Corte appello Roma sez. I, 03/07/2024, n.7390
La deposizione della persona offesa può essere assunta, anche da sola, come prova della responsabilità dell'imputato, purché sia sottoposta a un vaglio rigoroso di attendibilità intrinseca ed estrinseca, specie se la persona offesa si è costituita parte civile e dunque è portatrice di pretese economiche. Tuttavia, non è necessario che le dichiarazioni siano supportate da riscontri esterni per la loro validità probatoria, salvo che non si tratti di deposizioni rilasciate ai sensi degli artt. 197 bis e 210 c.p.p.
RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE
1. Il Tribunale di Roma, con sentenza pronunciata in data 8.3.23, all'esito di rito ordinario, dichiarava SF.Em. colpevole dei reati a lui sopra ascritti e lo condannava alla pena di cui sopra.
2. L'affermazione di colpevolezza da parte del primo giudice è stata fondata sulla deposizione della parte civile Al.RU., su quella degli altri testimoni escussi ed in particolare dei genitori della RU. e sulla verifica dei messaggi inviati dall'imputato alla parte civile. In particolare, il primo giudice motivava: "RU.Al., sentita all'udienza dell'8/07/2020, ha riferito di avere interrotto la relazione sentimentale (dalla quale sono nati i due figli Sy.SF. e Ma.SF.) con l'imputato SF.Em. dopo dodici anni, nel settembre del 2016, quando lo SF. veniva allontanato dalla casa comune a causa dei comportamenti anomali da lui posti in essere nei confronti della compagna e dei figli. A partire dalla data della separazione lo SF. poneva in essere condotte persecutorie, le quali si concretavano nell'inseguimento della persona offesa sino al luogo in cui questa prestava lavoro ("Non voleva che andassi a lavorare, non voleva che lavorassi lì, voleva che io stessi a casa, voleva tenermi sotto controllo. Nel momento in cui ho deciso di andare a lavorare perché lui non voleva più farlo, e dovevamo dare da mangiare ai nostri bambini, io ho deciso di andare a lavorare, e quella imposizione a lui non andava bene, ha deciso dì seguirmi" cfr., verbale di ud., pag. 13), nelle reiterate minacce di morte indirizzate e alla p.o. e ai figli ("la aggrediva per telefono minacciando me, dicendo a loro cose che non vanno dette ai bambini, quindi influiva molto sullo stato d'animo dì Syria e Ma." - cfr., verbale di ud., pag. 13), nell'inoltro ossessivo dì telefonate e messaggi ("quaranta, anche cinquanta messaggi al giorno" - cfr., trascrizione verbale di ud. dell'8/07/2022, pag. 7). Più precisamente la teste-persona offesa ha riferito in merito a molteplici episodi nei quali l'imputato le si rivolgeva definendola "stronza", "donna di merda", "cagna bastarda" ("mi diceva che me l'avrebbe fatta pagare, che non era giusto quello che gli avevo fatto, mi chiamava sempre cagna bastarda cfr., verbale trascrizione ud., pag. 8); e la minacciava (""ti faccio vedere io cosa ti combino, ti lascio in una pozza dì sangue, ti dò fuoco alla macchina"). L'imputato inoltre contattava con la medesima frequenza la figlia maggiore Sy., all'epoca dei fatti di dodici anni, per riferire anche a lei le minacce rivolte alla madre RU.Al. ("Aveva un suo cellulare al quale abbiamo dovuto cambiare il numero frequentemente, più volte nell'arco di questo periodo, perché il papà anche alla bambina insisteva molto; anche con lei trenta, quaranta messaggi… forse anche di più" - cfr., verbale di ud., pag. 8). Nella narrazione della persona offesa emergono episodi tali da integrare, nella loro concreta storicità, la fattispecie criminosa di cui all'art. 612-bis c.p. (atti persecutori). La teste ha fatto riferimento in particolare all'episodio avvenuto in data 18/12/2016, nel quale l'odierno imputato, dopo essersi accordato con la RU. per una visita ai figli presso la di lei abitazione, proponeva al figlio minore Ma. dì portarlo al centro commerciale, e a fronte del diniego opposto dalla madre RU.Al. dava in escandescenze, lanciando le sedie della cucina alla presenza dei figli minori e costringendo la persona offesa a rifugiarsi con i figli minori all'interno della camera da letto ("In quello stesso istante, non ricordo neanche come, ho preso i due bambini e sono andata in camera da letto; ho chiuso la porta e ho aspettato un attimino che il tutto sì calmasse" -cfr., verbale dì ud., pag. 9). Uscita dalla stanza, la persona offesa era costretta a salire in macchina con i bambini e lo SF. "altrimenti avrebbe ricominciato a fare un'altra scenata di quelle che ha fatto in casa, quindi siamo usciti e siamo entrati in macchina" (cfr., verbale di ud., pag. 10), il quale postosi alla guida ("spericolata, come al solito, i bambini in macchina avevano paura" cfr., verbale di ud., pag. 10) lì conduceva presso un ristorante a (…), dove consumava il pasto e una bottiglia di vino, pur essendo astemio. Quindi, conclusasi la cena, "siamo andati in macchina per andare a un centro commerciale, perché insistentemente voleva comprare questo regalo al bambino, sempre guida spericolata, chiedendogli di fermarsi, che volevamo scendere e prendere un taxi, i bambini piangevano… niente, non c'è stato verso" (cfr., verbale di ud., pag. 10). Giunti al centro commerciale, lo SF. prendeva il figlio Ma. per un braccio e lo strattonava per portarlo con sé, noncurante dei tentativi della RU. di raggiungerli e porre in sicurezza il figlio minore. Quindi, avvistato il servizio di vigilanza all'interno del centro commerciale, la RU. chiedeva aiuto e riusciva, per mezzo dell'intervento delle forze dell'ordine, ad allontanare l'imputato e ad essere scortata con i figli presso la sua abitazione. La persona offesa ha inoltre riferito in ordine alle continue telefonate e messaggi a lei inoltrati dall'imputato per mezzo dell'applicazione whatsapp (cfr., documentazione in atti, contenente espressioni del tipo "Il 26 passo a prendere i bambini e me li dai: se no faccio un casino, ti conviene chiamare l'esercito: continua a prendermi per il culo. Ti faccio una faccia grossa come una zampogna: adesso basta mi hai rotto il cazzo, non è un modo di comportarsi questo sei una grande stronza"; "lo posso venire solo la domenica, sei una grande stronza già te l'ho detto, è importante che mi vedano, sei una bastarda, con me hai chiuso, non ti dò nemmeno una fotocopia"; "Se mi rode il culo vengo lì e me li prendo di forza. Non mi mette paura nessuno quelli sono i miei figli e tu rimani a casa per loro. Io domenica vengo se non ci sei faccio un casino: con il tuo menefreghismo dì merda. A te tappiccico a un palo, fai poco la stronza.
Ti spacco il culo, vengo su e ti gonfio poi denunciami"; "Ti tolgo pure la macchina se mi fai girare il culo come hai fatto tu. Na bella tanica de benzina"). Ancora, la RU. ha raccontato di essere stata diffamata dallo SF. il quale, in data 8/09/2017 pubblicava nel proprio profilo Facebook un video ripreso dalla compagna di lui Pa.Mi., che lo ritraeva ballare con la propria madre, commentando il medesimo video con le parole "Grazie amore mio per le belle parole spero solo che arrivi alle orecchie di chi continua a negarmi l'amore più grande della mia vita i miei figli mi Ma. e Sy. papà vi ama da morire e non vi avrei mai trascinato nell'incubo del Tribunale dei minori. Papà non avrebbe mai voluto farvi affrontare tutto questo. E fin da ora vi chiedo scusa per vostra madre che pur di escludermi dalle vostre vite, vi costringe a mentire. Ma io confido in Dio e nella Giustizia e un giorno tutto questo finirà e finalmente potremmo stare insieme e potrò darvi tutto l'amore che meritate. Ora quella strega mi impedisce anche di sentirvi al telefono ma io vi penso ogni attimo della mia vita, siete e sarete sempre nel mio cuore. Vi amooo Mi. ti amo grazie per esserti esposta così per me e per i miei figli facendo riferimento alle parole pronunciate dalla stessa Pacifico durante le riprese e udibili nel video "Guarda RU.Al., così si fa la mamma, non come te che hai denunciato in Tribunale dei Minori quest'uomo bipolare" (cfr., documentazione fotografica ritraente i messaggi pubblici sul profilo Facebook dì SF. prodotta dal P.M. all'ud. dell'8/07/2020)".
Inoltre, quanto all'evento del reato di atti persecutori il primo giudice scriveva che le condotte dell'imputato "hanno ingenerato un perdurante stato d'ansia e di paura per l'incolumità propria ("Io tutt'ora ho modificato il mio stile di vita. Io sono andata in un centro antiviolenza che, diciamo, mi hanno aiutato moltissimo, mi hanno aiutato a capire. Prendo lo Xanax anche la sera… io non dormivo più, non riuscivo a fare le stesse strade anche per andare a lavoro… è stato difficile" cfr., verbale trascrizione ud., pag. 13) e dei propri figli minori ("I miei figli sono in cura da uno psicologo tutt'ora, perché inizialmente la grande ha cominciato a soffrire di attacchi dì panico, la scuola mi chiamava in continuazione perché Syria cadeva per terra tremante e non si muoveva, e questo si ripeteva due-tre volte a settimana, almeno per Sy.
Lo psicologo ci ha consigliato di non fargli più sentire il padre, neanche per telefono, perché ogni volta era una continua lite, discussione, la aggrediva per telefono minacciano me, dicendo a loro cose che non vanno dette ai bambini… quindi influiva molto sullo stato d'animo di Sy. e Ma., soprattutto, anche perché è più piccolino e non comprendeva all'epoca ancora il perché di tutto questo, e soffriva… soffriva" - cfr., verbale dì ud. Pag. 13)".
3. Avverso la predetta sentenza proponeva tempestivo appello il difensore dell'imputato. A proposito della richiesta di inammissibilità dell'appello proposta dal PG, si evidenzia che negli atti del fascicolo è presente il mandato ad impugnare e l'elezione di domicilio e dunque il gravame è ammissibile.
4. Con il primo motivo, l'appellante ha chiesto l'assoluzione per mancanza od insufficienza della prova. In particolare, l'appellante ha dedotto che la RU. era consapevole della patologia mentale che affliggeva lo SF. e temeva le facesse del male o facesse del male ai figli. Pertanto, avrebbe enfatizzato la gravità dei fatti raccontati per evitare che costui incontrasse i figli. Inoltre l'appellante ha contestato la motivazione del giudice di primo grado perché il racconto della donna non sarebbe assistito da adeguati riscontri "individualizzanti", perché i genitori della RU. non avrebbero assistito agli episodi di maltrattamento ma li avrebbero solo appresi dalla figlia, perché il carabiniere sentito in ordine all'episodio accaduto nel centro commerciale non avrebbe assistito all'episodio ma avrebbe solo riferito la versione della RU.
5. L'appello deve essere rigettato.
6. A proposito del valore probatorio della deposizione della parte civile, il collegio si uniforma al consolidato orientamento della giurisprudenza secondo il quale La deposizione della persona offesa può essere assunta, anche da sola, come prova della responsabilità dell'imputato, purché sia sottoposta a vaglio positivo circa la sua attendibilità e senza la necessità di applicare le regole probatorie di cui all'art. 192, commi 3 e 4, cod. proc. pen., che richiedono la presenza di riscontri esterni; tuttavia, qualora la persona offesa si sia anche costituita parte civile e sia, perciò, portatrice di pretese economiche, il controllo di attendibilità deve essere più rigoroso rispetto a quello generico cui si sottopongono le dichiarazioni di qualsiasi testimone e può rendere opportuno procedere al riscontro di tali dichiarazioni con altri elementi (Cass. sez. 5, Sentenza n. 12920 del 13/02/2020, dep. 24/04/2020). Ed ancora In tema di valutazione della prova, le dichiarazioni della persona offesa, specie se costituitasi parte civile, non sono assistite da alcuna presunzione di credibilità, con la conseguenza che il giudice deve procedere anche d'ufficio ad una rigorosa e penetrante verifica di attendibilità intrinseca ed estrinseca del racconto accusatorio, che deve essere confrontato con tutti gli altri elementi processuali, non potendo gravare sull'imputato l'onere di provare la falsità della deposizione (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 40849 del 18/07/2012, dep. 17/10/2012).
7. Orbene, il racconto dalla RU. durante il dibattimento di primo grado è stato lineare, logico, immune da contraddizioni anche all'esito del controesame. E' stato inoltre confermato dai messaggi provenienti dall'imputato ed esibiti in udienza (riportati nella sentenza appellata), i quali, per la loro petulanza e per gli effetti sull'equilibrio psichico della parte civile, sono anche da soli sufficienti per fondare la prova del reato di atti persecutori. Infatti, è pacifico che integri la condotta del delitto di atti persecutori il reiterato invio alla persona offesa di "sms'1 con messaggi amorosi, ingiuriosi e minatori, veicolati anche a mezzo di plurime telefonate (Cass. pen., sez. V, 9.11.2018-29.3.2019, n. 13800).
Inoltre, il racconto della donna ha trovato conferma nelle deposizioni di Re.Ru. e La.Va., genitori della parte civile. Secondo l'appellante Re.Ru., in quanto impegnato tutto il giorno al lavoro, non avrebbe potuto assistere di persona ai maltrattamenti ed avrebbe reso una deposizione de relato in quanto avrebbe riferito solo delle confidenze riferitegli dalla figlia. Se anche così fosse, sarebbe una conferma del racconto della Ruggiero perché significherebbe che la donna, già prima del processo, si lamentava della condotta dall' ex marito e che dunque la sua deposizione dibattimentale non sarebbe, come sostenuto dall'appellante, strumentale ad ottenere il suo allontanamento dai figli. Invece, La.Va. ha assistito personalmente ad un episodio in cui lo SF. "strattonava" il figlio Ma. che aveva appena sei anni e ad un altro episodio in cui la nipote Sy. (figlia dell'imputato e della parte civile) ebbe un attacco di panico e dovettero chiamare il medico dopo avere sentito le parole ingiuriose e minacciose mosse dal padre nei confronti della madre. A proposito di tale deposizione (che sicuramente riguarda fatti accaduti sotto la percezione diretta della teste), non si condivide l'assunto difensivo circa la "liceità" dalla condotta dello SF. di strattonare il figlio di sei anni, in quanto manifestazione di una scelta educativa paterna. Al di là della valutazione dell'episodio in sé e della opinabilità di una scelta educativa che consiste nello strattonare un figlio di soli sei anni, quel che rileva è la circostanza che il racconto confermi l'indole violenta e prevaricatrice dell'imputato, offrendo così un prezioso riscontro al racconto della parte civile.
Infine, il teste Fa.Am., in servizio presso il distretto di PS di Fi.Se., ha riferito di essere intervenuto, nel centro commerciale Porta di Roma, perché era stata segnalata una "donna in stato di agitazione". Qui identificò l'odierna parte civile che scortarono a casa. Seppure il teste non abbia assistito al fatto riferito dalla parte civile (ossia che l'imputato strattonò il figlio), la sua deposizione conferma che la RU. era in stato di agitazione e che furono costretti a riaccompagnarla a casa, a dimostrazione del fatto - narrato dalla parte civile - che fu costretto dall'imputato ad andare presso il centro commerciale.
Appare dunque di tutta evidenza che il racconto della parte civile, di per sé credibile e coerente, ha trovato un congruo numero di riscontri esterni. Sempre per confutare gli argomenti difensivi, serve precisare che la deposizione della parte civile - secondo la consolidata giurisprudenza- deve essere valutate con particolare rigore ma non deve essere necessariamente accompagnata da "altri elementi di prova" in ordine alla dimostrazione del fatto reato perché tale regime è previsto dal codice di rito solo per chi depone ai sensi degli artt. 197 bis e 210 c.p.p.
Ne consegue la piena credibilità del racconto della RU. e la sicura prova dei fatti da ella narrati.
Nessun dubbio vi è che essi integrino i reati contestati e del resto nessun motivo di appello è stato proposto in ordine alla qualificazione giuridica dei fatti.
8. Con ulteriori motivi, riportati più volte nell'atto di appello ma sostanzialmente sovrapponibili, l'appellante ha lamentato che Io SF. è affetto da un disturbo della personalità (come testimoniato in primo grado dal teste Pe.) o da un disturbo bipolare severo (come da certificazione Asl Roma B del 17.8.15). Pertanto l'appellante ha chiesto l'assoluzione per difetto di imputabilità (sia in relazione al reato sub A che a quello sub B), la concessione della diminuente di cui all'art. 98 c.p. per ridotta capacità di intendere e volere, la rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale per verificare la capacità di intendere e volere dell'imputato.
Sul punto, ai fini del riconoscimento del vizio totale o parziale di mente, possono rientrare nel concetto di "infermità" anche i disturbi della personalità o comunque tutte quelle anomalie psichiche non inquadrabili nel ristretto novero delle malattie mentali, purché siano di consistenza, intensità e gravità tali da incidere concretamente sulla capacità di intendere e di volere, escludendola o facendola scemare grandemente, e sussista un nesso eziologico tra disturbo mentale e condotta criminosa (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 35842 del 16/04/2019 dep. 08/08/2019).
Nel caso di specie, il disturbo allegato dal difensore non ha le caratteristiche di gravità ed intensità di fare emergere dubbi sulla capacità dell'imputato e soprattutto i fatti accertati, piuttosto che discendere dal suddetto disturbo, sono evidentemente originati dalla ossessione per la ex moglie e per i figli e dalla frustrazione per non potere più vedere questi ultimi.
Ne consegue che deve essere escluso qualsiasi vizio totale o parziale di mente ed appare superfluo procedere in questo grado di giudizio ad un'indagine peritale psichiatrica.
9. Deve essere rigettato anche il motivo relativo al difetto di dolo in ordine al reato sub B. Secondo l'appellante, lo SF. avrebbe pubblicato il post diffamatorio descritto nel capo di imputazione al solo fine di "rivedere" i figli e senza alcuna volontà diffamatoria. E' plausibile che lo SF. era ossessionato dal desiderio di vedere i figli ed aveva individuato nella RU. il "nemico" che lo impediva. Da qui, l'odio che traspare dal post. Ma in tema di diffamazione, ai fini della sussistenza dell'elemento soggettivo è sufficiente il dolo generico, che può anche assumere la forma del dolo eventuale, e che comunque implica l'uso consapevole, da parte dell'agente, di parole ed espressioni socialmente interpretabili come offensive (Cass. Sez. 5 n. 8419 del 16/10/2013 dep. 21/02/2014). Nel caso di specie, l'uso delle parole pubblicate è tale da palesare l'intento di proiettare all'esterno (nella comunità social ove era stato editato il post) un'immagine deteriore della parte civile e dunque sussiste il dolo richiesto dalla norma incriminatrice.
10. Con un ulteriore motivo l'appellante lamenta l'entità della pena ed il mancato giudizio di prevalenza delle circostanze attenuanti generiche rispetto alle contestate aggravanti. Nessun elemento è stato allegato per sostenere tali motivi se non l'incensuratezza del prevenuto, già valutata dal primo giudice per riconoscere le circostanze attenuanti generiche e la sospensione condizionale della pena. Invece, militano a favore della conferma della decisione di primo grado la pluralità di episodi, il coinvolgimento in essi dei figli minori, l'esposizione di costoro al pericolo quando lo SF. si mise alla guida dell'auto dopo avere abusato di alcol.
11. Per le stesse ragioni summenzionate deve essere rigettata la richiesta di non menzione della pena.
P.Q.M.
Letto l'art. 605 c.p.p., conferma la sentenza del 8.3.2023 emessa dal Tribunale di Roma ed impugnata da SF.Em. che condanna al pagamento delle spese del secondo grado di giudizio ed alla rifusione delle spese di costituzione della parte civile che liquida in euro 1200 oltre accessori di legge da corrispondere in favore dello Stato.
Fissa in giorni 90 il termine per il deposito della motivazione della sentenza.
Così deciso in Roma il 18 giugno 2024.
Depositata in Cancelleria il 3 luglio 2024.