Tribunale Nola, 03/10/2023, n.1319
Nel reato di atti persecutori (art. 612-bis c.p.), la responsabilità penale richiede la prova di condotte reiterate di minaccia o molestia, che causino nella vittima stati di ansia, paura, o mutamenti delle proprie abitudini di vita. La configurabilità del reato non è esclusa da una riconciliazione successiva con l’autore del reato, se la reiterazione delle condotte è documentata e la loro idoneità a cagionare tali effetti è provata. Nel caso in cui il reato sia connesso ad altri procedibili d’ufficio, come l'incendio doloso (art. 423 c.p.), la procedibilità per gli atti persecutori è d’ufficio.
Svolgimento del processo
Con decreto di giudizio immediato emesso dal GIP in sede in data 28 dicembre 2022, Li.An. veniva tratto a giudizio per rispondere dei reati in epigrafe indicati.
All'udienza del 10 febbraio 2023, il giudice, accertata la regolare costituzione delle parti e disposto procedersi in assenza dell'imputato, ritualmente citato e non comparso, dichiarava aperto il dibattimento e ammetteva i mezzi di prova orali e documentali richiesti dalle parti. Si procedeva, poi, all'escussione della persona offesa, Gi.Em., e si acquisivano al fascicolo del dibattimento i rilievi fotografici esibiti alla stessa. All'esito, il giudice rinviava il processo in prosieguo.
All'udienza del 1 marzo 2023, si procedeva all'escussione del teste, Brig. Mi.Sp., e il PM rinunciava, poi, all'escussione del teste, Car. Ma.Di., avendo svolto i medesimi accertamenti del teste escusso. A quel punto, il giudice, nulla osservando la difesa, revocava l'ordinanza ammissiva della relativa testimonianza e, all'esito, rinviava il processo in prosieguo. All'udienza del 21 aprile 2023, il giudice, preso atto dell'adesione del difensore, presente, all'astensione dalle udienze proclamata dalla Camera Penale di Nola con delibera del 31 marzo 2023 per i giorni 19, 20 e 21 aprile 2023, rinviava il processo in prosieguo (con conseguente sospensione del corso della prescrizione dei reati in contestazione per un periodo di 1 mese e 18 giorni).
All'udienza del 9 giugno 2023, preliminarmente, la difesa depositava documentazione. Il PM avanzava, poi, istanza ai sensi dell'art. 507 c.p.p. di escussione in qualità di teste dei Mar. Mi.Fu., a cui la difesa si opponeva, trattandosi di teste già nelle disponibilità dell'Ufficio di Procura. Tuttavia, il giudice accoglieva la richiesta, atteso che i testi di p.g. escussi non avevano fornito indicazioni esaustive in merito agli accertamenti svolti, e disponeva procedersi all'escussione del teste. Con il consenso delle parti veniva, inoltre, acquisita al fascicolo del dibattimento l'annotazione di p.g. del 26 novembre 2022 a firma dello stesso e, all'esito, il giudice rinviava il processo in prosieguo.
All'odierna udienza, il giudice, dichiarata chiusa l'istruttoria dibattimentale e utilizzabili tutti gli atti processuali contenuti nel fascicolo dibattimentale, dava la parola alle parti, che rassegnavano le conclusioni in epigrafe riportate, sulla base delle quali pronunciava la presente sentenza, dando lettura del dispositivo in udienza. In quel frangente il giudice non dava gli avvisi di cui all'art. 545-bis c.p.p., non ritenendo sussistenti, per le ragioni di cui si dirà in motivazione, le condizioni per sostituire la pena detentiva inflitta con una delle pene sostitutive di cui all'art. 53 l. 689/1981.
Motivi della decisione
Osserva il giudicante che, alla luce degli atti acquisiti al fascicolo del dibattimento e dell'attività istruttoria espletata, vada affermata la penale responsabilità dell'imputato in ordine ai reati a lui ascritti in rubrica.
Tale decisione si fonda sulla valutazione complessiva degli elementi probatori acquisiti e, in particolare, sulle dichiarazioni rese dalla persona offesa, Gi.Em., che hanno superato positivamente il rigido vaglio di credibilità e di attendibilità cui questo giudice le ha sottoposte. In proposito, va immediatamente evidenziato che la donna, escussa in dibattimento, in un primo momento ha tentato di ridimensionare - senza, tuttavia, giungere mai a una vera e propria ritrattazione - la gravità di quanto dichiarato in sede di querela e nel corso delle indagini, spinta verosimilmente dalla volontà di riconciliarsi con il Li., emersa chiaramente nel corso dell'esame testimoniale e confermata, tra l'altro, anche dall'intervenuta remissione di querela in data 11 novembre 2022. Ciononostante, a seguito delle diverse contestazioni mosse dal PM, ha essenzialmente confermato il contenuto delle dichiarazioni rese in precedenza, dando conto delle condotte moleste e minacciose poste in essere dall'odierno imputato nei suoi confronti, dotate di crescente carica afflittiva e culminate, di fatto, nell'incendio appiccato da questi alla sua autovettura in data 15 ottobre 2022. Ed invero, la Gi., preliminarmente, ha confermato di aver rimesso, in data 11 novembre 2022, la querela sporta nei confronti del Li., con il quale ha dichiarato di aver intrattenuto per circa sette anni una relazione sentimentale, terminata nel mese di settembre/ottobre 2022, ossia poco prima del verificarsi dei fatti in contestazione. A tal proposito, ha aggiunto che, prima dell'episodio del 15 ottobre, aveva con l'imputato solo ordinari litigi, dovuti per lo più al suo essere un po' "testarda", oltre che a una reciproca gelosia, e che, d'altra parte, l'interruzione della relazione sentimentale scaturiva da una decisione condivisa da entrambi, sebbene, poi, l'uomo non avesse reagito bene alla rottura. Ha, inoltre, precisato che il Li. svolgeva la professione di camionista e che non era in corso con lo stesso una convivenza. In ordine ai fatti verificatisi la sera del 3 ottobre 2022, la donna ha dichiarato che l'imputato, in stato di alterazione alcolica, si recava presso la sua abitazione, sita in Saviano, alla via (…), n. 43, e le chiedeva la consegna delle chiavi della sua vettura, modello Lancia Y, tg. (…), ricevendo però un rifiuto. In quel contesto, aveva, allora, inizio tra i due un momento giocoso, nel corso del quale l'uomo, intenzionato a impossessarsi delle chiavi che la Gi. si rifiutava di dargli, prendeva a rincorrerla girando intorno al tavolo della cucina e finiva, poi, per colpire involontariamente con il gomito la cristalliera, distruggendola. A quel punto, allora, il PM leggeva in contestazione le dichiarazioni rese dalla persona offesa ai Carabinieri della Stazione di Saviano in data 23 ottobre 2022, da cui emergeva l'assenza di qualsiasi riferimento alla condivisione di un momento scherzoso con il Li. ("In data 3/10/2022, intorno alle ore 1:00 di notte circa An. venne a casa mia a Saviano in palese stato di alterazione fisica poiché come anzi detto, lui fa un uso eccessivo di bevande alcoliche, una volta entrato senza un motivo valido con una gomitata mi ha distrutto la cristalliera in cucina"). La Gi. ha, poi, aggiunto che dopo il predetto episodio, l'imputato andava via, ma alle ore 2:00 circa qualcuno prendeva a battere violentemente mani e piedi contro la porta d'ingresso della sua abitazione e, pensando che si trattasse dell'ex compagno, urlava "An., se sei tu vattene"; tuttavia, ha specificato di non averlo visto e, pertanto, di non essere certa che fosse lui. Ciononostante, la circostanza che fosse stato effettivamente il Li. a presentarsi nuovamente presso l'abitazione della vittima trovava conferma in una conversazione telefonica intervenuta il giorno seguente tra i due, nel corso della quale, dopo aver inizialmente negato di essere ritornato una seconda volta, l'uomo ammetteva, poi, di averlo fatto con l'intento di spaventarla. A tal proposito, sebbene la Gi. abbia inizialmente riferito di non aver sentito telefonicamente l'imputato nei giorni seguenti l'accaduto, su contestazione del PM, confermava quanto dichiarato nell'immediatezza dei fatti alle forze dell'ordine ("Il giorno successivo chiamai telefonicamente An. chiedendogli spiegazioni e lui mi riferì che lo aveva fatto per farmi mettere paura lo stesso prima negò dì essere ritornato la seconda volta ma poi ammise di averlo fatto"). Successivamente, la persona offesa ha riferito di un ulteriore episodio verificatosi in data 14 ottobre 2022, allorché, recatasi presso un distributore di benzina sito in Nola per acquistare le sigarette, mentre era intenta a prendere un caffè, veniva raggiunta dall'imputato, che, adirato per la presenza della donna in quel luogo, dopo averle rivolto offese del tipo "Vali zero…", si allontanava. Tuttavia, alle ore 22.30 della stessa giornata, il Li. si recava nuovamente presso l'abitazione della Gi. e, mostrando una certa rabbia, prima, le chiedeva perché fosse andata al distributore di benzina e, poi, pretendeva nuovamente la consegna delle chiavi dell'auto di proprietà della donna. Su contestazione del PM, quest'ultima ha confermato che, in quel contesto, l'uomo le chiedeva anche di uscire a prendere un caffè e che, ricevuto un rifiuto, profferiva le seguenti parole "allora ci vediamo dopo e poi stanotte fa caldo, prima o poi ti brucio la macchina". La Gi., inoltre, ha aggiunto che, in quel frangente, tentava di registrare con il cellulare le minacce del Li., e, per indurlo ad andare via, lo minacciava a sua volta di allertare i Carabinieri, ma, ma di tutta risposta, questi le sottraeva il telefono e lo scagliava al suolo. D'altro canto, la persona offesa ha precisato che, oltre che in quell'occasione specifica, diverse volte nel corso delle loro discussioni l'imputato le aveva rivolto minacce del tipo "io sempre ti levo la macchina da sotto", "Io t'aggia appiccia 'a macchina!" ("Ti devo bruciare la macchina"). Nel corso della notte, poi, la donna sentiva un forte boato provenire dall'esterno e, uscita fuori, vedeva la sua auto Lancia Y, avvolta dalle fiamme. Ha riferito che, dati i litigi con il compagno, immediatamente pensava che quest'ultimo avesse dato seguito alle sue minacce e che, dunque, avesse appiccato l'incendio ("io quello ho detto: "Me l'ha detto e me l'ha fatto"). Ed invero, il giorno seguente, in data 16 ottobre 2022, durante una videochiamata con l'imputato, quest'ultimo ammetteva di aver cagionato l'incendio della vettura, mosso dalla rabbia e dalia gelosia e, a conferma di ciò, la donna estrapolava mediante "screenshot" due foto da cui erano ben visibili delle ustioni sul braccio del Li.. Inoltre, salvava sul proprio cellulare anche una foto raffigurante un braccio fasciato, inviatele dallo stesso imputato mediante l'applicativo "Whatsapp" con l'utenza telefonica a lui in uso (cfr. rilievi fotografici, in atti). In merito alle condotte serbate dall'uomo, la Gi. ha riferito di non essersi mai sentita in pericolo di vita, ma di essersi certamente impaurita e di aver temuto all'epoca dei fatti di poter essere vittima di altri gesti simili, sebbene, allo stato, non nutriva più alcun timore. Invero, ha aggiunto di aver continuato a frequentare il Li. dopo i predetti episodi e fino al 1 novembre 2022, ossia quando veniva eseguita nei confronti dell'imputato la misura cautelare degli arresti domiciliari. Inoltre, questi, nel mese di ottobre 2022, le prestava assistenza mentre era affetta da Covid-19 e nel novembre 2022 le aveva persino ricomprato una nuova autovettura, modello Punto. La persona offesa ha dichiarato di sentirsi ancora sentimentalmente legata al Li. E di voler continuare la relazione con lui. In merito all'episodio dell'incendio, su domanda del difensore, ha, poi, precisato che la vettura era in sosta nei pressi del suo appartamento e vicino ai giardino di un'altra abitazione, ma comunque lontana da altre case e autovetture, senza, pertanto, che vi fosse il rischio di propagazione delle fiamme. Difatti, dall'incendio non erano derivati ulteriori danni a persone o cose.
Il compendio probatorio è stato, poi, arricchito dalle dichiarazioni rese nel corso del dibattimento dagli agenti di p.g. intervenuti in occasione dell'episodio del 15 ottobre 2022.
In primo luogo, il Brig. Mi.Sp. ha riferito che in tale data, su ordine pervenuto alle ore 03:24 dalla centrale operativa di Nola, unitamente al Car. Ma.Di., effettuava un intervento in Saviano, alla via (…) n. 43, a seguito della segnalazione dell'incendio di un'autovettura, modello Lancia Y, tg. tg. (…). Giunti sul posto alle ore 3:35 circa, gli operanti di p.g. riscontravano la presenza di una squadra dei Vigili del Fuoco, intenta a domare l'incendio ancora in corso, e della persona offesa, Gi.Em., a cui era in uso l'auto incendiata. Rinvenivano, inoltre, nelle immediate vicinanze del predetto veicolo, un contenitore in alluminio dalla forma cilindrica e di colore rosso, privo del tappo di chiusura, dal diametro di 22 cm e alto 28 cm, riportante la scritta "Caffè Mo.", all'interno del quale vi era la presenza di un liquido incolore, identificato inequivocabilmente in base all'odore come liquido infiammabile del tipo benzina, senza necessità di procedere a specifiche analisi qualitative; pertanto, gli agenti procedevano al sequestro del predetto contenitore (cfr. verbale di sequestro, in atti). Il Brig. Sp. ha, poi, dichiarato di aver constatato che non vi erano impianti di videosorveglianza nell'area circostante e di non aver svolto ulteriori attività volte a rintracciare il Li., né, d'altra parte, di essersi recato presso l'abitazione di quest'ultimo. Su domanda del difensore ha specificato che, atteso lo stato dell'incendio al momento dell'intervento, lo stesso doveva essere stato appiccato circa mezz'ora prima. Infine, in merito al luogo dell'incendio, il Brig. Sp. ha riferito che si trattava di una strada senza uscita, al termine della quale vi era la casa della persona offesa.
È stato, poi, escusso il Mar. Mi.Fu., all'epoca dei fatti Comandante della Stazione Carabinieri di Saviano, e, con il consenso delle parti, veniva ritualmente acquisita al fascicolo del dibattimento la relazione di servizio a firma dello stesso, relativa agii accertamenti espletati su delega della Procura di Nola (relazione di servizio del 26 ottobre 2022 e relativi allegati, in atti). In particolare, venivano acquisiti i tracciati GPS del veicolo Jeep Renegade, targa (…), intestato ed in uso al Li., e dall'analisi degli stessi emergeva che nella sera del 14 ottobre 2022, alle ore 22:42:32 la suddetta vettura risultava in sosta in fondo al Vicolo (…) (coordinate 40.91061 14.51378), per poi ripartire alle successive ore 23:06 (cfr. all. 1 e all. 2, tracciato percorso 14 e 15, in atti). Poche ore dopo, ossia alle ore 3:07:19 (in cui è segnalato io spegnimento dell'autovettura) del 15 ottobre 2022, il veicolo veniva nuovamente fermato in Corso (…), all'esterno di Vicolo (…) (coordinate (…)) per poi ripartire alle ore 3:08:10, dopo circa un minuto (cfr. all. 3 e all. 4, tracciato Gps percorso 7 e 8, in atti). In entrambe le occasioni, dunque, il veicolo veniva lasciato in sosta a brevissima distanza dall'abitazione della Gi., con la differenza che la sera del 14 veniva parcheggiata all'interno del cortile, in fondo al Vicolo (…), mentre la notte del 15 veniva lasciato in sosta su Corso (…), ossia poco prima dell'imbocco del predetto Vicolo. Invero, come evinto sia dalle mappe dell'applicativo "Google Maps" e confermato, poi, in sede di escussione dal Mar. Fu., Vicolo (…) è una stradina chiusa, alla quale può accedersi solo tramite Corso (…). L'imputato, dal canto suo, ha confermato di aver avuto una relazione sentimentale con la Gi. della durata di circa cinque anni. Ha aggiunto di non essere assuntore di sostanze stupefacenti e di non fare uso di bevande alcoliche, svolgendo di professione l'auto trasportatore, eccetto nel fine settimana, quando era solito assumere una quantità maggiore di alcol. In merito agli addebiti a lui contestati, ha ammesso di aver incendiato l'auto della Gi., spinto dalla gelosia dopo averla vista intrattenere una conversazione con un soggetto di sesso maschile fuori ad un bar, scusandosi, poi, per la sua condotta. Ha, inoltre, riferito che dopo i fatti del 15 ottobre 2022, prestava assistenza alla persona offesa, affetta da Covid-19, portandole i beni primari di cui necessitava, e di aver continuato a frequentarla fino al giorno antecedente il proprio arresto, che, d'altra parte, avevano trascorso insieme. Infine, ha aggiunto di essersi adoperato per acquistarle una nuova autovettura.
Tanto premesso, a parere di questo giudice l'ipotesi accusatoria ha trovato pacifico conforto nelle risultanze istruttorie e per tale ragione va senza dubbio affermata la penale responsabilità dell'odierno imputato per i reati a lui ascritti in rubrica.
Come già evidenziato in premessa, le dichiarazioni rese dalla persona offesa hanno positivamente superato il vaglio di attendibilità intrinseca ed estrinseca, essendo risultate assolutamente genuine, lineari e coerenti ed essendo riscontrate dalla documentazione prodotta agli atti e dalle testimonianze rese dagli altri testi a carico escussi.
Va in merito ricordato che è assolutamente consolidato in giurisprudenza il principio secondo cui la testimonianza della persona offesa ben può costituire una fonte di convincimento, ancorché esclusiva, per il giudice, anche se, per essere posta a fondamento di un giudizio di colpevolezza, essa deve essere sottoposta ad un rigoroso vaglio critico della sua attendibilità, sia intrinseca che estrinseca, al fine di escludere che sia l'effetto di mire deviatrici (in tal senso, cfr. Cass., Sez. I, 24 settembre 1997, n. 8606). In sostanza, alla persona offesa è riconosciuta la capacità di testimoniare a condizione che la sua deposizione, non immune da sospetto per essere la stessa portatrice di interessi in posizione di antagonismo con quelli dell'imputato, sia ritenuta veridica, dovendosi a tal fine far ricorso all'utilizzazione ed all'analisi di qualsiasi elemento di riscontro o di controllo ricavabile dal processo (cfr. Cass., Sez. V, 3 novembre 1992, n. 839; Cass., Sez. II, 24 settembre 2015, n. 43278). E, però, anche opportuno precisare che, non configurando il dettato normativo alcuna pregiudiziale di natura ontologica alla utilizzabilità della stessa deposizione quale prova ex se esaustiva per la affermazione della responsabilità penale, eventuali riscontri estrinseci, se acquisiti, non devono necessariamente presentare le connotazioni che si richiedono per la verifica della chiamata in correità (e cioè, in sintesi, la convergenza con altri elementi di natura indiziaria e la portata individualizzante o specifica del riscontro, che deve riguardare, nel caso di chiamata, sia la persona dell'incolpato, che le imputazioni a lui ascritte).
D'altronde, risulta assolutamente plausibile la circostanza che la Gi. abbia deciso di denunciare l'odierno imputato solo dopo che la situazione fosse divenuta insostenibile, circostanza che ancor più fa propendere per l'assenza di qualunque intento calunniatorio nei suoi confronti e che rafforza la sincerità del propalato della persona offesa.
Inoltre, nel caso di specie, non vale a inficiare l'attendibilità del propalato della Gi. la circostanza che le dichiarazioni rese dalla stessa nel corso del dibattimento intervengano a seguito di una riappacificazione con l'imputato (verificatasi già pochi giorni dopo l'episodio del 15 ottobre 2022), la quale vale solamente a spiegare l'iniziale ritrosia della donna a ripetere i fatti originariamente denunciati, tentando di minimizzarne la gravità e replicando uno schema di condotta abbastanza frequente nelle vittime legate al reo da una relazione affettiva, che le vede trovare il coraggio di denunciare giunte al limite della sopportazione e temporaneamente convinte di recidere ogni legame con questi, salvo poi ridimensionare la narrazione complessiva dei comportamenti delittuosi una volta intervenuta la riappacificazione. Ciononostante, come sopraesposto, la persona offesa non si è mai spinta al punto della reticenza, confermando puntualmente, a seguito delle contestazioni del PM, il contenuto delle dichiarazioni rese nel corso delle indagini.
Sulla base, allora, delle indicate risultanze istruttorie risulta al di là di ogni ragionevole dubbio dimostrata la realizzazione da parte del Li. di una condotta idonea ad integrare gli estremi del reato previsto e punito dall'art. 612 bis c.p., essendo comprovato che l'imputato abbia in modo continuativo e abituale, sebbene in un arco temporale ristretto, sottoposto la persona offesa a molestie e minacce, dopo la cessazione della loro relazione sentimentale.
Dalle dichiarazioni della Gi., di cui, per le ragioni suesposte, non vi è motivo dubitare, è emerso che all'indomani della fine della loro relazione, il Li., animato da una gelosia maniacale, abbia posto in essere condotte moleste, ingiuriose e minacciose, la cui gravità è rapidamente degenerata raggiungendo livelli particolarmente allarmanti con l'incendio dell'autovettura di proprietà della donna. Le dichiarazioni della vittima mostrano, d'altra parte, un significativo equilibrio di coerenza interna e non offrono alcuno spunto che induca a considerare l'eventualità che le stesse siano animate da intenti calunniosi, come del resto si evince sia dall'assenza di qualsiasi riluttanza a riferire anche elementi favorevoli per l'imputato che la sua rinuncia alla costituzione di parte civile.
Il racconto della persona offesa trova, peraltro, riscontro, anche negli esiti degli accertamenti svolti dalla p.g. Ed invero, l'analisi del tracciato GPS della vettura in uso al Li. lo collocava nelle immediate vicinanze dell'abitazione delle Gi. sia alle ore 22.42 del 14 ottobre 2022, a conferma di quanto dichiarato dalla stessa in merito alla minaccia ricevuta dall'imputato, ma anche alle ore 03:07:19, orario perfettamente compatibile con l'avvio dell'incendio della vettura di proprietà della donna, modello Lancia Y. In tale ultima circostanza, tra l'altro, il Li. lasciava l'auto in sosta in Corso (…), all'imbocco del Vicolo (…), per poi ripartire rapidamente alle ore 03:08:10, cioè all'incirca un minuto dopo, tempo verosimilmente impiegato per cospargere l'autovettura di liquido infiammabile e dare avvio alle fiamme. Inoltre, che l'incendio abbia avuto natura dolosa è confermato non solo dal rinvenimento di una tanica contenente benzina nelle immediate vicinanze della vettura, ma anche dai rilievi fotografici prodotti dalla stessa vittima, i quali mostrano chiaramente le ustioni riportate dal Li. sul braccio a seguito de! compimento dell'azione delittuosa. D'altra parte, è stato lo stesso imputato ad ammettere di aver appiccato l'incendio, travolto dalla gelosia dopo aver visto l'ex compagna parlare con un altro uomo.
Tutto ciò considerato, quindi, ritiene questo giudice che sussistono certamente i requisiti per l'integrazione del reato contestato.
Lo "stalking" invero, si atteggia come delitto abituale improprio, a reiterazione necessaria delle condotte, che richiede per il suo configurarsi la sussistenza di una serie di elementi oggettivi, spesso non percepibili in modo univoco, e che necessitano di una verifica quanto mai puntuale da parte del giudicante.
Giova in proposito premettere, in via generale, che con l'introduzione della fattispecie di cui all'art. 612-bis c.p. il legislatore ha voluto, prendendo spunto dalla disciplina di altri ordinamenti, colmare un vuoto di tutela ritenuto inaccettabile rispetto a condotte che, ancorché non violente, recano un apprezzabile turbamento nella vittima.
Il legislatore ha preso atto, però, che la violenza (declinata nelle diverse forme delle percosse, della violenza privata, delle lesioni personali, della violenza sessuale) spesso è l'esito di una pregressa condotta persecutoria; pertanto, mediante l'incriminazione degli atti persecutori si è inteso in qualche modo anticipare la tutela della libertà personale e dell'incolumità fisiopsichica attraverso l'incriminazione di condotte che, precedentemente, parevano sostanzialmente inoffensive e, dunque, non sussumibili in alcuna fattispecie penalmente rilevante o in fattispecie per così dire minori, quali la minaccia o la molestia alle persone.
In sede di valutazione sulla configurabilità dell'indicata fattispecie incrini matrice, occorre, tuttavia, verificare non solo la sussistenza di una vera e propria reiterazione di azioni minacciose o moleste, ma anche la circostanza che tali azioni abbiano prodotto nella vittima effetti psichici gravi quali ansia o paura, ovvero timore per la propria incolumità o per quella di prossimi congiunti ovvero ancora l'abbiano costretta ad un mutamento delle proprie abitudini di vita.
E, peraltro, utile ricordare come, per il consolidato insegnamento della giurisprudenza di legittimità, integrano il delitto di atti persecutori anche due sole condotte tra quelle descritte dall'art. 612-bis c.p., come tali idonee a costituire la reiterazione richiesta dalla norma incrini matrice (cfr. Cass., Sez. V, 5 giugno 2013, n. 46331). Invece, un solo episodio, per quanto grave e da solo anche capace, in linea teorica, di determinare il grave e persistente stato d'ansia e di paura che è indicato come l'evento naturalistico del reato, non è sufficiente a determinare la lesione del bene giuridico protetto dalla norma in esame, potendolo essere, invece, alla stregua di precetti diversi: e ciò in aderenza alla volontà del legislatore il quale, infatti, non ha fasciato spazio alla configurazione di una fattispecie solo "eventualmente" abituale (cfr. Cass., Sez. V, 24 settembre 2014, n. 48391).
Il delitto, inoltre, è configurabile anche quando le singole condotte sono reiterate in un arco di tempo molto ristretto, a condizione che si tratti di atti autonomi e che la reiterazione di questi sia la causa effettiva di uno degli eventi considerati dalla norma incriminatrice (Cass., Sez. V, 16 giugno 2015, n. 33563).
"Trattandosi di reato abituale, è la condotta nel suo complesso ad assumere rilevanza ed in tal senso l'essenza dell'incriminazione di cui si tratta si coglie non già nello spettro degli atti considerati tipici, bensì nella loro reiterazione, elemento che li cementa, identificando un comportamento criminale affatto diverso da quelli che concorrono a definirlo sul piano oggettivo. E dunque l'atteggiamento persecutorio ad assumere specifica autonoma offensività ed è per l'appunto alla condotta persecutoria nel suo complesso che deve guardarsi per valutarne la tipicità, anche sotto il profilo della produzione dell'evento richiesto per la sussistenza del reato. In tale ottica il fatto che tale evento sì sia in ipotesi manifestato in più occasioni e a seguito della consumazione dì singoli atti persecutori è non solo non discriminante, ma addirittura connaturato al fenomeno criminologico alla cui repressione la norma incriminatrice è finalizzata, giacché alla reiterazione degli atti corrisponde nella vittima un progressivo accumulo del disagio che questi provocano, fino a che tale disagio degenera in uno stato di prostrazione psicologica in grado dì manifestarsi nelle forme descritte nell'art. 612 bis cod. pen. (Cass., Sez. V, 29 gennaio 2016, n. 20696).
Indubbiamente l'evento deve essere il risultato della condotta persecutoria nel suo complesso, anche se può manifestarsi solo a seguito della consumazione dell'ennesimo atto persecutorio, in quanto dalla reiterazione degli atti deriva nella vittima un progressivo accumulo di disagio che, solo alla fine della sequenza, degenera in uno stato di prostrazione psicologica in grado di manifestarsi in una delle forme previste dalla norma incriminatrice (cfr. Cass., Sez. V, 5 novembre 2014, n. 51718). Nel caso concreto, la molteplicità e continuatività dei comportamenti persecutori riferiti dalla persona offesa - e confermati dalla documentazione acquisita - non possono che far ritenere integrati gli elementi oggettivi del reato contestato.
Ci si trova, invero, al cospetto di una reiterazione di minacce e di molestie poste in essere dal Li. nei confronti della Gi., le quali hanno ingenerato nella stessa un grave stato di ansia e di paura. Ed infatti, la donna si determinava a sporgere querela proprio dopo l'ultimo atto delittuoso compiuto dall'imputato e consistito nell'incendio del veicolo di sua proprietà, circostanza da cui la stessa traeva conferma che questi era realmente in grado di spingersi fino ai punto di concretizzare le minacce a lei rivolte e che le suscitava, pertanto, il fondato timore di poter essere destinataria di altre azioni simili. Quanto esposto, unitamente al fatto che già in precedenza la persona offesa aveva sporto diverse querele nei confronti del Li. (sebbene in seguito rimesse) per fatti diversi ma analoghi a quelli di cui all'imputazione - circostanza che assume rilevanza in questa sede esclusivamente come dato storico -dimostrano che i comportamenti di quest'ultimo erano idonei a cagionare un turbamento psichico della vittima, desumibile sia dalle dichiarazioni che dai comportamenti della stessa conseguenti alla condotta posta in essere dall'agente.
Va al riguardo ricordato che ai fini della integrazione del contestato reato di "stalking" non si richiede l'accertamento di uno stato patologico, ma è sufficiente che gli atti ritenuti persecutori - e nella specie costituiti da minacce, molestie e insulti alla persona offesa- abbiano un effetto destabilizzante della serenità e dell'equilibrio psicologico della vittima, considerato che la fattispecie incriminatrice di cui all'art. 612-bis c.p. non costituisce una duplicazione del reato di lesioni (art. 582 c.p.), il cui evento è configurarle sia come malattia fisica che come malattia mentale e psicologica (cfr. Cass., Sez. V, 17 febbraio 2017, n. 18646).
Sul piano dell'elemento soggettivo, sussiste altresì il dolo generico richiesto dalla norma, che, inteso come volontà di porre in essere più condotte di minaccia e molestia, nella consapevolezza della loro idoneità a produrre uno degli eventi alternativamente previsti dalla norma incriminatrice e dell'abitualità del proprio agire, non postula la preordinazione di tali condotte - elemento non previsto sul fronte della tipicità normativa - potendo queste ultime, invece, essere in tutto o in parte anche meramente casuali e realizzate qualora se ne presenti l'occasione (cfr. Cass., Sez. V, 24 settembre 2015, n. 43085; Cass., Sez. V, 27 novembre 2012, n. 20993).
L'abitualità dei comportamenti persecutori e il loro ripetersi in un determinato arco temporale denotano senza dubbio una consapevolezza nell'agente delle reiterate condotte di minaccia e di molestia realizzate e della loro idoneità a cagionare gli eventi previsti dalla norma e quantomeno l'accettazione del rischio della loro verificazione. Ne deriva che, essendo sorrette le condotte dell'imputato quantomeno dal dolo eventuale, sono configurabili anche sotto il profilo soggettivo egli estremi del reato a lui contestato. Per quanto attiene alla contestata circostanza aggravante di cui al comma 2 dell'art. 612-bis c.p., questa sussiste certamente essendo stato il fatto commesso da parte di soggetto che era legato alla vittima da una relazione affettiva.
Va, infine, rilevato che, nonostante l'intervenuta remissione processuale della querela, debitamente accettata dall'imputato, nel caso di specie il delitto di atti persecutori è procedibile d'ufficio a norma dell'art. 612-bis, co. 4, c.p., in quanto connesso con il delitto di cui all'art. 423 c.p. per il quale il legislatore dispone la procedibilità d'ufficio.
Su tali basi, va, quindi, affermata la penale responsabilità del Li. in ordine al reato di atti persecutori a lui ascritto al capo 1).
Quanto, poi, al delitto di cui al capo 2), risulta senza dubbio provato che l'imputato abbia volontariamente cagionato l'incendio della vettura della persona offesa.
Giova precisare che, per costante giurisprudenza, la condotta che integra il delitto di incendio di cui all'art. 423 c.p., consiste nel compiere qualunque attività che provochi la deflagrazione di un incendio. Ed invero, ai fini della configurabilità del reato in questione, occorre distinguere tra il concetto di fuoco e quello d'incendio, in quanto si ha incendio solo quando il fuoco divampi irrefrenabilmente, in vaste proporzioni, con fiamme divoratrici che si propaghino con potenza distruttrice, così da porre in pericolo l'incolumità di un numero indeterminato di persone (Cass., Sez. IV, 14 dicembre 2021 n. 46402; Cass., Sez. IV, 29 ottobre 2008, n.43126). Ne deriva che, non ogni fuoco è, di per sé ab origine, qualificabile come incendio; è tale, secondo la fattispecie legale prevista dall'art. 423 c.p., solo quando le fiamme, non controllate e non controllabili, assumano i connotati di cui sopra. Più in particolare, gli elementi costitutivi del reato d'incendio vanno identificati nella vastità delle proporzioni delle fiamme, nella diffusività delle stesse (ossia nella tendenza a progredire e ad espandersi) e nella difficoltà di spegnimento (Cass., Sez. I, 16 novembre 1999, n. 14592; Cass., Sez. I, 27 marzo 1995, n. 1802). Quanto all'elemento psicologico, la norma richiede il dolo generico, ossia la coscienza e volontà di dar vita a un fuoco che, in ragione dell'entità e delle proporzioni (di per sé tali da porre in pericolo la pubblica incolumità) abbia le caratteristiche proprie dell'incendio penalmente rilevante (Cass. sez. I, 10 giugno 1998, n, 11026). Ed invero, è opportuno precisare che, secondo un consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, il delitto di incendio si distingue dalla diversa fattispecie del danneggiamento seguito da incendio di cui all'art. 424 c.p. proprio in virtù del diverso elemento psicologico richiesto, "in quanto mentre il primo è connotato dal dolo generico, ovvero dalla volontà di cagionare l'evento con fiamme che, per le loro caratteristiche e la loro violenza, tendono a propagarsi in modo da creare un effettivo pericolo per la pubblica incolumità, il secondo è connotato dal dolo specifico di danneggiare la cosa altrui, senza la previsione che ne deriverà un incendio con le caratteristiche prima indicate o il pericolo di siffatto evento" (Cfr. Cass., Sez. I, 17 maggio 2019, n. 29294). Tuttavia, nell'ipotesi in cui l'agente, pur proponendosi di danneggiare la cosa altrui, abbia realizzato, per i mezzi usati e per la vastità e le dimensioni del risultato raggiunto, un incendio di proporzioni tali da mettere in pericolo la pubblica incolumità, deve rispondere del delitto di incendio doloso e non già del meno grave reato di danneggiamento seguito da incendio (Cass., Sez. V., 25 settembre 2013, n. 1697; Cass. Sez. I, 14 marzo 1995, n. 4506).
Tanto premesso, nel caso di specie, l'aver incendiato l'autovettura - contenente altri materiali fortemente infiammabili fra cui la batteria e il combustibile dei serbatoio - in sosta vicino all'ingresso dell'abitazione della vittima, i mezzi utilizzati, il propagarsi di fiamme tali da rendere necessario l'intervento dei vigili del fuoco, disvelano la consapevolezza da parte del Li. della portata distruttrice che avrebbero avuto le fiamme cui stava per dare vita e della loro difficile governabilità, per cui può concludersi nel senso che quantomeno vi sia stata l'accettazione del rischio di provocare un incendio di non lievi proporzioni, immediatamente efficace e distruttivo, tale da costituire un pericolo per la pubblica incolumità.
Per le suesposte ragioni, il delitto in esame può ritenersi integrato in tutti i suoi elementi, sia oggettivi che soggettivi, essendo sorrette le condotte dell'imputato quantomeno dal dolo eventuale. Tanto premesso in ordine alla responsabilità del Li., occorre determinare il trattamento sanzionatorio da irrogare nei suoi confronti.
Innanzitutto, i più reati dei quali l'imputato è stato ritenuto responsabile possono essere riuniti sotto il vincolo della continuazione, in considerazione della contiguità temporale delle condotte, che appaiono espressive di un medesimo programma delinquenziale.
A parere di questo giudice, non può riconoscersi nel caso di specie l'invocata circostanza attenuante di cui all'art. 62, co. 1, n. 6, c.p., prima parte, ossia l'aver, prima del giudizio, riparato interamente il danno, mediante il risarcimento di esso e, quando sia possibile, mediante le restituzioni. Difatti, la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che, ai fini della configurabilità dell'attenuante in esame, il risarcimento del danno (inteso in senso civilistico, ossia come lesione patrimoniale o non patrimoniale, ma economicamente risarcibile) - oltre a intervenire temporalmente prima del giudizio e a essere riconducibile alla volontà del colpevole - deve essere integrale, cioè "comprensivo non solo di quello patrimoniale, ma anche di quello morale e la valutazione della sua congruità è rimessa all'apprezzamento del giudice" (Cass., Sez. II, 24 gennaio 2012, n. 9143), il quale "può anche disattendere un eventuale accordo transattivo intervenuto tra le parti" (Cass., Sez. II, 23 novembre 2016, n. 53023). Nel caso di specie, se è vero che in data 11 novembre 2022 il Li. effettuava un bonifico dall'importo di 1.000,00 euro (cfr. copia fotostatica bonifico, in atti) avente come beneficiario "Ro." di Ri.Ro., al fine di provvedere all'acquisto di una nuova autovettura in favore della persona offesa - circostanza dalla stessa confermata nei corso dell'escussione - a parere di questo giudice tale somma non può ritenersi congrua e, pertanto, il risarcimento operato dall'imputato risulta insufficiente. Né può ritenersi che l'imputato si sia spontaneamente ed efficacemente adoperato per elidere o attenuare le conseguenze dannose o pericolose del reato, configurando in tal modo l'attenuante di cui all'art. 62, co. 1, n. 6, seconda parte, c.p., atteso che la circostanza de qua - riferendosi al cosiddetto danno criminale - ha un ambito di applicazione autonomo rispetto a quello previsto dalla prima ipotesi di cui all'art. 62, co. 1, n. 6, c.p., attenendo alle conseguenze dannose o pericolose del reato non suscettibili di risarcimento economico che intimamente ineriscono alla lesione o al pericolo di lesione del bene giuridico tutelato dalla norma penale violata. In tal guisa, il parziale risarcimento del danno, che non attenui il reato secondo la prima previsione, non può essere valutato nemmeno con riferimento alla seconda ipotesi (Cfr. Cass. III, 2 aprile 2014, n. 31841). Tuttavia, un risarcimento dei danni non integrale, sebbene non consenta il riconoscimento dell'attenuante di cui all'art. 62, co. 1, n. 6, c.p., può essere valutato dal giudice in funzione della concessione delle attenuanti generiche (Cass. Sez. VI, 27 giugno 2013, n. 34522).
Ed invero, appaiono sussistere nel caso di specie ragioni di meritevolezza tali da consentire il riconoscimento all'imputato delle circostanze attenuanti generiche in misura equivalente alla contestata aggravante, dovendosi all'uopo valutare anche il corretto comportamento processuale dello stesso, con conseguente evidente vantaggio in termini di economia processuale.
Pertanto, valutati tutti i criteri di cui all'art. 133 c.p., avuto riguardo specialmente alle modalità dei fatti e al loro dispiegarsi in un ristretto arco temporale, si ritiene equo irrogare a Li.An. la pena finale di anni due e mesi nove di reclusione, così determinata: pena base per il reato più grave di cui ai capo 1) della rubrica anni due e mesi tre, aumentata per la continuazione con il reato di cui al capo 2) della rubrica alla pena inflitta.
Segue per legge la condanna al pagamento delle spese processuali.
Alla luce delle risultanze del certificato del casellario giudiziale, non sussistono i presupposti e le condizioni per la concessione all'imputato dei benefici della sospensione condizionale della pena, avendone lo stesso già beneficiato.
Va, inoltre, evidenziato che la personalità deviante e trasgressiva dei Li. costituisce, ai sensi dell'art. 53 l. 689/1981, fondato motivo ostativo alla sostituzione della pena detentiva inflitta nei confronti dell'imputato. Lo stesso, infatti, già gravato da precedenti, seppur risalenti, ha mostrato un'indole incline alla commissione di reati e comunque incapace di gestire e controllare impulsi antigiuridici, dimostrandosi, pertanto, incapace di assicurare l'adempimento delle prescrizioni connesse a un trattamento sanzionatone diverso da quello tradizionale. Infine, va ordinata la confisca e la distruzione del materiale in sequestro.
Alla luce dei carichi di lavoro, si fissa in giorni novanta il termine per il deposito della motivazione.
P.Q.M.
Letti gli artt. 533 e 535 c.p.p., dichiara Li.An. colpevole dei reati a lui ascritti in rubrica e, ritenuti gli stessi avvinti dal vincolo della continuazione e concesse le circostanze attenuanti generiche in misura equivalente alla contestata aggravante, lo condanna alla pena di anni due e mesi nove di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali.
Letto l'art. 240 c.p., dispone la confisca e la distruzione del materiale in sequestro.
Fissa in giorni novanta il termine per il deposito della motivazione.
Così deciso in Nola il 7 luglio 2023.
Depositata in Cancelleria il 3 ottobre 2023.