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Stalking: la dichiarazione della vittima richiede riscontri oggettivi

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Tribunale Cassino, 25/07/2024, n.859

La prova dello stato di ansia o paura può essere desunta da:
1) Dichiarazioni della persona offesa.
2) Modifiche nei comportamenti quotidiani o nello stile di vita.
3)Altri elementi obiettivi e comportamentali che dimostrino un turbamento psicologico significativo (Corte Cost. n. 172/2014).
La mera asserzione della persona offesa non è sufficiente se non supportata da riscontri oggettivi o coerenti con le altre prove.

Stalking: esclusa la particolare tenuità del fatto in caso di recidiva e condotta abituale

Atti persecutori: necessaria prova rigorosa di idoneità e abitualità delle condotte

Stalking e conflittualità condominiale: condanna agli effetti civili per molestie e danno morale

Assoluzione per mancanza di prove sul reato di atti persecutori tra fratelli in conflitto ereditario

La calunnia come strumento di offesa: dolo specifico e consapevolezza della falsità dell'accusa


Stalking: esclusione del reato per mancanza di elementi probatori certi, ma conferma delle statuizioni civili per danno extracontrattuale

Stalking: condanna confermata per condotte reiterate di molestie e minacce con mutamento delle abitudini di vita della vittima

Stalking indiretto e gelosia ossessiva: configurabilità del reato di atti persecutori e rilevanza della condotta per interposta persona

Assoluzione per atti persecutori e lesioni volontarie nell'ambito di gestione del servizio sanitario

Sentenza riformata per intervenuta prescrizione del reato di stalking e diffamazione, confermate le statuizioni civili

La sentenza integrale

Svolgimento del processo
Con decreto che dispone di giudizio immediato del 23.9.2022, emesso dal G.I.P. presso il Tribunale di Cassino, l'imputato DE.RO. era rinviato a giudizio per rispondere del reato indicato nell'epigrafe del presente provvedimento.

All'udienza del 23.11.2022 il Giudice, accertata la regolare costituzione delle parti, dichiarava l'assenza dell'imputato ai sensi dell'art. 420 bis c.p.p. e dava atto della costituzione di parte civile. All'udienza del 23.1.2023 il Giudice, in assenza di questioni preliminari, dichiarava aperto il dibattimento e ammetteva le prove così come articolate dalle parti in quanto ammissibili e rilevanti. Si procedeva quindi all'escussione della persona offesa Sc. Gi. ed era acquisito al fascicolo del dibattimento documentazione offerta dal P.m. (supporti contenenti file audio inviati dall'imputato alla persona offesa e tabulati telefonici). All'udienza del 13.2.2023 era escusso il teste Di.Sa.

All'udienza del 17.4.2023 erano escussi i testi Sc.Fe. e Pa.Ma.; quindi, il Giudice acquisiva ai fini della sola procedibilità la querela del 19.6.2022; e il verbale di integrazione della querela del 27.7.2022. All'udienza del 26.4.2023 era conferito incarico al pento dott.ssa Ma.Ve. di trascrivere una conversazione tra presenti contenuta su supporto informatico depositato agli atti del processo. All'udienza del 3.7.2023 l'imputato si sottoponeva ad esame ed erano escussi i testi Qu.Ro., Mi.Gi.

Quindi, era escusso il perito dott.ssa Ma.Ve.

All'esito, il Giudice acquisiva la produzione documentale offerta dalla parte civile (costituita dal decreto della sezione civile del Tribunale di Cassino n 2022/2086; dalie certificazioni INAIL su Gi.Mi.). Dopo alcune udienze di mero rinvio, all'udienza del 3.5.2024 il Giudice acquisiva la produzione documentale offerta dalla difesa (costituita dal decreto della sezione civile del Tribunale di Cassino n 2022/2086). Quindi, il Giudice dichiarava chiusa l'istruttoria dibattimentale, invitava le parti a rassegnare le conclusioni e, all'esito, pronunciava la seguente sentenza, dando lettura del dispositivo e riservandosi il deposito dei motivi nel termine di 90 giorni.

Diritto
Motivi della decisione
Questo Giudice ritiene che, all'esito dell'espletata istruttoria dibattimentale, non sia stata provata la penale responsabilità dell'imputato in ordine al reato a lui contestato, dal quale pertanto lo stesso va assolto perché il fatto non sussiste.

Il presente processo trae origine dalla denuncia querela sporta da Sc.Gi. il 19.6.2022, come poi integrata in data 27.7.2022, innanzi alla Procura delia Repubblica di Cassino, con la quale la donna denunciò il compagno, imputato in questo processo, di aver reiteratamente posto in essere condotte aggressive e offensive ai propri danni. Ai fini della ricostruzione della vicenda si riportano, brevemente, le risultanze emerse all'esito della istruttoria dibattimentale svolta.

1. Deposizione della persona offesa Gi.Sc., della madre e della sorella Lu.Sa. e Gi.Sc., del compagno Ma.Pa.

1.1. Gi.Sc., all'udienza del 23.01.2023 ha riferito di aver iniziato la relazione con l'odierno imputato nel 2010, dalla quale nacquero le due figlie Lu. e Lu., e di avere interrotto la convivenza nel mese di dicembre del 2014. La donna ha affermato che il De.Ro., sin dalla fine della relazione, aveva tenuto nei suoi confronti un atteggiamento aggressivo ("Allora, dal momento in cui ci siamo allontanai, ovviamente non è stato facile separarci da subito, però diciamo che ii suo carattere aggressivo lo spinge sempre ad essere molto aggressivo nei modi. Non è molto gentile. Non siamo mai riusciti a trovare un modo diciamo educato, civile, pacato di ragionare su aspetti di vita delle nostre figlie. Non si è mai contenuto nell'arco di questi anni"). La Sc. ha quindi affermato che i problemi con l'ex compagno si erano acuiti subito dopo la morte del proprio padre, avvenuta nell'estate del 2021 ("Da quel momento io ho perso mio padre e quindi diciamo che è venuta a mancare la figura che fino a quel momento mi tutelava in questo senso. Quindi la situazione è anche un pò peggio rata"), A suo dire da quel momento la situazione peggiorò sensibilmente e il De.Ro. cominciò a presentarsi ripetutamente sotto casa e davanti il suo ristorante per minacciarla, anche davanti ai clienti e ai dipendenti del locale.

Spesso inoltre l'uomo, convinto che la stessa non accudisse adeguatamente le loro figlie, la offendeva ("Bidone, puttana, sei una mamma di merda, io d devo far morire pazza").

In particolare, la sera del 28.04.2022, alle ore 22.00 circa, il De.Ro. si presentò fuori il ristorante ove lei si trovava in compagnia delle proprie figlie, che stava per riaccompagnare a casa, e anche al cospetto di alcune persone presenti iniziò a insultarla e minacciarla ("Le mie figlie a quest'ora devono stare a casa. Io d faccio passare un guaio. Ti smerdo per tutta l'isola. Bidone. Puttana. Le mie figlie a quest'ora devono andare a dormire. Cammina a casa"). L'episodio fu quindi ripreso dalla donna con il proprio telefono cellulare.

Dall'esame del video, depositato in atti, nonché della trascrizione delle conversazioni tra presenti, emerge effettivamente che la sera dei fatti l'odierno imputato si presentò fuori il locale della Sc. e che tra gli stessi nacque un acceso litigio. Il De.Ro., infatti, si lamentava del fatto che le bambine fossero state lasciate all'interno di un'autovettura parcheggiata in sosta davanti al ristorante e che ancora non fossero tornate a casa a dormire. L'eloquio utilizzato è certamente scomposto ma, dall'ascolto della conversazione, non vi è prova che lo stesso in quell'occasione abbia profferito offese o minacce all'indirizzo della persona offesa.

La teste ha affermato che il De.Ro., oltre a presentarsi di persona, in quel periodo le inviava quasi tutti i giorni messaggi offensivi ("Tu fai schifo, io ti ho cacciato di casa perché non cri buona. Bidone, fai schifo, sei un cesso di femmina. Tu devi morire pazza. Io ti faccio passare un guaio. Non ti do una lira"). L'uomo infatti non condivideva il modo in cui cresceva le figlie e le abitudini tenute dalle stesse. All'epoca non vi era alcun provvedimento giudiziario volto alla regolamentazione del diritto di visita, ma in ogni caso, a dire della Sc., lei aveva sempre favorito gli incontri tra le bambine e il padre e che non c'erano mai stati problemi. Ciononostante il De.Ro., che non condivideva il suo modo di gestire le figlie, sì dimostrava a suo dire molto oppressivo poiché la contattava telefonicamente durante rutto l'arco della giornata e anche in tarda sera per sapere come stessero le bambine, che all'epoca non avevano ancora un proprio telefono cellulare, cosa stessero facendo, se avevano mangiato e se avevano fatto i compiti scolastici, la invitava spesso a condurle a casa la sera e a non attendere la chiusura del locale ("Allora, le telefonate sono state continuative, tutti i giorni perché era l'unico modo in cui lui potesse contattarle, utilizzava il mio numero di telefono per parlare con le bambine"). L'uomo, a suo dire, era poi ossessionato dalla forma fisica delle gemelle arrivando ad insultare una delle due ("Io ho due figlie gemelle, Lu. e Lu., Lu. mi somiglia un pò di più fisicamente, quindi è una signorina un po' più in carne rispetto alla sorella e lui è ossessionato dal peso, dalla dieta, dalla forma fisica e la insulta e dice "Ti stai facendo una lavatrice come tua mamma. Sei diventata un bidone come tua mamma"). Il De.Ro., dopo l'avvio del procedimento penale a suo carico, smise di contattarla sul proprio telefono cellulare ma continuò a insultarla davanti alle figlie con messaggi e note vocali inoltrati sui telefoni cellulari delle minori. La Sc. ha quindi affermato che l'imputato nel periodo estivo l'aveva seguita con la macchina e l'aveva fotografata in alcune occasioni in cui lei era uscita lasciando le bambine in casa, verificando immediatamente se al contempo con loro ci fosse qualcuno o se fossero da sole ("Poiché le ragazze non vanno Un giorno sono uscita da un negozio e me lo sono ritrovato fuori questo negozio con il telefonino che mi faceva la foto, infatti io ho detto "Per questa cosa potrei anche denunciarti?", ma lui "Queste foto le porterò al giudice io ti tolgo le bambine").

Una volta l'uomo si recò anche davanti l'abitazione del proprio attuale compagno, quando questi non era in casa (circostanza appresa dalla visione delle telecamere esterne).

A dire della teste questa situazione le determinò un forte stress ("Sicuramente ha comportato un forte stress, perché anche in casa il clima ha cominciato ad oscillare perché le bambine ogni volta che squillava il telefono ed era il padre: E Che gli dico? Dove stiamo? Mo comincia. Mo rompe. Quindi queste bambine sempre sotto pressione, quindi c'è stata sempre, in quel periodo, un'ansia costante di come vivere questa situazione, di come uscire. Il lunedì per esempio io non lavoro quindi spesso capita che il lunedì sera io esco con le bambine").

Infine la teste ha affermato che il De.Ro., per ottenere una regolamentazione de! proprio diritto di visita alle minori, aveva promosso un ricorso al Tribunale e che nel corso del procedimento le bambine, sentite dal Giudice, avevano dichiarato di non volere avere rapporti con il padre poiché egli spesso la offendeva davanti a loro, criticava il loro stile di vita e il loro stato fisico.

1.2. Lu.Sa., madre della persona offesa, ha dichiarato di conoscere l'odierno imputato poiché era stato il compagno della propria figlia Gi., alla quale "dava noia in tutti i modi possibili c immaginabili". La teste, nello spiegare quali erano i comportamenti molesti del De.Ro., ha affermato che almeno due o tre volte a settimana si presentava in casa o presso il ristorante di Gi. per salutare le bambine e quasi sempre si lamentava del modo in cui le stesse erano gestite dalla madre (poiché trascorrevano molto tempo all'interno del locale c non conducevano uno stile di vita salutare). E ha quindi affermato che al suo cospetto il De.Ro. aveva insultato e minacciato la figlia Gi. "un'infinità di volte", tuttavia, interrogata sul punto, non ha saputo riferire in modo preciso quale fosse il contenuto delle offese e delle minacce (ha confusamente ricordato solo che l'uomo più volte le avrebbe detto che gliel'avrebbe fatta pagare). La teste ha poi affermato che spesso chiamava anche sul telefono cellulare delle bambine per sapere dove fossero e con chi si trovassero.

A fronte delle descritte condotte, la figlia Gi. si arrabbiava a causa delle critiche ricevute dall'ex compagno, ma continuava in ogni caso ad andare tranquillamente a lavoro e a condurre la propria vita ("Cambiamenti nella vita di mia figlia, lei ha continuato con il suo lavoro e ha continuato a fare la mamma come l'ha sempre fatta, a impegnarsi per le figlie e a fare quello che ha sempre fatto, non le nascondo che qualche giorno magari era un pò più alterata l'ha seguita persino quando andava a fare la spesa pensando che lei aveva lasciato le bambine sole, invece non era vero").

1.3. Sc.Fe.

La teste, sorella della persona offesa, ha affermato che fino al 2020 aveva lavorato all'interno del ristorante insieme alla sorella e che le era capitato spesso di assistere alle molte telefonate del De.Ro., il quale, a suo dire, voleva controllare gli spostamenti e le frequentazioni della compagna e delle bambine, Anche dopo il 2020 aveva continuato a frequentare il locale gestito dalla sorella, lavorando in un'attività commerciale vicina, e anche nell'arco temporale in contestazione era stata presente a diverse telefonate dal contenuto offensivo del De.Ro., il quale in molti casi si presentava anche di persona al ristorante e offendeva la sorella anche di fronte i clienti, lamentandosi principalmente di come lei gestiva le figlie.

A suo dire la sorella a causa di tali condotte "era abbattuta fisicamente e psicologicamente, piangeva spesso, aveva una forma d'ansia. Di esaurimento dovuto al forte stress che viveva quotidianamente. Inizialmente forse reagiva pure con le parole poi ha avuto un crollo e subiva le parole che le venivano dette".

1.4. Ma.Pa.

Il teste ha riferito di avere una relazione sentimentale con Gi.Sc. da circa cinque anni, dunque anche all'epoca dei fatò in contestazione, e di aver assistito molte volte al comportamento offensivo tenuto dal De.Ro. nei confronti della compagna. Pur essendo il titolare di una ditta, spesso era presente all'interno del ristorante della Sc., aiutandola nella gestione, e quindi aveva avuto modo assistere alle numerose visite dell'uomo, che non perdeva occasione per insultate e criticare le scelte educative della donna (in particolare la insultava chiamandola "bidone", a causa della sua forma fisica).

Il Pa. ha anche riferito di aver assistito all'episodio del 28.04.2022, quando alle ore 23.00 circa l'imputato si (…).

1.5. Merita brevemente aggiungere che, tra la documentazione versata in atti dal P.m., vi sono anche n. 7 file audio estratti a cura della P.g. dalla memoria del cellulare di Sc. Gi. il 28.06.2022, contenuti su supporto informatico (pen drive), nonché i tabulati telefonici dell'utenza (…) in uso all'imputato (contenuti su supporto informauco CD) e il verbale di analisi dei tabulati (estrapolazione chiamate effettuate tra il 01.01.2022 e il 5.07.2022 tra utenza del De.Ro. e utenza 3381821724 della Sc.).

Ebbene, dall'ascolto dei file audio è possibile affermare senza dubbio, per il tenore delle conversazioni, che i file siano stati effettivamente inviati dall'imputato alla Sc.

Gli stessi, infatti, si riferiscono esplicitamente alla contesa gestione delle figlie in comune e ai dissidi esistenti proprio in merito alle scelte educative di quest'ultima. Deve d'altra parte evidenziarsi che in occasione di tali messaggi l'odierno imputato, pur fortemente criticando le abitudini della persona offesa, non le rivolse alcuna offesa o minaccia. 2. Esame dell'imputato e deposizione dei testi Gi.Mi. e Qu.Ro.

2.1. L'imputato, in sede di esame, ha affermato di essere stato sempre in profondo disaccordo con le scelte educative della propria ex compagna, circostanza che lo aveva portato, soprattutto negli ultimi anni, ad entrare in forte conflitto con la donna e, infine, a promuovere un ricorso al Tribunale di Cassino, affinché fosse regolamentato il diritto di visita e le stesse potessero pernottare presso la sua abitazione dal venerdì alla domenica. Il De.Ro. ha precisato di aver notiziario l'ex compagna subito dopo il deposito del ricorso, avvenuto, come è possibile desumere dal conseguente decreto emesso dal Tribunale di Cassino, in data 3.06.2022 (cfr. ricorso in atti). Con decreto del Tribunale di Cassino del 26.04.2023 fu quindi disposto l'affidamento condiviso delle minori De.Ro. e De.Ro. ad entrambi i genitori con collocamento presso la madre (cfr. decreto in atti).

Il De.Ro. ha affermato che la Sc. non consentiva alle bambine una vita adeguata all'età delie stesse, facendo loro trascorrere gran parte del tempo libero all'interno del ristorante ove lei lavorava o sulle scale antistanti, fino a chiusura dell'attività (dunque, net fine settimana anche fino all'una o alle due di notte), costringendo le bambine ad addormentarsi su brandine di fortuna poste all'interno del locale. Le stesse non praticavano sport, non avevano una dieta equilibrata e anche per questo erano entrambe obese. Era quindi riuscito a convincere la Sc. a far seguire alle figlie un percorso terapeutico presso un centro autorizzato, cui però le minori si recarono per un solo primo incontro (così come comprovato dal certificato medico del dott. Fa. del 30.11.2022, anche attestante lo stato patologico dell'obesità delle bambine, in atti).

Inoltre, spesso le bambine il lunedì erano assentì a scuola, poiché era il giorno di chiusura del locale, e non riuscivano a svolgere i compiti per il giorno seguente (cfr. certificato delle assenze scolastiche, in atti, comprovante 26 giorni di assenza nell'anno della quinta elementare e 30 ritardi).

Tali condizioni lo avevano spinto più volte a cercare di modificare le abitudini di vita delle bambine decise dalla madre, anche dimostrando la propria disponibilità ad accoglierle presso la propria abitazione alcuni giorni della settimana, ma la Sc. non aveva mai acconsentito a tali cambiamenti. L'imputato ha quindi ammesso di avere, in occasione dei loro litigi, insultato la propria ex compagna, spesso anche per difendersi dalle provocazioni della donna.

L'imputato ha inoltre riconosciuto di aver fermato e fotografato la Sc. quando una volta, vedendola casualmente entrare all'interno di un esercizio commerciale, si rese conto che la stessa si trovava senza le bambine le quali invece erano rimaste, verosimilmente, da sole in casa. Circostanza che non accadeva di rado, come confermatogli dalle stesse figlie, e che gli provocava preoccupazione poiché la casa ove le stesse abitavano si trovava in piena campagna.

2.2. Gi.Mi.; Qu.Ro.

Il primo ha riferito di aver lavorato presso il ristorante di Gi.Sc. per circa due anni, dal 2021 al 2022 (cfr. Certificazione INAIL in atti), e che all'epoca le figlie della stessa trascorrevano tutti i pomeriggi presso il locale, dall'uscita di scuola fino all'orario di chiusura, che variava a seconda del periodo tra la mezzanotte e le due di notte ("Giocavano là dentro, facevano i compiti lì e a volte anche si addormentavano là dentro, c'era una saletta dove c'era un divano e un letto di un ex dipendente e a volte si addormentavano pure il pomeriggio là e fino a tarda sera, vivevano dentro il ristorante, giravano con i piattini dentro il ristorante"), Il secondo ha riferito di essere un cliente abituale del ristorante della Sc. e di aver visto in diverse occasioni le bambine all'interno del ristorante. 3. Valutazioni della prova.

Ritiene il Tribunale che, nel caso di specie, particolare attenzione deve essere dedicata alla valutazione dell'attendibilità della persona offesa, non solo in quanto la stessa è costituita nel processo parte civile - dunque è inevitabilmente coinvolta dall'interesse patrimoniale vantato - ma anche alla luce della evidente acrimonia ed elevata litigiosità esistente tra la stessa e l'imputato, circostanza emersa senza ombra di dubbio dall'istruttoria dibattimentale, nonché dei profili civilistici direttamente connessi all'esito del presente processo, quanto alla gestione (presente e futura) della prole.

Ebbene, in ordine alla credibilità soggettiva della dichiarante, deve innanzitutto evidenziarsi che emergono forti profili di criticità in ordine alla tempistica di presentazione della denuncia querela. La persona offesa, infatti, ha sporto denuncia contro l'odierno imputato in data 19.06.2022 e, nel corso della istruttoria dibattimentale, ha riferito che dalla fine della relazione avvenuta nel 2014 era sempre stata vittima del comportamento aggressivo dell'uomo, che le condotte si erano aggravate a partire dall'estate del 2021 e che l'ultimo episodio più grave risaliva al 28 04.2022 (riferendosi al diverbio avvenuto fuori il ristorante e di cui vi è registrazione effettuata dalla persona offesa e trascrizione delle conversazione tra presenti).

E' emerso, d'altra parte, che in data 3.06.2022 l'odierno imputato depositò presso il Tribunale di Cassino ricorso ai fini della regolamentazione del diritto di visita nonché dell'assegno di mantenimento da corrispondere alle bambine.

Tale circostanza è, già di per sé, foriera di taluni dubbi in ordine alla genuinità della scelta operata dalla denunciante, la quale - pur essendo stata vittima, a suo dire, delle costanti molestie e minacce del De.Ro. - abbia scelto di sporgere formale querela solo pochi giorni dopo il deposito del ricorso in sede civile da parte dell'ex compagno.

Il descritto rilievo, che fonda un sospetto in ordine alla credibilità della persona offesa, ben potrebbe essere superato alla luce di un narrato analitico, piano, affidabile e circostanziato delle vicende denunciate. Condizioni che, a parere del Tribunale, non ricorrono nel caso di specie. La teste, infatti, ha affermato di essere vittima delle continue condotte aggressive del marito, il quale a suo dire si recava continuamente presso il suo ristorante per insultarla e minacciarla, la inseguiva per strada e la fotografava, la chiamava continuamente durante il giorno e anche in tarda sera, ma nel suo narrato - pur senza che le fossero rivolte domande specifiche sul punto - ha dichiarato che le figlie avevano l'abitudine di rientrare a casa ben prima dell'orario di chiusura del locale, che le stesse erano sempre affidate anche nel corso della giornata alla vigilanza di qualcuno, ha infine omesso di dire che le bambine avevano problemi di obesità (circostanza attestata dalla documentazione medica prodotta dall'imputato). Dal suo narrato è emersa, sia pur velatamente, l'esistenza di forti dissidi con il De.Ro. circa l'educazione e le abitudini delle bambine, prevalentemente affidate a lei, ed emerge il sospetto che le offese e i colloqui senz'altro scomposti con l'imputato, pur da lui non negati, lungi dall'essere espressione di condotte persecutorie penalmente rilevanti fossero piuttosto espressione delle incomprensioni esistenti tra le parti, esitanti in continui scontri e reciproche recriminazioni.

Deve inoltre evidenziarsi che la stessa, pur affermando di aver subito ripercussioni causate dalla condotta dell'imputato, ha genericamente affermato di aver vissuto in uno stato di stress e di aver dovuto modificare le proprie abitudini e le uscite, senza null'altro aggiungere in merito.

Ebbene, i riferiti profili di illogicità fondano un ragionevole dubbio in ordine alla credibilità soggettiva della dichiarante ed impongono dunque indispensabile vagliare le dichiarazioni rese dalla persona offesa anche sul piano della sua attendibilità estrinseca, valutazione che questo Tribunale ritiene necessaria avendo motivo di dubitare della sua veridicità.

La circostanza che l'offeso si sia costituito parte civile, infatti, non attenua di per sé il valore probatorio delle sue dichiarazioni, ma può, secondo l'apprezzamento del giudice, richiedere un più penetrante controllo di attendibilità estrinseca, finalizzato ad escludere la manipolazione delle dichiarazioni rese 111 funzione dell'interesse patrimoniale vantato (così SS.UU., n, 41461 del 19/07/2012: "Le regole dettate dall'art. 192 t.p.p. comma 3, non si applicano alle dichiarazioni dell'offeso, le quali possono essere legittimamente poste da sole a fondamento dell'affermazione di responsabilità, purché vi sia una previa verifica, corredata da idonea motivazione, della credibilità soggettiva del dichiarante e dell'attendibilità intrinseca del suo racconto. Invece, nel caso in cui la persona offesa si sia costituita parte civile, può essere opportuno procedere al riscontro di tali dichiarazioni con altri elementi").

Dall'esame delle ulteriori fonti di prova, scarni sono gli elementi di riscontro acquisita nel corso dell'istruttoria dibattimentale, rivelatori piuttosto delle molte imprecisioni ed omissioni della Sc. nella ricostruzione delle vicende oggetto di questo procedimento.

Deve innanzitutto evidenziarsi che le prove documentali acquisite in latu (in particolare, le registrazioni vocali inoltrate alla persona offesa dall'imputato all'epoca dei fatti, la registrazione dell'incontro del 28.04.2022 e i tabulati telefonici) non sono utili a confortare le dichiarazioni accusatorie della Sc.

Come sopra evidenziato, infatti, dall'ascolto dei messaggi vocali inviati dal De.Ro., pur emergendo il rapporto aspro e litigioso tra le parti, non vi sono offese o minacce profferite dallo stesso ai danni della donna. Medesime considerazioni possono farsi anche con riguardo alla registrazione della conversazione tra presenti relativa all'episodio del 28 aprile 2022. Nel corso di quest'ultima, infatti, le parti discutono animatamente circa la presenza delle bambine all'esterno del ristorante, ma - almeno nell'audio registrato - il De.Ro. non insulta e non minaccia la persona offesa, diversamente da quanto dalla stessa sostenuto.

Ed ancora, dai tabulali telefonici emergono senz'altro le numerose telefonate effettuate dall'imputato all'utenza telefonica della ex compagna, ma è proprio quest'ultima ad ammettere che quello era l'unico modo per il De.Ro. di contattare Je bambine, che all'epoca dei fatti ancora non avevano un proprio telefono cellulare. Ben possono quindi spiegarsi i contatti con il desiderio dell'imputato di essere presente nella vita delle bambine, anche alla luce delle vive preoccupazioni nutrite da quest'ultimo circa le loro abitudini di vita.

Quanto alle ulteriori deposizioni testimoniali, la madre della persona offesa, Lu.Sa., ha reso delle dichiarazioni estremamente generiche, affermando che il De.Ro., quando si recava al locale della figlia o a casa per salutare le bambine, criticava le scelte educative di quest'ultima e spesso la offendeva e minacciava. Sul contenuto delle offese e delle minacce da lei personalmente ascoltate la teste però nulla ha saputo riferire. Inoltre, la Santolo ha affermato che la figlia aveva sempre condotto una vita normale, impegnandosi nel lavoro e nel proprio ruolo di madre, senza dunque specificare se ed in che modo la stessa versasse in uno stato di ansia o avesse mutato le proprie abitudini di vita.

Gi.Sc., sorella della persona offesa, ha invece diversamente dichiarato che la sorella cadde, a causa delle condotte offensive e persecutorie dell'ex compagno, in uno stato di esaurimento psico-emotivo ("era abbattuta fisicamente e psicologicamente, piangeva spesso, aveva una forma d'ansia. Di esaurimento dovuto al forte stress che viveva quotidianamente. Inizialmente forse reagiva pure con le parole poi ha avuto un crollo e subiva le parole che le venivano dette"). Circostanza quest'ultima che a ben vedere non è stata descritta non solo dalla Santolo ma, incredibilmente, nemmeno dalla persona offesa.

In merito nulla ha dichiarato invece il Pa., nuovo compagno della persona offesa all'epoca dei fatti, il quale si è limitato a riferire di avere assistito alle numerose visite del De.Ro. presso il ristorante, ai litigi e infine agli insulti rivolti all'indirizzo della Sc.

L'imputato, per sua parte, non ha del fatto negato le condotte a lui ascritte, ammettendo di avere offeso la Sc. in occasione dei loro litigi ed anche di averla fotografata per poter dimostrare che la stessa, nel corso della giornata, usciva senza la compagnia delle bambine le quali, verosimilmente, restavano da sole a casa (circostanza a lui confidata proprio da una delle figlie). Ebbene, lo stesso ha descritto la dimensione familiare venutasi a creare in modo piano e genuino, restituendo a parere del Tribunale la verità sostanziale dei fatti occorsi. L'uomo, pur riconoscendo di avere avuto atteggiamenti scomposti nei confronti della Sc. a causa delle reciproche incomprensioni legate alla gestione delle figlie, ha spiegato quali fossero le ragioni per cui era preoccupato per la salute psicofisica delle bambine ed arrabbiato a causa della trascuratezza della Sc. (all'uopo ha prodotto, a conforto di quanto affermato, sia la certificazione medica attestante lo stato di obesità di Lu. e di Lu., sia il certificato relativo alle assenze scolastiche delle bambine).

Dissidi che lo stesso aveva d'altra parte veicolato nel ricorso depositato presso il Tribunale di Cassino nel mese di giugno del 2022, essenzialmente volto ad ottenere una regolamentazione del diritto di visita tale da consentirgli un maggior controllo sulla vita a sulle abitudini delle bambine. Ricorso poi seguito, come sì e già evidenziato, dalla proposizione della denuncia querela della persona offesa.

4. Valutazioni giuridiche.

Così ricostruita la vicenda oggetto del presente procedimento, merita questo punto ricordare che nel reato di atti persecutori la condotta tipica consiste nella reiterazione di comportamenti minacciosi (art. 612 c.p.) o molesti (art. 660 c.p.) tali da determinare nella vittima "mi perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l'incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita".

Il delitto è dunque costruito secondo lo schema del reato di evento che si caratterizza per la produzione di un evento di "danno" consistente nell'alterazione delle proprie abitudini di vita o in un perdurante e grave stato di ansia o di paura, ovvero, alternativamente, di un evento di "pericolo", consistente nel fondato timore per l'incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva (cfr. Cass. n. 9222/2015).

La Corte Costituzionale ha affermato che quanto al "perdurante e grave stato di ansia e di paura" e al "fondato timore per l'incolumità", trattandosi di eventi che riguardano la sfera emotiva e psicologica, essi debbono essere accertati attraverso un'accurata osservazione di segni e indizi comportamentali, desumibili dal confronto tra la situazione pregressa e quella conseguente alle condotte dell'agente, che denotino una apprezzabile destabilizzazione della serenità e dell'equilibrio psicologico della vittima. Ha altresì stabilito, richiamando la giurisprudenza di legittimità, che la prova dello stato di ansia e di paura può e deve essere ancorata ad elementi sintomatici che rivelino un reale turbamento psicologico, ricavabili dalle dichiarazioni della stessa vittima del reato, dai suoi comportamenti conseguenti alla condotta posta in essere dall'agente, nonché dalle condizioni soggettive della vittima, purché note all'agente, e come tali necessariamente rientranti nell'oggetto del dolo (Corte Cost. n. 172/2014).

Il reato si consuma nel momento in cui si verifica, quale effetto delle reiterate condotte minacciose o moleste, uno o più degli eventi tipici previsti dalla norma. La reiterazione è dunque elemento costitutivo della fattispecie e in giurisprudenza si è giunti all'affermazione che affinché possa essere considerata integrata l'abitualità debbono realizzarsi quanto meno due episodi di minaccia o molestia nel corso del tempo (ex plurimis, Cass. 42589/2018).

Il delitto è punibile a titolo di dolo generico ed è integrato dalla volontà di porre in essere le condotte dì minaccia e molestia nella consapevolezza della idoneità delle medesime alla produzione di uno degli eventi alternativamente previsti dalla norma incriminatrice. Trattandosi di reato abituale di evento, il dolo è da ritenersi senz'altro unitario, esprimendo un'intenzione criminosa che travalica i singoli atti che compongono la condotta tipica; ma ciò non significa che l'agente debba rappresentarsi e volere fin dal principio la realizzazione della serie degli episodi, ben potendo il dolo realizzarsi in modo graduale e avere ad oggetto la continuità nel complesso delle singole parti della condotta (Cass. n. 18999/2014; Cass. n. 20993/2013).

Ebbene, nel caso di specie non vi è prova che l'imputato abbia reiteratamente molestato o minacciato la persona offesa - potendosi iscrivere le offese, pur dallo stesso rivolte all'indirizzo della ex compagna, all'interno di un rapporto critico e litigioso, essenzialmente incrinato dalle incomprensioni legate alla gestione delle due figlie minori - così come non vi è prova dell'evento del reato, ossia del cambiamento delle abitudini di vita della persona offesa ovvero del suo comprovato e grave stato di ansia, causalmente connesso alle condotte tenute dall'imputato. Per tali motivi, s'impone in favore dello stesso una pronuncia di assoluzione perché il fatto non sussiste.

Vista la pronuncia assolutoria, ai sensi dell'art. 300 c.p.p. s'impone la revoca della misura cautelare del divieto di avvicinamento alla persona offesa applicata all'imputato.

P.Q.M.
Letto l'art. 530 c.p.p., assolve DE.RO. dal reato a lui ascritto perché il fatto non sussiste.

Letto l'art. 300 c.p.p., revoca la misura cautelare del divieto di avvicinamento alla persona offesa attualmente

imposto all'imputato.

Motivi in 90 giorni.

Così deciso in Cassino il 3 maggio 2024.

Depositata in Cancelleria il 25 luglio 2024.

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