La massima
Non integra il reato di truffa la condotta di chi, mediante l'induzione in errore del giudice in un processo civile o amministrativo, ottenga una decisione a sé favorevole, mancando l'elemento costitutivo dell'atto di disposizione patrimoniale, posto che il provvedimento adottato non è equiparabile a un libero atto di gestione di interessi altrui, ma costituisce esplicazione del potere giurisdizionale, di natura pubblicistica, né può assumere rilevanza la riserva contenuta nell' art. 374 c.p. , che si riferisce ai casi in cui il fatto sia specificatamente preveduto dalla legge nei suoi elementi caratteristici (Cassazione penale , sez. II , 21/10/2022 , n. 48541).
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La sentenza integrale
Cassazione penale , sez. II , 21/10/2022 , n. 48541
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza dell'8.1.2018 il GUP di Siracusa aveva riconosciuto A.M.G. responsabile dei fatti di truffa continuata e aggravata, di cui ai capi a) e b), in danno di C.P., Z.M., l'INPS e l'INAIL e, di conseguenza, con la ritenuta continuazione e la riduzione per la scelta del rito, lo aveva condannato alla pena complessiva e finale di anni 3 di reclusione ed Euro 800 di multa oltre al pagamento delle spese processuali ed al risarcimento dei danni patiti dalle costituite parti civili di cui aveva disposto la liquidazione in separata sede;
2. la Corte di Appello di Catania, in riforma della sentenza di primo grado, ha assolto l'imputato dal delitto ascrittogli al capo a) della rubrica perché il fatto non sussiste e, previa riqualificazione di quello di cui al capo b) ai sensi dell'art. 374 c.p., dichiarato non doversi procedere nei confronti dell' A. per "ne bis in idem"; ha revocato le statuizioni accessorie e le statuizioni civili contenute nella sentenza di primo grado;
3. ricorrono per cassazione le parti civili costituite C.P. e Z.M. lamentando:
3.1 inosservanza e/o erronea applicazione della legge penale con riferimento all'art. 640 c.p.;
3.2 inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità e/o inutilizzabilità ai sensi dell'art. 606 c.p.p., lett. c);
3.3 mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione nella parte in cui si afferma che l'esistenza di un "bis in idem";
3.4 per altri motivi a dedursi nei termini stabiliti dalla legge:
rilevano che il GUP aveva escluso che il fatto già ascritto a titolo di frode processuale all'imputato fosse il medesimo di quello contestatogli nel presente processo e relativo alla vicenda che aveva consentito all' A. di ottenere pronunce favorevoli in vari giudizi di lavoro, civili e penali pur non avendo subito alcun pregiudizio in occasione del sinistro del 17.6.1987 tanto da aver sostenuto un colloquio con gli ispettori dell'INAIL che nulla aveva riconosciuto nel corso degli anni successivi anche all'esito della perizia del Dott. Cappellani; segnala che il GUP, ritenendone i presupposti, aveva riconosciuto l'imputato responsabile del delitto di truffa mentre la Corte di Appello, nell'assolverlo perché il fatto non sussiste, non ha considerato la fruizione di una pensione da parte dello Stato che consente di ritenere l'esistenza di una prestazione patrimoniale conseguita per effetto dell'induzione in errore sui relativi presupposti e, perciò, il menzionato delitto di truffa;
segnala che, a fronte del lineare e corretto percorso motivazionale seguito dal giudice di primo grado, la Corte di Appello ha ritenuto che il fatto dovesse essere ricondotto nella ipotesi di cui all'art. 374 c.p. non considerando la portata patrimoniale delle conseguenze derivanti dalla falsa rappresentazione dell'imputato che ha indotto il giudice ad adottare una sentenza errata e le parti offese a sottostare a pignoramenti ed esecuzioni mobiliari ed immobiliari conseguenti alla condotta fraudolenta;
4. il PG ha trasmesso la requisitoria scritta ai sensi del D.L. n. 137 del 2020, art. 23, comma 8 concludendo per l'inammissibilità del ricorso: rileva che la sentenza impugnata, diversamente da quanto sostenuto nel ricorso, ha correttamente motivato in ordine alla assoluzione per il reato di cui al capo a) per insussistenza del fatto ed alla improcedibilità del reato di cui al capo b) come riqualificato alla luce della costante giurisprudenza della Cassazione e rettamente ritenuto improcedibile;
5. la difesa delle parti civili ricorrenti ha trasmesso le proprie conclusioni scritte insistendo nell'accoglimento del ricorso;
6. il difensore dell' A. ha a sua volta concluso, per iscritto, associandosi alle richieste della Procura Generale e, perciò, sollecitando la declaratoria di inammissibilità del ricorso con ogni conseguenza sia in punto di spese che di condanna alla ammenda.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile perché articolato su censure manifestamente infondate o non consentite.
1. Con sentenza dell'8.1.2018 il GUP presso il Tribunale di Siracusa aveva riconosciuto A.M.G. responsabile dei fatti contestatigli in termini di truffa ai capi a) e b) della imputazione perché
a) "... con raggiri consistiti nel simulare, nel corso di diversi anni, una sordità completa bilaterale in realtà assolutamente insussistente, che veniva riscontrata prima da un medico incaricato nel 1989 dal Pretore di Lentini nel contesto di un giudizio penale e successivamente dal CT nominato dal Giudice del Lavoro di Siracusa, consulenze che determinavano nella loro sostanziale erroneità gli esiti del processo penale intrapreso contro C.P. quale responsabile dell'infortunio sul lavoro occorso il 17.6.1987 allo stesso A. ed a seguito del quale infortunio sarebbe derivata la sordità completa bilaterale, conclusosi con la sentenza di condanna del 4.10.1991 a pena detentiva dello stesso C. sia agli esiti del giudizio innanzi al Giudice del Lavoro che si concludeva con al condanna con sentenza del 20.1.2004 dello stesso C. al pagamento del risarcimento del danno in favore dell'INAIL conseguente all'infortunio sul lavoro asseritamente procurato dal C., procurato a sé medesimo l'ingiusto profitto consistente nella rendita a lui corrisposta dall'INAIL a decorrere dal 15.2.1988 nonché della percezione della pensione di reversibilità dei genitori deceduti a lui corrisposta dall'INPS dal 19.3.2009 in quanto riconosciuto come soggetto maggiorenne ma inabile al lavoro a seguito della sordità manifestata, con corrispettivo pregiudizio economico per i due Istituto previdenziali i cui funzionari venivano indotti in errore al pari dei giudici che avevano emesso le sentenze";
b) "... con raggiri consistenti nel sostenere e manifestare una sordità completa bilaterale quale effetto di un infortunio sul lavoro a lui occorso il 17.6.1987 allorché egli prestava la sua attività lavorativa per conto di C.P. nell'abitazione di costui, sordità in effetti affatto insussistente, conseguendo peraltro, in forza di tale raggiro, una sentenza di condanna emessa l'8.11.2002 dal Tribunale di Siracusa in danno del C. a titolo di risarcimento del danno a lui causato per il pregiudizio permanente asseritamente subito nonché successivamente determinando il pignoramento dell'immobile urbano sito in (Omissis) (SR)... il cui valore di mercato era ben superiore al credito vantato e, inoltre, attivando costantemente istanze di vendita intese a determinare la cessione coatta del bene, procurato a sé medesimo l'ingiusto profitto di un credito in realtà fondato sulla sentenza frutto del raggiro e mediante una procedura intrapresa e reiterata nel tempo con correlativo pregiudizio economico per il C.P. e per la moglie di costui Z.M. che subivano il pignoramento del bene ed il pericolo della sua vendita coatta".
2. Il primo giudice aveva considerato un fatto accertato che l' A. avesse simulato che l'incidente, pacificamente occorsogli nel 1987 mentre lavorava alle dipendenze del C., gli avesse procurato la sordità completa bilaterale avendo perciò potuto conseguire dall'INAIL la relativa rendita e, dall'INPS, la pensione di reversibilità dei genitori.
Era accaduto, inoltre, che l' A. avesse agito nei confronti del C. ottenendo una sentenza di condanna al risarcimento dei danni nella misura di Euro 120.000 in forza della quale aveva pignorato la comune abitazione dei coniugi odierni ricorrenti.
Il C., sulla scorta delle risultanze della perizia svolta in quella sede, aveva denunziato l' A. per truffa ma, con ordinanza del 10.11.2008, il GIP, all'esito della opposizione della persona offesa, aveva qualificato il fatto in termini di frode processuale ed aveva disposto l'archiviazione per intervenuta prescrizione del reato così ritenuto.
Il C. aveva allora ingaggiato un investigatore privato ottenendo una videoregistrazione dell' A. mentre interloquiva con più persone e che era stata diffusa dal programma televisivo "Le Iene"; si era quindi instaurato un giudizio per truffa nel corso del quale era stata disposta una perizia e che si era concluso, di fronte al GIP, per la condanna dell' A..
3. L'imputato aveva proposto appello deducendo il carattere non decisivo della perizia svolta nel corso del procedimento di primo grado e sostenendo che, al contrario, tutti i periti e tutti gli accertamenti espletati in precedenza, sia in sede processuale che extraprocessuale, avevano dimostrato la fondatezza delle pretese risarcitorie.
Sotto altro profilo, poi, aveva sottolineato che la percezione degli emolumenti dall'INAIL e dall'INPS non supponeva una totale perdita dell'udito ma una sua riduzione percentuale.
4. La Corte di Appello, quanto al delitto di cui al capo a), ha osservato che, effettivamente, ai fini della percezione della rendita dall'INAIL e/o della pensione di reversibilità dall'INPS, non occorre la sordità totale in quanto, come si evince dal DM Sanità del 15.2.1992, la percezione del beneficio è legata ad un grado di invalidità del 58,5% che è a sua volta integrato dal superamento del range di 265/275 Db ampiamente dimostrato dall'esame audiometrico del 1987 che aveva certificato una perdita totale (alle frequenze di 500, 1000 e 2000 Hz) pari 310 Db a dx e 285 Db a sx.
Tali risultanze, secondo la Corte, non sono contraddette dalla perizia del Dott. La Mantia, che non contiene alcuna precisazione sulla quantificazione della ipoacusia bilaterale né, tantomeno, dal filmato della trasmissione "Le Iene"; né, infine, dalla iniziativa dell'INPS che, successivamente alla diffusione della vicenda, aveva avviato un procedimento di revisione.
Ha spiegato che anche i conseguenti accertamenti, eseguiti presso l'ospedale (Omissis), non avevano evidenziato i presupposti per la revoca della qualità di invalido civile tanto che né l'INPS né l'INAIL avevano ritenuto di costituirsi parte civile ovvero di revocare le prestazioni elargite all'imputato.
Quanto al capo b), la Corte ha premesso che la imputazione deriva dalla denuncia del C. conseguente alla condanna inflittagli con la sentenza del 2003 fondata sulla perizia asseritamente falsata del 3.9.2001 e per cui il GIP, avendo qualificato il fatto ascritto all'imputato come frode processuale ai sensi dell'art. 374 c.p., aveva disposto l'archiviazione per intervenuta prescrizione del reato; su tale premessa, ha ritenuto improcedibile l'azione penale per effetto del divieto di "bis in idem".
Il primo giudice (cfr., pagg. 5-6 della sentenza di primo grado) aveva sostenuto invece che non vi fosse è corrispondenza e "idem factum" non essendovi coincidenza tra tutti gli elementi costitutivi ovvero condotta, evento, nesso causa oltre che circostanze di tempo, di luogo e di persona; ciò in quanto in quel procedimento (ovvero quello di risarcimento del danno derivante dalla sentenza penale di condanna del C.) era stato contestato all' A. di aver simulato un aggravamento delle proprie condizioni di salute di fronte al CT al fine di trarre in inganno il giudice ai fini del risarcimento del danno; nel presente procedimento, invece, la contestazione era invece quella di aver tenuto una condotta fraudolenta nei confronti sia dell'INAIL che dell'INPS e di avere utilizzato un accertamento giudiziale falsato per pignorare l'abitazione dei coniugi C.- Z..
La Corte di Appello, dal canto suo, ha concluso diversamente sostenendo che, in ogni caso, la condotta fraudolenta tenuta all'interno del processo civile o amministrativo integra il delitto di frode processuale e non quello di truffa difettando l'atto di disposizione patrimoniale da parte del "deceptus", e che lo stesso vale anche per la procedura esecutiva.
Nell'escludere il "bis in idem", secondo la Corte, il primo giudice aveva in realtà sovrapposto le due imputazioni laddove il capo b) era stato quello oggetto della denuncia del C..
4. La Corte di Appello, invero, ha motivato in maniera assolutamente incensurabile oltre che, a ben guardare, con argomentazioni di cui il ricorso non tiene assolutamente conto.
E' pacifico, infatti, nella giurisprudenza di questa Corte, che la cosiddetta truffa processuale consistente proprio nel fatto di chi, inducendo in errore il giudice in un processo civile o amministrativo mediante artifici o raggiri, ottenga una decisione favorevole, non integra il reato di cui all'art. 640 c.p., in quanto in tale fattispecie viene a mancare un elemento costitutivo del reato, e cioè l'atto di disposizione patrimoniale; il giudice, infatti, con il suddetto provvedimento non compie un atto di disposizione espressione dell'autonomia privata e della libertà di consenso, ma esercita il potere di natura pubblicistica, connesso all'esercizio della giurisdizione: sé può assumere rilevanza la riserva contenuta nell'art. 374 c.p. che si riferisce ai casi in cui il fatto sia specificatamente preveduto dalla legge nei suoi elementi caratteristici (cfr., ad esempio, Sez. 2, Sentenza n. 498 del 16/11/2011, Di Cancia, Rv. 251768 - 01; Sez. 2, Sentenza n. 3135 del 26/11/2002, PM in proc. Quattrone, Rv. 223830 01).
Si è inoltre chiarito che, ai fini della configurabilità del reato di cui all'art. 374 c.p., comma 1 nella nozione di procedimento civile vanno compresi sia il procedimento di cognizione che quello di esecuzione che, infine, i procedimenti cautelari che servono a predisporre e a garantire i mezzi probatori del processo definitivo (cfr., Sez. 6, Sentenza n. 41931 del 03/10/2003, Occhiuto, Rv. 227097 - 01).
In ogni caso, va ribadito che la parte civile non ha interesse ad impugnare una pronuncia di proscioglimento fondata su ragioni di natura meramente processuale che non compromette la possibilità della medesima parte civile di agire nella sede competente a tutela delle proprie ragioni (cfr., Sez. 5, Sentenza n. 32983 del 16/06/2014, PG in proc. La Pietra ed altri Rv. 260075 - 01; Sez. 2, Sentenza n. 34724 del 10/07/2014, P.C. in proc. Gaias, Rv. 260086 - 01, che hanno ribadito questo principio nel caso di declaratoria di improcedibilità dell'azione penale in caso di archiviazione non preceduta da decreto di riapertura delle indagini preliminari); Sez. 5 -, Sentenza n. 2679 del 05/11/2021, Cangemi Francesco c/ Bonomo Francesco Rod., Rv. 282651 - 01, in cui la Corte ha spiegato che parte civile è priva di interesse a proporre impugnazione avverso la sentenza di proscioglimento dell'imputato per violazione del divieto di un secondo giudizio, non comportando tale pronuncia, di carattere meramente processuale, alcun pregiudizio per il danneggiato, che può azionare la propria pretesa in sede civile; Sez. U, Sentenza n. 35599 del 21/06/2012, P.C. in proc. DI Marco ed altro, Rv. 253242 - 01; Sez. 2, Sentenza n. 19738 del 21/03/2018, Balbo, Rv. 272898 - 01, che lo hanno ribadito con riguardo al proscioglimento dell'imputato per improcedibilità dell'azione penale dovuta a difetto di querela).
5. Il ricorso e', perciò, inammissibile anche sotto questo profilo conseguendo la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e, ai sensi dell'art. 616 c.p.p., della somma di Euro 3.000 in favore della Cassa delle Ammende non ravvisandosi ragione alcuna d'esonero.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 21 ottobre 2022.
Depositato in Cancelleria, il 21 dicembre 2022