appello. E tuttavia, l'omissione vitiatur sed non vitiat.
Innanzi tutto, perché, per le ragioni già indicate, è superflua, ai fini della decisione che ora la Corte deve assumere, la acquisizione dei quattro documenti allegati alla memoria, che descrivono la situazione proprietaria delle particelle ma nulla dicono in relazione alle violazioni edilizie in contestazione.
Residua la richiesta di rinnovazione istruttoria per la riassunzione della prova testimoniale dell'Ing. Me.Vi., al fine di provare lo stato di necessità che ha imposto gli interventi di rifacimento dell'immobile, per la vetustà delle strutture, senza la possibilità di ottenere la preventiva autorizzazione del Genio Civile.
Per affrontare correttamente la dedotta omissione motivazionale, va preliminarmente ricordato che secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, non è censurabile, in sede di legittimità, la sentenza che non motivi espressamente su una specifica deduzione prospettata con il gravame, con i motivi nuovi o nelle conclusioni formulate in udienza, quando ne risulti il rigetto dalla motivazione della sentenza complessivamente considerata (ex multis, Sez. 5, n. 6746 del 13/12/2018, dep. 2019, Curro, Rv. 275500).
Con riferimento alla rinnovazione dell'audizione dell'Ing. Me.Vi., occorre allora osservare che la motivazione della Corte d'Appello aveva escluso ogni rilevanza alla evocata scriminante (pg.4) in ragione della esecuzione di Mavori strutturali deliberatamente compiuti in difformità del titolo, essendo il carattere pericolante della struttura preesistente noto dall'inizio'. Lo stato di necessità non come giustificazione, ex ante, dei lavori, quindi, ma come scusa strumentale, elaborata ex post.
Pertanto, in presenza di un giudizio della Corte di merito volto ad escludere in radice la tenuta logica della difesa, fondata su un espediente difensivo, ma non sulla oggettiva realtà dei fatti, eventuali considerazioni difensive non potevano comunque trovare accoglimento. A ciò va aggiunto che la difesa si limita a ribadire la tesi dello stato di necessità, senza tuttavia confutare quanto considerato in motivazione (che, cioè, le condizioni dell'edificio fossero tali da rendere prevedibili, ed anzi previsti, ab origine gli interventi che poi sono stati posti in essere in via d'urgenza).
4.2 Infine, sul terzo motivo di impugnazione, che deduce contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, frutto, si legge nella rubrica e nel motivo, del carente esame se non del travisamento delle testimonianze e dei documenti acquisiti nel corso del giudizio, se ne rileva la manifesta infondatezza.
Infatti, lungi dal delineare critiche di legittimità, il motivo si limita a riproporre questioni attinenti alla valutazione del fatto senza tuttavia enucleare alcuno dei parametri dell'art. 606, comma 1, lett. e, cod. proc. pen., attraverso i quali questa Corte può esercitare il proprio sindacato sulla motivazione dei giudici di merito, e proponendo piuttosto una lettura alternativa dei fatti di causa, nella prospettiva di un terzo grado di giudizio di merito, ciò che non è consentito (Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, Dessimone, Rv. 207944; Sez. U, n. 930 del 13/12/1995, Clarke, Rv. 203428).
A fronte di motivazioni del tutto adeguate e congrue tanto in relazione alla insussistenza dello stato di necessità (come già visto) che in relazione alla particolare tenuità del fatto (esclusa per l'entità della trasformazione e per la nuova destinazione turistica dell'immobile), il motivo risulta manifestamente infondato.
Da ciò, deriva l'inammissibilità del ricorso nel resto.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, limitatamente al capo C) perché il reato è improcedibile per tardività della querela.
Revoca le statuizioni civili.
Dichiara inammissibile nel resto il ricorso.
Così deciso in Roma il 4 dicembre 2024.
Depositata in Cancelleria l'11 dicembre 2024.