Tribunale Udine, 26/02/2024, n.198
Le condotte poste in essere dal responsabile di un servizio sanitario, anche se caratterizzate da pressioni psicologiche o richieste organizzative incalzanti, non integrano il reato di atti persecutori ex art. 612-bis c.p., né di lesioni personali volontarie ex art. 582 c.p., qualora risulti che le stesse siano dirette al perseguimento di finalità organizzative e non siano accompagnate dalla consapevolezza di arrecare danno psichico o malattia alla persona offesa. La prova dell'elemento soggettivo doloso deve essere certa e non può essere desunta unicamente da un turbamento d'animo o da disturbi che non siano clinicamente accertati come conseguenza diretta ed esclusiva delle condotte.
RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE
In esito a imputazione coatta, con decreto del g.u.p. di data 14.12.2022 l'imputato De.Ma. veniva tratto a giudizio per rispondere delle imputazioni di cui alla rubrica.
All'udienza del 12.1.2023, nella dichiarata assenza dell'imputato, avutasi all'udienza preliminare la costituzione di parte civile della persona offesa Ga.Si., si dichiarava aperto il dibattimento e si ammettevano le prove con ordinanza resa ex art. 495 c.p.p.
All'udienza del 7.3.2023, comparso l'imputato e revocata la dichiarazione di assenza, si procedeva all'esame dei testi Te.Va. ed altri (…).
All'udienza del 2.5.2023 si svolgeva l'esame dei testi Ga.Si. ed altri (…). All'udienza dell'8.6.2023 si esaminavano i testi Fa.Br. e Sc.Fr.
All'udienza del 14.9.2023 si svolgeva l'esame dei testi Ve. ed altri (…). All'udienza del 9.11.2023, previa correzione di errore materiale contenuto nel capo A), si procedeva all'esame del consulente tecnico della difesa dott. Fr.Pi. e l'imputato rendeva l'esame; a scioglimento di precedente riserva il giudice ammetteva ulteriori testi indicati dalla parte civile. All'udienza del 14.12.2023 si svolgeva l'esame testimoniale di Be. ed altri (…) e l'imputato rendeva dichiarazioni spontanee; si dichiarava l'utilizzabilità degli atti acquisiti al fascicolo dibattimentale. All'udienza del 13.2.2024 le parti concludevano come in epigrafe e il giudice pronunciava come da dispositivo.
La penale responsabilità dell'imputato non risulta provata oltre la soglia del ragionevole dubbio.
Dall'istruzione dibattimentale svolta, con particolare riferimento alla deposizione resa dalla persona offesa Ga.Si., alla documentazione acquisita e alle dichiarazioni rese dall'imputato stesso in sede di esame e di spontanee dichiarazioni, è rimasta accertata la materiale sussistenza delle condotte ascritte al capo A) al De., il quale, nella sua qualità di dirigente medico coordinatore del Servizio di continuità assistenziale (guardia medica) di Udine e di Tavagnacco dall'inizio del 2019, inviava alla persona offesa, medico presso il suddetto servizio con incarico temporaneo di sostituzione con inizio dal febbraio 2020 presso la sede di Udine, numerosi messaggi tramite l'applicativo WhatsApp (37 messaggi dalle ore 22,43 del 13.4.2020 alle ore 00,12 del 14.4.2020, 43 messaggi dalle ore 22,39 del 14.4.2020 alle ore 00,05 del 15.4.2020, 44 messaggi dalle ore 06,07 alle ore 23,30 del 15.4.2020), anche fuori dai turni di reperibilità e in orari notturni, instava perché ella rendesse visibile il proprio accesso all'applicativo WhatsApp in modo da poter verificare la lettura effettiva dei messaggi, le prospettava possibili segnalazioni disciplinari, rappresentandole che il direttore sanitario dott. Luigi Canciani era furibondo con lei, la inseriva nei turni di reperibilità del S.c.a. per il mese di giugno, pur avendo la Ga. Già rassegnato le dimissioni dall'incarico, e in data 16.6.2020 alle 20,58, constatata l'assenza della persona offesa dal servizio, faceva chiamare la centrale operativa della Questura di Udine dalle dott.sse (…) e (…), anch'esse in servizio alla guardia medica, per richiedere un intervento delle forze dell'ordine presso l'abitazione della persona offesa al fine di verificare le ragioni dell'assenza dal servizio.
Dimostrata e sostanzialmente incontestata essendo la materiale ricorrenza dei fatti ascritti al capo A), deve tuttavia rilevarsi che tali condotte venivano poste in essere dall'imputato per motivi di servizio, vale a dire nel contesto dei compiti di coordinatore che al dott. De. erano stati assegnati al fine di ristrutturare il servizio in base a regole più rigorose che in passato e di ridurre la ritenuta eccessiva discrezionalità che era stata in precedenza esercitata dai medici incaricati del servizio.
Deve inoltre considerarsi che i fatti ascritti si sono collocati nel corso della fase più acuta dell'emergenza pandemica da Covid-19, la quale, come noto, onere i servizi sanitari di compiti e di rischi mai in precedenza affrontati e richiese un elevatissimo impegno da parte del personale addetto.
In tale ottica i numerosi messaggi inviati dal De. alla persona offesa nell'arco di tre giornate, se si sarebbero potuti considerare eccessivi in periodi ordinari, si spiegavano in tale particolare contesto in ragione della pressante necessità di organizzare tempestivamente il servizio e di avere costantemente il controllo sulla presenza effettiva dei medici chiamati a ricoprire i turni notturni e festivi; può credibilmente ritenersi che sul De. si sia riversato un carico di responsabilità che ben poteva dar luogo a qualche eccesso di concitazione nel far fronte ai propri compiti organizzativi; va in proposito rilevato che sul Servizio di continuità assistenziale grava d'ordinario la responsabilità della gestione di numerosi casi urgenti o comunque bisognosi di essere celermente affrontati e che in periodo di emergenza sanitaria a tale ordinario carico di lavoro si aggiungeva la cogente necessità di prevenire la diffusione del contagio e di preservare per quanto possibile dall'infezione pandemica gli operatori sanitari.
In data 16.6.2020 su richiesta delle dott.sse (…) e (…) veniva inviata una pattuglia della Squadra Volante della Polizia di Stato presso l'abitazione della persona offesa, la quale risultava assente dal lavoro e non rispondeva alle chiamate; tale iniziativa, consigliata telefonicamente dal De., non può certo considerarsi connotata da un rilievo penale, rispondendo alla necessità di verificare non solo le ragioni dell'assenza, ma anche se alla persona offesa occorresse assistenza o soccorso.
Va altresì rilevato che il De. provvedeva a inserire nei turni di reperibilità la dott.ssa Ga., la quale era assente dal servizio per malattia dal 17.4.2020 e non riprendeva più il lavoro presso il S.c.a., dal momento che, dovendo tale programmazione essere di necessità effettuata con un congruo anticipo, solitamente di almeno un mese, non sarebbe stato possibile disporre l'esclusione dai turni della persona offesa per un periodo di tempo prevedibile; neppure competeva al De. di assumere decisioni che spettavano alla dirigenza sanitaria in merito alla durata temporale dell'incarico della Ga. e al momento della sua cessazione, tenendosi conto anche della previsione di un termine minimo di preavviso per il recesso dall'incarico, che non era stato osservato dalla persona offesa e che si riteneva operare anche nel caso di assenza per malattia.
Sotto il profilo disciplinare non veniva rilevato a carico del De. alcun illecito e il relativo procedimento, instauratosi a seguito delle doglianze della persona offesa, si esauriva in fase istruttoria dopo le controdeduzioni presentate dall'interessato; anche a ritenere che l'istruttoria disciplinare non sia stata del tutto esauriente, il che poteva verosimilmente spiegarsi con l'anomalo carico di lavoro e con l'elevato livello di rischio che gravavano sulle strutture sanitarie nel corso dell'emergenza pandemica, nonché con l'impossibilità di convocare personalmente gli interessati a causa della vigenza delle restrizioni imposte dal lockdown e dalle misure successive, tale circostanza non sarebbe comunque addebitabile al De. e non potrebbe dunque concorrere ad attribuire alla sua condotta un rilievo penale.
Deve altresì osservarsi che il clima di pressione lavorativa, descritto da alcuni dei testimoni esaminati, se da un lato può apparire indicativo, come affermato dalla stessa difesa, di tratti caratteriali di precisione e puntigliosità propri del De. - non disgiunti peraltro, come evidenziatosi dall'istruzione dibattimentale, da spiccate doti di competenza professionale e disponibilità verso i colleghi, d'altro lato è interpretabile anche come un modus operandi generalizzato, privo di animosità diretta nei confronti della persona offesa e spiegabile con la necessità sia di riorganizzare il servizio con criteri di maggiore efficienza, sia di far fronte al contempo all'incombente emergenza pandemica; in tale ottica vanno interpretati anche i messaggi nei quali l'imputato prospettava alla persona offesa possibili rilievi o segnalazioni disciplinari a suo carico per mancata risposta ai messaggi e alle chiamate; è altresì rimasto dimostrato che in almeno un'occasione, collocatasi in data 15.3.2020, la persona offesa si presentava in ritardo al lavoro.
Le risultanze probatorie acquisite non consentono pertanto di ritenere dimostrata la volontà dell'imputato, neppure a titolo di dolo generico, di porre in essere atti persecutori in danno della persona offesa e ciò in ragione delle diverse finalità cui erano dirette le condotte, le quali miravano a ottenere il buon funzionamento del Servizio di continuità assistenziale in un contesto generale di gravi difficoltà e rischi; seppure tali condotte abbiano cagionato nella destinataria un turbamento dello stato d'animo e siano concorse a determinarne la decisione di lasciare il servizio, non può ritenersi dimostrata la volontà e la consapevolezza dell'imputato di ingenerare tali effetti nella persona offesa, non essendo stato superato il limite oltre il quale la condotta assume univoci caratteri persecutori e non può ricevere spiegazione in alcuna altra finalità lecita. Deve altresì considerarsi che la condotta di maggiore pressione psicologica sulla persona offesa, costituita dall'invio di un elevato numero di messaggi telefonici, si sia esaurita in breve arco temporale e sia stata accompagnata anche da interlocuzioni da parte della stessa persona offesa.
Il fatto che costei abbia accusato disturbi d'ansia reattiva con attacchi di panico con insorgenza dal 17.4.2020, come da certificazioni acquisite in atti, appare scarsamente compatibile con la derivazione causale dalle condotte dell'imputato, trattandosi di disturbi che solitamente richiedono un intervallo di tempo per manifestarsi; in assenza di puntuali accertamenti medici al riguardo non può pertanto fondatamente escludersi che tali disturbi siano insorti per cause diverse e non necessariamente riconducibili all'operato del De.; il turbamento d'animo accusato dalla Ga. va certamente dato per dimostrato e può altresì fondatamente ritenersi che ad esso non sia stata estranea la pressione psicologica esercitata dal De., ma, nel difetto di prova della sua natura di vera e propria malattia, siffatto turbamento, per quanto intenso, rientra nella fattispecie di cui al capo A) e non presenta le connotazioni sufficienti a integrare anche il reato di lesioni personali volontarie di cui al capo B), cosicché si ricade egualmente nel difetto di prova dell'elemento soggettivo del reato di atti persecutori.
Neppure sarebbe configurabile, in luogo del reato di cui al capo A) e con limitato riferimento alle condotte attuate per mezzo del telefono, la contravvenzione prevista dall'art. 660 c.p. per difetto del requisito della petulanza o di altro biasimevole motivo, essendo le condotte finalizzate a ragioni inerenti l'organizzazione del lavoro presso il S.c.a. diretto dal De.
A norma dell'art. 530 c.p.p. l'imputato va pertanto assolto dal reato di cui al capo A) perché il fatto non costituisce reato e dal reato di cui al capo B) perché il fatto non sussiste.
Alcuna statuizione deve pertanto adottarsi con riguardo alle domande svolte dalla costituita parte civile.
Appare congrua l'assegnazione del termine di quindici giorni per il deposito della sentenza a norma dell'art. 544 comma 2 c.p.p.
P.Q.M.
Il Tribunale di Udine sezione penale in composizione monocratica, letto l'art. 530 c.p.p., assolve l'imputato DE.Gi. dal reato ascritto al capo A) perché il fatto non costituisce reato e dal reato ascritto al capo B) perché il fatto non sussiste.
Motivazione riservata nel termine di 15 giorni.
Così deciso in Udine il 13 febbraio 2024.
Depositata in Cancelleria il 26 febbraio 2024.