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Furto in abitazione e attenuante del danno tenue: riduzione di pena e benefici concessi

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Corte appello Lecce, 23/07/2024, n.797

L'appropriazione di beni custoditi in pertinenze di un'abitazione integra il reato di furto in abitazione ai sensi dell'art. 624 bis c.p., anche se il valore dei beni è modesto. Tuttavia, in ragione del danno patrimoniale di lieve entità, può essere riconosciuta l'attenuante della particolare tenuità del danno (art. 62, n. 4 c.p.), con riduzione della pena e concessione di benefici in presenza di elementi favorevoli all'imputato.

Furto aggravato: configurazione del reato e applicazione delle attenuanti (Giudice Gemma Sicoli)

Furto aggravato di energia elettrica: manomissione del contatore e consumazione prolungata (Giudice Giusi Piscitelli)

Furto: configurabilità del dolo specifico e rilevanza dell'aggravante per mezzo fraudolento (Giudice Gemma Sicoli)

Furto con strappo e rapina: distinzione basata sulla direzione della violenza

Furto aggravato: violenza sulle cose e pubblica fede, esclusione dell'aggravante per furto ai danni di viaggiatori

Furto con strappo e distinzione dalla rapina: criteri per la configurazione del reato ex art. 624 bis c.p. (Giudice Francesco Saverio Martucci di Scarfizzi)

Furto aggravato: destrezza e pubblica fede nella sottrazione di beni esposti al pubblico (Giudice Raffaella de Majo)

La distinzione tra il reato di furto con strappo e quello di rapina risiede nella direzione della violenza esercitata

Furto con destrezza: distinzione dallo strappo e improcedibilità per mancanza di querela valida (Giudice Martino Aurigemma)

Furto di sabbia demaniale: esclusione del reato in assenza di impossessamento e profitto

La sentenza integrale

Svolgimento del processo
Con sentenza in data 24.5.2022, il Tribunale di Lecce dichiarava Ca.An. colpevole del reato di cui all'art. 624 bis c.p., così riqualificato il fatto contestato e, riconosciute le circostanze attenuanti generiche, lo condannava alla pena di anni due mesi otto di reclusione ed euro 618,00 di multa, nonché al pagamento delle spese processuali. Con atto tempestivamente depositato, Ca.An., a mezzo del difensore, proponeva appello avverso la suindicata sentenza, censurando la pronuncia sulla base dei motivi che saranno sinteticamente esposti di seguito.

All'udienza del 26.4.2024, esaurita la discussione, le parti concludevano come in epigrafe

Motivi della decisione
1. Con il primo motivo di appello si chiede l'assoluzione dell'imputato, previa riqualificazione del fatto nella fattispecie di cui all'abrogato art. 647 c.p. Si contesta la riqualificazione in peius operata dal primo giudice. Contrariamente a quanto affermato in sentenza, l'appellante non si introduceva "in taluni fondi confinanti con la sua proprietà", atteso che dalle dichiarazioni delle persone offese emerge come i beni si trovassero tutti nel medesimo vico comune alle abitazioni dei denuncianti e dell'imputato, spazio pubblico, accessibile a chiunque, poiché privo di qualunque delimitazione, recinzione o divieto di accesso. Tale luogo non potrebbe definirsi come privata dimora. Militerebbero, invece, in favore della riconducibilità del fatto nell'alveo dell'art. 647 c.p. una serie di circostanze: le dichiarazioni di Ma.Gi. ("Anzi, mi accorgevo che vi erano altri oggetti di cui non mi ero accorto…"), poiché egli non era in grado di specificare quanti e quali beni fossero stati asportati dalla proprietà comune. Si citano alcuni dei beni asportati (carriola con tacche di ruggine, scopa di plastica mancante di un dente nella parte centrale, falcione di ferro con saldatura nella parte centrale) onde evidenziare che non solo essi sono di modico valore, ma anche danneggiati e, pertanto, da considerarsi abbandonati. Mancherebbe, inoltre, la prova dell'elemento soggettivo richiesto dalla norma contestata: il 22.7.2020, infatti, l'appellante riceveva la visita dei vicini, comproprietari del vico, facendoli accedere senza ritrosia alcuna nel proprio terreno, malgrado vi fossero disseminati i beni smarriti.

2. Con il secondo motivo di appello si chiede la rideterminazione della pena, in misura tale da consentire la concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena, previo riconoscimento dell'attenuante di cui all'art. 62 n. 4 c.p. Si rimarca il modesto valore dei beni oggetto di furto e la lieve entità del danno arrecato.

3. Con motivi nuovi depositati ai sensi dell'art. 585, comma 4 c.p.p., si osserva che l'imputato non si è introdotto nelle pertinenze delle private dimore delle persone offese, che erano residenti e domiciliate in altri immobili rispetto a quelli situati in Vico (…), sicché difetterebbe la necessaria stabilità del rapporto tra luogo e persona. I luoghi non sarebbero sussumibili nel concetto di privata dimora, non essendo emerso che vi si svolgessero manifestazioni della vita privata delle persone offese, né che esse avessero utilizzato particolari accorgimenti per impedire l'accessibilità agli stessi: infatti si parla di "… sottoscala al quale si accede direttamente dalla strada e che era privo di porta di ingresso" (denuncia di Fr.Gi.); "… pollaio privo di infissi o altre forme di recinzione" (denuncia di Ma.Gi.) o "… di una tenda di alluminio posta a riparo dalla porta di ingresso e di una pianta di yucca" davanti all'abitazione di Ca.Gi. (il quale risiede in provincia dì Milano). In secondo luogo, sì sottolinea che l'imputato non era coscientemente orientato ad impossessarsi di beni altrui, considerando che i beni potevano apparirgli abbandonati. Per recuperarli non ha fatto accesso ad un luogo privato, ma li ha solo visti. Pertanto, al più sarebbe configurabile il reato di cui agli artt. 624 e 625, n. 7 c.p. (furto aggravato dall'esposizione alla pubblica fede), non procedibile stante la remissione di querela da parte del Ma. e del Fr., contestualmente allegata e depositata in atti, mentre in riferimento a Ca.Gi. si appalesa un difetto di legittimazione attiva, posto che la querela è stata sporta dalla sorella, non danneggiata dal reato. Da ultimo si evidenzia che la stessa notizia di reato induceva il Pm a presentare richiesta al GIP dì emissione di decreto penale di condanna, relativa ad un'ipotesi lieve di ricettazione, che ha dato origine al procedimento penale n. 5698/20 R.G.N.R., pendente dinanzi al Tribunale di Lecce. Si osserva che lo stesso fatto ha originato tre diversi capi dì imputazione per furto aggravato, furto in abitazione e ricettazione lieve. Si ribadisce, dunque, la richiesta di assoluzione dell'imputato, previa riqualificazione del fatto nella fattispecie di cui all'abrogato art. 647 c.p. o, quantomeno nella contestazione iniziale di furto aggravato. Si ribadisce anche la richiesta di rideterminare la pena, previo riconoscimento dell'attenuante ex art. 62, n. 4 c.p.

1. Il primo motivo di appello, inerente a una diversa riqualificazione del fatto contestato all'appellante, è infondato. Si addebita a Ca.An. il furto di una serie di oggetti in danno di Ma.Gi., Fr.Gi. e Ca.Gi.. La vicenda trae origine dalle denunce sporte dalle predette persone offese (per Ca.Gi. la sorella Ad.) in data 22 luglio 2022, poiché constatavano l'essenza di determinati beni dalle proprie abitazioni, che insistevano tutte su via (…) in Cerfignano di Santa Cesarea Terme. Condividendo tra di essi la notizia di tali sparizioni, anche al fine di reperire informazioni utili, decidevano di interpellare un loro vicino, Ca.An., accedendo nel fondo agricolo di sua proprietà, ove si avvedevano della presenza dei beni trafugati. Ma.Gi. riconosceva una carriola in ferro di colore grigio, una scopa da giardino di colore nero con manico in legno, una scopa in plastica di colore giallo con manico in legno per la raccolta delle olive, un falcione in ferro con manico in ferro, un secchio in plastica nero da muratore con manico in ferro, una corda lunga circa 13 metri di colore arancione per uso nautico, una pianta "cicas" interrata in vaso in plastica di colore marrone alta circa 60 cm, un rastrello da giardino in ferro con manico in legno. Fr.Gi. rinveniva la propria pala in plastica di colore rosso con manico in legno, tipo spalaneve. Ca.Ad. individuava i beni sottratti al fratello: una tenda in alluminio con maglie metalliche in alluminio e una pianta "yucca" da giardino con vaso in pvc di colore marrone alta circa 1,80 m. In sede di denuncia, le vittime specificavano lo stato dei luoghi ove si era verificato lo spossessamelo. In particolare, Ma.Gi. era stato privato di beni depositati in "un vecchio pollaio adibito a legnaia che si trova nel giardino pertinente l'abitazione sita in Via (…) di Cerfignano di Santa Cesarea Terme della quale sono anche comproprietario. Al pollaio in argomento sì accede direttamente dalla pubblica via dopo aver attraversato un piccolo passaggio comune. Il pollaio è privo di infissi o altre forme di recinzione". Fr.Gi. precisava: "Premetto di essere proprietario di una abitazione sita in via (…) di Cerfignano di Santa Cesarea Terme. Pertinente alla suddetta abitazione si trova un sottoscala da me utilizzato a mò di deposito. Circa quindici giorni addietro recandomi in detto posto mi avvedevo che ignoti si erano impossessati di una pala da neve di colore rosso, di una pompa sommersa di marca Makita e di un tubo per innaffiare di circa 10 metri, il tutto depositato nel sottoscala al quale si accede direttamente dalla strada e che era privo di porta di ingresso". Ca.Ad. riferiva: "Premetto di prendermi cura di una abitazione di mio fratello, Ca.Gi…. a partire dallo scorso mese sono stati asportati alcuni oggetti. In particolare, si trattava di una tenda in alluminio posta al riparo della porta di ingresso e di una pianta di yucca presente davanti all'ingresso".

2. Ciò premesso in fatto, l'appellante sostiene trattarsi di beni abbandonati, come tali appropriabili da chiunque (sebbene tale condotta, secondo l'appellante, sarebbe sussumibile nella fattispecie depenalizzata di cui all'art. 647 c.p.). Secondo la giurisprudenza costante della Suprema Corte, in tema di reati contro il patrimonio, affinché una cosa possa considerarsi abbandonata dal proprietario è necessario che, per le condizioni o per il luogo in cui essa si trovi, risulti chiaramente la volontà dell'avente diritto di disfarsene definitivamente (Cass., sez. 4, 17.12.2020, n. 3910/21, De.Iv.: in applicazione di tale principio la Corte ha ritenuto immune da censure la decisione con cui il giudice di merito, condannando gli imputati per il reato di furto aggravato, aveva escluso che costituissero "res derelicta", ovvero cosa abbandonata con l'intenzione di disfarsene, quattro condotti ondulati in acciaio, del valore complessivo di euro cinquantamila, ordinatamente collocati su un terreno privato, non recintato e ben tenuto). Che il Ma. abbia dichiarato di non essersi inizialmente avveduto che gli erano stati sottratti, oltre alla carriola, al rastrello e al falcione, anche la corda, il secchio, la pianta e la scopa non significa che si tratti di beni abbandonati. Del resto, lo stesso Ma. precisava che tutti i beni sottratti, ad eccezione della pianta, erano custoditi nel pollaio, il che consente di escludere che si trattasse di beni abbandonati, conformemente al principio di diritto enunciato dalla Suprema Corte. Lo stesso deve dirsi per i beni del Fr., che erano tutti collocati nel sottoscala, che la stessa persona offesa ha riferito utilizzare come deposito. Ed è appena il caso di evidenziare che non può certo considerarsi abbandonata la tenda in alluminio posta sulla porta di ingresso dell'abitazione di Ca.Gi., né la pianta collocata proprio davanti all'ingresso.

3, Con specifico riferimento ai luoghi presso i quali venivano asportati i beni oggetto di refurtiva, va rilevato che, secondo la formulazione letterale della norma incriminatrice, integra il reato di furto in abitazione la sottrazione di cosa mobile "mediante introduzione in un edificio o in altro luogo destinato in tutto o in parte a privata dimora o nelle pertinenze di essa".

La Suprema Corte ha affermato che, in tema di furto in abitazione, deve intendersi "pertinenza di luogo destinato a privata dimora" ogni bene idoneo ad arrecare una diretta utilità economica all'immobile principale o, comunque, funzionalmente ad esso asservito e destinato al suo servizio od ornamento in modo durevole, non necessitando un rapporto di contiguità fisica tra i beni (Cass., sez. 4, 5.12.2023, n. 50105, Sa.Ma.: fattispecie in cui la Corte ha riconosciuto natura pertinenziale a un garage, al servizio dell'abitazione principale, seppur ubicato in un diverso complesso condominiale, nell'ambito del medesimo territorio comunale).

Si è affermato che integra il reato previsto dall'art. 624-bis cod. pen. la condotta di chi si impossessa di una bicicletta introducendosi nell'androne di un edificio destinato ad abitazioni, in quanto detto luogo costituisce pertinenza di privata dimora (Cass., sez. 5, 31.10.2018, n. 1278/19, Si.Lu.). In motivazione si legge: "Ai fini della sussistenza del vincolo pertinenziale tra bene principale e bene accessorio è necessaria la presenza del requisito soggettivo dell'appartenenza di entrambi al medesimo soggetto, nonché del requisito oggettivo della contiguità, anche solo di servizio, tra i due beni, ai fini del quale è necessario che il bene accessorio arrechi una "utilità" al bene principale, come appunto nella fattispecie dell'edificio condominiale, ove l'androne assolve appunto a tale funzione ed è strumentale e complementare alle abitazioni dello stabile condominiale".

La Corte regolatrice ha anche avuto modo di statuire che integra il reato previsto dall'art. 624 bis cod. pen. la condotta di chi, introducendosi nel cortile di un edificio, si impossessa di pluviali in rame scardinandoli dai supporti infissi nel muro esterno dell'abitazione, trattandosi di beni pertinenziali posti a servizio di una privata dimora (Cass., sez. 5, 9.10.2020, n. 36017, Le.Gi.).

Ora, nemmeno l'appellante dubita che il luogo principale sia una privata dimora, perché si trattava, in ognuno dei casi scrutinati, delle abitazioni delle persone offese. Ciò posto, i luoghi in cui i beni sono stati sottratti sono chiaramente da considerarsi pertinenze. Nessun dubbio sorge in riferimento al furto commesso in danno di Ca.Gi., essendo stati direttamente trafugati dall'abitazione la tenda in all'alluminio posta al riparo della porta d'ingresso e la pianta che ivi insisteva, da considerarsi beni pertinenziali. Parimenti, in relazione ai furti avvenuti in danno di Ma.Gi. e Fr.Gi., nel primo caso la condotta ha riguardato beni custoditi in un pollaio e nel secondo in un vano sottoscala, entrambi pertinenze di abitazione principale e utilizzati dai proprietari come deposito.

Né rileva che la persona offesa Ca.Gi. risiedesse altrove. Le Sezioni Unite Prisco, sul punto richiamate dalle Sezioni Unite D'Amico (Cass., S U., 23.3.2017, n. 31345), hanno chiarito, in relazione al requisito della stabilità, che non vi è dubbio che "il concetto di domicilio individui un rapporto tra la persona ed un luogo, generalmente chiuso, in cui si svolge la vita privata, in modo anche da sottrarre chi lo occupa alle ingerenze esterne e da garantirgli quindi la riservatezza. Ma il rapporto tra la persona ed il luogo deve essere tale da giustificare la tutela di questo anche quando la persona é assente. In altre parole la vita personale che vi si svolge, anche se per un periodo di tempo limitato, fa si che il domicilio diventi un luogo che esclude violazioni intrusive, indipendentemente dalla presenza della persona che ne ha la titolarità, perché il luogo rimane connotato dalla personalità del titolare, sia questo o meno presente" (Cass., S U., 28.3.2006, n. 26795, Prisco).

Nemmeno può dubitarsi della sussistenza dell'elemento soggettivo sol perché il Ca. consentiva alle persone offese l'accesso alla sua proprietà, il che, secondo la difesa, dimostrerebbe che egli era convinto di aver appreso res derelictae. Ma si è visto sopra come appaia del tutto implausibile che si possano ritenere abbandonati beni custoditi in un pollaio, ovvero in un sottoscala, fino a giungere alla grottesca ipotesi che l'imputato ritenesse abbandonata la tenda apposta alla porta di ingresso di un'abitazione. 4. Può essere riconosciuta la circostanza attenuante di cui all'art. 62 n. 4 c.p., in ragione del valore modesto degli oggetti rubati. Per l'effetto, la pena di anni due mesi otto di reclusione ed euro 618,00 di multa, con le già riconosciute circostanze attenuanti generiche (così ridotta la pena base di anni quattro di reclusione ed euro 927,00 di multa, corrispondente al minimo edittale), deve ulteriormente essere ridotta di un terzo, ad anni uno mesi nove giorni dieci di reclusione ed euro 412,00 di multa.

5. Può concedersi il beneficio della sospensione condizionale della pena, essendo possibile formulare una prognosi positiva in ordine alla circostanza che l'imputato, incensurato, si asterrà in futuro dal commettere ulteriori reati ed è possibile, per le medesime ragioni, concedere anche il beneficio della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale.

Per il resto la sentenza impugnata merita conferma.

Il numero di procedimenti definiti nella medesima udienza ha reso opportuno indicare il termine di giorni novanta per il deposito della motivazione

P.Q.M.
LA CORTE

Letto l'art. 605 c p.p., in riforma della sentenza del Tribunale di Lecce in data 24.5.2022, appellata da Ca.An., riconosciuta la circostanza attenuante di cui all'art. 62, n. 4 c.p., riduce la pena allo stesso inflitta ad anni uno mesi nove giorni dieci di reclusione ed euro 412,00 di multa.

Concede al Ca. i benefici della sospensione condizionale della pena e della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale.

Conferma nel resto l'impugnata sentenza.

Termine di giorni novanta per il deposito della motivazione.

Così deciso in Lecce il 26 aprile 2024.

Depositata in Cancelleria il 23 luglio 2024.

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