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Assoluzione per frode assicurativa in assenza di prove certe sul dolo e sull'idoneità degli artifici

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Tribunale Trieste, 11/06/2024, n.392

In tema di frode assicurativa, il reato previsto dall’art. 642 c.p. richiede la dimostrazione oltre ogni ragionevole dubbio di artifici o raggiri idonei a indurre l’assicurazione in errore, al fine di ottenere un ingiusto profitto. È fondamentale che le dichiarazioni testimoniali e documentali siano corroborate da elementi oggettivi e che l’intento fraudolento emerga in maniera univoca dagli atti processuali.

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La sentenza integrale

Svolgimento del processo
Con decreto del 17 febbraio 2022 gli imputati erano chiamati a rispondere dei reati loro rispettivamente ascritti in rubrica.

All'udienza del 6 maggio 2022, dichiarata l'assenza degli imputati, erano ammesse le prove richieste dalle parti ed era acquisita la documentazione dimessa dalla difesa.

All'udienza del 27 gennaio 2023 erano esaminati i testi Ba.Ma., Di.Or. e So.Sa..

Differita quella fissata al 14 luglio 2023, all'udienza del 9 febbraio 2024, mutato il giudicante, le parti prestavano il consenso all'utilizzazione delle prove già acquisite; quindi erano esaminati gli imputati e i testi Fo.Al., Da.Si. e Ma.Ma..

Infine, all'odierna udienza, dato atto del deposito di domanda di condanna del querelante al risarcimento del danno e alla rifusione delle spese sostenute dagli imputati, all'esito della discussione, le parti concludevano come in atti e il Tribunale pronunciava come da dispositivo.

Motivi della decisione
Ritiene il Tribunale di dover pervenire a pronuncia assolutoria relativamente ad entrambi gli imputati.

1. La ricostruzione del fatto.

Il 12 febbraio 2019 (ma la data pare evidentemente errata, poiché anteriore a quella del sinistro) l'avv. Ri.Mo., in nome e per conto di Ma.Or., proprietario e conducente del veicolo Mercedes targato (…), e di Ma.Ma., terzo trasportato, richiedevano il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti a seguito del sinistro occorso il 6 marzo 2019, alle ore 13,15 circa, in Roma, via della (…) n. 65.

Causa esclusiva del sinistro era attribuita alla condotta del conducente del veicolo Fiat Seicento targato (…) che, percorrendo la via della (…) nel medesimo senso di marcia, si spostava verso sinistra, omettendo di azionare l'indicatore di direzione e venendosi a trovare davanti, pressoché perpendicolarmente, all'autovettura di Ma.Or., impossibilitato ad evitare lo scontro; con la successiva missiva del 14 marzo, il legale precisava che aveva assistito al sinistro anche Ma.Ri., anch'egli trasportato sul veicolo Mercedes; era inviata documentazione medica di Pronto Soccorso (Ma.Or.: contusione alla spalla sinistra guaribile in giorni 2; Ma.Ma.: colpo di frusta cervicale e contusione al ginocchio destro guaribili in giorni 2).

Dalla relazione della Polizia Locale di Roma (doc. 1 difesa), sopraggiunta sul posto verso le 14,25, risultava che Ma.Or., presente sul posto e qualificatosi quale conducente della Mercedes, aveva riferito le circostanze del fatto precisando che accusava dolori al braccio sx, che il figlio Ri. sedeva sul sedile anteriore e accusava dolori allo sterno, che l'altro figlio Ma. era seduto sui sedili posteriori e accusava dolori al collo e al ginocchio destro.

Dallo stesso atto risultava altresì che l'I 1 marzo 2019 si era presentata presso il Comando, Di.Or., conducente del veicolo Fiat Seicento coinvolto nell'incidente, e aveva dichiarato spontaneamente che il giorno del fatto "…appena superato il sottovia del G.R.A. inserivo l'indicatore di direzione sinistro per accedere all'area di parcheggio che si trova in prossimità del civico 65 di via della (…). Avevo iniziato la manovra di svolta a sinistra e mi ero fermata per permettere ai veicoli che venivano dal senso di marcia opposto al mio di passare quando venivo urtata sul fianco sinistro da un'autovettura che proveniva dal mio stesso senso di marcia… Vorrei precisare che alla guida del veicolo che mi ha urtato c'era un ragazzo e al suo fianco seduto sul sedile anteriore destro c'era un altro ragazzo giovane. Prima di essere trasportata all'Ospedale ho visto arrivare una persona di mezza età con la barba ma questo non era sull'auto al momento del sinistro".

Ravvisata un'ipotesi di reato per quanto attiene all'individuazione del conducente del veicolo Mercedes il Comando aveva inoltrato alla competente Autorità Giudiziaria una comunicazione di notizia di reato.

La Compagnia aveva liquidato la somma concordata di Euro 2.200 per i danni alla vettura Mercedes (valutata antieconomica la riparazione), gli onorari dell'avv. Mo. ed Euro 300 a Ma.Or. (doc. 23 difesa).

In seguito, il 24 settembre 2020, era pervenuta all'Ufficio Antifrode di Al., dalla Sezione di Polizia Giudiziaria della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Trieste (doc. 6 difesa), comunicazione della pendenza del procedimento penale numero 3841/2020 R.G.N.R. relativo al sinistro in questione, con richiesta di invio della documentazione, compresa quella riguardante il parziale risarcimento dei danni, e notizia delle indagini della Polizia Locale di Roma volte ad accertare l'effettivo conducente del veicolo Mercedes in ipotesi identificabile in soggetto diverso da Ma.Or., "un tanto al fine di adottare le vostre determinazioni in merito alla querela".

Con atto datato 9 ottobre 2020 era quindi sporta querela, preso atto delle dichiarazioni contraddittorie dei soggetti coinvolti nel sinistro, con particolare riferimento alle dichiarazioni spontanee di Di.Or. e alla presenza di un unico soggetto trasportato sul veicolo Mercedes.

La Diamanti ha confermato le circostanze del sinistro, ha sostenuto che, ferita, non era scesa dall'auto prima dell'arrivo dell'ambulanza e che aveva visto solo due ragazzi (giovani), uno più basso scendere dal lato guidatore e uno più alto da quello passeggero ("si, questo pure la mano sul fuoco"); il primo aveva subito chiamato al telefono qualcuno gridando "zio, zio, corri, che abbiamo fatto un macello"; fino a quando era stata portata via dall'ambulanza non era sopraggiunta alcuna persona più anziana che, invece, come poi riferitole, era stata trovata sul posto dal di lei marito accorso poco dopo. Un paio di giorni dopo era andata in un supermercato che si trovava nei pressi e aveva visto il video delle telecamere di sorveglianza che mostrava i due giovani scendere dall'auto; aveva chiesto una "chiavetta" per scaricare il filmato ma in seguito (non si è compreso, per la verità, come e perché) il video non era più risultato visionabile; nell'occorso aveva perso una lente degli occhiali (aveva una peraltro modestia miopia).

La di lei figlia, che era a bordo della Fiat Seicento al momento del sinistro, ha riferito di essere uscita dall'auto e di aver visto solo due ragazzi, uno dei quali al telefono chiamava lo zio; ha confermato la visione del video del supermercato; non aveva detto in prima battuta che non c'erano altre persone oltre ai due ragazzi (come aveva fatto la madre) perché non pensava in quel momento che fosse importante.

Gli imputati hanno riferito che quel giorno avevano accompagnato Ma. a una lezione universitaria in una palestra; Orlando guidava l'auto e, lasciato Ma., erano andati a fare colazione, poi in un ufficio postale per pagare dei bollettini, poi a vedere dei luoghi nei quali Orlando aveva lavorato in passato; a mezzogiorno avevano pranzato e Orlando aveva mandato un messaggio a Ma. per sapere che pizza volesse (cfr. la copia del messaggio sub 4-quinquies della produzione all'udienza del 9 febbraio 2024); avevano infine preso a bordo Ma. alla fine della lezione, alle 13, si erano diretti verso il raccordo anulare per tornare a casa e, sempre alla guida Orlando, c'era poi stato l'incidente.

Orlando ha dichiarato (cfr. anche il verbale di spontanee dichiarazioni acquisito) che, assicuratosi che i figli stavano bene, era sceso dall'auto; proprio in quel frangente aveva ricevuto la telefonata dell'amico Fo. al quale aveva detto che aveva avuto un incidente e che l'avrebbe richiamato (il teste Fo. ha confermato la circostanza, aggiungendo che l'amico era molto agitato); aveva poi chiamato la moglie (Da.Si. ha confermato la circostanza), si era portato tra le due auto, aveva visto la conducente della Seicento che sanguinava alla testa e le aveva chiesto se non lo aveva visto sopraggiungere, replicandogli quella che aveva messo la freccia. Si erano recati nel pomeriggio in ospedale e per le terapie cui si era sottoposto dopo il fatto aveva speso più di 600 Euro.

Ri. ha affermato di essersi rivolto al padre, durante la telefonata al numero di emergenza, per chiedergli in che zona si trovassero, e ha sostenuto che suo padre aveva anche interloquito con la conducente della Seicento che gli aveva anche risposto.

Ma.Ma. ha confermato il racconto degli imputati e, in particolare, il messaggio whatsapp dal telefono del padre relativo alla pizza.

La difesa ha dimesso:

a) documentazione medica a riprova dell'effettività e della compatibilità delle lesioni subite nell'occorso da Ma.Or. e Ma. e delle spese sostenute (docc. 7-22);

b) documentazione relativa alla localizzazione delle utenze in uso ai Ma. e trascrizione del file audio relativo alla chiamata di Ma.Ri. al 112 (docc. 2529).

Il teste Ba., che aveva effettuato le indagini sulla localizzazione delle più utenze tutte intestate a Ma.Or., ha dato al dibattimento atto che quella in uso a Ma.Ri. aveva agganciato cella prossima al luogo dell'incidente dalle ore 13,17 (ora della chiamata al 112) fino alle 14,41, e che quelle dichiarate in loro rispettivo uso al pronto soccorso da Ma.Or. e Ma. risultavano del pari verosimilmente presenti sul luogo dell'incidente.

I files audio trascritti (fo. 392 e ss.) evidenziano una chiamata al numero unico emergenza dall'utenza in uso a Ma.Or., che come tale si identifica con l'operatore; due chiamate, allo stesso numero, dall'utenza in uso a Ma.Ri., che come tale si identifica con l'operatore (nella prima chiamata Ri. così si rivolge a persona che gli è vicina: "ah pà che si passa sotto al raccordo?" ricevendo in risposta un "si");

c) planimetria tratta da Google Maps circa la distanza (minimo 27,6 chilometri, percorribili in auto in 28 minuti) tra il luogo dell'incidente e quello di residenza degli imputati (doc. 30 difesa) e tra il luogo dell'incidente e quello dell'ufficio postale (6,4 chilometri, percorribili in auto in 11 minuti) presso il quale Ma.Or. aveva eseguito una transazione alle 9,10 del 6 marzo 2019 (docc. 31-32 difesa).

2. La valutazione delle prove.

Il dato su cui si sono fondate le accuse elevate nei confronti degli imputati - costituite dalle dichiarazioni della Diamanti e della di lei figlia, ribadite fermamente al dibattimento - ha ricevuto plurime confutazioni dalle dichiarazioni degli imputati e dei testi della difesa nonché dagli elementi documentali versati dalla stessa difesa nel processo.

Ci si riferisce all'identificazione sul posto di Ma.Or. da parte della Polizia Locale poco più di un'ora dopo l'incidente; alle telefonate al numero di emergenza e in particolare a quella citata di Ri. che sembra rivolgersi proprio al padre alle 13,17, due minuti dopo l'incidente; alla positiva localizzazione delle diverse utenze cellulari sul luogo del fatto; alle telefonate ricevute dal Fo. e fatta alla Da. e, per contro, all'assenza di chiamate tra il padre e i figli; alla documentazione medica di lesioni compatibili con l'occorso.

La complessiva versione difensiva ha riscontro anche nel documentato accesso all'ufficio postale e nel citato messaggio whatsapp.

Sul piano logico, poi, rispetto a una presentazione solo successiva di Ma.Or. rileverebbero sia il rischio che costui si sarebbe assunto di essere prontamente smentito dalle persone (non solo la Diamanti e la figlia) presenti sul posto, sia la distanza con la residenza, difficilmente compatibile, tenendo conto anche del traffico, con un tempestivo e utile arrivo sul luogo.

Tutto ciò posto, laddove si volesse ancora ipotizzare una presenza di Ma.Or. solo successiva al sinistro si dovrebbe necessariamente pensare che egli fosse sceso dall'auto ma si trovasse in un luogo prossimo, in condizione quindi di arrivare prontamente, ma si tratta di mera supposizione perché priva di ogni minimo riscontro; oppure, più plausibilmente, di un Ma.Or. che si trovava bensì a bordo dell'auto, ma non alla guida, ceduta a uno dei figli, ma sono proprio le due testi d'accusa ad escludere recisamente una siffatta prospettazione.

La difesa evidenzia poi contraddizioni tra le dichiarazioni delle testi d'accusa, soprattutto in ordine alla ricostruzione dinamica del sinistro, ma i profili evidenziati non paiono rilevanti, tanto più se intesi a ventilare una sorta di preordinata falsità.

E' invece plausibile l'errore (evidentemente radicatosi ab initio, tanto da muovere la Diamanti anche alla ricerca di una prova-video), indotto dal trauma subito da entrambe le testimoni, dalla concitazione del momento, dalla perdita degli occhiali da parte della Diamante; è peraltro lo stesso Ma.Or. a riferire che, subito dopo l'uscita dall'auto, egli si era trovato, senza sapere come, quando aveva ricevuto la telefonata del Fo. e aveva chiamato la moglie, "dietro" l'auto, in sostanza non immediatamente visibile dalle testi nei frangenti più prossimi allo scontro.

Né si comprende - almeno per quanto emerso e dimostrato nel processo - quale "interesse" potessero mai avere le testimoni a far risultare un conducente dell'auto con la quale avevano colliso diverso da quello effettivo.

Per tutte tali ragioni, in presenza di elementi probatori assolutamente contraddittori, gli imputati andranno mandati assolti dai reati loro ascritti perché il fatto non sussiste.

Va altresì respinta la domanda di condanna della parte querelante al risarcimento del danno e al rimborso delle spese processuali dell'udienza preliminare e del dibattimento.

Si è già detto che la querela venne sporta solo immediatamente dopo la, e a causa della, comunicazione della P.G. relativa al procedimento penale pendente, originato dalle dichiarazioni della Diamante e poi sfociato nell'imputazione elevata nei confronti degli imputati e contestata nel presente processo.

Pur se già liquidato il sinistro, la pretesa punitiva non appariva infondata già nel corso delle indagini preliminari, come sostenuto dalla difesa, né la condotta della Compagnia è stata caratterizzata da colpa grave e trascuratezza.

Non integrano tali elementi né la mera plausibilità del nesso causale tra evento e lesioni di cui alla relazione dello specialista incaricato dalla Compagnia (sub 1) della memoria difensiva), né la liquidazione eseguita pur in presenza della comunicazione della notizia di reato da parte della Polizia Locale di Roma (improvvida fu semmai la liquidazione, non la querela - sub 2)); ancor meno rilevanti sono le ulteriori considerazioni (sub 3)-4)) fondate neppure sul contenuto (prudente) della querela ma di quello dell'atto di costituzione di parte civile; infine, anche circa la trascrizione della ridetta telefonata al numero di emergenza di Ma.Ri. (sub 5)), la Polizia Locale di Roma, pur dando atto del riferimento al "pà", ancora nel giugno 2020 riferisce al pubblico ministero di non essere in grado "di fornire esatta e univoca allocazione spazio-temporale del Ma.Or. e pertanto neanche conferma riguardo la sua partecipazione all'evento o ad un suo eventuale intervento sul posto successivamente al sinistro, così come riferito dalle parti coinvolte in maniera contrastante" (doc. 27 difesa).

P.Q.M.
il Tribunale di Trieste, in composizione monocratica visto l'art. 530 c.p.p.

assolve

Ma.Or. e Ma.Ri. dai reati loro rispettivamente ascritti perché il fatto non sussiste.

Visti gli artt. 427, 541 e 542 c.p.p.,

respinge

la domanda di condanna della querelante al risarcimento del danno e dichiara compensate tra le parti le spese del procedimento.

Motivazione riservata in giorni 90 ai sensi dell'art. 544, comma 3 c.p.p..

Così deciso in Trieste il 22 marzo 2024.

Depositata in Cancelleria l'11 giugno 2024.

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