Reati Fallimentari
La bancarotta fraudolenta è il più grave reato fallimentare. La forma più diffusa, nella prassi giudiziaria, è sicuramente la bancarotta fraudolenta patrimoniale che si configura quando l’imprenditore, al fine di danneggiare i creditori, compie atti fraudolenti sul proprio patrimonio. Uno degli aspetti più discussi in giurisprudenza riguarda lo sviamento della clientela.
In questo articolo analizziamo una rilevante decisione della Suprema Corte che ha definito il perimetro di rilevanza penale della condotta di sviamento dei clienti della fallita.
La bancarotta fraudolenta patrimoniale è disciplinata dall’art. 216 del Regio Decreto 267/1942, che regola il fallimento, il concordato preventivo e la liquidazione coatta amministrativa. Il reato si concretizza quando il fallito distrugge, occulta, dissipa o distrugge in modo fraudolento parte del suo patrimonio, sottraendolo alla garanzia dei creditori.
Le condotte possono essere variegate, ma ciò che le accomuna è il fine di danneggiare la massa dei creditori, attraverso atti che riducono il patrimonio aggredibile da parte di quest’ultimi. Tra queste condotte, negli ultimi anni la giurisprudenza si è concentrata sul fenomeno dello sviamento della clientela, una condotta particolarmente complessa e difficile da dimostrare.
Lo sviamento di clientela è una condotta fraudolenta che si verifica quando l’imprenditore fallito, spesso attraverso la creazione di una nuova società o il trasferimento di beni aziendali, dirotta la clientela dalla società fallita verso una nuova entità giuridica. Tale comportamento, se messo in atto con il fine di svuotare la società fallita e privarla di uno dei suoi asset principali, può integrare il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale.
La Corte di Cassazione ha più volte chiarito che lo sviamento della clientela può costituire un vero e proprio atto di depauperamento del patrimonio della società, in quanto la clientela rappresenta un bene immateriale di grande valore, soprattutto per quelle imprese che basano gran parte del loro successo sul rapporto continuativo con i clienti.
Analizziamo di seguito una significativa sentenza della Quinta Sezione della Corte di cassazione sul punto (Cassazione penale sez. V, 15/01/2018, n.3816).
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Nel caso affrontato dalla Corte, il Tribunale di Catania aveva emesso un’ordinanza di sequestro preventivo nei confronti di due soggetti indiziati del reato di bancarotta fraudolenta distrattiva aggravata dal metodo mafioso e finalizzata ad agevolare un clan criminale locale.
La misura cautelare era stata disposta in seguito al sequestro dell’azienda, sulla base dell'accusa che uno degli indagati avesse distratto beni aziendali e sviato la clientela della ditta fallita verso una nuova impresa.
Secondo l’accusa, l'indagato aveva attuato uno sviamento della clientela, trasferendo di fatto i clienti della ditta fallita ad una nuova società, sfruttando la sua posizione e quella della coindagata, amministratrice di diritto della nuova società. Questo comportamento era stato interpretato come un tentativo di depaurare il patrimonio dell’impresa originaria, sottraendo asset fondamentali alla garanzia dei creditori.
La difesa dell'indagato, tuttavia, aveva contestato le argomentazioni del Tribunale, sostenendo che l’acquisizione della clientela da parte della società fosse avvenuta nel quadro di una concorrenza lecita e non rappresentasse un atto di distrazione patrimoniale.
In particolare, il difensore aveva evidenziato che il trasferimento dei contratti e dei rapporti commerciali con i clienti non configurava una distrazione, poiché l'avviamento commerciale non è un bene materiale che può essere distratto, ma un insieme di rapporti economici che si sviluppano nel tempo.
L'avviamento commerciale è l'insieme degli elementi immateriali che conferiscono valore a un'azienda, oltre al patrimonio fisico e finanziario. Rappresenta la capacità dell'azienda di generare reddito grazie alla sua reputazione, alla fedeltà della clientela, alle competenze del personale, alla posizione sul mercato, ai contratti in essere, e alla forza del marchio.
Secondo la giurisprudenza consolidata, infatti, lo sviamento della clientela non può costituire di per sé reato di bancarotta fraudolenta, a meno che non si dimostri una cessione illecita di contratti già stipulati o rapporti giuridici economicamente valutabili, lesivi delle aspettative creditorie. La difesa ha, inoltre, sottolineato che la crisi dell’impresa fallita era attribuibile a mancati pagamenti da parte dei clienti, e non alla perdita di alcuni contratti o al subentro della società.
La Corte di Cassazione ha riconosciuto alcune criticità nella ricostruzione del caso da parte del Tribunale di Catania.
In particolare, ha evidenziato che, affinché lo sviamento della clientela possa configurare una bancarotta fraudolenta, è necessario che vi sia una concreta distrazione di rapporti giuridici già esistenti, come contratti o impegni formalmente stipulati, che possono avere un impatto diretto sul patrimonio aziendale e sui creditori.
La Corte ha ritenuto che nel caso in esame mancasse una prova chiara della cessione effettiva di tali rapporti giuridici.
Piuttosto, sembrava che i clienti avessero scelto autonomamente di rivolgersi alla nuova società, anche se eventualmente sollecitati dall’indagato. Tale comportamento, secondo i giudici, non integra una distrazione patrimoniale in senso stretto, poiché non incide direttamente sui beni aziendali.
Inoltre, la Corte ha sottolineato che la semplice intenzione dell’indagato di reclutare la clientela della vecchia azienda non può sopperire alla mancanza di un elemento oggettivo tipico del reato di bancarotta fraudolenta, ossia la sottrazione di beni materiali o di rapporti giuridici che incidano sulla garanzia patrimoniale dei creditori.
La Corte ha annullato con rinvio l’ordinanza del Tribunale di Catania. Questa decisione è significativa in quanto riafferma l’importanza di una corretta interpretazione della distrazione patrimoniale nel contesto della bancarotta fraudolenta. Lo sviamento della clientela, pur potendo costituire una concorrenza sleale ai sensi dell’art. 2598 c.c., non sempre integra un atto di bancarotta fraudolenta se non è dimostrata la sottrazione di rapporti giuridici economicamente rilevanti.