RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di Appello di Lecce
riformava la pronuncia di condanna di primo grado nei confronti della ricorrente,
stante l'estinzione per prescrizione dei delitti contestati ai capi 3) e 4)
dell'imputazione e rideterminava, per l'effetto, il trattamento sanzionatorio con
riguardo ai capi 1) e 2).
2. Avverso la richiamata sentenza della Corte d'Appello di Lecce l'imputata
ha proposto ricorso per cassazione, mediante il difensore di fiducia, avv. Paolo
Spalluto, articolando, sotto l'egida di un unico motivo di impugnazione, diverse
censure.
2.1. Innanzi tutto, la T. lamenta che, dalla stessa ricostruzione della
vicenda operata in sentenza, emergono diverse aporie che farebbero venir meno,
almeno sul piano della fraudolenza, i fatti contestati, atteso che ella era in
precedenza una semplice dipendente della fallita e che la responsabilità doveva
essere ascritta, piuttosto, al precedente Presidente del Consiglio direttivo, avv.
Taurino, il quale non aveva tempestivamente agito per la riscossione dei crediti
di cui al capo 1), che erano ormai quasi prescritti quando aveva assunto la
carica.
Osserva, inoltre, rispetto ai fatti contestati al capo 2), che aveva
riconsegnato i beni mobili al Comune di Trepuzzi e indicato che dovevano
trovarsi presso i locali adibiti alla sede della Polizia Municipale, che in effetti ne
aveva esibiti alcuni.
L'imputata deduce, ulteriormente, di essere stata prosciolta per prescrizione
rispetto ai delitti di cui ai capi 3) e 4) dell'imputazione, mentre avrebbe dovuto
essere assolta, poiché la condotta di omessa tenuta delle scritture contabili non
aveva cagionato alcun danno ai creditori, stante l'inattività della fallita nel
periodo.
Ad ogni modo, anche rispetto agli altri capi della rubrica, sottolinea
l'assoluta mancanza di dolo.
2.2. In via gradata la T. denuncia l'erronea applicazione della
circostanza aggravante della pluralità di fatti di bancarotta e lamenta la mancata
applicazione della circostanza attenuante di cui all'art. 219, terzo comma, I.fall.,
che dovrebbe essere valutata con riferimento all'importo della distrazione e non
già all'entità del passivo fallimentare.
Soggiunge che avrebbero dovuto esserle riconosciute le circostanze
attenuanti generiche, poiché era stato l'avv. Taurino a non prodigarsi per il
recupero dei crediti e la situazione della fallita era ormai compromessa quando
essa ricorrente aveva assunto la carica di divenuta Presidente del Consorzio.
2.3. L'imputata deduce, altresì, in via ulteriormente subordinata, l'erronea
determinazione dell'aumento di pena per effetto della circostanza aggravante di
plurimi fatti di bancarotta stante l'applicazione, da parte dei giudici di merito,
dell'art. 81 cod. pen. in luogo dell'art. 219, comma 2, n. 1, I.fall.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Occorre premettere che l'avv. Paolo Spalluto, difensore della ricorrente,
aveva chiesto tempestivamente la fissazione dell'udienza pubblica ed ha tuttavia
fatto pervenire, la mattina della stessa, documentazione attestante l'impossibilità
a parteciparvi per motivi di salute. Il difensore ha peraltro espressamente
precisato di non voler né chiedere un rinvio per legittimo impedimento, anche in
ragione dell'interesse della T. ad una sollecita definizione della vicenda, né
il mutamento del rito.
2. Il primo motivo di ricorso è infondato, in quanto la Corte territoriale ha
fornito, quanto alla responsabilità penale dell'imputata, una motivazione
congrua, con la quale, del resto, nella portata essenziale, la ricorrente neppure si
confronta, continuando a proporre solo la propria ricostruzione alternativa della
vicenda, con doglianze reiterative rispetto a quelle formulate in appello e che
sono state già coerentemente disattese dalla sentenza impugnata.
In particolare, la decisione impugnata ha evidenziato che, dalla
documentazione consegnata dall'avv. Taurino nonché dalle circostanziate
dichiarazioni dello stesso, è emerso che la piscina della fallita era stata locata,
nel periodo dai 2006 al 2008, ad un'Associazione facente capo alla medesima
ricorrente, che, tuttavia, adducendo la necessità di lavori di manutenzione e
crediti vantati in via personale per l'attività di dipendente della fallita svolta in
precedenza, aveva omesso il pagamento dei canoni nonostante le tempestive
sollecitazioni del Taurino, all'epoca Presidente del Consiglio direttivo. In seguito,
una volta assunta la carica, la ricorrente non aveva, anche se il termine di
prescrizione non era ancora spirato, comunque agito per il recupero dei crediti.
A fronte di tale ragionevole ricostruzione della vicenda in esame, quanto alla
conferma della prospettazione accusatoria di cui al capo 1) dell'imputazione,
alcun rilievo spiegano le deduzioni, peraltro in fatto, della T., atteso che, la
stessa, una volta acquisita la qualità di Presidente del Consiglio direttivo della
fallita, avrebbe dovuto proseguire l'attività di recupero del credito nei confronti
dell'Associazione che non aveva pagato i canoni di locazione della piscina,
essendo la prescrizione quinquennale non ancora maturata anche per le richieste
di pagamento formulate dal precedente Presidente.
D'altra parte, l'istruttoria ha dimostrato la consapevolezza dell'imputata
dell'operazione complessivamente compiuta che avrebbe comportato un
recupero, in favore della fallita, di somme dovute da un'Associazione che era
stata amministrata, nel periodo precedente, proprio dalla ricorrente, la quale
aveva strenuamente contrastato le relative richieste di pagamento del canone.
Con riguardo alla distrazione dei beni mobili, la T. non ne ha negato la
presenza ed esistenza al momento dell'assunzione della carica, deducendo che
questi erano stati consegnati alla Polizia Municipale del Comune di Trepuzzi dove
non erano stati rinvenuti, come evidenziato dalla Corte territoriale, che ha
dunque correttamente ritenuto integrato il delitto contestato.
Quanto alla bancarotta documentale, giova osservare che, a fronte
dell'intervenuta prescrizione, la valutazione operata dalla Corte territoriale si è
posta nel solco dei principi espressi da Sez. U, n. 35490 del 28/05/2009,
Tettamanti, Rv. 244274 - 01, atteso che non sono emersi elementi atti a
comprovare con evidenza la carenza di responsabilità penale dell'imputata,
anche sul piano soggettivo, atteso che la dedotta inattività di fatto della società
nel periodo nel quale ha assunto la carica non giustificherebbe comunque
l'omessa tenuta delle scritture contabili, poiché il relativo dovere sussiste fino
alla cancellazione della società dal registro delle imprese a prescindere
dall'esercizio in concreto dell'attività.
3. Il secondo e il terzo motivo, suscettibili di valutazione unitaria, sono
fondati solo in parte.
3.1. Con riferimento tanto alle circostanze attenuanti generiche che a quella
della speciale tenuità del danno, le doglianze della ricorrente si palesano
manifestamente infondate, poiché si basano, essenzialmente, sulla differente
ricostruzione della vicenda propugnata dalla ricorrente, smentita dall'istruttoria
processuale, come si è evidenziato nel § 2.
Inoltre, vi è che la speciale tenuità del danno, integrativa dell'attenuante di
cui all'art. 219, comma 3, legge 16 marzo 1942, n. 267, va valutata in relazione
all'importo della distrazione, e non invece all'entità del passivo fallimentare,
dovendo aversi riguardo alla diminuzione patrimoniale determinata dalla
condotta illecita e non a quella prodotta dal fallimento (v., tra le altre, Sez. 5, n.
52057 del 26/11/2019, Giannone, Rv. 277658 - 01; Sez. 5, n. 5300 del
16/01/2008, De Biase, Ry. 239118 - 01). E senz'altro non può considerarsi di
speciale tenuità una diminuzione patrimoniale superiore, come quella integrata
nella fattispecie in esame, all'importo di centomila euro, ove si abbia riguardo ai
soli crediti non riscossi di cui al capo 1).
3.2. Con riferimento alla circostanza aggravante dei plurimi fatti di
bancarotta distrattiva di cui all'art. 219, comma 2, n. 1, I. fall., i motivi sono
invece fondati.
3.2.1. E' opportuno premettere che le Sezioni Unite della Corte di cassazione
hanno chiarito, rispetto a tale disposizione normativa, che, nel caso di
consumazione di una pluralità di condotte tipiche di bancarotta nell'ambito del
medesimo fallimento, le stesse mantengono la propria autonomia ontologica,
dando luogo ad un concorso di reati, unificati, ai soli fini sanzionatori, nel cumulo
giuridico previsto dall'art. 219, comma secondo, n. 1, legge fall., disposizione
che non prevede, sotto il profilo strutturale, una circostanza aggravante, ma
detta per i reati fallimentari una peculiare disciplina della continuazione
derogatoria di quella ordinaria di cui all'art. 81 cod. pen. (Sez. U, n. 21039 del
27/01/2011, Loy, Rv. 249665).
3.2.2. In un primo momento, dal riferimento all'autonomia ontologica tra i
reati, si è affermato, nella giurisprudenza di legittimità, che è configurabile
l'aggravante di cui all'art. 219, comma 2, n. 1, legge fall., anche nel caso di più
condotte distrattive compiute in continuità temporale ed aventi ad oggetto lo
stesso bene (Sez. 5, n. 42750 del 16/05/2017, Gaiba, Rv. 271013 - 01).
3.2.3. Successivamente è intervenuta, tuttavia, Sez. 5, n. 4710 del
14/10/2019, dep. 2020, Falcioni, Rv. 278156 - 01, la quale ha escluso la
configurabilità della continuazione nel caso di molteplici fatti di distrazione in
quanto le singole condotte di cui all'art. 216 legge fall. possono essere realizzate
con uno o più atti, senza che la loro ripetizione, nell'ambito dello stesso
fallimento, dia luogo ad una pluralità di reati, trattandosi di reato a condotta
eventualmente plurima per la cui realizzazione è sufficiente il compimento di uno
solo dei fatti contemplati dalla legge, mentre la pluralità di essi non fa venire
meno il suo carattere unitario.
In termini analoghi, d'altra parte, si era posta, in precedenza, con
riferimento alla bancarotta fraudolenta documentale, Sez. 1, n. 18148 del
02/04/2014, Puleo, Rv. 262479 - 01, ponendo in rilievo che non integra
l'aggravante prevista dall'art. 219, comma secondo, n. 1, legge fallimentare, la
commissione di una pluralità di condotte, distinte sotto il profilo naturalistico e
materiale, ma tutte aventi ad oggetto le scritture contabili obbligatorie e la loro
funzione di veridica rappresentazione della realtà finanziaria, economica ed
operativa dell'impresa, poiché tali comportamenti danno luogo ad un'unica e
complessa azione penalmente rilevante.
3.2.4. La portata di tali assunti è stata puntualizzata nella giurisprudenza
successiva, nella quale si è affermato che il carattere unitario del reato non viene
meno solo a condizione che le condotte previste dall'art. 216 legge fall. siano tra
loro omogenee, perché lesive del medesimo bene giuridico, temporalmente
contigue e non abbiano ad oggetto beni specifici differenti (Sez. 5, n. 13382 del
03/11/2020, dep. 2021, Verdini, Rv. 281031 - 01, che ha ritenuto unitaria la
condotta di reato consistita in plurimi atti di distrazione di liquidità di un istituto
di credito, mediante finanziamenti o affidamenti con scoperto, realizzati in
continuità nel periodo antecedente la dichiarazione di insolvenza; Sez. 5, n.
17799 del 01/04/2022, Rizzo, Rv. 283253 - 02).
3.2.5. Ritiene il collegio che gli approdi ai quali sono pervenute le pronunce
da ultimo richiamate siano conformi ai più generali principi espressi dalla
richiamata decisione delle Sezioni Unite "Loy", laddove hanno valorizzato, a tal
fine, oltre all'esigenza che ai fini dell'unitarietà del reato sia leso lo stesso bene
giuridico e la contiguità temporale dei fatti.
Sennonché gli affermati principi devono essere oggetto di ulteriore
puntualizzazione quanto alla ricostruzione della nozione di "beni specifici
differenti".
Invero, tale nozione non può avere riguardo alla diversità dei beni sul piano
materiale, in quanto ciò condurrebbe alla conseguenza, ad esempio, di ritenere
unitario il fatto se il reo ha prelevato, con diverse operazioni, ingenti somme di
denaro e invece configurati plurimi fatti di reato se sono sottratti, nello stesso
momento, dalla cassaforte della società somme di denaro, gioielli e titoli.
Sul piano giuridico, difatti, anche in questa seconda ipotesi, i beni non
possono essere considerati diversi, poiché tutti riconducibili, in base alla
definizione per esclusione ritraibile dall'art. 812 cod. civ., alla categoria dei beni
mobili.
E, del resto, anche il denaro è un bene mobile, che pure si caratterizza per
la sua fungibilità.
3.2.6. Andando ad applicare i principi che si sono richiamati nella fattispecie
in esame, non è emerso alcun elemento che possa far considerare che le
condotte distrattive contestate alla T., pur distinte in due capi di
imputazione, siano state poste in essere in discontinuità temporale e le stesse
vanno a ledere il medesimo bene giuridico protetto della integrità del patrimonio
sociale. Ed è di qui irrilevante che la distrazione abbia avuto ad oggetto,
trattandosi comunque di beni mobili, somme di denaro e arredi della sede
sociale.
Ne consegue che la configurazione, ritenuta dalle decisioni di merito, in
termini distinti dei fatti di bancarotta ascritti ai capi 1) e 2), deve ritenersi
erronea, avendo la ricorrente posto in essere un unico fatto di reato secondo i
criteri che si sono sinora richiamati.
4. In definitiva la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio
limitatamente alla continuazione fallimentare eliminando la relativa pena di
giorni venti di reclusione.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla continuazione
fallimentare, che esclude, eliminando la relativa pena di giorni venti di
reclusione. Rigetta nel resto il ricorso.
Così deciso in Roma il 10 ottobre 2024
Il Consigliere Estensore 7