Tribunale Frosinone, 09/02/2024, n.218
In tema di atti persecutori ex art. 612-bis c.p., il contesto di dissidio familiare, specie quando correlato a questioni ereditarie, richiede un'attenta valutazione dell'elemento soggettivo e dell'evento di danno. Per configurare il reato, le condotte devono essere idonee a determinare nella vittima un grave e perdurante stato d'ansia o di paura, o a costringerla a mutare significativamente le proprie abitudini di vita. Eventuali tensioni o linguaggi offensivi reciproci, se privi di un effetto destabilizzante concreto e dimostrabile, non sono sufficienti a integrare la fattispecie criminosa.
RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE
All'esito dell'udienza preliminare del 7.7.2021, SC.GI. è stato rinviato a giudizio per rispondere del reato sopra rubricato.
All'udienza del 7.12.2021, verificata la regolare instaurazione del contraddittorio e ridichiarata l'assenza dell'imputato, è stato aperto il dibattimento e sono state ammesse le richieste istruttorie delle parti.
Il 19.4.2022 sono stati sentiti DE.MO. (teste P.M., all'epoca dei fatti in servizio presso l'Aliquota Radiomobile della Compagnia Carabinieri di Alatri) e SC.Pa. (teste P.M./P.O.); quindi, è stata acquisita la documentazione prodotta dal Pubblico Ministero e si è proceduto, su accordo delle parti, alla revoca dell'ordinanza ammissiva del teste BE.Ar.
All'udienza del 31.5.2022, preso atto della richiesta di differimento dell'udienza avanzata concordemente dalle parti che hanno rappresentato la sussistenza di trattative in corso fra loro finalizzate ad una bonaria risoluzione della controversia, è stato disposto il rinvio al 25.10.2022.
Il 25.10.2022 sono state sentite le testi della P.C. SC.Me. e CA.Gi.
Rinviata l'udienza del 28.2.2023 e quella del 23.5.2023 (assenza del teste della difesa), il 7.11.2023 è stata sentita D.GI.
Rinviata l'udienza del 30.1.2024, il 6.2.2024, chiusa l'istruttoria e raccolte le conclusioni delle parti, è stata assunta la presente decisione.
Con querela del 16.1.2020, facente seguito a quella datata 5.10.2019, presentata, però, insieme alla seconda, SC.Pa. ha denunciato il fratello SC.Gi., lamentandone gli assidui atteggiamenti di natura molesta e persecutoria perpetrati ai suoi danni a far data dal 2012, allorquando i rapporti con lo stesso hanno iniziato a deteriorarsi in ragione di questioni ereditarie sorte dopo la morte dei genitori.
Il querelante, sentito nella sua veste di persona offesa e testimone, ha, preliminarmente, inquadrato i rapporti col prevenuto: "allora, noi c'abbiamo una eredità da dividere che ci ha lasciato mio padre; mio padre è morto e pure mia madre. E lui (nde: si riferisce all'imputato) pur di dividere sta proprietà , sta facendo di tutto per allungare non lo so che vuole allungare (…). Vuole essere padrone di tutto (…)".
Sc.Pa. si è soffermato a descrivere l'animosità del fratello nelle occasioni di incontro con SC.Gi., occasioni pressoché quotidiane sui terreni in comproprietà : "fa di tutto per litigare, comincia a dire "Pezzo di merda. Stronzo, tu non comandi niente! Tu non sei padrone di niente, io ti ammazzo, ti impicco", tutte queste cose e mette paura, mi mette paura veramente perché accusa pure la mia famiglia".
Ancora, il denunciante ha riferito: "io magari c'ho le pecore lì e chiudo il cancello, poi torno e lo trovo aperto. Lo rimetto a posto e lo ritrovo aperto. Una volta c'ho messo il lucchetto, lo ha sfasciato, lo ha spaccato"; "(…) e lì non c'entra nessuno, c'entriamo solo noi, la chiave ce l'abbiamo io e lui, non è che ci può entrare qualcun altro"; "L'altra volta mi ha menato con una mazza"; "(…) andando lì, stava lui e vedo lui a martella' delle botti e gli ho detto: "Ahi, ma che cavolo sta a fa'?" e ha acchiappato quel martello e se ci fosse stato il cancello aperto mi avrebbe preso! E ha cominciato a dire parolacce"; "ho iniziato a portare mia figlia o mia suocera insieme per evitare che lui facesse tutto così, perché quando c'hai qualcuno si contiene; ma se sto solo è come un avvoltoio, però non sempre mi posso portare le persone dietro. E quindi c'ho paura di andare lì perché lui come vado lì, dopo due minuti, sta lì. Io non so come fa".
Il querelante ha rammentato di particolari episodi che hanno acuito il proprio stato d'ansia e di timore, riferendo nello specifico di una corda con un cappio trovata sul cancello posto all'ingresso del terreno ove egli custodiva gli animali e di una busta da lettera riportante scritte offensive e minacciose, accompagnate da una copia della denuncia che il prevenuto aveva (a suo dire) ingiustamente presentato nei suoi confronti, accusandolo di aggressione.
Con riferimento a tale ultimo episodio, egli ha spiegato che la mattina del 23.12.2019 vi era stata una lite con l'imputato per cui si era addirittura reso necessario l'intervento dei Carabinieri i quali, giunti sul posto, non hanno tuttavia rinvenuto lo SC.Gi. essendosi questi nel frattempo allontanato. Tuttavia, ha proseguito parte offesa, la sera stessa dell'accaduto, "è ritornato e mi ha messo la denuncia dentro ad uno scarpone sul piazzale".
Sc.Pa. ha negato di aver mai aggredito fisicamente il fratello; infine, ha rappresentato che a causa dei numerosi e continui comportamenti molesti dell'imputato egli si è trovato costretto a rivolgersi alle Forze dell'Ordine, recandosi presso gli uffici della Stazione dei Carabinieri di Alatri "quasi tutte le sere., minimo due volte a settimana. Era una cosa continua. Pure mia figlia una volta è venuta dai Carabinieri".
Sulle minacce subite, ha chiarito che, in qualche circostanza, esse erano indirizzate anche ai suoi familiari, "diceva "acchiappo qualcuno della famiglia tua e ti faccio vede".
DE.MO., all'epoca dei fatti in servizio presso la Stazione dei Carabinieri di Alatri - Aliquota Radiomobile, ha riferito sull'intervento del 23.12.2019, quando, sul posto, è stato trovato solo il richiedente Pa.
SC.Me., figlia della parte civile, ha confermati che i rapporti tra il padre e l'imputato "sono molto tesi. Dalla morte di mio nonno, nel 2010, sono iniziati i problemi per delle divisioni, per quanto riguarda la casa e da lì mio zio ha iniziato a comportarsi male, a minacciare mio padre, a fare cose, parolacce, un pò di tutto dal 2019 le cose si sono aggravate"; "a fine settembre 2019 è successo che mio padre un giorno mi chiama impaurito per andare al terreno di mio nonno", "mi ha chiamato che aveva trovato un cappio che gli ha messo mio zio, al cancello, dove mio padre mette gli animali. E poi da lì, comunque, quando si incontrano, parolacce su parolacce, minaccia anche noi. Infatti, anche noi abbiamo paura a mandarlo solo sinceramente. Ha fatto delle registrazioni mio padre, di tutto quello che mio zio gli diceva. Perché comunque era molto impaurito"; "era arrivato ad un periodo che c'aveva quasi uno stato di depressione"; "a Natale 2019, mi sembra che era il giorno prima della vigilia; vado io con mio padre dagli animali e troviamo uno scarpone, dentro lo scarpone c'era una lettera con la denuncia e con scritto "tanti auguri di buon Natale, a te e famiglia, stronzo", da mio zio e abbiamo fatto anche la foto a questa cosa"; "quella mattina lui aveva messo le dita in gola, mio zio a mio padre"; "oggi, dopo la morte del figlio di mio zio, si sono un po' calmate le acque ma comunque è molto tesa l'aria ancora. Perché comunque a volte si mette col telefono e dice parolacce".
CA.Gi. ha confermato quanto raccontato dalla figlia, dichiarando "(…) dopo la morte dei miei suoceri (…), appena si è iniziato a parlare di divisioni, lui ha cominciato a dare in escandescenza. Insomma, dava fastidio a mio marito"; "questi fatti succedevano sempre a casa, al terreno dei miei suoceri dove mio marito ha degli animali da accudire e mio cognato, invece, ha un orticello oppure va lì perché abita vicino (…). E succedeva che appena mio marito arrivava lì, lui arrivava e ogni pretesto era buono per insultarlo, per aggredirlo. Un paio di volte è capitato che gli ha lanciato un martello, insultandolo ad alta voce. Al che mio marito ha cominciato a preoccuparsi (…)"; "minacciava la famiglia, (…) gli ha messo un cappio; mio marito ha un cancello, dove ci sono gli animali, e ha messo un cappio proprio (…) e ci ha chiamato subito a noi per farcelo vedere. Oltre a questo, ha messo delle corna, sempre a quel cancello. Poi è capitato addirittura che si sono incrociati con le macchine e lui ha fatto la mossa per investire mio marito (…) istigava mio marito (…) quando c'ero presente anche io, perché andavo io, andava mia figlia, per fargli compagnia perché lui aveva paura (…). Quando andavo io, lui cominciava, si girava e diceva "cornuto, cornuto", in mia presenza (…). Dal nulla, basta che lo vedeva su quella proprietà , che è in comune, andava in escandescenza. (…) intimidazioni continue (…)"; "(…) addirittura, noi viviamo con mia madre, ottantenne, e a volte mio marito si è portata mia madre, (…) si sentiva più sicuro. E poi andava sempre con il telefono, in registrazione (…)"; "(…) ha fatto tante registrazioni (…), faceva le foto, prendeva l'audio, (…) per mettersi un po'al sicuro, (…) quella era l'unica prova che lui poteva presentare"; "(…) è durato dal 2019 al 2020, di continuo ma mio marito non è che andava tutte le volte a denunciare (…)".
La CA. ha, peraltro, precisato che "(…) mio cognato, dopo che faceva il suo exploit, partiva e diceva "ti vado a denunciare". Non so quante denunce avrà fatto. Stava sempre dai Carabinieri (…), cose che mio marito non aveva fatto (…)".
D.GI., moglie dell'imputato, ha fornito una versione diversa dei fatti accaduti il 23.12.2019: "allora, se non sbaglio era il giorno prima della Vigilia di Natale; era il 23 dicembre 2019. lo sono passata e ho trovato loro che stavano iniziando una lite. E il fratello (nde: SC.Pa.) gli aveva messo una macchina di traverso al viale e non faceva uscire mio marito dalla casa paterna, diciamo. Lì hanno gli animali e mio cognato ci viene tutti i giorni perché ha le pecore. E si incontrano tutti i giorni lì, perché anche mio marito c'ha gli animali lì, è ancora terreno di tutti quanti. Però mio cognato, ogni volta, trova sempre qualche cosa per avere discussioni, (…) istiga sempre alla lite, lo sono arrivata (…) e alla fine sono venuti proprio alle parole forti e mio cognato ha messo anche le mani al collo a mio marito (…)"; "poi mio cognato ha telefonato ai Carabinieri e nel frattempo ha spostato la macchina e mio marito se n'è andato. Ed è finita lì. Poi sono arrivati i Carabinieri, però mio marito non c'era più. Dopo i Carabinieri sono arrivate anche la figlia e la moglie di mio cognato però non hanno assistito a nessuna lite. C'ero io mentre litigavano (…)".
La D.GI., interrogata sul punto, ha poi chiarito che le denunce sporte da SC.Gi. nei confronti del fratello Pa." poi le ha sempre ritirate, perché non gli va di stare sempre a discutere; invece lui (nde: il querelante) le ha mandate avanti.
Da ultimo, quanto agli specifici episodi da quest'ultima denunciati, la teste si è espressa nei seguenti termini: "non ne so proprio nulla dei cappi"; "di cappi, di corde ce ne stanno tante perché ce le aveva mio suocero, che era pecoraio"; ancora, in merito al cancello posto all'ingresso del terreno ove erano custoditi gli animali dello SC.Pa., che ne ha lamentato la sistematica apertura in sua assenza, la teste ha dichiarato; "la chiave ce l'hanno tutti e tre i fratelli; c'è anche un altro fratello, però non ha gli animali lì".
Le prove raccolte in dibattimento consentono di affermare (solo) che tra i fratelli SC.Gi. e Sc.Pa. vi fosse un clima di tensione particolarmente acceso a causa del conflitto di tipo economico relativo alla divisione della eredità comune lasciata dai genitori.
L'animosità reciproca tra le parti, confermata negli stessi termini dalle mogli, entrambe sentite su sollecitazione delle difese, si evince in modo palese dagli audio registrati proprio dalla (presunta) persona offesa il 23.12.2019, quando SC.Gi. ha proposto "denuncia", lasciandone traccia al fratello mediante copia inserita all'interno di una busta collocata in una scarpa contenente anche l'offesa "stronzo" (cfr. documentazione fotografica allegata dalla parte civile).
Dall'ascolto del file è possibile percepire distintamente che SC.Gi. è piuttosto alterato (il suo tono di voce e l'eloquio sono palesi e non necessitano di interpretazione) e urla al fratello parolacce e (apparenti) minacce di ritorsione, infastidito dalla situazione di intralcio creata dal medesimo Pa.
Sc.Pa., di contro, appare piuttosto calmo e utilizza toni di sfida, proprio per provocare, riuscendovi, l'ira del prevenuto - che la moglie presente (si sente la voce della donna nell'audio citato), invece, cerca di placare sollecitandolo, appunto, a non rispondere.
Il clima di tensione e di conflitto tra le parti - unico elemento certo della vicenda -impone di procedere con particolare cautela nella valutazione delle accuse di Sc.Pa., evidentemente interessato all'esito del giudizio, non solo perché si è costituito parte civile, ma anche perché egli intende farsi portatore della posizione della "ragione" contro il "torto" del prevenuto, nonostante questi abbia ritirato nel tempo le numerose denunce proposte contro Pa. (sul punto, cfr. deposizione di Ca.Gi.).
La querela in atti, utilizzabile ai soli fini della procedibilità , nel dar conto del contenzioso ereditario, è estremamente generica sui presunti e molteplici atti vessatori che si sarebbero susseguiti nel tempo.
Si parla di rotture di lucchetti (lucchetto di cui SC.Gi. ha le chiavi quale comproprietario), di apertura non autorizzata di cancelli (circostanze, queste riferite anche in giudizio), di minacce con cappio e corna di animali.
Fatti che, però, risultano alquanto incerti: quando si sono verificati? Con quali modalità e frequenza? In che luogo? Con accesso riservato o pubblico?
Il cappio raffigurato in foto non pare proprio il cappio dell'impiccagione; al contrario, pare una sorta di chiusura rafforzata di cancello utilizzata in genere dai pastori, per impedire aperture improvvise da parte degli animali (sulla natura di tale "cappio" si rimanda al tenore delle dichiarazioni della moglie del prevenuto, Di Gi.Al.).
Della presenza di corna, poi, nessuna traccia concreta, a parte il convergente racconto di Sc.Pa. e di sua moglie (entrambi, si è detto, interessati all'esito del giudizio).
Altro dato certo è il linguaggio colorito di SC.Gi., che offende il fratello e gli rammenta di essere scorretto sul lavoro per aver preso giorni di malattia senza giustificazione. Ancora, l'imputato si riferisce alla situazione patrimoniale difficile del fratello, preconizzando di lasciarlo in mutande, evidentemente all'esito della divisione.
Il contegno di SC.Gi. del 23.12.2019 è, di sicuro, deprecabile e non giustificabile; in ogni caso, esso pare fomentato dallo stesso Pa., alla ricerca di elementi di conforto al suo sentirsi vittima fino a quella data mancanti (cfr. files audio in atti).
Tale percezione, all'esito dell'istruttoria, consistita di fatto nell'ascolto delle contrapposte versioni e dell'unico intervento dei Carabinieri (che si sono limitati a raccogliere le doglianze di Pa.), resta solo soggettiva, personale, di parte, e non trova rispondenza nel mondo esterno proprio perché SC.Gi., privo di erudizione e cultura, si è rivolto a Pa. con gli strumenti di conoscenza a sua disposizione: egli ha utilizzato un linguaggio bieco e volgare finalizzato ad offendere, non certo a vessare o perseguitare.
Due soli sono gli episodi molesti puntualmente denunciati, verificatasi a distanza ravvicinata (il primo a ottobre e poi il secondo a dicembre), e, quanto al 23.12.2019, SC.Gi. ha proposto autonoma denuncia, immediata, a differenza del fratello che il 16.1.2020 ha presentato due querele per i due episodi più precisi descritti nel corso dell'esame).
Il contesto di dissidio economico che fa da sfondo al presente giudizio, per di più a fronte di recriminazioni reciproche sull'eredità dei genitori, in uno col contrasto dichiarativo di cui si è dato conto, non consente di ritenere dimostrata, al di là di ogni ragionevole dubbio, la sussistenza di un reato tanto odioso come quello di atti persecutori oggetto di contestazione.
Proprio la reciprocità di accuse in cui si inserisce il reato, pur non escludendo di per sé la configurabilità del delitto de quo, fa sì che incomba sul giudice un più accurato onere di motivazione in ordine alla sussistenza dell'evento di danno, ossia dello stato d'ansia o di paura della presunta persona offesa, del suo effettivo timore per l'incolumità propria o di persone ad essa vicine o della necessità del mutamento delle abitudini di vita (Cass. Pen., Sez. 5 Sentenza n. 42643 del 24/06/2021 Ud. (dep. 22/11/2021) Rv. 282170 - 01).
Le risultanze probatorie analizzate nel paragrafo che precede, giova ribadire, non sono idonee a sostenere che l'evento di danno previsto dalla norma incriminatrice si sia in concreto realizzato, nonostante le plurime affermazioni della persona offesa e dei suoi familiari proprio sulla preoccupazione sofferta nel periodo della contestazione.
SC.Pa. ha frequentato (e non ha interrotto tale frequentazione prima e dopo la denuncia) i luoghi di causa, in comproprietà col fratello Gi.
Ha sì subito le sue offese (precisamente, ingiurie), ma esse sono rimaste meri attacchi ingiuriosi e irriguardosi privi di rilevanza penale.
Tali attacchi, in ogni caso, non sono così pregnanti da giustificare quello stato d'ansia che rappresenta, appunto, l'evento del reato.
Con tale affermazione non si vuole escludere che SC.Gi. abbia assunto un atteggiamento offensivo ai danni del fratello.
Si vuol solo precisare che tale atteggiamento, conforme alla preparazione culturale "ridotta" del prevenuto, non può aver minimante inciso sulle facoltà di scelta e sulla libertà di continuare a frequentare i luoghi di causa da parte della vittima.
Fermo restando il fastidio sofferto, tale fastidio e disagio sono cosa diversa da stati d'ansia e di paura che condizionano la persona offesa.
Il tutto, giova ribadire, perché l'audio ascoltato lascia supporre che Pa. abbia voluto provocare il fratello (ponendo la vettura di traverso, come dichiarato dalla moglie di Gi.) per precostituire la prova (debole) del suo malcostume, malcostume agevolmente desumibile dal linguaggio offensivo utilizzato in relazione ai fatti di dicembre.
Poichè, in concreto, SC.Pa. può dolersi di due soli episodi più significativi di aggressione verbale, va da sé che essi non possono minimamente ingenerare un profondo e destabilizzante turbamento necessario per l'integrazione degli atti persecutori.
Pertanto, va esclusa la sussistenza del fatto né vi è margine alcuno per derubricare le condotte e ipotizzare solo minacce continuate.
SC.Gi. ha usato un linguaggio improprio al solo scopo di rimarcare il proprio ruolo di comproprietario; non ha, in concreto, preconizzato alcun reato né ripercussioni serie in relazione alla presenza di Pa.
In conclusione, quindi, va esclusa la sussistenza del fatto-reato perché le prove raccolte sono insufficienti nei termini precisati nei paragrafi che precedono.
Il carico complessivo dell'Ufficio giustifica il prolungamento dei termini per il deposito dei motivi.
P.Q.M.
Visto l'art. 530 cpv. c.p.p.
ASSOLVE Sc.Gi. perché il fatto non sussiste.
Visto l'art. 544 c.p.p.,
indica in giorni 30 il termine per il deposito dei motivi.
Così deciso in Frosinone il 6 febbraio 2024.
Depositata in Cancelleria il 9 febbraio 2024.