Tribunale Trieste, 18/06/2024, n.775
La presentazione di una richiesta di risarcimento fondata su un falso C.A.I. e relativa a un sinistro stradale mai avvenuto integra il reato di frode assicurativa di cui all’art. 642, co. 2, c.p., laddove sia comprovato il dolo specifico dell’imputato, dedotto dalla falsità degli elementi documentali e dalla contrarietà al vero delle dichiarazioni rese. La sussistenza del reato è confermata anche in presenza di elementi difensivi contraddittori e inverosimili, incapaci di instillare un ragionevole dubbio sulla responsabilità dell’imputato.
Svolgimento del processo
Con decreto del G.u.p., dd. 24/11/2020, veniva disposto il giudizio nei confronti di Pe.Ge. in relazione al reato di cui in rubrica.
In sede di udienza preliminare si era costituita la parte civile (…) S.p.a.
Alla prima udienza dibattimentale, dd. 01/02/2021, assente l'imputata, veniva rigettata un'istanza difensiva di pronuncia ex art. 129 c.p.p, per tardività della querela con provvedimento a verbale a cui si rinvia e venivano ammesse le prove richieste dalle parti. Il 05/07/2021 veniva accolta un'istanza di rinvio del procedimento per legittimo impedimento dell'imputata e del suo difensore.
In data 31/01/2022, revocata la dichiarazione d'assenza dell'imputata, nell'occasione presente, veniva sentito il teste Lgt. CC Pi.Al. e veniva acquisita documentazione; veniva infine disposto l'accompagnamento coattivo dei testi Tu.Fr. e D'A.Gi., regolarmente citati e non comparsi senza giustificazione.
All'udienza del 04/07/2022 venivano sentiti i testi D'A.Gi. e Tu.Fr. e veniva acquisita documentazione.
Il 28/11/2022 la teste L.Ma. non risultava presente non essendo andata a buon fine la sua citazione e il processo veniva rinviato.
In data 03/04/2023 il processo veniva nuovamente rinviato, avendo la teste L.Ma. fatto pervenire giustificazione.
All'udienza del 06/11/2023 veniva sentita ex art. 197 bis c.p.p. L.Ma.. Il 26/02/2024 veniva accolta un'istanza di rinvio per legittimo impedimento del difensore. All'udienza del 22/04/2024 si procedeva all'esame dell'imputata, venivano sentiti i testi della difesa Ca.Lu. e Be.Fr. e veniva acquisita documentazione; stante l'opposizione del P.M. veniva rigettata l'istanza difensiva di acquisizione delle dichiarazioni rese in sede di indagini da Be.Fr.
Il 03/06/2024, rigettata un'istanza difensiva di acquisizione di documentazione medica come da provvedimento a verbale (essendo l'istruttoria già stata chiusa all'udienza precedente ed essendosi le altre parti opposte) e acquisito l'atto la ratifica della querela al fine di verificare la data di proposizione della stessa, si svolgeva la discussione della causa, con le parti che presentavano le loro conclusioni così come indicate in epigrafe. A seguito delle stesse, questo giudice decideva la causa, dando lettura di separato dispositivo.
Motivi della decisione
Alla luce dell'istruttoria svolta, ritiene il Tribunale che debba essere affermata la penale responsabilità dell'imputata Pe.Ge. in ordine al reato di cui in rubrica.
Prima di entrare nel merito deve essere affrontato il tema della tempestività della querela, riproposto dalla difesa in sede di discussione. In particolare, è stato rilevato che la querela, depositata il 31/01/2019, dovrebbe ritenersi tardiva, in quanto l'assicurazione avrebbe avuto conoscenza dei fatti sin da luglio del 2018, quando era già stato sviluppato il report della scatola nera del veicolo della L.Ma., report elaborato il 19/05/2018 (da cui si evince che la stessa non poteva essere rimasta coinvolta nel sinistro di cui alla contestazione, punto su cui si tornerà oltre) nonché la relazione investigativa, datata 23/07/2018, da cui si evince che la stessa L.Ma. aveva disconosciuto il sinistro. La tesi difensiva non può però essere accolta, in quanto, come è noto, il termine per proporre querela decorre non dalla conoscenza di un fatto, ma dalla precisa e certa conoscenza di elementi da cui desumere che sia stato commesso un reato. In particolare, è stato affermato che "il termine per proporre querela comincia a decorrere dal momento in cui il titolare del relativo diritto si sia reso conto di tutte le connotazioni oggettive e soggettive necessarie per l'integrazione del reato. Invero, per notizia del fatto che costituisce reato, indicata dal primo comma dell'art. 124 cod. pen., è da intendere la conoscenza certa che del fatto delittuoso si siano verificati i requisiti costitutivi, in modo che l'offeso abbia avuto nozione di tutti gli elementi necessari per proporre fondatamente istanza di punizione". (Cass., sez. IV, n. 5007/1998); "Il termine per la presentazione della querela decorre dal momento in cui il titolare ha conoscenza certa, sulla base di elementi seri, del fatto-reato nella sua dimensione oggettiva e soggettiva, conoscenza che può essere acquisita in modo completo soltanto se e quando il soggetto passivo abbia contezza dell'autore e possa, quindi, liberamente determinarsi; pertanto, nel caso in cui siano svolti tempestivi accertamenti, indispensabili per la individuazione del soggetto attivo, il termine di cui all'all. 124 cod. pen. decorre, non dal momento in cui la persona offesa viene a conoscenza del fatto oggettivo del reato, né da quello in cui, sulla base di semplici sospetti, indirizza le indagini verso una determinata persona, ma dall'esito di tali indagini." (Cass., sez. V, n. 46485/2014); e proprio in ragione di quanto detto, in tema di responsabilità medica, ad es., è pacifico che "il termine per proporre la querela per il reato di lesioni colpose determinate da colpa medica inizia a decorrere non già dal momento in cui la persona offesa ha avuto consapevolezza della patologia contratta, bensì da quello, eventualmente successivo, in cui la stessa sia venuta a conoscenza della possibilità che sulla menzionata patologia abbiano influito errori diagnostici o terapeutici dei sanitari che l'hanno curata." (Cass., sez. IV, n. 35424/2020). Richiamati tali principi, la scatola nera e il disconoscimento della controparte (nelle dichiarazioni rilasciate all'investigatore la L.Ma. si era in quel momento limitata a disconoscere l'incidente) potevano portare a contestare il sinistro e il risarcimento, ma non necessariamente, in modo certo, all'esistenza di una frode, che si è avuta solo con la querela, sporta dalla L.Ma. datata 17/01/2019, con cui la stessa ha spiegato di essere appunto stata convinta a sottoscrivere un C.a.i. per un sinistro che in realtà non era avvenuto. Alla luce di quanto detto, la querela proposta dall'assicurazione deve quindi certamente ritenersi tempestiva.
Venendo al merito, è documentalmente dimostrato (v. la richiesta di risarcimento e il C.a.i. presenti in atti, acquisiti rispettivamente alle udienze dd. 01/02/2021 e dd. 04/07/2022) che l'imputata Pe.Ge. chiese il risarcimento per il sinistro di cui alla contestazione, allegando un C.a.i. sottoscritto dalla controparte L.Ma.
Le prove assunte hanno però dimostrato che il sinistro in questione non è mai accaduto.
I report della scatola nera del veicolo investitore dimostrano infatti che il mezzo (una Fiat Panda tg. (…), di proprietà di Ca.Lu., all'epoca già deceduta, asseritamente condotta dalla figlia L.Ma.) al momento del sinistro denunciato - che, in base alla richiesta di risarcimento, sarebbe avvenuto l'11/02/2017 alle 19:45 circa a Terzigno, quel giorno era, in realtà, fermo a Saviano già dalle 16:35, per essere riacceso solo il giorno dopo. Non vi è ragione alcuna di dubitare sul corretto funzionamento della scatola nera stessa, non risultando anomalie dello strumento. La difesa ha paventato una possibile alterazione dei risultati dei report della scatola nera, in quanto il primo che era stato prodotto (acquisito all'udienza dd. 01/02/2021) era incompleto, fermandosi alle 16:35 dell'11/02/2017, essendo stato acquisito solo in un momento successivo quello da cui si evince che l'auto si mosse nuovamente solo il 12/02/2017 (documento acquisito all'udienza dd. 04/07/2022). In realtà non vi è prova di alcuna alterazione e quanto rilevato dalla difesa è evidentemente dovuto solo al fatto che in un primo momento era stato chiesto il report solo del giorno oggetto del sinistro (appunto il primo report espressamente riguarda l'11/02/2017 dalle 00:00 alle 24:00), venendone chiesto uno più completo solo successivamente.
Peraltro, i risultati del report della scatola nera sono ampiamente riscontrati dalla L.Ma. che, sentita ex art. 197 bis c.p.p., in quanto già condannata con sentenza irrevocabile per il concorso nel reato di cui si discute in questa sede (sentenza irrevocabile acquisita il 04/07/2022), ha disconosciuto il sinistro, spiegando di aver sottoscritto il C.a.i. relativo allo stesso dopo che un uomo si era presentato a casa di lei e, con la promessa di un regalo, peraltro alla fine mai ricevuto dalla donna, l'aveva appunto convinta a firmare il documento anche se il sinistro non vi era stato. La donna si risolse poi a sporgere querela per il fatto in questione, raccontando quello che era realmente accaduto, dopo che aveva ricevuto la citazione nella causa civile relativa alla richiesta di risarcimento da parte della Pe.
La L.Ma. non avrebbe avuto ragione alcuna di mentire sull'accaduto, anzi le sue dichiarazioni l'hanno portata a subire una condanna irrevocabile per il concorso nel reato di cui alla contestazione.
Inoltre, le dichiarazioni della donna sono pienamente riscontrate anche da quanto riferito dal marito di lei, Tu.Fr., che ha appunto raccontato di come un uomo si era presentato a casa loro e aveva convinto la L.Ma. a sottoscrivere un C.a.i. falso con la promessa di un regalo.
Dunque, in considerazione dei convergenti elementi di cui si è detto - risultati dei report della scatola nera e disconoscimento della controparte, che a seguito dello stesso ha subito una condanna in sede penale - che si riscontrano pienamente a vicenda, emerge in maniera evidente, oltre ogni ragionevole dubbio, che il sinistro denunciato dalla Pe.Ge. e per cui la stessa ha chiesto il risarcimento non si è mai verificato, almeno non con il coinvolgimento dell'autovettura indicata: sussistono, dunque, tutti gli elementi costitutivi della fattispecie di cui all'art. 642, co. 2, c.p.
Il fatto è certamente attribuibile alla Penìa, avendo la stessa presentato la richiesta per conseguire il risarcimento.
II dolo dell'imputata si deduce dall'assoluta contrarietà al vero di quanto rappresentato nella richiesta di risarcimento quanto al co involgi mento dell'autovettura indicata come responsabile del sinistro nonché nell'allegato falso C.a.i. sul punto.
L'imputata, per escludere la propria responsabilità dal punto di vista soggettivo, ha esposto la seguente versione. Il giorno del fatto sarebbe stata investita da un mezzo che non avrebbe visto; portata in un bar sarebbe rimasta lì per un po' di tempo, in cui perdeva e riprendeva conoscenza; nessuno avrebbe chiamato le forze dell'ordine, né il 118 e qualcuno, probabilmente un medico, presente sul posto avrebbe consigliato di trasportare la persona in ospedale appunto senza chiamare un'ambulanza. La Pe.Ge. sul punto ha poi precisato che non si sa se l'uomo era un medico, ma era una cosa che le persone presenti avevano immaginato. Solo qualche giorno dopo il fatto la Pe.Ge. aveva ricevuto dal cugino Ca.Lu. un bigliettino con scritta la targa del mezzo investitore, indicato come una Fiat, probabilmente una Panda, da parte di una persona che era presente sul luogo. La Pe.Ge., che svolge la professione di avvocato, aveva fatto sviluppare la targa da un suo consulente di fiducia, Be.Fr., che le aveva quindi qualche tempo dopo riportato il C.a.i. sottoscritto dalla L.Ma.
La Pe.Ge. riteneva pertanto che fosse tutto a posto, rendendosi conto che vi era evidentemente stato un errore nel prendere la targa del veicolo investitore solo quando nella causa civile per il risarcimento aveva scoperto del report della scatola nera e del disconoscimento della L.Ma.
Chiamato il Be.Fr. per chiedergli chiarimenti, questo le disse solo in quel momento che il C.a.i. sottoscritto lo aveva ricevuto tramite un terzo che si era recato dalla L.Ma.
Ca.Lu. ha riferito di essere stato presente all'incidente e di aver ricevuto un biglietto con la targa e il modello del mezzo investitore da una persona presente sul posto. È però da notare che il Ca.Lu. non ha parlato di nessun medico o presunto tale, ma ha riferito che era stata una propria iniziativa portare la cugina in ospedale senza chiamare un'ambulanza: le versioni del teste della difesa e dell'imputata dunque si contraddicono e quella della Pe.Ge. era già di per sé inverosimile, apparendo davvero strano che un medico, o presunto tale, consigli di spostare una persona che ha delle perdite di conoscenza dopo essere stata investita piuttosto che chiamare il 118.
Inoltre il Ca.Lu. ha reso una versione poco credibile nella parte in cui ha riferito che il biglietto con la targa gli era stato dato da una persona che evidentemente lo conosceva e che anche lui conosce di vista essendo del paese, ma di cui non sa il nome; ebbene, tale racconto è inverosimile quanto meno nella parte in cui il Ca.Lu., almeno successivamente, se fosse stata vera la sua versione, avrebbe potuto facilmente risalire alle generalità della persona che gli aveva fornito la targa (secondo la sua versione conosciuta di vista e del paese), se non altro in vista del processo.
Be.Fr., consulente, ha anche lui cercato di fornire una versione coerente con quella della Pe.Ge. ma per farlo ha dovuto raccontare una storia obiettivamente non credibile. Ricevuto l'incarico e sviluppata la targa aveva scoperto che l'auto investitrice era in uso alla L.Ma., che faceva parte di una famiglia pericolosa - si noti che la L.Ma. prima di questa vicenda era del tutto incensurata, come si evince dalla sentenza a suo carico per il concorso nel reato di cui si discute in questa sede; e sottoscrivere prima un C.a.i. falso per poi sporgere querela raccontando della falsità del sinistro, così finendo per subire una condanna penale, non pare la condotta di un callido criminale - per avvicinarla si era affidato a una persona del posto. Questa persona del posto, tale Bonaiuto, gli aveva quindi detto che la L.Ma. era disposta ad assumersi la responsabilità del sinistro e a sottoscrivere il C.a.i. ma in cambio di qualcosa; il Be.Fr. ritenne che tale frase fosse solo uno stratagemma dell'intermediario per ricevere qualcosa in più per la sua prestazione e l'uomo gli portò poi il C.a.i. firmato dalla L.Ma.
Il Be.Fr. non disse niente di questa storia alla Pe.Ge. se non dopo che questa gli aveva detto dei problemi che erano emersi nella causa civile con i report della scatola nera e il disconoscimento del sinistro. Ora, a parte le perplessità sulla L.Ma. indicata come persona pericolosa, su cui si è già detto, la versione del Be.Fr. è obiettivamente non credibile, in quanto, chiestigli chiarimenti su questo intermediario, il teste non ne ha saputo indicarne con precisione nemmeno il nome, dicendo che si chiamava o Pa. o Pi., ha riferito che è sparito dalla circolazione dopo essersi ammalato e ha detto di non averne un recapito o numero di telefono, dicendo che lo aveva incontrato nella zona e che poi l'uomo si era presentato autonomamente nel suo studio. Non si può però non notare come appaia davvero illogico e inverosimile che un investigatore incarichi un terzo per una cosa così delicata non solo senza saperne il nome, ma anche senza averne un numero di telefono se non altro per comunicare con lui, dovendo attendere che questi si presenti autonomamente presso il suo studio per conoscere l'esito di quanto chiestogli.
Oltre agli elementi che portano a ritenere inattendibili le versioni dell'imputata e dei testi della difesa già sopra evidenziati, per affermare la veridicità della versione da loro sostenuta bisognerebbe ritenere che, contemporaneamente, si siano verificati accidentalmente i plurimi seguenti avvenimenti:
- la Pe.Ge. sia stata investita da un'automobile di targa e modello evidentemente molto simili proprio a quello in uso alla L.Ma. (non sarebbe altrimenti possibile il paventato errore nel prendere la targa) e la stessa L.Ma. si sarebbe poi convinta - per un'iniziativa del tutto estranea all'unica persona che aveva da guadagnare dalla richiesta di risarcimento, cioè la Pe.Ge. stessa e nessun altro - ad assumersi la responsabilità di un sinistro in cui in realtà non c'entrava nulla;
- siano rimasti privi di nome certo e comunque sostanzialmente irrintracciabili non solo uno, ma ben due soggetti, gli unici che potevano dare riscontro diretto alla versione difensiva, cioè chi aveva preso la targa del mezzo investitore e l'intermediario tra il Be.Fr. e la L.Ma.
Sull'inverosimiglianza di come i due siano rimasti privi di nome si è già detto. Concludendo, per tutte le ragioni esposte, si deve quindi rilevare che la versione sostenuta dall'imputata e dai testi della difesa appare non solo contrassegnata da contraddizioni (ad es. sulla presenza di un medico o presunto tale sul luogo del sinistro) ed elementi del tutto inverosimili (come in relazione all'assenza di nome certo e recapiti quanto all'intermediario con la L.Ma. individuato dal Be.Fr.), ma richiederebbe anche il verificarsi, contemporaneamente, di una combinazione di circostanze che appaiono di per sé già del tutto anomale.
La ricostruzione sostenuta dagli elementi della difesa non può pertanto dirsi idonea a instillare un dubbio che possa dirsi ragionevole, ex art. 533 c.p.p.
Né, va detto per completezza, la versione difensiva può in qualche modo dirsi riscontrata dalla documentazione medica relativa alla Pe.Ge., che prova le lesioni subite dall'imputata, ma non le collega in alcun modo a un sinistro stradale.
Concludendo: la Pe.Ge. nella richiesta di risarcimento ha indicato un veicolo che non poteva in realtà essere rimasto coinvolto nel sinistro e ha allegato un C.a.i. disconosciuto dalla controparte; e la falsità di tali elementi introdotti dalla Pe.Ge. non ha trovato una spiegazione che possa dirsi ragionevole, il che porta a ribadire, come anticipato sopra, la sussistenza del dolo del reato in capo all'imputata.
Inoltre, per le medesime ragioni sopra esposte, le deposizioni dei testi Ca.Lu. e Be.Fr. appaiono non solo inidonee a smentire i dati oggettivi acquisiti, ma anche essere state consapevolmente false; pertanto, visto l'art. 207. co. 2, c.p.p., deve essere disposta la trasmissione degli atti al P.M. in sede per le sue eventuali determinazioni in ordine alle loro testimonianze.
Passando al trattamento sanzionatorio da applicare nei confronti dell'imputata, le attenuanti generiche non possono essere riconosciute, non essendo emersi elementi positivi sulla base dei quali sarebbe possibile fondarle.
Venendo quindi alla pena cui condannare la Pe.Ge., tenuto conto dei parametri tutti di cui all'art. 133 c.p., considerato che ci si trova di fronte a una frode articolata, presentata producendo un falso C.a.i. sottoscritto dalla controparte al chiaro fine di ottenere più facilmente un risarcimento in realtà non dovuto, si stima congruo determinare la stessa in anni uno, mesi sei di reclusione.
All'accertamento della responsabilità penale segue ex lege la condanna al pagamento delle spese processuali.
Letti i parametri di cui all'art. 133 cit., espressa una prognosi di recidiva favorevole nei confronti dell'imputata, finora incensurata, può essere a lei concesso il benefìcio della sospensione condizionale della pena. Inoltre, trattandosi di prima condanna contenuta nei limiti di pena di cui all'art. 175 c.p., può essere accordato anche il benefìcio della non menzione nel certificato del casellario giudiziale spedito a richiesta di privati.
Venendo al risarcimento chiesto dalla parte civile costituita (…) S.p.a., si deve rilevare che la condotta posta in essere dall'imputata ha certamente cagionato dei danni per l'assicurazione, in particolare in relazione alle spese di istruttoria e di gestione a seguito della presentazione di falsa denuncia di sinistro, che, per il tipo di attività svolta, possono essere liquidate equitativamente in Euro 3.000,00.
Ai sensi dell'art. 541 c.p.p., in assenza di giusti motivi di totale o parziale compensazione, l'imputata deve inoltre essere condannato alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile, che vengono liquidate come da dispositivo, alla luce del numero delle udienze e della complessità delle questioni di fatto e di diritto trattate.
Non pare necessario subordinare la sospensione condizionale della pena accordata alla Pe.Ge. all'adempimento delle obbligazioni civili, trattandosi della prima concessione del beneficio in questione.
Stante la complessità delle questioni di fatto e di diritto trattate si stima congruo indicare, ex art. 544, co. 3, c.p.p. il termine di giorni quarantacinque per il deposito della motivazione della sentenza.
P.Q.M.
Il Tribunale di Trieste, Sezione Penale, visti gli artt. 533, 535 c.p.p.,
DICHIARA
Pe.Ge. colpevole del reato a lei ascritto e la
CONDANNA
alla pena di anni uno, mesi sei di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali; visti gli artt. 163, co. 1, 175, co. 1, c.p. e 533, co. 3, c.p.p.,
ORDINA
che l'esecuzione della pena suddetta rimanga sospesa per il termine e sotto le comminatorie di legge e che non sia fatta menzione della presente condanna nel certificato del casellario giudiziale;
visti gli artt. 538 e ss. c.p.p.,
CONDANNA
l'imputata al risarcimento dei danni in favore della costituita parte civile (…) S.p.a., che liquida in complessivi Euro 3.000,00, nonché al rimborso delle spese processuali sostenute dalla parte civile, che liquida in complessivi Euro 4.500,00, oltre I.V.A., C.P.A e accessori come per legge;
visto l'art. 207, co. 2, c.p.p.,
DISPONE
la trasmissione degli atti al P.M. in sede per le sue eventuali determinazioni in ordine alle deposizioni dei testi Ca.Lu. e Be.Fr. Vincenzo. Motivazione riservata in giorni 45 ex art. 544, co. 3, c.p.p.
Così deciso in Trieste il 3 giugno 2024.
Depositato in Cancelleria il 18 giugno 2024.