Tribunale Trieste, 12/06/2024, n.319
La diagnosi di un disturbo di personalità con episodi psicotici reattivi può integrare il vizio parziale di mente ex art. 89 c.p., riducendo la capacità di intendere e volere, qualora si dimostri che tale condizione ha inciso significativamente sul comportamento deviante dell'imputato. Tuttavia, la concessione di benefici come la sospensione condizionale della pena o la non menzione richiede una prognosi positiva sulla futura condotta, preclusa in caso di precedenti specifici e vulnerabilità psichica non trattabile efficacemente.
Svolgimento del processo
Con decreto di citazione diretta emesso il 06/09/2023, il cittadino ungherese SZ.Ga. veniva tratto a giudizio avanti all'intestato Tribunale per rispondere dei reati di furto in abitazione e falsa dichiarazione sulla propria identità, come meglio descritto in rubrica.
Alla prima udienza del 17/11/2023, celebrata alla presenza dell'imputato sottoposto per questa causa alla misura cautelare della custodia in carcere, il Tribunale, su concorde richiesta delle parti, disponeva perizia psichiatrica volta ad accertare la capacità dello SZ. di partecipare coscientemente al processo e la sua capacità di intendere e volere al momento dei fatti contestati. Alla successiva udienza del 01/12/2023 il Tribunale conferiva l'incarico di perito al dott. Ma.ST. e contestualmente prorogava i termini di custodia cautelare per il periodo di tempo assegnato al perito (60 giorni) per l'espletamento dell'incarico.
All'udienza dell'08/03/2024 si procedeva all'esame nel contradditorio delle parti del perito, il quale concludeva per la capacità processuale dell'imputato. Il difensore, alla presenza dell'imputato, chiedeva definirsi il processo con rito abbreviato e quest'ultimo rendeva spontanee dichiarazioni, terminate le quali, le parti discutevano la causa concludendo come riportato in epigrafe e il Tribunale pronunciava sentenza come da dispositivo, che veniva confermato alla successiva udienza del 19/04/2024 fissata ai sensi dell'art. 545-bis c.p.p.
Motivi della decisione
Deve essere pronunciata sentenza di condanna nei confronti dell'imputato in ordine ad entrambi i delitti a lui ascritti in rubrica.
1. Fatto
Come si evince dalle due annotazioni di polizia giudiziaria in atti (aff. 11-12) e dal verbale di fermo (aff. 9). il 02/08/2023 alcuni cittadini avevano attirato l'attenzione di una pattuglia della Polizia Locale in ordinario servizio di perlustrazione del territorio per segnale la presenza di un uomo particolarmente molesto seduto su un divano esterno dell'esercizio pubblico (…), all'intersezione con via (…). Recatisi sul posto, gli agenti erano stati accolti dall'uomo, che non parlava la lingua italiana, con un atteggiamento marcatamente ostile ed aggressivo, circostanza che gli aveva indotti a procedere alla sua identificazione in caserma. Nel corso delle suddette operazioni di identificazione lo straniero, svuotando le tasche, aveva mostrato agli agenti le chiavi elettroniche di un autoveicolo marca "AUDI" ed alcune banconote, ma era risultato sprovvisto di qualsivoglia documento.
Sopraggiunto un agente della Polizia Locale a conoscenza della lingua ungherese, l'uomo aveva declinato le generalità di Ja.SP., nato a (…), (dichiarazione scritta delle proprie generalità aff. 27). Da successivi accertamenti di carattere dattiloscopico tali generalità erano però risultate false, trattandosi in realtà di Ga.SZ., nato in Ungheria il (…), soggetto gravato da recentissimi pregiudizi penali per i reati di danneggiamento, commesso il 16/07/2023, e rapina impropria, commessa il 25/07/2023 (accertamenti fotodattiloscopici aff. 32 e ss.: certificato dei carichi pendenti aff. B: sentenza di applicazione pena n. 1469 emessa dal Tribunale di Trieste in data 17/07/2023 all'esito del giudizio direttissimo per il delitto di rapina impropria).
Considerata la mancata giustificazione del loro possesso da parte dell'imputato, la Polizia Locale aveva proceduto a compiere degli approfondimenti investigativi sulle chiavi elettroniche del veicolo "AUDI", le quali risultavano essere state registrate dalla locale concessionaria a nome di Ba.RO. (…), proprietaria di un'AUDI (…), Contattata telefonicamente, la RO. aveva riferito alla Polizia di essere stata vittima la sera precedente di un furto nella propria abitazione compiuto da un estraneo colto in flagranza.
Convocata in caserma, la donna aveva precisato di vivere insieme al marito, Mi.JO., in una abitazione disposta su tre piani sita a Trieste in via dell'Ospitale n. 4; intorno alle ore 23:15 del primo agosto il JO. era sceso dalla camera posta al terzo piano, dove aveva passato la serata a guardare un film con la moglie, e, giunto nel salotto sito al piano terra, aveva trovato uno sconosciuto seduto sul proprio divano nell'atto di sorseggiare una bibita appena prelevata dal frigo; l'intruso, che si era anche fatto una doccia e che rivendicava di essere il legittimo proprietario dell'immobile (dicendo in inglese: "Questa è casa mia! Ho pagato per questa casa!"), era quindi stato cacciato via dall'abitazione prima dell'arrivo della polizia (verbale di ricezione di denuncia/querela aff. 18). Il tutto è stato ripreso dalle telecamere di videosorveglianza, dalle quali emergeva come l'uomo si fosse impossessato, indossandoli, di alcuni capi di abbigliamento del JO. (una giacca in pelle di colore nero, una vestaglia di colore blu, dei pantaloni di colore arancione).
Successivamente, la persona offesa aveva constatato la sparizione delle chiavi della propria autovettura, delle banconote contenute nel proprio portafoglio (per una somma compresa tra 100 e 200 c), di un paio di pantofole blu e di un orologio sportivo marca (…).
La Polizia Locale aveva quindi acquisito il filmato della videosorveglianza riconoscendo con certezza l'intruso nell'odierno imputato (verbale d ricognizione aff. 28). il quale, peraltro, al momento del controllo, oltre ad essere in possesso delle chiavi dell'autovettura della RO. e di denaro contante indossava ancora l'orologio, le pantofole, i pantaloni e la giacca in pelle sottratti al JO. (documentazione fotografica aff. 25-26).
Con spontanee dichiarazioni rese nel corso del giudizio abbreviato l'imputato he candidamente ammesso la sua introduzione nell'abitazione dei coniugi RO.-JO. nonché il prelievo di alcuni beni della coppia ivi detenuti.
2. Valutazione della prova, qualificazione giuridica, imputabilità.
Così ricostruita la vicenda oggetto del giudizio appare pienamente raggiunta la prova a carico dell'imputato in ordine alla commissione di entrambi i fatti contestati in rubrica e correttamente qualificati ai sensi degli artt. 624-bis e 495 c.p.
Tuttavia, la stranezza del comportamento tenuto dallo SZ. ha imposto un approfondimento tecnico di carattere medico-psichiatrico volto ad accertare la capacità di intendere e di volere dell'imputato in relazione ai fatti contestati. Il perito, dott. Ma.ST., esaminati gli atti relativi ai tre reati commessi dall'imputato nel luglio-agosto 2023 (oltre a quelli oggetto di contestazione in questa sede anche un episodio di danneggiamento e una rapina impropria) e compiuto un esame diretto del periziando mediante un colloquio effettuato con l'ausilio di un interprete, pur nella mancanza di disponibilità di una documentazione medico-psichiatrica pregressa (l'imputato era già state ricoverato in Ungheria per problemi psichiatrici), ha diagnosticato in capo alle SZ. "un disordine della regolazione affettiva, con possibile espressività psicotica, attivato da life stress events" (come l'abbandono della fidanzata, la morte della madre, la perdita del lavoro) in rapporto di causa-effetto con le condotte devianti e inquadrabile come "disturbo di personalità con prevalente tratti disforico/disadattivi e con recidivanti brevi episodi psicotici reattivi". Tale condizione psicopatologica era "di intensità e gravità tale da - parzialmente -sovvertire il suo esame di realtà e le sue capacità di controllo del personale comportamento, essendo altresì accompagnata da coeva ideazione di espansive autoriferimento", di talché la capacità di intendere e di volere al momento dei fatti era da ritenersi gravemente scemata.
Alla luce dell'approfondimento peritale, che supera abbondantemente il vaglio di attendibilità estrinseca riservato al giudice, deve essere riconosciuto il vizio parziale di mente ai sensi e con gli effetti previsti dall'art. 89 c.p. A beneficio dell'imputato possono altresì essere riconosciute le circostanze attenuanti generiche in ragione delle particolari caratteristiche del fatto indicative di una scarsa capacità offensiva rispetto al patrimonio delle persone offese.
3. Trattamento sanzionatorio
Valutati i criteri stabiliti dall'art. 133 c.p. appare pena congrua quella pari ad anni 1, mesi 2 giorni 20 di reclusione ed Euro 300,00 di multa, così determinata:
- pena base per il delitto di furto in abitazione: anni 4 di reclusione ed Euro 900,00 di multa;
- pena diminuita per il vizio parziale di mente: anni 2 mesi 8 di reclusione ed Euro 600,00 di multa;
- pena diminuita per le circostanze attenuanti generiche: anni per mesi 9 giorni 10 ed Euro 400,00 di multa;
- pena aumentata per la continuazione con il delitto di cui all'art. 495 c.p.: anni 1 mesi 10 di reclusione ed Euro 450,00 di multa;
- pena diminuita per il rito abbreviato: anni 1 mesi 2 giorni 20 di reclusione ed Euro 300,00 di multa.
Pur valutato dal perito come persona non socialmente pericolosa ove debitamente assistito e trattato (in carcere lo SZ. ha raggiunto una condizione di compenso psichico), tuttavia all'imputato non possono essere concessi i benefìci della sospensione condizionale della pena e della non menzione nel certificato del casellario giudiziale, dal momento che non è formulabile una prognosi positiva in ordine alla futura astensione da ulteriori reati, tenuto conto dei precedenti specifici in Italia e in Ungheria, della ricaduta nel reato nonostante un precedente arresto in flagranza per rapina impropria, della sua vulnerabilità psichica e dell'assenza di radicamento sociale e affettivo in Italia, tanto che, se rimesso in libertà - a detta dello stesso dott. ST. - riprenderebbe le proprie condotte antisociali (cfr. deposizione dibattimentale del perito).
L'assenza di un domicilio in Italia e di una rete familiare e sociale di assistenza rendono impraticabile una proficua sostituzione della pena della reclusione con la detenzione domiciliare sostitutiva.
Alla condanna consegue ai sensi dell'art. 535 c.p.p. il pagamento delle spese processuali.
Data la natura della vicenda processuale e il carico del ruolo risulta termine congruo per la redazione della motivazione quello pari a giorni 60.
P.Q.M.
il Tribunale di Trieste, in composizione monocratica, visti gli artt. 442, 533 e 535 c.p.p.,
dichiara
SZ.Ga. colpevole dei reati a lui ascritti in rubrica e, riconosciuti il vizio parziale di mente e le circostanze attenuanti generiche, applicata la disciplina del reato continuato, tenuto conto della diminuente per il rito, lo condanna alla pena di anni 1 mesi 2 giorni 20 di reclusione ed Euro 300,00 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali e di mantenimento durante la custodia cautelare in carcere.
Visto l'art. 544, co. 3, c.p.p.,
indica il termine di giorni 60 per il deposito della motivazione.
Visto l'art. 304, co. 1, lett. c bis), c.p.p.,
dispone
la sospensione del termine di custodia cautelare durante la pendenza del termine previsto dall'art. 544 co. 3 c.p.p.
Così deciso in Trieste l'8 marzo e il 19 aprile 2024.
Depositato in Cancelleria il 12 giugno 2024.