Tribunale Napoli sez. VI, 24/05/2022, (ud. 07/03/2022, dep. 24/05/2022), n.2350
La configurabilità del delitto di atti persecutori (art. 612 bis c.p.) richiede una condotta reiterata di minacce o molestie tale da causare nella vittima un grave stato d'ansia, paura o la modifica delle proprie abitudini di vita. Le dichiarazioni della persona offesa possono costituire prova sufficiente per affermare la responsabilità dell'imputato, purché supportate da riscontri esterni e superino un rigoroso vaglio di attendibilità.
Svolgimento del processo
Or.An. è stato tratto nelle forme ordinarie, innanzi al giudizio del Tribunale di Napoli - in composizione monocratica - per rispondere dei reati ascrittogli giusta decreto del G.U.P. datato 10 giugno 2021.
Dopo un rinvio per irregolare costituzione del rapporto processuale ed un altro su richiesta della difesa dell'imputato, all'udienza del 7 febbraio 2022, una volta esaurite le questioni preliminari, il dibattimento era aperto e le parti avanzavano le rispettive richieste di mezzi di prova che il Giudice, valutatene la pertinenza e rilevanza ai fini della decisione, ammetteva nei sensi e nei limiti di cui all'ordinanza resa a verbale acquisendo la documentazione prodotta dalle parti. Si procedeva poi all'esame dei testi Ma.Ma., Lo.Mo. e Se.Vi. con rinvio, all'esito, al 21 febbraio successivo.
In quella sede si procedeva all'esame del teste Ma.Ga. e dell'imputato concludendo così l'istruttoria dibattimentale e disponendo il rinvio, per la sola discussione, all'udienza odierna.
Oggi, una volta raccolte le conclusioni delle parti nei sensi di cui in premessaci Giudice si ritirava in Camera di Consiglio per la decisione.
Motivi della decisione
Rileva il Giudicante che, alla stregua delle risultanze processuali che hanno consentito di ricostruire la vicenda per cui è processo nei suoi esatti contorni e sviluppi, debba essere affermata la penale responsabilità dell'imputato con riferimento ai delitti ascrittigli che sono risultati integrato in tutti i loro elementi ontologici e strutturali.
Va in primo luogo rilevato però che, come è agevolmente desumibile dagli atti, l'asserto accusatorio trova il suo punto di abbrivo e forse il suo traguardo nelle dichiarazioni rese anche in dibattimento da Ma.Ma. e da alcuni suoi familiari-persone offese poi costituitesi parte civile - sicché si ripropone, in questa sede, l'annoso problema della valenza sostanziale e processuale da attribuire alle dichiarazioni accusatorie della vittima del reato per cui si procede.
Orbene è noto che per costante orientamento giurisprudenziale della S.C. - cfr. per tutte Cass. Pen. Sez. IV 21 giugno - 10 agosto 2005 n. 30422 e Sez. III 18/7/12 n. 253688 - la deposizione della persona offesa dal reato può essere assunta, anche da sola, a fondamento della pronuncia di colpevolezza dell'imputato a condizione però che essa abbia resistito, vittoriosamente, ad un rigoroso vaglio critico da parte del Giudice.
Siffatta penetrante disamina - vieppiù necessaria allorché, come nella fattispecie, la persona offesa si sia costituita parte civile ed abbia, quindi, un preciso interesse da garantire e far valere- è evidentemente volta a neutralizzare il rischio – concreto - di dichiarazioni "manipolate", specie in vicende come quella in esame caratterizzata da forti tensioni tra le parti dove, almeno in astratto ma innegabilmente, potrebbero interagire, anche inconsapevolmente nell'accusatore, insondabili impulsi, pulsioni e tensioni emotive, tali da suggerirgli o condurlo a dichiarazioni, dettate magari da un sentimento - umanamente comprensibile ma giuridicamente inaccettabile - di rivalsa o vendetta nei confronti dell'imputato che tendano a "distorcere" strumentalmente la realtà dei fatti al fine di fornire una versione degli stessi interessata e fuorviante.
Ci si preoccupa, giustamente, di garantire che le dichiarazioni di accusa della vittima siano il più possibile genuine e "disinteressate" e quindi intrinsecamente attendibili, ma allorché sia provato tale loro carattere le dichiarazioni della persona offesa, pur se astrattamente non equiparabili a quelle del testimone estraneo, possono fondare autonomamente-senza cioè la necessità di riscontri esterni-una pronuncia di condanna.
Peraltro il disposto dell'art. 192 c.p.p. non prevede particolari parametri di valutazione di tali dichiarazioni, né subordina la loro rilevanza a condizioni specifiche per cui è da ritenersi che l'accusa della vittima sia, di per sé, una fonte di prova a tutti gli effetti.
Ciò chiarito deve subito sottolinearsi che l'inattendibilità intrinseca della persona offesa dichiarante non può farsi discendere, allorché l'impianto narrativo sia nel suo complesso logico e coerente, da eventuali discordanze o imprecisioni su fatti marginali della vicenda ed inoltre anche qualche contraddizione può non essere rilevante ai nostri fini perché una versione dei fatti, affatto identica e senza incertezze, che come un cuneo inarrestabile superi il lasso cronologico e tutte le fasi processuali ben può apparire sospetta, perché magari studiata e preparata "a tavolino".
Insomma, ben può essere ritenuta credibile ed attendibile la persona offesa che, pur con qualche comprensibile e giustificabile tentennamento, mantenga ferma la sua versione accusatoria nei punti essenziali della vicenda che l'hanno, suo malgrado, vista protagonista.
In quest'ottica valutativa non può trascurarsi il parametro della logica nel senso che, in presenza o sospetto di un intento calunnioso da parte della vittima, è ragionevole ritenere che la sua versione dei fatti non possa, in linea astratta, presentare punti deboli o facilmente attaccabili di tal ché anche una dichiarazione che sia, a prima vista, oggettivamente carente può essere indirettamente il riscontro dell'attendibilità complessiva di colui che l'ha resa.
In altri termini allorché la versione accusatoria presenti oggettive lacune o incongruenze che però siano spiegabili sotto il profilo della logica e del dato fattuale, l'attendibilità del dichiarante può essere affermata.
Se ciò è vero-e non si vede come sulla scorta dell'uniforme orientamento sia giurisprudenziale che dottrinale, possa essere negato-deve subito affermarsi che le dichiarazioni rese da Ma.Ma., e da altri suoi familiari, sono apparse nel loro complesso, credibili, coerenti e per di più sorrette anche da alcuni riscontri esterni.
In estrema sintesi-riservando la disamina più approfondita allorché dovrà valutarsi la configurabilità del delitto contestato - il Ma. ha dichiarato in dibattimento, peraltro confermando in larghissima parte quanto già esposto nelle numerose denunce querele sporte, di aver conosciuto l'imputato dopo aver acquistato l'appartamento sito nella stessa palazzina ove abita l'Or. e che sin dai primi tempi, allorché stava effettuando i lavori di ristrutturazione dell'appartamento, aveva avuto opposizioni e contrasti immotivati da parte dell'imputato.
Più volte infatti l'Or. aveva impedito agli operai di accedere al cantiere, poi in altre occasioni-a lavori completati-aveva danneggiato la sua proprietà lanciando dall'alto della sua abitazione, sita al secondo piano del palazzo, pezzi di marmo, aveva più volte rotto i vetri del suo appartamento, rotto i materiali edili che erano stati lasciati dopo i lavori ma, soprattutto, aveva più volte spaventato la figlia minorenne mostrandole delle bambole trafitte da spilloni.
Inoltre in più occasioni aveva offeso ed ingiuriato sia lui che i suoi familiari, aveva tagliato la fornitura dell'acqua in quanto il servizio era in comune tanto da costringerlo a rivolgersi più volte alle Forze dell'Ordine che gli avevano consigliato di installare, cosa che aveva fatto, un sistema di videosorveglianza.
L'Or. con tale suo incomprensibile comportamento aveva comunque costretto i suoi familiari e lui a cambiare abitudini e costumi di vita, in particolare la figlia minorenne non aveva voluto più rimanere da sola in casa per paura di nuove azioni da parte dell'imputato.
Ha infine aggiunto di aver anche cercato di parlare sia con l'Or. che gli aveva esplicitamente detto che non avrebbe dovuto comprare l'appartamento, sia con il figlio il quale gli aveva risposto che il padre aveva un problema.
Orbene siffatte dichiarazioni, in sé lineari e coerenti, non connotate da "amnesie tattiche" o, peggio, opportunistiche rimodulazioni in corso d'opera allorché potevano profilarsi delle contestazioni, non solo risultano affatto credibili ma anche sorrette da riscontri esterni.
Al riguardo, infatti, anche a non voler richiamare il contenuto delle dichiarazioni rese da Lo.Mo. - moglie del Ma. - che ha comunque confermato tutti gli episodi descritti dal marito ed in particolare lo spavento che ne aveva tratto la figlia minorenne o quelle di Ma.Ga. figlio della persona offesa, è sufficiente far riferimento alle dichiarazioni rese in dibattimento dal teste di P.G. Se.Vi. che ha riferito di essere più volte intervenuto perché chiamato dal Ma. in seguito alle condotte poste in essere dall'Or.An.
Vi è poi in atti, acquisito col consenso delle parti, un file riportante le riprese effettuate dal sistema di video sorveglianza e dalle immagini è possibile desumere quantomeno alcune condotte dell'Or.An. che lancia spranghe di ferro sui balconi del Ma., oppure rovescia una bicicletta custodita nel vialetto etc. sicché è indubitabile che quanto riferito dalla persona offesa abbia avuto dei riscontri.
Peraltro, ed esaustivamente sul punto, il dato dell'installazione delle telecamere si armonizza-sotto il profilo logico-solo con la fondatezza delle accuse e col timore del Ma. di proteggersi.
Del resto le numerose denunce sporte, anch'esse versate all'incarto dibattimentale, sono espressione univoca di una situazione di preoccupazione e disagio ed ansia riconducibile, senz'altro, al paradigma dell'ipotesi incriminatrice dell'art. 612 bis c.p..
E' rimasta poi non contraddetta o smentita da alcunché la circostanza riferita sia dal Ma. che dalla Lo. del cambiamento delle abitudini di vita in seguito all'episodio delle bambole con gli spilloni che aveva "traumatizzato" la figlia minorenne sicché appare davvero difficile poter contestare la sussistenza dei profili ontologici del delitto di atti persecutori.
L'imputato nel suo esame ha sostanzialmente negato le sue condotte ed ha tentato di fornirne una versione diversa attribuibile ai normali contrasti tra condomini ed alla circostanza, da lui riferita, di un mancato pagamento da parte del Ma. di una fattura relativa alla fornitura idrica, tuttavia è agevole obiettare che le immagini del filmato versato in atti non confermano quanto da lui sostenuto e soprattutto che se le cose fossero state così come da lui descritte la persona offesa non avrebbe avuto alcun motivo, tanto più che è molto più giovane dell'imputato di rivolgersi molte volte alla Polizia ed installare le telecamere.
Non rileva in questa sede ma anche per tentare di dare una spiegazione ad una condotta "sconcertante" è sufficiente leggere l'esame dibattimentale dell'imputato, ed anche alcuni riferimenti della persona offesa, per ipotizzare che all'origine delle condotte dell'Or.An. possa esservi una certa sua "delusione" - giustificata o meno - per non essere il proprietario dell'appartamento che era, in origine, ricompreso nell'asse ereditario della sua famiglia ma è evidente che rispetto a tale eventuale controversia il Ma. non abbia ruolo alcuno e tantomeno responsabilità con tutto ciò che ne deriva sulla disamina della dei profili di colpevolezza.
Risulta integrata in pieno quindi quella che è la ratio della previsione incriminatrice e cioè quella di impedire che, anche attraverso delle "molestie" atteso il tenore letterale della norma, la vita della persona offesa possa, in qualche modo, essere condizionata e/o alterata dalla condotta "persecutoria" dell'agente che, si ribadisce, nella fattispecie è senz'altro integrata dall'atteggiamento e dal comportamento reiterato dell'Or.An..
Or.An. va dunque condannato in relazione al delitto ascrittogli ai capi 1) e 2) dell'editto accusatorio nella cui articolazione può senz'altro assorbirsi la condotta di danneggiamento contestata sub 3) che, all'evidenza, rappresenta e costituisce un'ulteriore manifestazione ed estrinsecazione della condotta persecutoria.
I delitti così ricostruiti vanno poi unificati ai sensi e per gli effetti dell'art. 81 cpv. c.p. essendo palese l'identità del disegno criminoso ad essi sotteso.
Quanto al trattamento sanzionatorio, in considerazione della sua età, del corretto comportamento processuale, possono essere concesse le circostanze attenuanti generiche prevalenti - all'esito del giudizio di comparazione ex art. 69 c.p. - sull'aggravante - condotta in danno anche di minore- contestata, sicché applicati i parametri di cui all'art. 133 c.p. risulta equa la pena di anni uno e mesi due di reclusione così determinata p.b. anni uno e mesi sei di recl. inflitta per il più grave delitto sub 2), ridotta di 1/3 ex art. 62 bis c.p., elevata di mesi due di reclusione per la continuazione.
Ex lege segue la condanna dell'imputato al pagamento delle spese processuali mentre l'assenza di precedenti penali (cfr. il certificato del casellario giudiziario in atti) legittima la concessione in suo favore-nei modi e nelle forme di cui all'art. 165 c.p. indicate in dispositivo- del beneficio della sospensione condizionale della pena cui segue - ex lege - la dichiarazione di cessazione dell'efficacia della misura cautelare non coercitiva attualmente in corso.
Or.An. va poi condannato al risarcimento del danno - da liquidarsi per tutte in separato giudizio per l'assenza di univoci parametri di valutazione-in favore delle costituite parti civili, nonché alla rifusione in favore delle stesse delle spese di costituzione e rappresentanza in giudizio liquidate invece, equitativamente, come da dispositivo. L'impossibilità di quantificare anche in misura parziale il danno comporta il rigetto della richiesta di provvisionale avanzata dalle parti civili.
Il notevole carico di lavoro dell'udienza e complessivo infine ha determinato il ricorso ad un più ampio termine per il deposito della motivazione.
P.Q.M.
Letti gli artt. 533, 535, c.p.p. dichiara Or.An. responsabile dei delitti ascrittogli ai capi 1) e 2) della rubrica, unificati sotto il vincolo della continuazione, in essi assorbita la contestazione sub 3), e, concesse le circostanze attenuanti generiche prevalenti sull'aggravante in fatto contestata, lo condanna alla pena di anni uno e mesi due di reclusione oltre al pagamento delle spese processuali. Pena sospesa subordinata alla partecipazione - a decorrere del periodo di tre mesi dal passaggio i giudicato della presente sentenza - a specifici corso di recupero presso gli enti di cui all'art. 165 comma V c.p. per un periodo di mesi sei, alle condizioni di legge. Dichiara cessata l'efficacia della misura cautelare non custodiale imposta a Or.An.. Condanna altresì Or.An. al risarcimento del danno - da liquidarsi per tutte in separato giudizio - in favore delle costituite parti civili, nonché alla rifusione in favore delle stesse delle spese di costituzione e rappresentanza in giudizio che liquida in complessivi Euro duemilatrecento,00 (Euro 2300, 00) di cui Euro 2.000,00 per onorario ed Euro 300,00 per spese oltre I.V.A. e C.P.A. come per legge, aumentata nella misura del 20% disponendone il pagamento in favore dello Stato anticipatario. Rigetta la richiesta di provvisionale avanzata dalle parti civili. Indica in giorni novanta il termine per il deposito delle motivazioni della sentenza.
Così deciso in Napoli il 7 marzo 2022.
Depositata in Cancelleria il 24 maggio 2022.