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Reato continuato e criteri per l’esclusione della recidiva

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Corte appello Bari sez. I, 03/08/2024, n.3210

In tema di reato continuato, il riconoscimento della continuazione tra reati richiede una valutazione complessiva che consideri elementi quali la contiguità spazio-temporale, l'omogeneità delle condotte e il bene giuridico protetto, nonché la sistematicità delle azioni, purché esse risultino espressione di un unico disegno criminoso. La recidiva può essere esclusa in assenza di una specifica motivazione che evidenzi la pericolosità dell'imputato.

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La sentenza integrale

Svolgimento del processo
Con sentenza n. 2303/2023 emessa in data 11.05.2023 (e depositata in cancelleria in data 26.5.23) la Corte d'Appello di Bari III sez. penale, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Bari in composizione monocratica confermava la pena di mesi 6 di reclusione ed Euro 300,00 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali, con riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche equivalenti alla contestata aggravante.

Avverso la predetta sentenza proponeva ricorso per Cassazione il difensore dell'imputato, a mezzo del suo difensore Avv. Mi.Sa.

Con il primo motivo, la difesa denunciava l'inosservanza dell'art. 606 lett. b in relazione all'art. 597 comma 3 c.p.p. in ordine al divieto di reformatio in peius. A sostegno della richiesta, evidenziava che nel dispositivo della sentenza di primo grado, ed altresì nella motivazione, non vi era alcun riferimento alla recidiva, poiché il giudice di prime cure si era limitato a riconoscere il giudizio di equivalenza tra le circostanze attenuanti generiche e le contestate aggravanti. Di fatti, con l'atto di appello si censurava la sussistenza delle aggravanti di cui all'art. 625 n. 2 e 7 c.p., senza nulla eccepire riguardo alla recidiva.

Tuttavia, il giudice di secondo grado, pur accogliendo l'appello nella misura in cui riteneva non sussistenti le contestate aggravanti di cui all'art. 625 n 2 e n. 7 c.p. confermava il giudizio di equivalenza tra le attenuanti generiche e la recidiva, poiché, secondo la Corte, "la recidiva risulta considerata dal Giudice di prime cure nella comparazione di equivalenza tra circostanze" (punto 2.3 della sentenza).

Secondo la difesa, però, la Corte non avrebbe dovuto riconoscere tale aggravante soggettiva, la quale implica un obbligo argomentativo sulla accresciuta pericolosità dell'imputato, che non emergeva però né dal dispositivo della sentenza di primo grado né dalla motivazione.

La Corte di Cassazione riteneva fondato l'unico motivo di ricorso eccepito da GU.Gu., sottolineando che la sentenza di secondo grado non aveva tenuto conto che la circostanza aggravante della recidiva non era stata considerata nella motivazione del giudice di primo grado, in assenza di una specifica e puntuale valutazione in concreto al fine di evidenziare se la reiterazione dell'illecito fosse sintomo effettivo di riprovevolezza della condotta e/o di pericolosità del suo autore.

La Suprema Corte, dunque, annullava la sentenza impugnata nei confronti di GU.Gu., con rinvio ad altra sezione della Corte d'Appello di Bari in ordine alla ridetemi inazione del trattamento sanzionatone, dal quale andava esclusa la valenza dell'aggravante soggettiva, dichiarando il passaggio in giudicato della sentenza impugnata nella parte in cui si affermava la penale responsabilità del ricorrente, in ordine alla quale l'imputato non aveva proposto ricorso.

All'odierna udienza del 10.07.2024, in assenza di richiesta di discussione orale sia del Pubblico Ministero che delle parti private ed in assenza di richiesta di partecipazione dell'imputato nel termine perentorio di 15 giorni liberi prima dell'udienza, per la decisione sull'appello proposto contro la sentenza di primo grado la Corte procedeva in camera di consiglio non partecipata a norma degli artt. 23 co. 9 e 23 bis 1, n. 176/2020.

Raccolte le conclusioni rassegnate dal Procuratore generale in epigrafe indicate e, preso atto che con nota del 2/7/2024 l'avv. Mi.Sa. avanzava richiesta di applicazione del reato continuato con la sentenza del n,8 de! 2018 del Gup del Tribunale di Traili, (parzialmente riformata dalla Corte di Appello di Bari con sentenza n. 2199/2018 irrevocabile il 5.3.2019), trasmessa in pari data alla Procura Generale la Corte si riuniva in camera di consiglio e procedeva alta decisione come da dispositivo depositato in pari data.

Motivi della decisione
A seguito dell'annullamento con rinvio della sentenza emessa della Corte di Appello in diversa composizione, la Suprema Corte ha rimesso a questa Corte la decisione limitatamente alla sola rideterminazione del trattamento sanzionatorio da infliggere al GU. con esclusione dell'aggravante della recidiva.

Ciò posto questa Corte non può che escludere, dal computo della pena, l'aggravante contestata (recidiva, reiterata, specifica, infraquinquennale) e procedere alla sua rideterminazione applicando le già concesse attenuanti generiche.

Va poi altresì valutata la richiesta di continuazione esterna avanzata dalla difesa che ha allegato la sentenza n.8 del 2018 del G.U.P. del Tribunale di Trani. (riformata dalla Corte di Appello dì Bari con sentenza n.2199/2018. irrevocabile il 5.3.2019).

La richiesta va accolta atteso che deve ritenersi oltre che ammissibile anche in questa sede (vd. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 25900 del 24/06/2008; n.4921/200), anche fondata nel merito.

In linea generale la giurisprudenza richiede, ai fini del riconoscimento del vincolo della continuazione, l'effettuazione di una approfondita verifica finalizzata alla scoperta di "indicatori" quali l'omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità spazio temporale, le singole causali, la sistematicità e le abitudini programmate di vita; e tuttavia, appare determinante accertare se, al momento del primo reato, i successivi fossero stati programmati almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente la mera valorizzazione dei suddetti "indici rivelatori":

"In tema di reato continuato, tra gl'indici rivelatori dell'identità del disegno criminoso non possono noti essere apprezzati la distanza cronologica ira i fatti, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita, la tipologia dei reati, il bene protetto, l'omogeneità delle violazioni, la causale, le condizioni di tempo e di luogo: anche attraverso la constatazione di alcuni soltanto di detti indici - purché siano pregnanti e idonei ad essere privilegiati in direzione del riconoscimento o del diniego del vincolo in questione - il giudice deve accertare se sussista o meno la preordinazione di fondo che cementa le singole violazioni " (Cass. Sez. I, Sentenza n. 1587 del 01/03/2000);

"In tema di reato continuato, l'esistenza del medesimo disegno criminoso va desunta da elementi indiziami quali l'unitarietà del contesto e della spinta a delinquere, la brevità del lasso temporale che separa i diversi episodi, l'identica natura dei reati, l'analogia del "modus operandi" e la costante compartecipazione dei medesimi soggetti, essendo sufficiente l'esistenza anche di alcuni soltanto di tali indici, purché significativi. (Fattispecie in cui la Corte ha annullato con rinvio la decisione che aveva escluso il riconoscimento della continuazione in ragione della diversa tipologia dei reati, senza tuttavia valutare gli altri indici sintomatici della sussistenza del medesimo disegno criminoso). (Cass. sez. 2 - Sentenza n. 10539 del 10/02/2023); Orbene, nel caso di specie già analizzando la questione posta da un punto di vista generale, appaiono evidenti le convergenze concernenti il contesto spaziale di maturazione dei delitti (tutti i reati risultano commessi in Trani, o nella stessa provincia, luogo di residenza del Gu.), il tempo di consumazione degli stessi, commessi tutti nello stesso arco temporale compreso tra il mese di aprile 2016 e il mese di febbraio 2017. i beni giuridici protetti (si tratta di reati contro il patrimonio: furti di cellulari e un computer), le modalità dell'azione (per lo più il Gu. si impossessava dei telefoni cellulari mediante sottrazione, preceduta da una preparazione all'azione attraverso ricorso ad un mezzo fraudolento, necessario a raggiungere solo un posto all'interno del quale gli era consentita la fuga indisturbata).

In particolare con la prima sentenza (n. 2199/18 dell'11/7/2018) è stato accertato che il GU., con lo stesso modus operandi, si è impossessato di telefoni cellulari di ragazzi di giovane età, riuscendo ad adescare due o più vittime per volta, riferendo che dei loro parenti avevano subito il furto di un cellulare commesso da dei ragazzi che, per descrizione, coincidevano proprio con le vittime; con fare minaccioso ha imposto alle vittime di seguirlo, presentandosi come un parente di agenti delle Forze dell'Ordine per un controllo dei loro cellulari, dei quali si impossessava e faceva perdere le proprie tracce. Pertanto, riconosciuta la continuazione tra i numerosi reati di furto aggravato, e su concorde richiesta delle parti, è stato condannato alla pena di anni due di reclusione ed Euro 300 di multa (a seguito di giudizio abbreviato).

Per i fatti contestati nel presente procedimento il GU. si è reso responsabile di un ulteriore reato di furto, in questo caso di un personal computer marca (…), presso il BEB "(…)", commesso in (…) il 29.11.2016, quindi durante l'arco temporale dei furti dì telefoni cellulari, commessi dal mese di aprile 2016 fino al mese di febbraio 2017 in Trani.

Rilevano dunque quali indici significativi l'omogeneità delle violazioni commesse (plurimi reati contro il patrimonio), la contiguità spazio-temporale e la sistematicità delle azioni aventi ad oggetto bene di natura tecnologica. Tali indici esteriori consentono di ritenere che i reati siano stati frutto di determinazioni volitive unitarie risalenti ad un'unica deliberazione di fondo volta ad attuare il progetto criminoso che ha spinto il GU. a porre in essere analoghe attività delittuose con scopo di lucro.

Passando quindi al trattamento sanzionatorio, ritenuta la sussistenza dei presupposti per riconoscere la continuazione esterna tra i reati già giudicati con la sentenza (n. 2199/18 dell'11/7/2018 irrevocabile il 05.03. ì9) da ritenersi i fatti più gravi, e i fatti di cui al presente procedimento, l'aumento di pena che si stima congruo calcolare a titolo di continuazione ex art. 81 cpv, c.p., tenuto conto delle modalità del fatto e del non rilevante valore economico del bene sottratto, è di mesi tre di reclusione ed Euro 150,00 di multa.

Pertanto la pena complessiva da irrogare al GU. è di anni due, mesi tre di reclusione ed Euro 450,00 di multa.

Nel resto vanno confermate le ulteriori statuizioni.

P.Q.M.
Visti gli artt. 605, 623-627 c.p.p.,

decidendo in sede di rinvio dalla Suprema Corte di Cassazione, in parziale riforma della sentenza pronunciata dal Giudice del Tribunale di Trani, in composizione monocratica, in data 4.12.2018 ed appellata nell'interesse di GU.Gu., escluse le aggravanti e la recidiva contestate, ritenuta la continuazione esterna con i più gravi reati giudicati con la sentenza della Corte di Appello n. 2199/18 dell'11/7/2018, irrevocabile il 05.03.2019, ridetermina la pena complessiva nei confronti dell'imputato in anni due e mesi tre di reclusione ed Euro 450.00 di multa.

Conferma nel resto.

Motivazione riservata in giorni sessanta.

Così deciso in Bari il 10 luglio 2024.

Depositata in Cancelleria il 3 agosto 2024.

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