Tribunale Nola, 10/01/2023, n.1869
Valutazione rigorosa delle dichiarazioni della persona offesa nel reato di atti persecutori.
Le dichiarazioni della persona offesa possono costituire unico fondamento del giudizio di colpevolezza per atti persecutori, purché siano sottoposte a un'attenta analisi critica e trovino riscontro, ove possibile, negli elementi probatori acquisiti. La reiterazione di condotte minacciose o moleste idonee a provocare un grave stato di ansia, paura o alterazione delle abitudini di vita integra gli elementi oggettivi e soggettivi del reato.
RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE
Con decreto che dispone il giudizio emesso, in data 2.11.2021, dal GUP presso il Tribunale di Nola, TA. Al. era tratto a giudizio per rispondere dei reati a lui ascritti in rubrica.
Alla prima udienza di comparizione fissata in data 14.12.2021, era dichiarata l'assenza dell'imputato regolarmente citato e non comparso senza addurre legittimo impedimento; il processo era riassegnato per decreto presidenziale alla scrivente.
Si procedeva all'apertura del dibattimento, con ammissione delle prove richieste dalle parti; pertanto era acquisita, con il consenso delle parti, l'informativa redatta dai CC. di (omissis) del 27.1.2021 e 17 maggio 2020, con allegati (tabulati telefonici, estrazione dal telefono cellulare in uso alla Mo. di sms e messaggistica whatsapp a lei pervenuta dall'utenza n. (omissis) in uso all'imputato dalla data dell'1.11.2020 fino alla data di esecuzione del provvedimento); al teste Pi. Al. era poste domande a precisazione (udienza del 10.1.20212); altresì erano acquisite ex art. 493 c.3 c.p.p. annotazione redatta dal CC. di (omissis) del 24.1.2021, del 3.2.2021. Erano acquisite con il consenso le SIT rese in data 23.4.2021 e 6.2.2021 da PI. Si. Su. (all'udienza del 13.4.2022), poi escussa a chiarimento, e da DI NA. Ol. (udienza del 30.5.2022). Erano altresì acquisiti ex art. 493 c. 3 c.p.p. tutti gli atti di indagine (tra cui le denunce querele sporte dalla p.o., SIT rese dalla Mo. in data 23.4.2021, le ulteriori annotazioni del 23.1.2021, 31.1.2021, 4.2.2021, 8.2.2021, 23.2.2021, 29.2.2021, 20.4.2021, 27.4.2021) nonché le indagini difensive tra cui le dichiarazioni ex art. 391 bis c.p.p. assunte da FO. Pa., SA. Pa. e Mo. Ma. (udienza dell'11.7.2022 e del 10.10.2022); era escusso il teste della difesa Ta. Vi.; acquisito l'interrogatorio di garanzia ex art. 513 c.p.p. reso in data 17.3.2021 dinanzi al GIP del Tribunale di Nola. In data 7.11.2022 dichiarava chiusa l'istruttoria dibattimentale ed utilizzabili gli atti acquisiti al fascicolo del dibattimento; all'esito della discussione delle parti, il giudice decideva come da dispositivo letto in pubblica udienza.
Il termine di prescrizione è rimasto sospeso dal 27.6.2022 all'11.7.2022 per adesione dei difensori all'astensione.
Ritiene questo giudice che l'istruttoria svolta abbia senza ombra di dubbio provato la responsabilità penale dell'imputato in ordine ai reati a lui ascritti in rubrica.
Fonti di prova da cui si traggono elementi a carico dell'imputato sono principalmente le denunce querele sporte dalla p.o. MO. Ma., le dichiarazioni resa da MO. Sa., PI. Si. Su., DI NA. Ol., oltre alle prove documentali, da cui emerge quanto segue.
In data 23 gennaio 2021 la p.o. MO. Ma. sporgeva denunzia querela presso la Stazione CC. di (omissis) nei confronti dell'ex fidanzato, Ta. Al..
La Mo. raccontava che la storia sentimentale con il Ta. Al., odierno imputato, aveva avuto inizio nel giugno 2018 e che dopo circa un anno e mezzo, verso la fine del 2019, il fidanzato aveva assunto degli atteggiamenti ossessivi nei suoi confronti:
- apostrofandola con espressioni del tipo "troia non devi uscire altrimenti ti vengo a prendere dove stai";
- rimproverandola sul modo di vestirsi e, se usciva con altre persone, la videochiamava per capire con chi si trovava e come era vestita ("ricordo che in un episodio, lo stesso al termine della videochiamata si presentò poco dopo nel bar dove ero con delle amiche e davanti a tutti mi rimproverava del fatto che dovevo andare subito a casa in quanto non ero in sua compagnia").
Riferiva che tali comporti offensivi e minacciosi erano divenuti quotidiani.
Nel mese di maggio 2020 si verificava un episodio all'esito del quale la Mo. maturava la decisione di interrompere la relazione.
Raccontava che un pomeriggio, mentre stava andando in auto a prendere una amica, SA. Na., veniva affiancata dal Ta. a bordo della sua auto e dopo averla costretta a fermarsi, la picchiava violentemente ("Nel mese di maggio 2020, accadde un episodio che in un certo senso mi aprì la mente, facendomi comprendere la vera personalità del Ta. Al.). In particolare quanto al predetto episodio riferiva che durante il tragitto che da (omissis) porta a (omissis), nei pressi di via (omissis), mentre era marcia, era affiancata dall'autovettura Audi (omissis), in uso al Ta.. Difatti dentro l'auto vi era il Ta. Al., il quale palesemente innervosito della sua presenza da sola in auto, le riferiva "vai a casa non devi uscire fermati che ti devo parlare". Al fine di spiegare al Ta. il motivo della sua presenza, gli faceva comprendere che si sarebbe fermata nel parcheggio dell'ex stazione, poco distante. Raggiunto il parcheggio, Mo. scendeva dall'auto e veniva subito raggiunta dal Ta., il quale improvvisamente l'afferrava per i capelli, iniziandoli a stringerli per poi colpirla con un violento schiaffo al volto e conseguentemente con un forte cazzotto alla pancia; poi le metteva le mani sul collo stringendola forte e con la seria volontà di soffocarla. D'istinto, con tutta la forza che aveva, spintonava il Ta. Al. liberandosi dalla morsa del soffocamento e quindi si rimetteva alla guida della sua auto, fuggendo via e raggiungendo la Villa Comunale di (omissis). Qui arrestava la sua corsa al fine di realizzare cosa fosse accaduto e per prendere cognizione sul da farsi. Nel mentre notava l'autovettura Audi (omissis), dirigersi verso di lei, si accorgeva anche della presenza di un'autovettura dei Carabinieri. Alla vista dei militari il Ta. faceva manovra per allontanarsi ma veniva inseguito dai Carabinieri. Poco dopo gli stessi Carabinieri si presentavano da lei, rimasta ferma in auto parcheggiata nei pressi della Villa Comunale di (omissis). E dopo essersi sincerati delle sue condizioni di salute, le chiedevano di seguirli presso questa caserma ove rendeva sommarie informazioni ma senza sporgere querela. Intervenne anche il 118 per prestare le cure del caso.
La Mo. quindi riferiva che, dopo tale episodio, la sera decideva di incontrare il Ta., per ammonirlo sul proprio comportamento e, avendo il Ta. mutato il proprio atteggiamento, la loro relazione era proseguita fino all'estate quando andavano in vacanza con i genitori della Mo.; tuttavia l'uomo di punto in bianco lasciava la casa delle vacanze. Nel mese di settembre 2020 la Mo. metteva fine alla relazione. I due si sentivano saltuariamente perché il Ta. la chiamava per chiederle di tornare insieme. Finché nel mese di novembre 2020, ci fu un incontro in cui la Mo. decideva di troncare definitivamente la loro relazione sentimentale.
Da quel momento Ta. iniziava ad ossessionarla con continue telefonate, in cui spesso la minacciava con espressione del tipo "ti devo uccidere - dove stai? - devi tornar a casa" facendole comprendere che era transitato nei pressi della sua abitazione, accorgendosi che non era a casa.
La Mo., inoltre, riferiva che dal mese di gennaio 2021 il Ta. aveva iniziato ad inviarle continui messaggi con cui le indirizzava numerose minacce, tra cui quella pubblicare immagini compromettenti e persino di ucciderla se non avesse accettato di incontrarlo. Poi a fronte del messaggio in cui la Mo. avvisava che lo avrebbe denunciato per quanto le stava facendo passare, il Ta. inviava ulteriori messaggi, minacciando che avrebbe fatto del male sia alla p.o. sia ai suoi familiari; affermava che l'avrebbe lasciata in pace solo se la Mo. avesse accettato di incontrarla ogni volta che lui avesse voluto.
In particolare "Giorno 18.01.2021 ore 20:22 VI DEVO SCANNARE DIGLIELO A STA TROIA DI TUA MAMMA CHE L'ASPETTO GIÙ. DOPO CI DOBBIAMO VEDERE. DOPO CONTATTO TUO PADRE SU FACEBOOK LA TUA VITA È FINITA. SEMPRE DEVI SCENDERE. MICA PUOI STARE TUTTA LA TUA VITA A CASA. ORA CHE TORNA TUO PADRE TI FACCIO VEDERE COME IO BUSSO AL CITOFONO.
Giorno 18.01.2021 ore :59 DOMANI ALLE 8, STO GIU' DA TE
Giorno 18.01.2021 ore 21:00 DEVI SCAPPARE TE E LA TUA FAMIGLIA PER SEMPRE Giorno 21.01.2021 ore 15:08 SEMPRE DEVI TORNARE MADONNA CHE DEVO COMBINARE STO GIÙ DA TE.
Giorno 21.01.2021 ore 17:20 TI SEI RIUSCITA A RITIRARE. SEMPRE TI ACCHIAPPO
Giorno 22.01.2021 ore 1:00 NON CI SEI A CASA. SEMPRE DEVI TORNARE SONO QUI.
Giorno 22.01.2021 ore 17:45 SONO GIU' DA TE ED ASPETTO CHE SCENDE QUALCUNO.
Giorno 22.01.2021 ore 17:58 FORSE NON HAI CAPITO MI DEVI DIR COSA FACEVI, LA ALTRIMENTI TI PUBBLICO".
Alle ore 22:38 DEL 22.1.2021 La Mo. inviava il seguente messaggio al Ta. "TI STO ANDANDO A DENUNCIARE PER QUELLO CHE STAI FACENDO PASSARE A ME ED ALLA MIA FAMIGLIA."
Di risposta il Ta. le inviava i seguenti sms: "Giorno 22.01.2021 ore :39 CREDIMI FINISCE ANCHE PER TE IO SONO QUI.
Giorno 22.01.2021 ore 2:40 GIÀ SAI COSA SUCCEDE PRIMA A TUO PADRE E POI AL RESTO.
Giorno 22.01.2021 ore 2:54 VAMMI A DENUNCIARE POI NON TI MUOVERE TI DEVO SCANNARE.
Giorno 23.01.2021 ore 16:19 IO STO GIÙ DA TE L'ATTIMO CHE TU MI DENUNCI TI PUBBLICO. PUOI SCAPPATE DA NAPOLI PERCHE' FACCIO UN MACELLO A CASA TUA. STAI AVVISATA.
Giorno 23.01.2021 ore 1:22 NON TIENI IDEA DI COSA PUBBLICO STO GIÙ DA TE. Giorno 23.01.2021 ore 16:26 VOGLIO VEDERE. POI TU DENUNCIAMI E POI SCAPPA PIÙ LONTANO POSSIBILE TE TUO PADRE TUA MADRE ED I TUOI CUGINI. POI TI PUBBLICO. STO GIÙ DA TE.
Giorno 23.01.2021 ore 1:28 SONO SOTTO CASA TUA FACCIO UNA STRAGE.
Giorno 23.01.2021 ore 1:29 LOSA TUTTA NAPOLI CHE SEI UNA PUTTANA. STO GIÙ DA TE. VOGLIO VEDERE COME MI DENUNCI.
Giorno 23.01.2021 ore 1:36 STO GIÙ DA TE FAI PRESTO. SONO ANDATO A PRENDERE IL CELL CHE TI INGUAIA. GIÀ HO PURE IL CONTATTO DI TUO PADRE. TI LASCIO STARE SOLO SE CI VEDIAMO OGNI VOLTA CHE VOGLIO. FAI UNA COSA PIÙ SICURA FALLI VENIRE DA TE I CARABINIERI. SEMPRE SE CI ARRIVI IN CASERMA". Ebbene, la Mo. in data 23 gennaio, dopo aver ricevuto l'ennesimo messaggio, bloccava l'utenza in uso Ta..
Riferiva altresì che in passato il Ta. l'aveva schiaffeggiata anche se non aveva mai sporto denuncia. La p.o. nella querela rappresentava, inoltre, il clima di forte tensione psicologica in cui era costretta a vivere, tanto da temere seriamente per la sua incolumità.
Al riguardo, infatti, quest'ultima evidenziava che un paio di settimane prima della decisione di presentare querela, mentre era a bordo della sua autovettura, il Ta. alla guida di un motorino la obbligava ad accostare e con tono minaccioso le intimava di scendere dall'auto. Al suo rifiuto il Ta. sferrava un violento calcio alla portiera della sua auto, per cui la Mo. inseriva la prima e si allontanavo dirigendosi verso casa. Nel fare rientro notava il Ta. sopraggiungere sotto la sua abitazione.
In data 24 gennaio 2021, la Mo. integrava la querela sporta, allegando la scheda di intervento al pronto soccorso del 17 maggio e riferendo di un ulteriore episodio avvenuto poche ore prima. In particolare, la Mo. riferiva che alle ore 12:30 del giorno stesso, mentre entrava all'interno di un tabaccaio notava che all'esterno vi era il Ta. alla guida di un'autovettura, Fiat (omissis), di colore nero e con a bordo un altro ragazzo. A questo punto, la Mo. rientrava in auto, proseguiva notando il Ta. che la seguita fino ad affiancarla con la sua auto all'altezza della Villa Comunale e dal finestrino le diceva "tornate a casa …faccio questo tutta la giornata". Riferiva che il Ta. aveva continuato a seguirla allontanandosi soltanto quando vedeva la pattuglia dei Carabinieri, intervenuta su richiesta della Mo..
La Mo. precisava che il Ta. la tormentava in quanto conosceva tutti i suoi spostamenti e la seguiva ovunque.
In data 26 gennaio 2021 ore 18.30, la Mo. sporgeva una nuova denuncia querela in merito al danneggiamento della propria autovettura. Al riguardo, riferiva che aveva parcheggiato la sua auto Fiat (omissis) per recarsi in un negozio di Corso (omissis). Ad un certo punto aveva notato il Ta. transitare nella via dove aveva parcheggiato la sua autovettura a bordo di una SEAT (omissis), in compagnia di un suo amico Ci.; preoccupata usciva per controllare e, appena giunta, aveva notato lo specchietto dell'autovettura rotto. Dopo pochi minuti Ta. era ritornato e con il finestrino abbassato le aveva fatto un applauso per prenderla in giro. La Mo. ribadiva di essere molto spaventata, in quanto "ogni qualvolta esco di casa mi ritrovo sempre Al. nei luoghi che frequento perché lui conosce questi posti dopo aver avuto una relazione di diversi anni".
In data 27 gennaio 2021 la Mo. sentita a sommarie informazioni riferiva che il 26 gennaio 2021 alle ore 20.20 circa, dopo che aveva già sporto denuncia per il danneggiamento dell'auto si era verificato un ulteriore episodio. Sempre nel parcheggio della palestra, mentre si trovava a riparare lo specchietto, l'ex fidanzato TA. Al., in compagnia di un suo amico Ci. Ma., le aveva lanciato un frutto del tipo pompelmo contro il faro posteriore destro della sua autovettura danneggiandolo. La Mo. aveva chiamato i Carabinieri. Mentre li aspettava in auto, il Ta. da solo a bordo di uno (omissis) e si era accostato allo sportello lato guida; poi, mentre la donna era al telefono con i Carabinieri, implorandoli di raggiungerla, le aveva intimato ad alta voce di scendere dall'auto e poi aveva sferrato un calcio allo sportello dell'auto, per poi allontanarsi.
In data 27.1.2021 altresì raccontava un ulteriore episodio occorso nel novembre 2020 che non aveva riferito nella precedente querela. In particolare, raccontava che, mentre si trovava in compagnia di una amica PI. Su. nei pressi del parcheggio di una palestra, "(omissis)", a bordo di una motocicletta, del tipo Honda (omissis), giungeva il Ta. in compagnia di un amico, che ad una distanza ravvicinata le mostrava, dopo averla estratta dalla cintola dei pantaloni, una pistola priva di tappo rosso. Al riguardo, precisava che tale condotta durava pochi secondi per cui la sua arnica che si trovava ancora in auto, non aveva certamente notato quanto accaduto.
Inoltre, precisava di aver ricevuto dal mese di novembre altre minacce del tipo "se non torni con me ti sfregio con l'acido ti renderò la vita impossibile e se mi denunci ammazzo te e la tua famiglia".
La p.o. riferiva di non aver raccontato prima l'episodio in quanto aveva timore che se il Ta. lo avesse saputo poteva farle del male.
Precisava che da quanto si era lasciata con il Ta. e questi la perseguitava, aveva cambiato le sue abitudini di vita, usciva di rado, non frequentava alcuna persona e quando era necessario uscire non era tranquilla per il timore di essere avvicinata dal Ta.. Il Ta. le inviava messaggi minacciosi perché era risentito per la rottura del loro rapporto. Riferiva che solo la madre DI NA. Ol. era al corrente della vicenda.
Sempre in data 27 gennaio la p.g. procedeva ad estrapolare dal cellulare della p.o. gli screenshot dei messaggi intercorsi con il Ta..
Seguivano a tali dichiarazioni ulteriori e continue denunce, in cui la Mo. riferiva di continui appostamenti da parte del Ta..
In particolare, riferiva che in data 30 gennaio 2020 verso le ore 19:30, mentre si trovava nei pressi del bar (omissis) di (omissis) in compagnia di una sua amica, tale PI. Su., notava la presenza del Ta. Al. il quale a bordo dell'autovettura in compagnia di un amico, la osservava con aria minacciosa. Quello stesso giorno verso le successive ore 21:00 circa, mentre stava riaccompagnando a casa la sua amica, arrivata nei pressi della Villa Comunale, notava una Fiat (omissis) grigio, con portapacchi che la seguiva a breve distanza. Dallo specchietto retrovisore notava che alla guida della predetta auto vi era il Ta. Al.. Subito dopo il Ta. la costringeva a rallentare e ad arrestare la marcia e, affacciandosi dal finestrino, con tono minaccioso le urlava contro "tornatene a casa". La Mo. terrorizzata riprendeva la marcia e quindi, dapprima riaccompagnava a casa la sua amica Su., abitante in (omissis) per poi ritornare presso la sua abitazione. Giunta sotto la sua abitazione notava l'autovettura del Ta. Al. parcheggiata, con al suo interno il predetto. Accortosi del suo arrivo il Ta., sempre a bordo della sua auto, iniziò a seguirla fino a quando la Mo. entrava con l'auto nel parcheggio della sua abitazione. In tale occasione notava peraltro il Ta. stazionare sotto la sua abitazione per poi andar via poco dopo.
In data 2 febbraio 2021 si presentava presso gli uffici della Stazione CC di (omissis), MO. SA., padre della p.o. per riferire di un episodio che lo aveva personalmente coinvolto.
In particolare, raccontava che la sera 2 febbraio 2021 alle ore 19:00 circa, nel mentre si trovava sotto casa nelle vicinanze del portone d'ingresso, intento a parlare con il fabbro si avvicinava uno scooter (omissis) di colore grigio scuro con alla guida tale Ma. Ci. e come passeggero l'ex fidanzato della figlia Ta. Al. il quale profferiva le testuali parole "UOMO DI MERDA TI METTO O CAZZO IN BOCCA E TI SPARO A TE E TUA FIGLIA" per poi ingranare la marcia della moto e andare via. Precisava che solo in tale occasione apprendeva delle denunce sporta dalla figlia.
Aveva incontrato il Ta. anche in altre occasioni, era sempre in compagnia del Ma. Ci., e l'ultima volta il Ta. si era fermato in atteggiamento di sfida con "sguardi minacciosi" ed aveva sputato per terra per poi allontanarsi. Si dichiarava preoccupato per l'incolumità della figlia.
In data 4 febbraio 21 Mo. Ma. si presentava presso gli uffici della Stazione CC. di (omissis) per sporgeva una nuova denuncia.
In tale occasione riferiva che il giorno 3 febbraio veniva nuovamente affiancata in strada dal Ta. che la minacciava di morte. Di seguito quanto riferito: "ieri 3 febbraio 2021 alle ore 17:20 circa nel mentre mi trovavo nei pressi della Scuola Guida (omissis), sulla Via (omissis), notavo la SEAT (omissis) di colore bianco, condotta dal Ma. Ci. con a bordo il passeggero Ta. Al. che si avvicinava alla mia persona e dopo essersi fermata ad una distanza riavvicinata il Ta. scendeva dall'auto ed io alla sua vista mi allontanavo di corsa e questo mi inseguiva urlandomi "FERMATI ALTRIMENTI TI UCCIDO". Nel frattempo l'amico Ma., con la sua auto lo raggiungeva facendolo salire a bordo raggiungendomi ed il Ta. dal finestrino mi ripeteva "STAI ATTENTA CHE TI AMMAZZO FARAI UNA BRUTTA FINE" a questo punto sferrava un forte calcio sullo sportello lato passeggeri e questi sorridendomi con aria soddisfatta di quanto avevano fatto si allontanavano".
La p.o. rappresentava di essere costantemente in ansia e di avere continui attacchi di panico. Riferiva che stava limitando la sua libertà personale, non frequentava più nessuno e stava cambiando le abitudini di vita.
Altresì la p.o. riferiva che la sera del 3 febbraio più volte il Ta. era transitato nei pressi della sua abitazione a bordo della sua autovettura Fiat (omissis). Circostanza quest'ultima che trova riscontro anche nella annotazione del 3 febbraio 2021, nella quale i CC di (omissis) danno atto che nel corso di un servizio perlustrazione notavano una FIAT (omissis) di colore nero, targata (omissis), transitare più volte lungo il Corso (omissis) di (omissis), nella cui immediata adiacenza si trovava l'abitazione de la Mo. Ma.. I militari, decidevano di fermare detta autovettura per un controllo di polizia, identificando il Ta. Al..
Mentre i militari intimavano l'Alt, avvicinandosi allo stesso, egli proferiva le seguenti parole "ma che sfaccimm stati cumbinann!" ed altresì durante il controllo canticchiava una canzoncina per sbeffeggiare le forze dell'ordine "Garibaldi e iuta a guerra".
In data 5.2.2021 Mo. Ma. si presentava nuovamente presso gli uffici denunciando l'ennesimo inseguimento da parte del Ta.. Ella riferiva che alle ore 22.30 del 5.2.2021, mentre si trovava a bordo della sua autovettura FIAT (omissis), di colore nero, tornando da (omissis) da casa di una mia amica, percorrendo via (omissis), giunta all'altezza dell'incrocio con via (omissis), incontrava suo padre. Proprio in questo incrocio notava il TA. Al., a bordo della sua autovettura FIAT (omissis) di colore nero (omissis), percorrere la stessa via in direzione di (omissis), il quale accortosi della nostra presenza effettuava una repentina svolta ed iniziava a seguirli. Così sia lei che il padre si portavano presso il Comando dei Carabinieri. Presso quell'incrocio Ta. tentava di andare a collidere con la vettura del padre della Mo.. Giunti nel parcheggio antistate la Stazione dei Carabinieri, parcheggiate le loro auto, il Ta. si fermava ed iniziava a minacciarli con i seguenti epiteti n dialetto napoletano "TI METTO IL PESCE IN BOCCA TI SPARO A TE E TUA FIGLIA".
Inoltre, nell'atto di querela i verbalizzanti danno atto di aver sentito all'esterno degli uffici un uomo proferire minacce di morte nei confronti dei querelanti (cfr. annotazione: "Si dà atto che i verbalizzanti alle precedenti ore 23 05 circa trovandosi all'interno degli Uffici di questa Case a Carabinieri in particolare nell'ufficio del Comandante della Stazione poco distante al parcheggio delle autovetture potevano ben udire le voci di un giovane che urlava "VI SPARO A TE E TUA FIGLIA", poi immediatamente si portavano all'esterno ed individuavano le persone di MO. Ma. e del MO. Sa.").
La stessa seta, dopo aver scortato presso la propria abitazione Mo. Ma. e Mo. Sa., constatavano la presenza del Ta. in Corso (omissis) di (omissis) che è pressoché adiacente all'abitazione della p.o. con Fiat (omissis) di colore grigio.
Il racconto della p.o. MO. Ma. ha trovato riscontro nella annotazione dei CC di (omissis), tra cui quella del 17 maggio 2020, del 24 gennaio 2020, 5.2.2021 (come pocanzi riferito).
In ordine all'episodio del 17 maggio 2021, alle ore 16:45 nel corso di un servizio di pattuglia, i militari in forza alla Stazione CC di (omissis) venivano attirati da un uomo che indicava loro di fermarsi. L'uomo riferiva che poco prima nel transitare nei pressi del parcheggio comunale, insistente in (omissis) adiacente alla Villa Comunale, aveva notato una coppia di giovani, probabilmente fidanzati, litigare animatamente tra di loro e che il ragazzo aveva colpito la ragazza con un calcio all'addome.
I militari, quindi, acquisti i dati per l'individuazione dei due soggetti, immediatamente si portavano presso la Villa Comunale ove notavano un Audi (omissis), di colore nero, parcheggiata in doppia fila accanto ad una Fiat (omissis) di colore nero.
Il conducente accortosi del loro arrivo immediatamente si metteva in marcia per poi essere fermato poco dopo. Il predetto veniva id notificato nell'odierno imputato ed al momento del controllo indossava una camicia lacerata. Alla richiesta di chiarire le ragioni di tale indumento, riferiva di aver poco prima litigato con la sua fidanzata, la quale lo aveva sorpreso con due telefoni cellulari uno dei quali a lei sconosciuto. I militari ritornavano quindi nei pressi della villa comunale ove identificavano la ragazza, Mo. Ma., la quale in evidente stato agitativo ed in lacrime chiedeva di recarsi in caserma per raccontare quanto accaduto.
In particolare, la Mo., recatasi in caserma riferiva di essere fidanzata da circa due anni con Ta. Al. e che da qualche tempo, a causa della estrema gelosia del predetto, aveva deciso di interrompere la relazione.
Descriveva l'aggressione subita prima dell'arrivo dei carabinieri, poi ribadita nella denuncia querela del 23 gennaio 2021.
In data 26 gennaio 2021 alle ore 21:45, la Mo. sollecitava un nuovo intervento dei carabinieri.
Nello specifico, i militi su richiesta della centrale operativa si recavano in Corso (omissis) ove prendeva contatti con Mo. Ma., la quale riferiva che pochi minuti prima l'ex fidanzato TA. Al., in compagnia di un suo amico, a bordo di uno (omissis) la obbligavano ad andare all'interno del citato parcheggio dopo un breve inseguimento e che quest'ultimo le aveva lanciato un frutto del tipo pompelmo contro il faro posteriore destro della sua autovettura danneggiandolo. Nella circostanza i militari, come dal fascicolo fotografico in atti, riscontravano il danneggiamento del faro posteriore destro e la presenza in strada di un frutto tipo pompelmo, presente in prossimità dell'autovettura della denunciante e dei frammenti di vetro riconducibili al faro.
In data 28 gennaio 2021 veniva, altresì, sentita DI NA. Ol., madre della denunciante, la qual confermava che nell'ultimo periodo aveva notato nella figlia uno stato di preoccupazione e di nervosismo. Alle ragioni di tale stato, la figlia le rispondeva in modo vago, tant'è che solo in occasione della sua convocazione apprendeva del danneggiamento dell'auto e delle minacce di morte subite dalla figlia.
Altresì, ulteriore riscontro è dato dalle dichiarazioni rese dal padre MO. SA. quanto all'episodio del 5.3.2021.
Quanto invece all'episodio della rottura dello specchietto occorso in data 6.2.2021, PI. Si. Su., escussa a Sit in data 6 febbraio 2021, confermava quanto raccontato dalla p.o.
Nel corso delle sommarie informazioni Pi. - con dichiarazioni confermate nel corso della deposizione testimoniale del 13.4.2022 - precisava che la Mo. non si era mai confidata con lei per cui non aveva contezza delle molestie poste in essere dall'ex fidanzato dalla sua amica. Confermava tuttavia di aver assistito ad un episodio verificatosi in data 30 gennaio 2021. Al riguardo riferiva che, verso le ore 21:00 circa, mentre si trovava in compagnia dell'amica Ma. a bordo della sua autovettura FIAT (omissis) di ritorno da (omissis), giunti nei pressi della villa Comunale di (omissis), un'autovettura FIAT (omissis), modello vecchio di colore grigio, con senso di marcia opposto, si era avvicinata all'auto condotta da Ma. e precisamente a lato guida, il conducente della (omissis), dopo aver abbassato il finestrino, aveva dato un fotte pugno sullo specchietto esterno retrovisore danneggiandolo. Ma. le riferiva che il soggetto che le aveva danneggiato lo specchietto era Al. Ta., il suo ex fidanzato. Spaventate che il Ta. potesse seguirle raggiungevano il comando Stazione Carabinieri di (omissis) ove raccontavano quanto accaduto, poco prima. Nel corso delle sit rese in data 23 aprile 2021 Pi. Si. precisava di aver conosciuto la Mo. nel settembre 2020 e che la stessa non le aveva confidato di subire molestie e minacce dell'ex fidanzato Ta. Al. che non conosceva personalmente, ma aveva visto un'unica volta in occasione dell'episodio del 31.1.2021. In dibattimento precisava che aveva riconosciuto il Ta. in quanto la Mo. le aveva mostrato in precedenza la foto dell'ex fidanzato.
Per tali condotte nei confronti del Ta., con ordinanza emessa dal GIP del Tribunale di Nola del 11.3.2021, era applicata la misura cautelare del divieto di avvicinamento ai luoghi abitualmente frequentati dalla p.o..
Orbene, in data 29.3.2021 la Mo. si presenta presso la stazione dei CC. di (omissis) per denunciare che era stata avvicinata del Ta. e che aveva subito un'aggressione.
Di seguito si riporta quanto denunciato "Premetto di avere sporto numerose denunce presso questi Uffici nei confronti del mio ex fidanzato TA. Al. e circa 15 giorni fa venivo informata da questi Uffici che nei confronti del predetto era stata emessa una misura di allontanamento dai luoghi da me abitualmente frequentati. Questa sera verso le 22:30 circa, dono aver riaccompagnato la mia amica Su. PI. in via (omissis), mi dirigevo verso la mia auto FIAT (omissis) di colore nero (targata (omissis)) parcheggiata all'inizio di via (omissis). Appena rientrata nell'auto mi accorgevo che ero bloccata, e che non potevo muovermi, perché il TA. Al. mi aveva bloccato con a sua auto. TA. Al. si avvicinava alla mia auto e mi rompeva il finestrino lato guida con un pugno. Il finestrino si rompeva e i vetri mi cadevano addosso all'interno dell'auto. Nel contempo, dopo aver rotto il finestrino, il TA. mi lanciava una lattina vuota in faccia. Subito dopo il TA. fuggiva via con la propria auto. Subito dopo contattavo voi Carabinieri."
La Mo. riferiva che fino a quel momento il Ta. non l'aveva più avvicinata. Riferiva che il Ta. era apparso all'improvviso da lato del suo finestrino e che non era riuscita a scappare perché bloccata dalla sua auto. Riportava delle ferite sulle mani in seguito alla rottura del finestrino, ma rifiutava di ricorrere a cure mediche perché le lesioni non erano profonde che la PG procedeva a fotografare.
In seguito alla violazione della misura cautelare in atto, il GIP aggravava la misura applicata sostituendola con quella della custodia cautelare in carcere.
Nell'interrogatorio di garanzia, acquisito ex art, 513 c.p.p., reso in data 17.3.2021 dinanzi al GIP del Tribunale di Nola, TA. Al. riferiva che la relazione con Mo. Ma. si era interrotta circa 7-8 mesi prima, dopo un fidanzamento durato circa tre anni. Ciò nonostante avevano continuato a vedersi. Negava gli addebiti ma ammetteva di aver lanciato un pompelmo contro la macchina della Mo. perché la ragazza aveva danneggiato lo specchietto con un calcio; riferiva che nel maggio 2020 era stata la Mo. a picchiarlo trappando la camicia; ammetteva che in macchina aveva una pistola giocattolo, negando di averla però mostrata alla Mo.. Riferiva che con la Mo. aveva un rapporto molto litigioso e che entrambi erano gelosi, ma maggiormente la Mo. che contattava anche i suoi amici per sapere dove fosse.
La difesa, in seguito alla carcerazione del Ta., assumeva dichiarazioni ex art. 391 bis c.p.p. da MO. Ma., FO. Pa., SA. Pa.
Fo. Pa., datore di lavoro di Ta. Al., e Sa. Pa., sua compagna, riferivano che Mo. e Ta. erano una coppia litigiosa e ciascuno era molto possessivo con l'altro; in particolare la Sa. riferiva che il loro rapporto era molto malato, caratterizzato da continui litigi e continue riappacificazioni. Nel corso dei litigi entrambi si scambiavano pensati offese e la Mo. assumeva atteggiamenti provocatori; non esitava anche ad aggredire fisicamente il Ta.. La Mo. aveva continuato a vedere e sentire il Ta. fino al giorno prima dell'arresto.
In dibattimento era escusso il teste della difesa Ta. Vi., sorella dell'imputato, la quale concordemente con gli altri testi riferiva che il rapporto sentimentale di Ta. Al. e della Mo. era malato di gelosia da parte di entrambi. Litigavano spesso e la Mo. assumeva atteggiamenti provocatori facendo cose che al Ta. davano fastidio.
In seguito all'arresto del Ta., Mo. As. era escussa dalla difesa ex art. 391 bis c.p.p. in data 17.4.2021 e, successivamente, era nuovamente sentita dal Pm su richiesta della difesa. Orbene, la MO. Ma., pur confermando le denunce precedentemente sporte, affermava che dal mese di gennaio 2021 Ta. Al. non si era avvicinato se era in compagnia; tuttavia se la vedeva da sola si avvicinava per chiedere spiegazioni sul perché fosse uscita. In diverse occasioni, come già denunciato, il Ta. l'aveva schiaffeggiata e le aveva stretto il collo; altresì in più occasioni l'aveva minacciata di morte. Riferiva tuttavia che ciò nonostante non aver paura del Ta. perché aveva un problema di gestione della rabbia e la sua aggressività faceva parte della sua personalità, escludendo che potesse poi effettivamente ucciderla.
Ribadiva la veridicità di quanto denunciato e dichiarava di aver deciso di denunciarlo per porre un freno ai comportamenti sbagliati del Ta..
Nel periodo successivo all'applicazione del divieto di avvicinamento, per i primi quindici giorni il Ta. non si era più avvicinato a lei; poi avevano iniziato a sentirsi sporadicamente e si erano visti di nascosto perché la famiglia della Mo. non approvava la relazione.
Quanto all'episodio del 28.3.2021 precisava che vi era stato un fraintendimento o non si era spiegata bene. Orbene, i fatti erano andati così come da lei raccontato in denuncia; tuttavia il vetro si era rotto non con un pugno sferrato dal Ta., ma perché il Ta. aveva messo il braccio destro dentro al finestrino per toccarle la spalla e lei, per paura, aveva chiuso il finestrino cosicché il Ta. facendo pressione aveva rotto il vetro.
Sull'episodio riferiva che verso le ore 22.00, mentre si trovavo in via (omissis) a (omissis), scendeva dall'auto ed accompagnava l'amica Su. a casa sua. Poi tornata indietro per riprendere l'auto e tornare a casa, non riusciva a fare la manovra perché la sua auto era rimasta bloccata dal parcheggio di una Fiat (omissis). Solo allora dallo specchietto retrovisore notava Al. Ta. che si avvicinava verso la sua auto. Il Ta. giunto all'altezza dello sportello della sua auto e le chiedeva in modo insistente di parlare. Ella abbassava, quindi, un pezzo di finestrino per parlare e il Ta. le lanciava in faccia una lattina vuota di the; la donna gridava "Uomo di merda" e contemporaneamente tentava di chiudere il finestrino. A questo punto, Al. metteva il suo braccio destro dentro il finestrino toccandola ripetutamente sulla palla sinistra, dicendole con insistenza di fermarsi per parlare, ma lei continuava ad alzare il finestrino tenendo premuto costantemente il pulsante del comando. Il Ta. faceva pressione con il braccio verso il basso per liberarsi e il vetro era esploso. Parte del vetro frantumato era caduto all'interno dell'abitacolo e la Mo. nell'aprire la portiera si era tagliata. Dopo questo fatto, il giorno 01 Aprile, nel primo pomeriggio aveva chiamato Al. per dirgli che lo aveva denunciato.
Ammetteva che dopo la scarcerazione aveva risentito il Ta. Al.. Egli era andata a prenderla in compagnia di un amico. Avevano fatto un giro ed era stata riaccompagnata a casa. Si erano altresì mandati dei messaggi ed il Ta. era al corrente del fatto che sarebbe andata dai Carabinieri. Riferiva che quanto dichiarato in sede di denuncia era veritiero. Infine raccontava "Ci siamo visti ieri e Al. è stato calmo con me, abbiamo parlato del suo periodo di carcerazione, mi ha detto che è stato male e che potevo evitare di farlo andare in carcere, lo altrettanto serenamente gli rispondevo che la colpa di quanto accaduto era dovuto al carattere e ai suoi modi di interloquire con me. Sembro contrastante ma non vi posso dire che non gli voglio bene, Penso che lui deve andare da uno psicologo, lo sono disposta ad accompagnarlo ad eventuali sedute da uno psicologo o perché ritengo che il carcere lo renda peggiore. In questo momento sono stressata per questa situazione e; quindi non so cosa fare, lo penso che sia lui che mi ha portato a questo stato mentale".
Tali essendo le risultanze istruttorie, il Tribunale ritiene che non vi sia motivo di dubitare della veridicità del racconto della persona offesa - corroborato, peraltro da diversi elementi di riscontro, non essendovi alcun elemento di prova in atti dal quale possa evincersi un possibile intento calunniatorio della stessa nei confronti dell'imputato e non avendo quest'ultimo supportato la sua diversa - ed inconciliabile - versione dei fatti con alcun idoneo elemento di riscontro esterno.
Nella valutazione delle dichiarazioni rese dalla persona offesa, questo Giudice segue l'orientamento espresso dalla Corte costituzionale e dalla Corte di Cassazione, che, ormai da tempo ed in modo consolidato, hanno fissato i parametri di riferimento che il giudicante deve adottare quando la prova sia rappresentata, anche in via esclusiva, dalle dichiarazioni della parte lesa dal reato.
Sul punto è necessario premettere che la persona offesa, pur essendo considerata dal legislatore, anche quando si costituisce parte civile, alla stregua di un qualunque testimone, viene collocata, dalla giurisprudenza, in una posizione diversa rispetto a quella del teste - e ciò proprio per il ruolo che assume nell'ambito del processo, sia quando si costituisce parte civile nel processo penale, sia quando non eserciti tale facoltà.
Se, infatti, il testimone è per definizione una persona estranea agli interessi in gioco del processo, che si limita a rendere una deposizione su fatti a cui ha assistito personalmente, senza altre o diverse implicazioni, la persona offesa è per definizione in posizione di antagonismo nei confronti dell'imputato, per la semplice istanza di ottenere giustizia con la condanna di questi.
Ne deriva che, a differenza che per la deposizione resa dal semplice testimone, con riferimento alla deposizione resa dalla persona offesa occorre svolgere un esame più rigido e rigoroso dell'attendibilità intrinseca della deposizione, e, qualora la piattaforma probatoria lo consenta, occorre valutare - pur senza la necessità di riscontri esterni - anche gli altri elementi probatori, verificando se gli stessi confortino o meno detta deposizione (cfr., tra le altre, Cass. Pen. sez. pen. sez. III n. 43339/08).
Pertanto, quando la persona offesa rappresenta il principale (se non il solo) testimone che abbia avuto la percezione diretta del fatto da provare e sia, quindi, sostanzialmente, l'unico soggetto processuale in grado di introdurre tale elemento valutativo nel processo, affinché la sua deposizione possa essere posta a fondamento del giudizio di colpevolezza dell'imputato, occorre sottoporla ad una puntuale analisi critica, mediante la comparazione con il rimanente materiale probatorio acquisito (laddove ciò sia possibile) utilizzabile per corroborare la sua dichiarazione, ovvero, laddove una verifica ab estrinseco non sia possibile, attraverso un esame attento e penetrante della testimonianza.
Il Tribunale, in adesione ai principi giurisprudenziali enunciati, ritiene che possa esprimersi un giudizio di sicura credibilità ed attendibilità della persona offesa MO. Ma..
Orbene, le dichiarazioni sono dotate di attendibilità intrinseca - in quanto la Mo. ha reso dichiarazioni lineari, precise e coerenti nella rappresentazione dei fatti. L'unica circostanza sulla quale la p.o. è stata imprecisa attiene ai fatti del 28 marzo 2021 con riferimento alle modalità di rottura del vetro del finestrino.
Si ritiene che in ogni caso la divergenza non sia determinante in quanto ciò che appare sintomatico delle condotte persecutorie è il fatto che il Ta., anche in quella occasione, non accettando la decisione della Mo. di non parlargli e l'avesse avvicinata incutendole paura.
Altresì la p.o. è apparsa credibile in quanto, sebbene abbia ammesso di aver rivisto il Ta. e di volergli ancora bene, la stessa ha reiteratamente confermato i fatti denunciati, senza tradire malanimo né tantomeno intenti calunniatori nei confronti dell'imputato; ciò implica che la decisione di denunciare l'imputato sia maturato soltanto per l'esigenza di tutelarsi. Il racconto della Mo. altresì ha trovato pieno riscontro, del resto nei messaggi allegati alla querela ed alle SIT, nelle annotazioni di servizio in atti, in cui si dà atto della costante presenza del Ta. nei pressi dell'abitazione della p.o. oltre che delle aggressioni subite. Il racconto della p.o. inoltre trova riscontro nelle dichiarazioni rese dalla Pi., presente all'inseguimento del 30 gennaio 2021, della madre della p.o. che conferma lo stato di tensione vissuto dalla figlia e, soprattutto, del padre della Mo., vittima anch'egli delle minacce del Ta..
Le condotte contestate integrano il reato di cui all'art. 612 bis c.p., sussistendone tutti gli elementi costitutivi, oggettivi e soggettivo.
Quanto al reato di atti persecutori, l'elemento oggettivo consiste nella reiterazione di comportamenti minacciosi o molesti tali da determinare nella vittima "un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l'incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita".
In primo luogo, si evidenzia il concetto di reiterazione della condotta contenuto nell'art. 612 bis c.p., comma 1, denota la ripetizione di una condotta una seconda volta, ovvero più volte con insistenza. Se ne deduce, dunque, che anche due sole condotte in successione tra loro, anche se intervallate nel tempo bastano ad integrare sotto il profilo temporale la fattispecie per quanto riguarda l'aspetto materiale
Altro elemento costitutivo sul piano materiale del delitto in questione è dato dall'evento del reato, che si caratterizza per la produzione di un evento di "danno" consistente nell'alterazione delle proprie abitudini di vita o in un perdurante e grave stato di ansia o di paura, ovvero, alternativamente, di un evento di "pericolo", consistente nel fondato timore per l'incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva.
Tre situazioni che valgono a connotare la posizione della persona offesa come quella di un soggetto violato nella propria libertà morale - come si desume dalla collocazione sistematica della norma nella sez. 3, del titolo 12 del secondo libro del c.p. - e costretto ad una posizione seriamente difensiva a causa della debordante invasività degli atti vessatori posti in essere dall'agente.
Giova evidenziare a tale proposito che la fattispecie è posta a tutela della tranquillità individuale e, in relazione all'evento del costringimento della vittima a mutare le proprie abitudini di vita, anche della libertà autodeterminazione.
In tema di atti persecutori, la prova dell'evento del delitto, in riferimento alla causazione nella persona offesa di un grave e perdurante stato di ansia o di paura, deve essere ancorata ad elementi sintomatici di tale turbamento psicologico ricavabili dalle dichiarazioni della stessa vittima del reato, dai suoi comportamenti conseguenti alla condotta posta in essere dall'agente ed anche da quest'ultima, considerando tanto la sua astratta idoneità a causare l'evento, quanto il suo profilo concreto in riferimento alle effettive condizioni di luogo e di tempo in cui è stata consumata.
Nel caso di specie, il Tribunale ritiene integrata la condotta tipica della fattispecie contestata atteso che TA. Al. poneva in essere gravi e ripetuti comportamenti con chiara connotazione persecutoria, concretizzatisi in numerose e reiterate condotte di molestia, offese e minaccia, verificatesi già a partire dalla fine dell'anno 2019, allorquando il Ta. era fidanzato con la Mo., e poi intensificatisi nel periodo in cui la relazione sentimentale, già burrascosa, si interrompeva.
Gli episodi più rilevanti sono i seguenti:
▪ nel corso del fidanzamento il Ta. non sopportava che la Mo. uscisse da sola per cui l'apostrofava con espressioni del tipo "troia non devi uscire altrimenti ti vengo a prendere dove stai" e la rimproverandola sul modo di vestirsi e, se usciva con altre persone, la videochiamava per capire con chi si trovasse e come era vestita;
▪ nel mese di maggio 2020, Ta., mentre la Mo. era a bordo della sua auto, si affiancava e palesemente innervosito della presenza della ragazza in auto, le riferiva "vai a casa non devi uscire, fermati che ti devo parlare"; poi dopo essersi incontrati nel parcheggio dell'ex stazione, la Mo. scendeva dall'auto e, raggiunta dal Ta., questi l'afferrava per i capelli, iniziandoli a stringerli per poi colpirla con un violento schiaffo al volto e conseguentemente con un forte cazzotto alla pancia; poi le metteva le mani sul collo stringendola forte per soffocarla, ma la ragazza con tutta la forza che aveva riuscita a liberarsi;
▪ nel mese di gennaio 2021, quando la relazione era terminata, Ta. seguiva Mo. Ma. in macchina e, dopo essersi affiancato all'auto, abbassava il finestrino e proferiva la seguente frase "tornate a casa… faccio questo tutta la giornata ed altresì, dopo che la ragazza gli comunicava che l'avrebbe denunciato, faceva presente "non me ne frega proprio niente";
▪ il 26.01.2021, mentre la Mo. si trovava in un negozio, transitava fuori dallo stesso e poi si avvicinava alla sua autovettura, parcheggiata per strada, abbassava il finestrino farle un applauso per deriderla per poi seguirla nuovamente nel parcheggio e lanciarle un pompelmo verso il fanale posteriore della macchina;
▪ sempre nel mese di gennaio Ta. seguiva la p.o. nel parcheggio della palestra (omissis), si avvicinava all'auto e le mostrava una pistola, brandendola contro di lei;
▪ in data 4.02.2021 Ta. seguiva la Mo. e, bloccandola per strada, le diceva "fermati altrimenti ti uccido e stai attenta che ti ammalo, farai una brutta fine":
▪ in data 5.2.2021 Ta. la seguiva sino al parcheggio antistante la caserma dei carabinieri, ove la Mo. si era recata insieme al padre Mo. Sa., proferendo le seguenti minacce al loro indirizzo "ti metto il pesce in bocca, ti sparo a te e a tua figlia".
Orbene, l'episodio del 28.3.2021, in cui il Ta., sottoposto alla misura cautelare del divieto di avvicinamento, si avvicinava alla persona offesa e con la pressione del braccio rompeva il finestrino della persona offesa, sebbene verificatosi nel periodo in cui vi era stato un riavvicinamento dei due ragazzi, matura comunque in un contesto di perdurante condotta persecutoria.
Orbene, quanto alla tesi difensiva, il Tribunale ritiene che le fonti di prova offerte non abbiano scalfito l'impianto accusatorio.
Orbene, la documentazione acquisita in seguito all'aggravamento della misura cautelare, conferma effettivamente che il rapporto tra Ta. e Mo. era stato molto turbolento sin dal 2019, caratterizzato da continui litigi, gelosia reciproca ed aggressività verbale.
Emerge altresì che nel mese di marzo 2021 - dopo l'ultima denuncia del 5.2.2021 - i due ragazzi avevano ripreso i contatti e che, anche dopo la scarcerazione del Ta., essi avessero continuato a sentirsi.
Altresì si evidenzia che la messaggistica fornita dalla difesa - con riferimento unicamente a quella munita di data attendibile - da cui emerge che anche la Mo. avesse reiteratamente cercato l'imputato, riguarda perlopiù il periodo successivo alle contestazioni.
A fronte di ciò, la messaggistica acquisita dalla PG ha confermato ampiamente che l'imputato, nel periodo indicato nel capo di imputazione, soprattutto tra gennaio e febbraio 2021, reiteratamente proferiva offese e minacce, persino di morte, nei confronti della Mo. ed esercitava sulla ragazza un controllo ossessivo, andando su tutte le furie quando la stessa usciva (cfr. in particolare i messaggi dal 18 al 23 gennaio 2021). Altresì emerge che, soprattutto in occasione degli episodi riferiti, la ragazza avesse più volte bloccato le chiamate in entrata dal telefono cellulare dell'imputato.
Ciò fornisce un ulteriore riscontro alla versione dei fatti fornita dalla persona offesa.
Le descritte condotte sono da ritenersi fortemente intrusive della sfera personale in quanto l'imputato esercitava una forma di controllo molto pregante sulla libertà personale della Mo., non accettando che la stessa sia nel periodo di fidanzamento e soprattutto dopo la fine della relazione ufficiale uscisse senza di lui o si accompagnasse con altre persone.
Occorre chiarire infine che l'evento del reato di cui all'art. 612 bis c.p. deve essere inteso in termini di pregiudizio alla persona da porre in stretta correlazione con il dato della ripetitività: in altri termini, una condotta che fosse circoscritta ad una serie di atti di disturbo, non seguita dall'evento-danno sulla persona non integrerebbe la fattispecie, così come non la integrerebbe una condotta tale da provocare un senso di paura o di stress non preceduto o caratterizzato da una ripetitività dell'azione.
Pertanto, in mancanza dei tre tipi alternativi di evento, che devono essere determinati dal comportamento criminoso tenuto dall'agente, non avremmo il diritto di atti persecutori ma soltanto plurimi reati di minaccia o molestia.
Nel caso di specie, per effetto delle condotte persecutorie, la p.o. ha vissuto in uno stato di stress, ansia e paura nonché nel timore che l'imputato potesse fare del male.
In tal senso convergono le dichiarazioni rese dalla p.o., da cui emergeva che nel periodo in cui aveva sporto le varie denunce la Mo. usciva raramente di casa ed aveva paura e timore per la propria incolumità, avendo ricevuto persino minacce di morte anche in presenza del padre. Orbene, anche quanto dichiarato dalla Mo. nel mese di aprile 2021, allorquando si era ormai riconciliata con il Ta., la p.o. manifestava comunque un malessere e stress dovuto ai comportamenti assunti dal Ta. (affermava "In questo momento sono stressata per questa situazione e; quindi non so cosa fare, lo penso che sia lui che mi ha portato a questo stato mentale").
Lo stato di ansia e pressione era confermato anche dalla madre e dal padre della Mo..
In ultimo si evidenzia che la reciproca aggressività verbale o i comportamenti molesti che anche la Mo. ha assunto nei confronti dell'imputato, chiamandolo ripetutamente, sono successivi alle denunce sporte e comunque si inseriscono in un contestato in cui vi era una perdurante condotta persecutoria da parte dell'imputato in danno della vittima.
Sul punto si evidenzia che "La reciprocità dei comportamenti molesti non esclude la configurabilità del delitto di atti persecutori, incombendo, in tali ipotesi, sul giudice un più accurato onere di motivazione in ordine alla sussistenza dell'evento di danno, ossia dello stato d'ansia o di paura della presunta persona offesa, del suo effettivo timore per l'incolumità propria o di persone ad essa vicine o della necessità del mutamento delle abitudini di vita." (cfr. Sez. 5 - , Sentenza n. 42643 del 24/06/2021 Ud. (dep. 22/11/2021) Rv. 282170 - 01).
Deve pertanto concludersi che il comportamento tenuto dall'imputato nel periodo oggetto di contestazione è stato oggettivamente persecutorio, configurando il reato contestato ivi compresa l'aggravante contestata in relazione al rapporto interpersonale tra l'imputato e la persona offesa e all'aggravanti di cui al comma 3 dell'art. 612 bis c.p. in considerazione dell'uso dell'arma.
In punto di coefficiente psichico, va poi detto, che il contegno tenuto dall'imputato in occasione della commissione dei fatti lascia ritenere con assoluta certezza che si sia trattato di azioni commesse con il dolo richiesto dalla norma incriminatrice contestata.
Invero, le giustificazioni fornite dall'imputato in sede di interrogatorio non appaiono plausibili. Il rapporto non si limitava ad essere litigioso, ma il Ta. poneva in essere in maniera reiterata condotte di molestia, offesa e minaccia volte a limitare la libertà di autodeterminazione della Mo., allorquando la persona offesa - sia nel corso del rapporto sentimentale, sia quando la relazione era finita -esercitava la propria libertà uscendo da sola o in compagnia, vestendosi come gradiva oppure quando il Ta. non accettava la decisione della Mo. di non avere contatti con l'ex fidanzato.
Altresì deve ritenersi integrato il reato di cui all'art. 387 bis c.p., contestato al capo b) della rubrica.
Orbene, il Ta., sottoposto alla misura cautelare del divieto di avvicinamento ai luoghi abitualmente da MO. AS., con prescrizione di mantenersi ad una distanza di 300 metri dalla stessa e divieto di comunicazione con la medesima, giusta ordinanza n. R.G. 1489/21 G.I.P, emessa in data 17.2.2021, violava le predette prescrizioni in quanto in data 28.3.2021 contattava ed avvicinava la persona offesa per parlarci mentre era in macchina in luogo da lei abitualmente frequentato.
I reati devono certamente ritenersi uniti dal vincolo della continuazione essendo stati posti in essere in esecuzione di un medesimo disegno criminoso.
Possono essere concesse all'imputato - atteso il consenso prestato all'acquisizione degli atti di indagine -le circostanze attenuanti generiche da ritenersi equivalenti rispetto alle aggravanti contestate in ordine al reato più grave di cui al capo a) della rubrica.
Quanto al trattamento sanzionatolo, valutati tutti i criteri di cui agli artt. 133 c.p., tenuto conto delle modalità del fatto (condotta protrattasi per un lungo periodo e connotata da comportamenti particolarmente gravi) nonché della scarsa consapevolezza da parte dell'imputato del disvalore della condotta, appare congruo condannare TA. Al. alla pena di anni due di reclusione, così calcolata: pena base per il reato più grave di cui al capo a) della rubrica ad anni uno di reclusione e mesi otto di reclusione, aumentata di mesi quattro ai sensi dell'art. 81 c.p. per il reato di cui al capo b) della rubrica fino alla pena inflitta.
Alla condanna nel merito segue, per legge, quella al pagamento delle spese processuali.
I notevoli carichi che gravano questo tribunale giustificano il più lungo termine previsto per il deposito della motivazione.
P.Q.M.
Letti gli artt. 533 e 535 c.p.p. dichiara TA. Al. colpevole dei reati a lui ascritti in rubrica e, concesse le circostanze attenuanti generiche in misura equivalente rispetto alle aggravanti contestate, riuniti i reati nel vincolo della continuazione, lo condanna alla pena di anni due di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali.
Motivi in giorni 90.
Così deciso in Nola, il 7 novembre 2022
Depositata in Cancelleria il 10 gennaio 2023