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Accesso abusivo e frode informatica: la rilevanza del concorso e del dolo generico (Giudice Giusi Piscitelli)

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Tribunale Nola, 16/08/2022, n.1205

La responsabilità penale per accesso abusivo a sistemi informatici e frode informatica richiede la dimostrazione del concorso materiale o morale dell'imputato e il dolo generico, anche in assenza di un'azione diretta sull'intrusione informatica.

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La sentenza integrale

RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE
Con decreto emesso dal Pm in sede in data 2.9.2020, gli imputati erano citati a giudizio per rispondere dei reati a loro ascritti in rubrica.

In dibattimento, assente l'imputato, in assenza di questioni preliminari, veniva data lettura del capo di imputazione; il giudice ammetteva le prove richieste dalle parti ed era escusso il teste di PG VI. Vi. (udienza del 29.11.2021), il teste DE CR. Gi., CA. An.. Con il consenso delle parti era acquisita la denuncia querela sporta dalla p.o. MA. An.. L'imputato si sottoponeva ad esame Sa. Wo. (udienza del 23.5.2022) ed all'udienza dell'8.6.2022 dichiarata chiusa l'istruttoria dibattimentale ed utilizzabili le prove acquisite, il Giudice invitava le parti formulare le rispettive conclusioni come in epigrafe ed all'esito della camera di consiglio dava lettura del dispositivo, riservandosi il deposito dei motivi nel termine di 90 giorni.

Dagli atti procedimentali utilizzabili per la decisione è emersa la penale responsabilità dell'imputato Sa. Wo.. L'imputato Mo. Al. va invece assolto dai reati a lui scritti con formula dubitativa per non aver commesso il fatto.

Gli imputati rispondono dei reati di accesso abusivo ad un sistema informativo e del reato di frode informativa perché in concorso tra loro, intervenivano senza diritto su dati, informazioni e programmi contenuti nel sistema informatico e/o telematico delle Poste Italiane, in particolare il MO. accreditava o faceva accreditare sul c/c postale n. (omissis) intestato al SA., titolare informale della ditta "J. Bi. Fa.", di fatto gestita dal MO. stesso, la somma di Euro 2.100 in apparente pagamento di alcune lavorazioni tessili disposti via internet ed addebitati sul c./c posta le n. (omissis) intestato a Ma. An..

L'affermazione della penale responsabilità si fonda in particolare sulla denuncia querela sporta da Ma. An. - acquisita con il consenso delle parti -, sulle deposizioni rese dai testi di PG, esame dell'imputato Sa. nonché documentazione in atti da cui emerge quanto segue.

In data 9.4.2018 Ma. An. sporgeva denuncia querela presso la Stazione di (omissis) riferendo di aver effettuato nel mese di Novembre 2017 un finanziamento per l'acquisto di oggetti di elettronica, finanziati presso il "Ce. Eu.", sito nel sito nel Centro Commerciale di (omissis), che prevedeva l'apertura di una carta di credito che le sarebbe stata recapitata presso il luogo di residenza. La carta di credito tuttavia non veniva mai recapitata per cui la denunciante non ne era in possesso.

In data 09.04.2018 la Ma. si avvedeva che erano stati prelevati sul conto corrente circa 2.120,00 Euro con la carta di credito che doveva esserle consegnata. Precisamente erano state effettuate le seguenti operazioni di pagamento poi disconosciute:

• transizione del 16.02.2018 dell'importo di 750,00 Euro con bollettino postale;

• transizione del 16.02,2018 dell'importo di 650,00 Euro con bollettino postale;

• transizione del 16.02.2018 dell'importo di 20,00 Euro presso (...) ricariche);

• transizione del 16.02.2018 dell' importo di 700,00 Euro con bollettino postale.

La denunciante provvedeva a far bloccare la carta di credito con cui era state le transazioni.

In seguito alla denuncia, la P.G. accertava che i pagamenti erano stati effettuati con la catta di credito n. (omissis) intestata a Ma. An.. La carta risultava spedita in data 25.1.2018 all'indirizzo via (omissis) ed attivata in data 16.2.2018 con le credenziali e mail (omissis) mediante collegamento all'area clienti del sito istituzionale (cfr. attestazione della (...) in atti).

Le quattro operazioni risultavano essere una ricarica telefonica effettuata tramite portale (...) in favore dell'utenza telefonica intestata a Fa. Gi., domiciliato in (omissis); tre pagamenti con bollettino postale effettuati in favore della J. Fa. di Sa. Wo., odierno imputato.

Erano poi acquisiti in copia i bollettini di pagamento nonché la documentazione bancaria relativa al conto corrente del beneficiario degli accrediti. Il conto corrente di accredito n. (omissis) risultava essere stato aperto, nell'anno 2016, presso Poste Italiane dalla società J. Fa. di Sa. Wo., residente in (omissis) alla via (omissis), dall'odierno imputato Sa. Wo..

Dalla visura emergeva che la società J. Fa. di Sa. Wo. era stata creata nell'anno 2014 ed aveva ad oggetto il confezionamento di capi di abbigliamento (cfr. visura ordinaria d'impresa in atti).

Sa. Wo. nel corso dell'esame cui accettava di sottoporsi ammetteva che la somma indicata nel capo di imputazione era stata accreditate sul conto corrente a lui intestato ma addebitava all'imputato Mo. Al. la responsabilità dei fatti.

Premetteva di aver conosciuto il Mo. Al. nell'ambito della sua attività lavorativa e di aver ricevuto, dal 2016 al 2018, diverse commissioni dal Ma. per il confezionamento di capi di abbigliamento. Era stato il Mo. a proporgli di aprire un conto corrente presso l'ufficio postale sul quale sarebbero state accreditati da terzi - clienti del Mo. - i compensi per i lavori realizzati dal Sa. su ordine del Mo..

Sin dal momento dell'apertura il conto era rimasto nella completa disponibilità del Mo. che aveva trattenuto per sé la carta collegata al conto. Per cui, la somma indicata nel capo di imputazione, una volta accreditata sul conto, era stata a lui consegnata dal Mo. in pagamento dei lavori realizzati.

Riferiva di non conoscere Ma. An. in quanto aveva rapporti soltanto con il Mo. Al. e non con i suoi clienti. Riferiva poi che non sapeva come uscire da quella situazione.

A riprova di quanto asserito, il Sa. produceva documentazione (fatture ed assegni) da cui emergeva che la J. Fa. di Sa. Wo. aveva realizzato, dal 2016 al 2018, dei lavori per la F. Fa. s.r.l., società che a detta del Sa. era riconducibile al Mo..

Sulla base di tali univoche risultanze processuali, ritiene questo giudicante che oltre ogni ragionevole dubbio possa essere affermata la penale responsabilità dell'imputato Sa. Wo., in relazione ai reati a lui ascritti in rubrica.

Orbene, le dichiarazioni rese in querela da Ma. An. in merito all'uso abusivo della propria carta di credito superano certamente quel vaglio particolarmente rigoroso di credibilità ed attendibilità e sono riscontrate dalla documentazione acquisita nel corso delle indagini.

Non vi è dubbio che sul conto corrente dell'imputato Sa. Wo. sono state accreditate somme sottratte indebitamente alla denunciante.

L'imputato Sa. Wo. tentata di ridimensionare la sua posizione accusando il coimputato Mo. Al. dei fatti contestati. Il Sa., pur ammettendo di aver percepito le somme accreditare sul proprio conto corrente, riferiva che in buona fede aveva percepito tali somme pensando che si trattasse di danaro accreditato da terzi per i lavori commissionati dal Mo..

Altresì affermava che era soltanto l'intestatario formale del conto di fatto passato sin dall'apertura sotto la diretta disponibilità del Mo. che effettuava autonomamente i prelievi.

Orbene, la versione alternativa fornita dal Sa. in sede di esame tratteggia una versione alternativa dei fatti contraddittoria, lacunosa, generica e idonea a scalfire l'impostazione accusatoria. Quanto alla posizione del Mo. si ritiene che non vi sono sufficienti elementi di riscontro per pervenire oltre ogni ragionevole ad una pronuncia di condanna.

Orbene, Sa. negava gli addebiti affermando di essersi limitato a confezionare capi di abbigliamento per il Mo. Al. e di aver accettato di aprire il conto corrente, sempre rimasto nella completa disponibilità del Mo., per consentire l'accredito degli importi corrisposti dai clienti a cui Mo. Al. inviava i capi confezionati. Ammetteva di aver percepito i soldi indicati nel capo di imputazione dal Mo. e di aver pensato in buona fede che fossero di un cliente.

La predetta versione appare priva di riscontri.

Non vi sono elementi - al di là della dichiarazione del Sa. - idonei a comprovare la riconducibilità della società F. Fa. s.r.l., al Mo. Al.. Pur ritenendo che il Sa. avesse lavorato per la F. Fa. s.r.l., riconducibile al Mo., non risulta in alcun modo provato che l'importo di Euro 2100,00, trasferito dal conto della p.o. al conto dell'imputato Sa., fosse riconducibile ad una prestazione lavorativa effettuata dal Sa. per il Mo..

Altresì il Mo. non ha neppure chiarito perché il Mo., che poteva agire all'esterno con la F. Fa. srl., non percepisse i proventi dai propri clienti ma si servisse del Sa. facendo accreditare le somme sul suo conto.

Appare invece plausibile che, trattandosi di proventi illeciti, il Mo. si sia avvalso di Sa. come "prestanome" facendo aprire al Sa., il conto corrente sul quale sono state accreditate le somme sottratte alla odierna persona offesa.

Ciò posto, non vi sono tuttavia sufficienti elementi per addivenire ad una pronuncia di penale responsabilità dell'imputato Mo. Al..

Giova evidenziare che i riscontri esterni alla chiamata di correità richiesti dall'art. 192 cod. proc. pen., possono consistere in elementi di qualsivoglia natura anche di carattere logico, ma che, oltre ad essere individualizzanti, e quindi avere direttamente ad oggetto la persona dell'incolpato in relazione allo specifico fatto a questi attribuito, debbono essere esterni alle dichiarazioni accusatorie, allo scopo di evitare che la verifica sia circolare ed autoreferente. (Fattispecie in cui la Corte ha annullato con rinvio la sentenza impugnata che aveva condannato l'imputato ritenendo, tra l'altro, sufficiente ai fini della verifica positiva di una chiamata in correità, dichiarazioni di altri coimputati che indicavano la fonte delle proprie conoscenze proprio nelle informazioni ricevute dall'autore della chiamata da riscontrare). (Sez. 6, Sentenza n. 1249 del 26/09/2013 Ud. (dep. 14/01/2014) Rv. 258759 - 01.).

Nel caso di specie mancano elementi di riscontro in ordine al coinvolgimento del Mo. Al. per cui l'imputato va assolto per non aver commesso il fatto.

Ciò posto, il Tribunale ritiene configurabili a carico di Sa. i reati contestati all'imputato di cui agli artt. 615 ter e 640 ter c.p., tenuto conto che vi sono indizi gravi, precisi e concordanti che consentono di inferire che l'odierno imputato, quanto meno in concorso con altri soggetti rimasti non identificati, abbia commesso i reati a lui ascritti.

Il resoconto dei fatti così come dianzi sommariamente tracciato consente di ritenere pienamente integrati gli elementi costitutivi delle fattispecie di cui agli artt. 615 ter e 640 ter c.p., contestati in un unico capo di imputazione.

In sintesi, l'imputato tramite l'uso dei propri documenti di identità e del proprio codice fiscale, apriva un conto corrente postale, sul quale era accreditata la somma complessiva di Euro 2100,00, prelevata dal conto della p.o. intervenendo su dati, informazioni e programmi contenuti nel sistema informatico e/o telematico delle Poste Italiane attivando la carta di credito n. (omissis) intestata a Ma. (transizione del 16.02.2018 dell'importo di 750,00 Euro con bollettino postale; transizione del 16.02.2018 dell'importo di 650,00 Euro con bollettino postale transizione del 16.02.2018 dell'importo di 700,00 Euro con bollettino postale).

Il fatto che l'istruttoria non abbiano consentito di individuare se sia stato l'imputato o altri ad operare materialmente l'"intrusione" nel sistema informatico delle Poste Italiane con illecito accesso al conto personale della parte offesa, non vale ad escludere la partecipazione, ex art. 110 c.p. dell'imputato Sa. Wo. alla consumazione dei reati, alla luce della condotta dallo stesso compiuta. La frazione di condotta riconducibile al SA. è apprezzabile sotto il profilo fattuale ed essenziale, posto che consiste nella predisposizione degli strumenti necessari alla ricezione delle somme indebitamente prelevate dal conto della vittima. Il ruolo svolto dall'imputato per la parte che ha una sua dimostrazione storica, è da considerarsi "attivo" sotto il profilo della partecipazione tenuto conto che per aprire il conto per l'accredito delle somme illecitamente carpite sono stati adoperati i documenti personali dell'imputato, ivi compresa la carta di identità che ha permesso all'impiegato postale che ha curato l'operazione la verifica della corrispondenza tra il documento di documento di identità e la persona che accedeva alla procedura di apertura del conto.

Trattasi di frazione dell'illecita condotta apprezzabile, se non altro per l'apprestamento dei mezzi necessari per la consumazione dell'illecito, sicché il ruolo attribuito al Sa. è definito nei suoi contorni.

Ne consegue che sotto il profilo oggettivo, all'odierno imputato, quantomeno in concorso con altri soggetti, sono riconducibili i reati a lui ascritti per aver aperto un conto su cui era accreditato l'importo fraudolentemente prelevato dal conto della p.o., attraverso la tecnica di illecita intromissione in via informatica.

Quanto al profilo soggettivo, in linea generale va osservato che la prova della volontà della commissione del reato è prevalentemente affidata, in mancanza di confessione, alla ricerca delle concrete circostanze che abbiano connotato l'azione e delle quali deve essere verificata l'oggettiva idoneità a cagionare l'evento in base ad elementi di sicuro valore sintomatico, valutati sia singolarmente sia nella loro coordinazione. (Cass sez. 6 n. 16465 del 6.4.2011 in ced rv 250007).

Nel caso in esame, l'imputato non ha mai denunciato lo smarrimento né richiesto il blocco della carta a lui intestata; tali fatti unitamente alla condotta assunta dall'imputato sono idonei a dimostrare implicitamente l'elemento psicologico dei reati.

La condotta tenuta dal prevenuto integra, in primo luogo, il reato di cui all'art. 615 ter c.p., in quanto ha concorso ad introdursi abusivamente nel sistema informatico dell'istituto di credito, protetto dalla misura di sicurezza della password.

La disposizione di cui all'art. 615 ter c.p. punisce "Chiunque abusivamente si introduce in un sistema informatico o telematico protetto da misure di sicurezza ovvero vi si mantiene contro la volontà espressa o tacita di chi ha il diritto di escluderlo, è punito con la reclusione fino a tre anni."

Dal compendio degli elementi di prova emerge, inoltre, che, già sul piano logico, l'introduzione abusiva nel sistema informativo e la successiva appropriazione delle somme di denaro in danno della persona offesa non può che essere avvenuta con la partecipazione - quantomeno a titolo di concorso - dell'attuale imputato, il quale, se non ha realizzato in prima persona la condotta materiale di cui all'art. 615 ter c.p., ha offerto la disponibilità a rendersi intestatario del conto corrente, sul quale è alla fine confluita la somma di Euro 2100,00.

Si deve ribadire che non vale ad escludere la penale responsabilità dell'imputato la circostanza che non siano emersi elementi per ritenerlo l'autore materiale dell'abusiva introduzione nella casella di posta elettronica della vittima, poiché tale circostanza "non vale ad escludere la partecipazione, a titolo di concorso ex art. 110 c.p., alla consumazione dei reati di cui agli artt. 615-ter e 640-ter c.p. di colui che sia titolare della carta (...) su cui venivano illegittimamente riversate le somme prelevate dal conto della persona offesa attraverso la tecnica di illecita intromissione in via informatica" (così Cassazione penale, sez. II, 12/09/2018, n. 5748).

Sussiste, infine, anche l'elemento soggettivo del reato in esame, il quale richiede la presenza del dolo generico, essendo reato di mera condotta, che si perfeziona con la violazione del domicilio informatico, e quindi con l'introduzione in un sistema costituito da un complesso di apparecchiature che utilizzano tecnologie informatiche, senza che sia necessario che l'intrusione sia effettuata allo scopo di insidiare la riservatezza dei legittimi utenti, né che si verifichi una effettiva lesione alla stessa. Sez. 5, Sentenza n. 11689 del 06/02/2007 Ce. (dep. 20/03/2007) Rv. 236221" (così Cassazione penale, sez. V, 19/02/2020, n. 17360).

La condotta tenuta dall'imputato integra altresì gli estremi del reato di frode informatica previsto dall'art. 640 ter c.p..

La disposizione di cui all'art. 640 ter c.p. punisce "Chiunque, alterando in qualsiasi modo il funzionamento di un sistema informatico o telematico o intervenendo senza diritto con qualsiasi modalità su dati, informazioni o programmi contenuti in un sistema informatico o telematico o ad esso pertinenti, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da Euro 51 a Euro 1.032."

Sulla struttura del delitto in esame è possibile affermare, sulla scorta del dato normativo e della sua interpretazione giurisprudenziale, che la norma di cui all'art. 640 ter c.p. incrimina due condotte.

La prima consiste nell'alterazione, in qualsiasi modo, del funzionamento di un sistema informatico o telematico.

Per alterazione deve intendersi ogni attività o omissione che, attraverso la manipolazione dei dati informatici, incida sul regolare svolgimento del processo di elaborazione e/o trasmissione dei suddetti dati e, quindi, sia sull'hardware che sul software. In altri termini, il sistema continua a funzionare ma, appunto, in modo alterato rispetto a quello originariamente programmato. Per sistema informatico o telematico deve intendersi un complesso di apparecchiature destinate a compiere una qualsiasi funzione utile all'uomo, attraverso l'utilizzazione (anche parziale) di tecnologie informatiche, che sono caratterizzate - per mezzo di un'attività di codificazione e decodificazione - dalla registrazione o memorizzazione, per mezzo di impulsi elettronici, su supporti adeguati, di dati, ossia di rappresentazioni elementari di un fatto, effettuata attraverso simboli (bit), in combinazione diverse, e dall'elaborazione automatica di tali dati, in modo da generare informazioni, costituite da un insieme più o meno vasto di dati organizzati secondo una logica che consenta loro di esprimere un particolare significato per l'utente. La seconda condotta è costituita dall'intervento senza diritto con qualsiasi modalità su dati, informazioni o programmi contenuti in un sistema informatico o telematico ad esso pertinenti.

È questo un reato a forma libera che, finalizzato pur sempre all'ottenimento di un ingiusto profitto con altrui danno, si concretizza in un'illecita condotta intensiva, ma non alterativa del sistema informatico o telematico (Sez. 2, n. 13475 del 06/03/2013, Se., Rv. 254911)" (così Cassazione penale, sez. II, 29/05/2019, n. 26604).

Nel caso di specie la condotta criminosa contestata è senz'altro riconducibile all'imputato a Sa. poiché, come già evidenziato, non vi è alcun minimo dubbio - trattandosi di dati derivanti da elementi di prova documentale - che l'operazione di accredito sia avvenuta a favore di un conto corrente a lui intestato. E', quindi, certo che la condotta criminosa si è risolta in un vantaggio economico a favore dell'attuale imputato, con pari danno per la persona offesa.

Sul piano, soggettivo, infine, la prova del dolo richiesto dalla norma incriminatrice si trae agevolmente dalle caratteristiche esteriori della condotta, come prima ricostruite.

Deve in definitiva dichiararsi la penale responsabilità di SA. Wo. per i fatti in questa sede allo stesso addebitati.

Giova evidenziare che è ormai pacificamente ammesso il concorso tra il delitto di cui all'art. 615 ter c.p. e quello previsto dall'art. 640 ter c.p., sulla base della considerazione che sono diversi "i beni giuridici tutelati e le condotte sanzionate, in quanto il primo tutela il cosiddetto domicilio informatico sotto il profilo dello "ius excludendi alios", anche in relazione alle modalità che regolano l'accesso dei soggetti eventualmente abilitati, mentre il secondo contempla e sanziona l'alterazione dei dati immagazzinati nel sistema al fine della percezione di ingiusto profitto" (così Cassazione penale, sez. V, 19/02/2020, n. 17360, relativa a una fattispecie in cui la condotta specificamente addebitata all'imputato era quella di aver proceduto, in concorso con ignoto, ad aprire, con propri documenti di identità, conti correnti postali sui quali affluivano, poco dopo, somme prelevate da conti correnti o da carte (...) di altri soggetti. (Cfr., tra le tante in senso conforme, Cassazione penale, sez. II, 29/05/2019, n. 26604).

I reati contestati nell'unico capo di imputazione appaiono commessi in esecuzione di un medesimo disegno criminoso e possono, pertanto, essere unificati ai sensi dell'art. 81, cpv., c.p.

Tenuto conto, poi, di tutti i criteri valutativi di riferimento dettati dall'art. 133 c.p., questo giudice stima equa e adeguata al caso concreto la pena di mesi dieci di reclusione ed Euro 500,00 di multa (pena così determinata: p.b. per il più grave reato di cui all'art. 640 ter c.p. anni uno di reclusione ed 400,00 di multa; aumentato ad anni uno e mesi due di reclusione ed Euro 500,00 di multa.

Sussistono i presupposti per concedere il beneficio della sospensione condizionale della pena.

Il carico di lavoro rende indispensabile il più lungo termine per il deposito della motivazione.

P.Q.M.
Visto l'art. 530 comma 2 c.p.p. assolve Mo. Al. dai reati a lui ascritti in rubrica per non aver commesso il fatto.

Visti gli artt. 533, 535 c.p.p., dichiara Sa. Wo. colpevole dei reati a lui ascritti in rubrica e concesse le circostanze attenuanti generiche, ritenuti i reati avvinti dal vincolo della continuazione, per l'effetto lo condanna alla pena di anni uno e mesi due di reclusione ed Euro 500,00 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali.

Pena sospesa.

Riserva i motivi in giorni 90.

Così deciso in Nola, l'8 giugno 2022

Depositata in Cancelleria il 16 agosto 2022

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