top of page

Tenuità del fatto nella bancarotta: criteri di valutazione del danno ai creditori

Bancarotta fraudolenta

Ottobre 2024 - Cassazione penale, Sez. 5 Num. 40752 Anno 2024

A particolare tenuità del fatto deve essere valutata in relazione al danno causato alla massa creditoria in seguito all'incidenza che le condotte integranti il reato hanno avuto sulla possibilità di esercitare le azioni revocatorie e le altre azioni poste a tutela degli interessi creditori.
In ogni caso occorre aver riguardo non già all'entità del passivo ed alla differenza fra attivo e passivo, bensì alla effettiva diminuzione patrimoniale cagionata ai creditori dai fatti di bancarotta dei quali l'imputato deve rispondere.

La tenuità del danno nella bancarotta fraudolenta si valuta sull’importo distratto e non sull’entità del passivo fallimentare

Tenuità del fatto nella bancarotta: criteri di valutazione del danno ai creditori

La bancarotta fraudolenta patrimoniale prefallimentare è un reato di pericolo concreto da valutarsi "ex ante"

Pene accessorie con termine di durata non fissa: vanno determinate in concreto dal giudice in base ai criteri di cui all'art. 133 c.p.

Reati fallimentari: prova della posizione di amministratore di fatto attraverso elementi sintomatici

Amministratore di diritto e testa di legno: chi ne risponde?

Il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale prefallimentare è un reato di pericolo concreto

Hai bisogno di assistenza legale?

Prenota ora la tua consulenza personalizzata e mirata.

 

Grazie

oppure

PHOTO-2024-04-18-17-28-09.jpg

La sentenza integrale

Ritenuto in fatto 1. Con sentenza in data 2 febbraio 2024, la Corte d'appello di Firenze ha confermato la decisione del GUP presso il Tribunale di Lucca che aveva ritenuto Marco B. responsabile del reato di cui agli artt. 217, comma 2 e 224, legge fall. perché, in qualità di amministratore della società IDF.AT . PARTY 2 GO srl, nei tre anni precedenti alla dichiarazione di fallimento, avvenuta il 13.2.2018, teneva i libri e le scritture contabili in modo irregolare e incompleto. L'imputato veniva assolto dai restanti reati contestati. 2. Avverso tale sentenza, Marco B. ha proposto ricorso per cassazione svolgendo due motivi di censura. 2.1. Con il primo motivo deduce vizio di motivazione per avere la sentenza impugnata ritenuto ascrivibile a colpa la condotta del ricorrente che aveva fatto affidamento sull'operato del commercialista, incaricato della tenuta della contabilità della società, in ordine all'entità dei debiti gravanti sulla stessa. 2.2. Con il secondo motivo si deduce vizio di violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al mancato riconoscimento della causa di non punibilità di cui all'art. 131-bis cod. pen. La Corte territoriale avrebbe erroneamente considerato, ai fini della valutazione dell'entità del danno, l'entità del passivo fallimentare, individuando in questo la lesione al bene giuridico tutelato dall'art. 217 legge fall. Inoltre, avrebbe omesso di considerare la condotta susseguente al reato, allorché il B., accortosi dei vizi relativi alla tenuta della contabilità, si era rivolto ad altro professionista, riuscendo così a fornire al curatore le informazioni necessarie per la ricostruzione dell'attività societaria. 3. Il Procuratore generale ha depositato conclusioni scritte, chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile. Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato e deve essere rigettato. 2. Il primo motivo è infondato. 2.1. Secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, il reato di bancarotta semplice costituisce un reato di pericolo presunto, punibile anche a titolo di colpa, il quale sanziona la mancanza o irregolare tenuta di libri e scritture contabili anche per negligenza nella sorveglianza delle persone alle quali sia stato eventualmente affidato l'incarico della tenuta (Sez. 5, n. 1274 del 21/10/1975, dep. 1976, Salvati, Rv. 132048; Sez. 5, n. 3936 del 11/11/1975, dep. 1976, Pievani, Rv. 132911; Sez. 5, n. 333 del 14/10/1982, dep. 1983, Simonato, Rv. 156919). La punibilità anche a titolo di colpa è stata ritenuta desumibile dalla struttura della norma incriminatrice la quale, nel punire l'imprenditore che non tenga o tenga irregolarmente le prescritte scritture sociali e contabili, non prevede come necessaria ai fini della sussistenza dell'illecito la deliberata volontà di violare le disposizioni vigenti in materia e/o di arrecare pregiudizio ai creditori (Sez. 5, n. 27515 del 04/02/2004, Tinaglia, Rv. 228701) . Alla punibilità del reato anche a titolo di colpa, non è stato ritenuto di ostacolo il tenore dell'art. 42 cod. pen., che esige la previsione espressa della punibilità di un delitto a titolo di colpa, in quanto la nozione di "previsione espressa" non equivale a quella di "previsione esplicita" e, nel caso della bancarotta semplice documentale, la previsione implicita è desumibile dalla definizione come dolosa della bancarotta fraudolenta documentale (Sez. 5, n. 38598 del 09/07/2009, Romano, Rv. 244823 - 01; Sez. 5, n. 53210 del 19/10/2018, Esposito, Rv. 275133 - 02). Invero, a norma degli artt. 2214 e ss. cod. civ., l'imprenditore che esercita un'attività commerciale è obbligato, personalmente, alla regolare tenuta dei libri e delle scritture contabili nella propria azienda. Egli può avvalersi dell'opera di un tecnico, sia esso un proprio dipendente o un libero professionista, ma resta sempre responsabile per l'attività da essi svolta nell'ambito dell'impresa. In caso di fallimento, quindi, risponde penalmente dell'attività e delle omissioni delle persone da lui incaricate che non hanno tenuto, in assoluto, o non hanno tenuto regolarmente i libri e le scritture contabili prescritte dalla legge. Tale principio opera non solo nel caso di delitti punibili soltanto a titolo di dolo (bancarotta fraudolenta documentale), bensì anche nel caso di inquadrabilità della condotta in reati punibili per dolo o colpa (bancarotta semplice). Anche in tale ipotesi, l'imprenditore non va esente da responsabilità per aver affidato a un collaboratore le operazioni contabili, dovendosi presumere che i dati siano stati trascritti secondo le indicazioni e i documenti forniti dall'imprenditore medesimo. Trattasi, peraltro, di una presunzione iuris tantum, che può essere vinta da rigorosa prova contraria (Sez. 5, n. 36870 del 30/11/2020, Marelli, Rv. 280133 - 01; Sez. 5, n. 2812 del 17/10/2013 - dep. 2014, Manfrellotti, Rv. 258947; Sez. 5, n. 11931 del 27/01/2005, De Franceschi, Rv. 231707; Sez. 5, n. 709 del 01/10/1998 - dep. 1999, Mollo, Rv. 212147; Sez. 5, n. 2055 del 15/12/1993 - dep. 1994, Decenvirale, Rv. 197268). D'altra parte, questa Corte ha osservato che in tema di bancarotta semplice, la colpa dell'imprenditore è ravvisabile anche quando egli abbia affidato a soggetti estranei all'amministrazione dell'azienda la tenuta delle scritture e dei libri contabili, perché su di lui grava un duplice onere, e cioè tanto quello di un'oculata scelta del professionista incaricato con connessa eventuale culpa in eligendo, tanto quello di controllarne l'operato (Sez. 5, n. 24297 del 11/03/2015, Cutrera, Rv. 265138 - 01; Sez. 5, n. 32586 del 10/07/2007, Centola, Rv. 237105; Sez. 5, n. 12765 del 16/05/1989, Brioglio, Rv. 182124 - 01). 2.3. Nel caso di specie, la Corte territoriale ha richiamato e fatto corretta applicazione di tali principi, ravvisando la colpa dell'imputato nell'essersi disinteressato non solo di aggiornare la contabilità, ma altresì di vigilare al riguardo, non potendo il semplice affidamento ad un professionista della tenuta della contabilità, liberarlo dagli obblighi su di lui gravanti. D'altra parte, il ricorrente non ha in alcun modo dimostrato di aver fornito al professionista incaricato tutte le indicazioni e la documentazione necessaria per la corretta tenuta delle scritture contabili. 3. Il secondo motivo è infondato. 3.1. La difesa ha censurato il mancato riconoscimento della causa di non punibilità di cui all'art. 131-bis cod. pen. sotto due profili. Innanzitutto, sostiene che erroneamente i giudici del merito avrebbero individuato nel significativo disavanzo il sintomo della lesività del fatto, non considerando che l'art. 217 legge fall. è finalizzato a garantire la funzione di accertamento che devono svolgere le scritture contabili. Inoltre, deduce che la sentenza impugnata avrebbe omesso di considerare la condotta successiva tenuta dall'imputato, il quale si era rivolto ad altro professionista per ricostruire l'attività societaria, così consentendo al curatore di averne conoscenza. 3.2. L'art. 131-bis, comma 1, cod. pen. stabilisce che nei reati per i quali è prevista la pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni, ovvero la pena pecuniaria, sola o congiunta alla predetta pena, la punibilità è esclusa quando, per le modalità della condotta e per l'esiguità del danno o del pericolo, valutate ai sensi dell'art. 133, comma 1, l'offesa è di particolare tenuità e il comportamento risulta non abituale. Tale disposizione dunque individua nella particolare tenuità dell'offesa, desunta dalle modalità della condotta e dall'esiguità del danno o del pericolo, e nella non abitualità del comportamento, i parametri fondamentali ai quali il giudizio discrezionale dell'autorità giudiziaria deve fare riferimento al fine di ritenere applicabile o meno al caso concreto la causa di non punibilità in esame. L'oggetto della valutazione del giudice è dunque costituito dal fatto storico nella sua interezza, e perciò non solo dall'entità del danno o del pericolo, ma anche dalla condotta e dal suo disvalore, dalla non abitualità del comportamento, nonché dal grado della colpevolezza, da valutarsi ai sensi dell'art. 133, comma 1, cod. pen. In sostanza, si richiede una considerazione di tutte le peculiarità della fattispecie Concreta, e non solo di quelle che attengono all'entità dell'aggressione del bene giuridico. Tale complessa valutazione - come affermato dalle Sezioni unite di questa Corte - si attaglia alle finalità dell'istituto, connesse ai principi di proporzione ed extrema ratio della risposta punitiva, con effetti anche in tema di deflazione. Lo scopo primario della previsione normativa di cui all'art. 131-bis cod. pen. è, invero, quello «di espungere dal circuito penale fatti marginali, che non mostrano bisogno di pena e, dunque, neppure la necessità di impegnare i complessi meccanismi del processo» (Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, Tushaj, Rv. 266590 - 01; Sez. U, n. 18891 del 27/01/2022, Ubaldi, Rv. 283064 - 01). Per tale ragione, ai fini della valutazione della esiguità del disvalore, il fatto reato viene in rilievo nella sua integralità e complessità, per poterne apprezzare complessivamente la gravità, l'entità del contrasto rispetto alla legge e conseguentemente il bisogno di pena. L'entità del danno costituisce invece l'oggetto specifico della valutazione che il giudice è chiamato a compiere ai fini del riconoscimento dell'attenuante di cui all'art. 219, comma 3, legge fall., e che è finalizzata a verificare la speciale tenuità del pregiudizio arrecato dai fatti di bancarotta. Come chiarito dalla giurisprudenza di legittimità, la particolare tenuità del fatto deve essere valutata in relazione al danno causato alla massa creditoria in seguito all'incidenza che le condotte integranti il reato hanno avuto sulla possibilità di esercitare le azioni revocatorie e le altre azioni poste a tutela degli interessi creditori (Sez. 5, n. 19304 del 18/01/2013, Tumminelli, Rv. 25543901). In ogni caso occorre aver riguardo non già all'entità del passivo ed alla differenza fra attivo e passivo, bensì alla effettiva diminuzione patrimoniale cagionata ai creditori dai fatti di bancarotta dei quali l'imputato deve rispondere (Sez. 5, n. 25034 del 16/03/2023, Rv. 284943 - 01; Sez. 1, n. 9853 del 27/09/1993, B., Rv. 19533401. V. altresì, Sez. 5, n. 52057 del 26/11/2019, Giannone, Rv. 277658 - 01). Con specifico riguardo alla bancarotta semplice documentale, questa Corte ha precisato che detto danno deve valutarsi sia in relazione all'impossibilità di ricostruire totalmente o parzialmente la situazione contabile dell'impresa fallita o di esercitare le azioni revocatorie o altre azioni a tutela dei creditori, sia in relazione alla diminuzione che l'omessa tenuta dei libri contabili abbia determinato nella quota di attivo oggetto di riparto tra i creditori (Sez. 5, n. 11725 del 10/12/2019, dep. 2020, Rv. 279098 - 01; conf., Sez. 5, n. 5707 del 1986, Rv. 173156-01. Si veda, altresì, Sez. 5, n. 44443 del 04/07/2012, Rv. 253778 - 01). Dunque, per quanto articolato, il giudizio finalizzato al riconoscimento dell'attenuante in parola, è circoscritto alla valutazione del danno e della sua entità, laddove invece nel caso dell'art. 131-bis cod. pen., il danno costituisce solo uno degli indici da apprezzarsi - evidentemente secondo le coordinate ermeneutiche sopra richiamate -, il quale si affianca alle ulteriori circostanze afferenti alla condotta e al grado di colpevolezza alla cui ponderazione, operata secondo i criteri di cui all'art. 133, comma 1, cod. pen., è subordinato il riconoscimento della causa di esclusione della punibilità. 3.3. Nella specie, il ricorrente nel focalizzare le proprie censure sulla valutazione dell'entità del passivo del fallimento, non si è avveduto che la valutazione operata dalla sentenza impugna ta ha avuto in realtà un oggetto ben più ampio, facendo riferimento agli indici richiamati dall'art. 131-bis cod. pen. La Corte d'appello, infatti, ha infatti valorizzato il complessivo comportamento dell'imputato, evidenziando la sussistenza della colpa, per essersi egli disinteressato, quale liquidatore della società, dell'aggiornamento delle scritture contabili e comunque di vigilare sulla loro tenuta, ed escludendo che la lesione al bene giuridico tutelato potesse considerarsi minima, attesa l'entità del passivo fallimentare, a fronte di un attivo insussistente. Inoltre, a differenza di quanto sostenuto dal ricorrente, ha tenuto conto anche della condotta successiva al reato, ritenendo, tuttavia, con motivazione non manifestamente illogica, che essa non fosse in grado di eliminare il disvalore del fatto, non consentendo di eliminare l'incompletezza della contabilità. 4. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio. PQM Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso nella camera di consiglio del 3 ottobre 2024.
bottom of page