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Furto di energia elettrica e attenuante del risarcimento integrale: applicazione e condanna con pena sospesa

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Tribunale Cassino, 18/07/2024, n.971

La sottrazione di energia elettrica mediante manomissione di un contatore integra il reato di furto aggravato ai sensi dell'art. 625 c.p., anche quando non è provata la diretta esecuzione materiale della manomissione, ma emergono indizi gravi e concordanti sulla consapevole fruizione dell'energia sottratta da parte dell'intestatario dell'utenza. È concedibile l'attenuante ex art. 62, n. 6 c.p. qualora l'imputato abbia integralmente risarcito il danno prima del dibattimento.

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La sentenza integrale

Svolgimento del processo
Con decreto di citazione diretta a giudizio, emesso in data 22.07.2019, l'imputato, Ba.Ed., veniva chiamato a rispondere, all'udienza del giorno 25.03.2020, del reato a lui ascritto ed indicato nell'epigrafe del presente provvedimento. In tale udienza, veniva disposto un rinvio in ossequio alle disposizioni legislative e regolamentari sul contenimento della diffusione della pandemia da Covid 19.

All'udienza del 12.10.2020, il Tribunale, dopo l'attestazione di presenza dell'imputato, in assenza di eccezioni o richieste preliminari, dichiarava aperto il dibattimento e invitava le parti a formulare le loro richieste istruttorie, ammesse con apposita ordinanza in quanto legittime, non manifestamente superflue o irrilevanti e la difesa contestualmente effettuava una produzione documentale che il Tribunale acquisiva.

All'udienza 31.03.2021 veniva disposto un rinvio dell'udienza stante l'adesione della difesa all'astensione dalla attività giudiziaria proclamata dalla Giunta dell'Unione Camere Penali Italiane.

All'udienza del 13.04.2022, dopo la rinnovazione degli adempimenti preliminari in ragione della mutata composizione dell'organo giudicante, veniva escusso il teste Ve.Cl. Il P.M. e la Difesa effettuavano produzione documentale ed il Tribunale ne disponeva l'acquisizione; all'esito, il Tribunale, su istanza del P.M., disponeva la citazione, ai sensi dell'art. 507 c.p.p., del responsabile presso l'En. di Frosinone, ciò apparendo assolutamente indispensabile ai fini del decidere.

All'udienza del 30.11.2022, il Tribunale disponeva un rinvio dell'udienza stante il legittimo impedimento della difesa.

All'udienza del 03.05.2023, la difesa rilevava l'intervenuta procedibilità a querela del reato oggetto del presente procedimento e chiedeva l'emissione di una sentenza ai sensi dell'art. 129 c.p.p. stante la mancanza di detta condizione di procedibilità. Il P.M. rilevava che l'aggravante di cui all'art. 625 n. 7 era correttamente contestata in rubrica, procedeva comunque a precisare che la stessa dovesse intendersi nel senso di aver commesso il fatto su cose destinate ai pubblico servizio e/o pubblica utilità. Il Tribunale disponeva la notifica del verbale contenente l'integrazione del capo di imputazione all'imputato, procedendo ad escutere, con il consenso delle parti, il teste Ch.Mi. All'esito, la difesa produceva documentazione ed il Tribunale, nulla opponendo le altre parti, ne disponeva l'acquisizione.

All'udienza del 29,11.2023 il Tribunale procedeva all'esame dell'imputato; all'esito, la difesa effettuava produzione documentale che il Tribunale acquisiva. Infine, il Tribunale si riservava in ordine alla richiesta della difesa si procedere ad un nuovo esame del teste Ve..

All'udienza del 22.05.2024, celebratasi per la prima volta innanzi allo scrivente Magistrato, il Tribunale, dopo la rinnovazione degli adempimenti preliminari in ragione della mutata composizione dell'organo giudicante, a scioglimento della riserva assunta all'udienza precedente, rilevava la completezza dell'istruttoria dibattimentale e rigettava, dunque, la richiesta di escussione ai sensi dell'art. 507 c.p.p. del teste Ve.; non residuando ulteriori adempimenti istruttori, dichiarava chiusa l'istruttoria dibattimentale, utilizzabili gli atti confluiti nel fascicolo del dibattimento ed invitava le parti a rassegnare le proprie conclusioni.

Il Giudice si riservava all'esito dell'udienza e, al termine della camera di consiglio, dava lettura del dispositivo della presente sentenza.

Motivi della decisione
Ritiene questo Giudice che, alla luce degli atti acquisiti al fascicolo del dibattimento e delle dichiarazioni rese dai testi escussi nel corso dell'istruttoria, vada pronunciata sentenza di condanna nei confronti dell'imputato Ba.Ed. in ordine al reato a lui ascritto.

Giova sul punto evidenziare che gli elementi a carico dell'imputato sono essenzialmente costituiti dalle dichiarazioni rese dai testi escussi, dalle prove documentali in atti, e, segnatamente, i verbali di verifica redatti dal tecnico verificatore nonché il fascicolo fotografico prodotto dal P.M.

Completano il quadro probatorio le dichiarazioni rese dall'imputato in sede di esame nel corso dell'istruttoria.

Ciò premesso, sulla base delle fonti di prova utilizzabili la vicenda per cui vi è processo può essere così ricostruita.

Il teste Ve.Cl., verificatore En. sulla cui attendibilità non vi è motivo di dubitare, in ragione del narrato chiaro e preciso offerto, riscontrato dalla documentazione in atti - dichiarava di aver eseguito, in data 6.3.2019, un accertamento sul contatore a servizio di un distributore di autolavaggio, intestato alla società Ba. S.r.l., il cui amministratore era Ba.Ed., odierno imputato, e la cui utenza era allo stesso intestata, come da relativo verbale di accertamento sottoscritto.

A questo indirizzo, gli operanti rilevavano la presenza del Ba., in atti generalizzato, e del di lui padre. Una volta avuto accesso al contatore, posizionato all'ingresso del distributore sulla proprietà dell'odierno imputato, come emerge dalla documentazione fotografica in atti, gli operanti accertavano la manomissione del contatore, consistita nell'esecuzione di un foro sulla calotta esterna dello stesso, occultato con lo stucco, tale da provocare l'interruzione del circuito interno.

Il dichiarante, in particolare, riferiva che, dalla verifica eseguita sul contatore, si evinceva una differenza, nella misura del 30%, tra la quantità di energia che veniva registrata e rilevata dal contatore con quella che effettivamente vi transitava, come attestato nel relativo verbale acquisito in atti.

A domanda della difesa, il teste precisava che il foro, sebbene coperto dallo stucco, era ben visibile; dichiarava di non ricordarsi se il contatore in questione fosse o meno facilmente apribile o se fosse aperto al momento del controllo, limitandosi a riconoscere il contatore come quello di cui alla documentazione fotografica prodotta.

Le dichiarazioni dei teste, oltre ad essere pienamente confermate dal verbale di verifica n. (…) redatto in data 6.3.2019, utilizzabile in quanto atto irripetibile, dal quale possono desumersi identicamente i dati enucleati nella deposizione del teste Ve., sono state riscontrate altresì dal narrato del teste Ch.

Questi, in qualità di dipendente di Di., UT di Frosinone nella qualità di capo unità del settore verifiche, sulla cui attendibilità non vi è motivo di dubitare, in ragione del narrato chiaro e preciso, confortato dai dati documentali e dell'assenza di ogni rapporto di conoscenza pregressa con l'imputato, confermava che gli accertatori verificavano, mediante l'apposizione di un contatore campione sul contatore oggetto di verifica, una riduzione di passaggio di energia, nei periodo dal 1,11.2017 al 5.3.2019, nella misura del 36% pari a 71 mila 684 kilowatt per un valore stimato di 18 mila euro, considerando circa 0,25 per kilowatt.

A domanda della difesa, il teste precisava che il verificatore, Ve.Cl., eseguiva gli accertamenti in loco, i quali, poi, venivano trasmessi al dichiarante che provvedeva a ricostruire l'energia effettivamente transitata ma non registrata dal contatore e quindi, in definitiva, non fatturata a carico dell'utente nonché intestatario del contatore, odierno imputato.

Sulla scorta di queste risultanze i tecnici dell'En. deducevano che l'imputato, in quanto intestatario dell'utenza a servizio della quale era posto il contatore, avesse illecitamente sottratto energia elettrica, manomettendo il contatore allo scopo di evitare che lo stesso conteggiasse tutta l'energia elettrica consumata.

Ebbene, a fronte di tali elementi emersi nel corso dell'istruttoria, le dichiarazioni rese dall'imputato sottopostosi ad esame non costituiscono una valida alternativa della versione fatti in contestazione, non essendo il suo narrato sorretto da validi elementi di riscontro (avendo trovato, al contrario, elementi di smentita nella restante istruttoria dibattimentale).

L'imputato, invero, nel corso del suo esame, rendeva dichiarazioni in gran parte tese a negare ogni addebito, sostenendo che trattavasi di un contatore ad aita tensione, ubicato vicino alla carreggiata stradale e per tale ragione accessibile a chiunque, per la cui manomissione occorreva staccare l'energia elettrica dalla cabina centrale.

Ebbene, tali ultime dichiarazioni dell'imputato, oltre a porsi in contrasto con le restanti risultanze dibattimentali, non possono dirsi adeguatamente riscontrate dalle prove in atti, non potendo infatti desumersi dalle foto prodotte dalla difesa - raffiguranti il contatore con lo sportello aperto -, la circostanza che il contatore fosse da chiunque accessibile, atteso che, come confermato proprio dal fascicolo fotografico, l'apertura dello sportellino richiedeva l'utilizzo di una chiave, presumibilmente nella disponibilità dell'intestatario; in ogni caso, non può ragionevolmente escludersi che lo sportellino del contatore fosse stato aperto proprio dall'imputato, il quale aveva la disponibilità dei luoghi ove lo stesso era collocato.

Smentita dalla restante istruttoria dibattimentale risulta altresì la circostanza riferita dall'imputato secondo cui la manomissione del contatore presupponeva il distacco dell'energia elettrica dalla cabina centrale, atteso che, come chiarito dai testi escussi, il danneggiamento del circuito interno del contatore avveniva mediante l'apertura di un piccolo foro sulla calotta esterna dello stesso.

Neppure la documentazione prodotta dalla difesa relativa alle fatture emesse dal distributore di energia nei confronti dell'imputato è riuscita a scalfire l'assunto accusatorio, stante la notevole differenza sussistente tra gli importi fatturati nel periodo di cui al capo di imputazione (cfr. fatture fino al mese di marzo 2019), in presenza della asserita manomissione del contatore pari a circa 1.500 euro, e quelli, invece, pari a circa 3.000 euro, fatturati nel periodo immediatamente successivo (cfr. fatture dal mese di aprile del 2019); circostanza, questa, che al contrario, finisce per dimostrare la diretta utilità tratta dalla commissione del reato dall'imputato, Ba.Ed., effettivo intestatario nonché beneficiario, nell'attività da lui condotta, della fornitura in questione.

Tali circostanze rappresentano, ad avviso dì questo giudicante, indici presuntivi gravi, precisi e concordanti che consentono di attribuire a Ba.Ed. la condotta criminosa a lui attribuita, in punto di fatto non contestata dalla stessa difesa, che, nel produrre documentazione attestante l'intervenuto pagamento ritenuto satisfattorio dalla persona offesa, dell'ammontare dell'energia fruita e non pagata, ha sostanzialmente confermato anche il riconoscimento da parte dell'imputato della propria responsabilità in ordine al fatto contestato.

Sulla scorta, dunque, degli elementi acquisiti ritiene questo Giudice che si sia raggiunta la prova certa della sussistenza del delitto ascritto a Ba.Ed. e della riferibilità della condotta criminosa di cui si discute all'imputato.

Sul punto occorre precisare che l'imputato è chiamato a rispondere del reato in rubrica ascrittogli in qualità di gestore dell'esercizio commerciale rifornito con la fornitura elettrica abusivamente sottratta e tale dato è provato dalle dichiarazioni dei testi escussi nonché dalla documentazione acquisita.

Sotto il profilo della qualificazione giuridica del fatto, dei reati ascritti sussistono infatti tutti gli elementi costitutivi oggettivi e soggettivi.

Sussiste l'elemento materiale, ossia l'impossessamento del bene energia sottratto alla società legittima detentrice. Non vi è dubbio poi che della fattispecie contestata venga in rilievo l'ipotesi consumata, in considerazione del fatto che nel caso in esame non solo la cosa altrui era stata rimossa dal luogo in cui si trovava (cd amotio), ma era anche stata trasferita al di fuori della sfera di custodia del soggetto passivo (cd ablativo), essendo entrata nel possesso dell'imputato, che con essa alimentava di energia l'attività da lui condotta.

A tal riguardo, giova precisare che sebbene dagli atti non vi sia la prova inequivoca del fatto che l'imputato abbia eseguito il foro sul contatore, può però affermarsi, con tranquillizzante certezza, che Ba. utilizzava la risorsa abusivamente veicolata all'interno dell'esercizio commerciale, per la quale non pagava la rispettiva e corrispondente somma di denaro, circostanza quest'ultima che porta fondatamente a ritenere che fosse pienamente consapevole dell'esistenza di una fraudolenta sottrazione di energia elettrica, circostanza confermata dal fatto che, a seguito degli accertamenti eseguiti dall'En., e, quindi, del rispristino del contatore, l'importo indicato dalle bollette della elettricità si è quasi raddoppiato rispetto all'importo pagato dal Ba. in costanza del "mal funzionamento" del contatore.

Infine, lo svolgimento concreto dei fatti dimostra la sussistenza dell'elemento doloso in capo al Ba., non potendosi dubitare, alla luce del materiale istruttorio acquisito, della consapevolezza e della volontà della condotta posta in essere, perpetrata al fine di trarre dall'impossessamento del bene un profitto vietato dalla legge.

Parimenti sussiste la contestata aggravante di cui all'art. 625 co. 2 c.p., venendo in rilievo una sottrazione di energia elettrica mediante manomissione del contatore.

Il dato emerge pacificamente dai verbali di verifica, dove è dimostrata la violenza sulle cose realizzata dall'imputato con fa manomissione del misuratore En. e la fraudolenta appropriazione dell'energia elettrica, mediante apertura di un foro sulla calotta esterna dello stesso.

Come è noto, infatti, la Suprema Corte ha fornito una definizione ampia di violenza sulle cose, intesa come qualsiasi energia fisica apportata alla cosa o alle sue protezioni idonea ad alterarne aspetto o funzione, concetto in cui pacificamente rientra anche la forzatura della portiera dell'autovettura nonché del vano contenente i fusibili, "In tema di furto, l'aggravante della violenza, integrante la circostanza di cui all'art. 625, n. 2), cod. pen., si realizza tutte le volte in cui il soggetto, per commettere il fatto, manomette l'opera dell'uomo posta a difesa o a tutela del suo patrimonio in modo che, per riportarla ad assolvere la sua originaria funzione, sia necessaria un'attività di ripristino, cosicché essa non è configuratile ove l'energia spiegata la cosa, mediante la sua forzatura, non determina una manomissione ma si risolve in una semplice manipolazione che non implichi alcuna rottura, guasto, danneggiamento, trasformazione o mutamento di destinazione, per cui sia necessaria un'attività di ripristino. (Fattispecie in cui la Corte ha annullato la sentenza di appello che aveva riconosciuto l'aggravante in un caso di effrazione di un nastro di nylon che impediva l'accesso ad un locale, senza però verificare se esso fosse stato strappato o semplicemente sollevato)" - (Cass. Pen., V Sez., 29.11.2019 n. 11720; Cfr. Cass. Pen., Sez. II, 6.03.1991, n. 3320, secondo cui "la sottrazione abusiva di energia elettrica mediante manomissione del contatore, sia che faccia registrare un consumo minore di quello effettuato e sia che risulti evitata qualsiasi registrazione dal numeratore, integra compiutamente gli estremi del delitto di furto aggravato dall'uso della violenza sulle cose").

Quanto alla contestazione dell'aggravante della destinazione al pubblico servizio di cui all'art, 625 n. 7 c.p., questo Giudice non ignora che, secondo l'orientamento più recente della giurisprudenza di legittimità, la stessa presentì una componente valutativa, poiché impone una verifica di ordine giuridico sulla natura della res, sulla sua specifica destinazione (v. in motivazione Sez. 5, n. 26511 del 13/04/2021, Sc.) e sul concetto di "pubblico servizio" (concetto giuridicamente distinto da quello di servizio dì pubblica necessità) che costituisce, non già una qualità intrinseca e manifesta correlata al bene del quale sì tratta (energia elettrica), immediatamente risultante dal mero riferimento ad essa (anche se arricchita dalla specificazione di un allaccio diretto alla rete), ma il frutto di un'interpretazione implicante valutazioni di carattere giuridico (Cfr. Cass. Pen., Sez. V, 13.04.2021, n. 26511; Cfr. Cass. Pen., Sez. V, 30.1.2024, n. 3741; Cfr. Cass. Pen., Sez. V, 28.05.2024, n, 23918).

Ne consegue che, in applicazione dei principi espressi dalle SSUU della Suprema Corte con sentenza del 18.04.2019, n. 24906, una compiuta contestazione richiede che la valutazione accusatoria, nel senso della ritenuta destinazione della cosa a pubblico servizio, sia resa esplicita, non necessariamente in modo letteralmente corrispondente alla formula normativa ("con la circostanza aggravante del fatto commesso su cosa destinata a pubblico servizio"), ma quantomeno con l'espressa qualificazione del bene come destinato a pubblico servizio ovvero con l'adozione di formulazioni testuali che descrivano in termini equivalenti detta destinazione.

Ciò posto, e anche ove si aderisse a tale ultimo orientamento, nel caso di specie, il capo di imputazione originariamente ascritto consente dì ritenere correttamente contestata l'aggravante, giacché, oltre ad essere preciso nell'indicazione della specifica norma di legge che lo prevede, (art. 624,625, n. 2, 7 c.p.) sì è fatto mero riferimento alla condotta di impossessamento "di una quantità di energia elettrica, sottraendola alla società En. S.P.A."; bene, come noto, da ritenersi funzionalmente destinato al pubblico servizio (cfr. Cass. pen. Sez. IV, 07 - 18.01.2016 n. 1850, secondo cui "è configurabile l'aggravante di cui all'art. 625, n. 7 c.p., in caso di sottrazione di energia elettrica mediante allacciamento abusivo e diretto alla rete esterna, indipendentemente dal fatto che tale condotta abbia arrecato effettivo nocumento alla fornitura di energia di altri utenti").

Tuttavia, risulta concedibile in favore dell'imputato l'attenuante del risarcimento integrale del danno di cui all'art. 62 comma 6 c.p., avendo l'imputato, prima dell'apertura del dibattimento, nel rispetto del piano di rateizzazione n. (…) richiesto il 18.11,2019, versato in favore della persona offesa l'importo complessivo di euro 17.173,20, come da documentazione acquisita in atti; (Cfr. Cass. Pen. Sez. II, 13,11.2019, n. 51192 secondo cui "ai fini della configurabilità della circostanza attenuante di cui all'art. 62, comma primo, n. 6, cod. pen., il risarcimento del danno deve essere integrale, ossia comprensivo della totale riparazione di ogni effetto dannoso, e la valutazione in ordine alla corrispondenza fra transazione e danno spetta al giudice, che può anche disattendere, con adeguata motivazione, ogni dichiarazione satisfattiva resa dalla parte lesa" (In motivazione la Corte ha evidenziato che l'attenuante, di natura soggettiva, trovando la sua causa giustificatrice non tanto nel soddisfacimento degli interessi economici della persona offesa quanto nel rilievo che il risarcimento dei danno prima del giudizio rappresenta una prova tangibile dell'avvenuto ravvedimento del reo e, quindi, della sua minore pericolosità sociale, deve essere totale ed effettivo, non potendo ad esso supplire un ristoro soltanto parziale).

Lo stato dì sostanziale incensuratezza del Ba., dal cui casellario emerge un solo precedente, per giunta risalente nel tempo, nonché la condotta di riparazione del danno causato, inducono questo Giudice a riconoscere in favore dell'imputato le circostanze attenuanti generiche, da ritenersi equivalenti sulle contestate aggravanti.

Non deve, invece, tenersi conto della continuazione contestata, trattandosi con tutta evidenza di fatto unitario.

Tenuto conto di tutti i criteri indicati dall'art. 133 c.p., ed in particolare delle rudimentali modalità dell'azione, dell'entità del danno cagionato alla persona offesa, e della scarsa capacità a delinquere dell'imputato, ritiene questo Giudice di condannare l'imputato, alla pena finale di mesi sei di reclusione ed euro 200,00 di multa, individuata considerando i limiti (minimi) edittali di cui al primo comma dell'art. 624 c.p. in ragione del prefato giudizio di equivalenza.

Segue per legge, la condanna al pagamento delle spese processuali.

Non appaiono sussistere elementi ostativi dì ordine formale o sostanziale - al riconoscimento all'imputato dei benefici della sospensione condizionale della pena di cui agli artt. 163 ss c.p.

Ai sensi dell'art. 544, comma 3, c.p.p., tenuto conto del carico che grava sull'ufficio giudiziario, appare opportuno riservare il termine di giorni sessanta per il deposito delle motivazioni della presente sentenza.

P.Q.M.
Letti gli artt. 533, 535 c.p.p. dichiara l'imputato, Ba.Ed., responsabile del reato a lui ascritto, e per l'effetto, ritenuta l'unicità del fatto, riconosciuta la circostanza di cui all'art. 62 n. 6 c.p. e le circostanze attenuanti generiche con giudizio di equivalenza sulle contestate aggravanti, lo condanna alla pena di mesi sei di reclusione ed euro 200 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali.

Letti gli artt. 163 ss. c.p. ordina che la pena irrogata all'imputato, Ba.Ed., rimanga sospesa per un termine di cinque anni.

Letto l'art. 544 comma 3 c.p.p. indica in giorni sessanta il termine per il deposito della motivazione della presente sentenza.

Cosi deciso in Cassino 22 maggio 2024.

Depositata in Cancelleria il 18 luglio 2024.

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