RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 21-30/3/2017 il Tribunale di Catania, accogliendo l'appello proposto dal Procuratore della Repubblica di Catania avverso l'ordinanza di rigetto della richiesta di misura cautelare da parte del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catania, nei confronti di G.D. e S.G., indiziati del reato di bancarotta fraudolenta distrattiva, con l'aggravante del metodo mafioso e con la finalità di agevolare il clan (OMISSIS) di Lentini, posto in essere dopo il sequestro preventivo ex art. 321 c.p.p., comma 2, e L. n. 356 del 1992, art. 12 sexies della ditta del G. e in reazione a tale provvedimento, ha disposto il sequestro preventivo dell'azienda della Logitrade s.r.l. con sede in (OMISSIS) e di tutte le quote sociali della L.G. s.r.l. e della T LOG s.r.l..
2. Ha proposto ricorso il difensore di fiducia dell'imputato, avv. Passanisi Franco, svolgendo due motivi.
2.1. Con il primo motivo proposto ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), il ricorrente denuncia violazione di legge in relazione alla L. Fall., artt. 216 e 223.
L'ordinanza impugnata, a suo parere, aveva erroneamente applicato l'art. 216 L. Fall. perchè il G., pur essendo stato dichiarato fallito, non amministrava l'azienda, con la conseguente mancanza di un elemento costitutivo del reato proprio.
L'azienda era stata sequestrata e l'unico soggetto dotato di poteri gestionali era l'amministratore giudiziario che era stato nominato; l'ordinanza impugnata, senza maggiori spiegazioni che superassero le considerazioni del Giudice per le indagini preliminari e le obiezioni della difesa, aveva ritenuto che la gestione dell'impresa fosse imputata automaticamente all'imprenditore, ancorchè posta in essere da altro soggetto.
In secondo luogo, come era stato illustrato nel provvedimento del Giudice per le indagini preliminari, lo sviamento della clientela non poteva costituire il reato di bancarotta, poichè, per costante giurisprudenza, non poteva essere oggetto di distrazione l'avviamento commerciale di una azienda.
L'acquisizione dei contratti di trasporto da parte di Logitrade s.r.l. era avvenuta per motivi commerciali nell'ambito di una lecita concorrenza aziendale.
La crisi dell'azienda fallita era stata determinata dal mancato ricevimento di consistenti pagamenti da parte di clienti e non era attribuibile alla perdita temporanea di alcuni contratti, mentre il subentro di Logitrade nei locali della (OMISSIS) e nei rapporti di locazione di una parte dei veicoli era stato la mera conseguenza della cessazione dei rapporti negoziali in passato intercorrenti fra la ditta individuale e le società finanziarie.
L'ordinanza impugnata, del tutto genericamente, aveva ritenuto che sostanzialmente l'uscita del G. avesse determinato l'uscita dei beni dall'organizzazione aziendale, senza che si potesse comprendere la connessione fra l'acquisizione di alcuni clienti e le rescissioni di contratti di leasing.
2.2. Con il secondo motivo proposto ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. c) ed e), il ricorrente denuncia violazione di legge e illogicità della motivazione con riferimento ai presupposti per l'applicazione dell'art. 321 c.p.p..
Il pericolo dell'agevolazione della commissione di reati doveva essere concreto e non solo ipotizzabile; il fallimento di Logitrade non era stato dichiarato e non si comprendeva sulla base di quali elementi il Tribunale ne avesse ipotizzato lo stato di decozione.
3. In data 30/10/2017 il difensore avv. Passanisi ha dichiarato di rinunciare al ricorso proposto nell'interesse di G.D..
4. Il Procuratore generale ha chiesto l'annullamento con rinvio del provvedimento impugnato per le ragioni esposte nella sentenza 36912 del 2017 della Corte di Cassazione, dovendosi ritenere inefficace la rinuncia presentata dal difensore non munito di procura speciale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. La rinuncia al ricorso presentata il 30/10/2017 dall'avv. Franco Passanisi, difensore di fiducia di G.D. (indicato erroneamente come Gi. nella sola intestazione del ricorso, seppur con la corretta data di nascita), non è efficace, poichè la rinuncia non è stata effettuata personalmente dall'imputato, nè consta che l'avv. Passanisi sia munito della necessaria procura speciale ex art. 589 c.p.p., comma 2.
2. Con la prima parte del primo motivo il ricorrente sostiene che l'ordinanza impugnata aveva erroneamente applicato la L. Fall., art. 216 perchè il G., pur essendo stato dichiarato fallito, non amministrava l'azienda, che era sequestrata e gestita da un amministratore giudiziario, con la conseguente mancanza di un elemento costitutivo del reato proprio.
L'ordinanza impugnata, senza maggiori spiegazioni che superassero gli argomenti del Giudice di primo grado e le obiezioni della difesa, aveva ritenuto che la gestione dell'impresa fosse imputata automaticamente all'imprenditore, ancorchè condotta da altro soggetto.
Questa Corte con la sentenza n. 36912 del 5/6/2017, occupandosi delle misure cautelari personali, ha formulato al proposito le seguenti osservazioni puntualmente condivise anche da questo Collegio.
La doglianza proposta è manifestamente infondata: la presunta distrazione contestata all'indagato, infatti, sarebbe stata commessa prima della sua dichiarazione di fallimento, a nulla rilevando che egli fosse di fatto stato estromesso dalla gestione dell'azienda in forza dell'immissione dell'amministratore giudiziario. Trattandosi infatti di impresa individuale e non di una società, egli, in costanza del possesso della qualifica di imprenditore assoggettabile a fallimento, avrebbe, secondo la contestazione, comunque attentato all'integrità della garanzia patrimoniale dei creditori, stante che il provvedimento di sequestro non ha certamente fatto venir meno la titolarità in capo al medesimo dei beni di cui si assume l'avvenuta distrazione.
3. Con la seconda parte del primo motivo il ricorrente sostiene che lo sviamento della clientela non poteva costituire il reato di bancarotta, non potendo per costante giurisprudenza essere oggetto di distrazione l'avviamento commerciale di una azienda; inoltre l'acquisizione dei contratti di trasporto da parte di Logitrade s.r.l. era avvenuta per motivi commerciali nell'ambito di una lecita concorrenza aziendale.
La crisi dell'azienda fallita era stata determinata dal mancato ricevimento di consistenti pagamenti da parte di clienti e non era attribuibile alla perdita temporanea di alcuni contratti, mentre il subentro di Logitrade nei locali della (OMISSIS) e nei rapporti di locazione di una parte dei veicoli era stato la mera conseguenza della cessazione dei rapporti negoziali in passato intercorrenti fra la ditta individuale e le società finanziarie.
L'ordinanza impugnata, del tutto genericamente, aveva ritenuto che sostanzialmente l'uscita del G. avesse determinato l'uscita dei beni dall'organizzazione aziendale, senza che si potesse comprendere la connessione fra l'acquisizione di alcuni clienti e le rescissioni di contratti di leasing.
3.1. Anche al proposito il Collegio condivide le osservazioni che hanno indotto questa Corte in data 5/6/2017 ad accogliere le analoghe recriminazioni espresse dal ricorrente ai fini delle misure personali.
3.2. La contestazione cautelare formulata dal Pubblico Ministero aveva ad oggetto la distrazione dell'azienda gestita dal G. attraverso l'omonima ditta individuale.
Il Tribunale ha ammesso che gli unici beni materiali di cui era stata originariamente ipotizzata la distrazione (e cioè i veicoli utilizzati dalla suddetta ditta individuale per l'esercizio dell'attività di autotrasporto) erano stati restituiti alla società concedente a seguito della risoluzione promossa dall'amministratore giudiziario dei relativi contratti di leasing e solo successivamente acquisiti dalla Logitrade attraverso la stipulazione di autonomi (e legittimi) contratti della medesima natura.
3.3. Pertanto ciò che viene apparentemente imputato all'indagato dai giudici del merito è di aver sviato la clientela e parte del personale dell'azienda dopo l'esecuzione del sequestro della medesima in favore della nuova impresa nel frattempo avviata dall'indagato e dallo stesso di fatto gestita attraverso la Logitrade s.r.l. congiuntamente alla S., amministratrice di diritto di tale società.
Tale operazione, però, non può essere qualificata come distrazione dell'azienda, nemmeno attraverso l'interpretazione "sostanzialistica" del suo significato economico evocata, sia pur in modo non del tutto nitido, nel provvedimento impugnato.
3.4. Lo sviamento della clientela o del personale, come chiarito proprio nella pronunzia di questa Corte citata dai giudici del merito (Sez. 5, n. 3817/13 del 11/12/2012, Agostini, Rv. 254774), può essere qualificato come atto di disposizione patrimoniale eventualmente rilevante ai fini della configurabilità del reato di cui all'art. 2634 c.c. ovvero di quello di bancarotta patrimoniale esclusivamente quando abbia ad oggetto l'ingiustificata disposizione dei rapporti giuridici suscettibili di valutazione economica e cioè, in definitiva, quando vengano ceduti i contratti già stipulati con clienti e dipendenti.
Non è invece possibile ipotizzare la distrazione dell'aspettativa che in futuro i clienti si rivolgano all'azienda in forza dei rapporti intrattenuti in passato con la stessa o che i dipendenti decidano di rimanere in azienda, piuttosto che risolvere il proprio rapporto di lavoro e passare alla concorrenza.
3.5. E' pur vero che tali condotte, non conformi allo statuto di correttezza professionale fra imprenditori, possano essere ritenute illecite sotto il profilo civilistico ai sensi dell'art. 2598 c.c., n. 3 se idonee a danneggiare l'altrui azienda, a certe condizioni: il ricorso a metodi scorretti quanto allo sviamento della clientela; l'acquisizione di un vantaggio competitivo ingiusto svuotando l'organizzazione concorrente di sue specifiche possibilità operative, realizzato con animus nocendi, consistente nella descritta volontà di appropriarsi, attraverso un gruppo di dipendenti, del metodo di lavoro e dell'ambito operativo dell'impresa concorrente (Sez. 1 civile, 04/01/2017, n. 94).
Ciò non significa che tali condotte realizzino un fatto distrattivo nella prospettiva di cui all'art. 216 L. Fall. che presuppone la sottrazione di un cespite apprezzabile dalla sua funzione di garantire le ragioni dei creditori e la conseguente lesione della garanzia patrimoniale.
3.6. Nè oggetto del reato nella fattispecie descritta può essere identificato nell'avviamento commerciale dell'azienda, che, per l'ormai consolidato orientamento di questa Corte, non può essere distratto (oltre alla già menzionata sentenza Agostini, nello stesso senso Sez. 5, n. 26542 del 19/3/2014, Riva, Rv. 260689 e Sez. 5, n. 9813 del 8/3/2006, Franceschini ed altri, Rv. 234242).
3.7. Pertanto la motivazione del provvedimento impugnato è non solo contraddittoria ma meramente apparente, perchè, nell'aderire formalmente ai suddetti principi, da un lato afferma che oggetto di distrazione sarebbe stato un non meglio precisato "fascio" di rapporti giuridici in corso - senza precisare l'effettivo oggetto della condotta distrattiva - e dall'altro riconosce che il comportamento effettivamente rimproverabile al G. sarebbe quello di aver contattato, nella sua nuova veste di dipendente della Logitech, clienti e personale invitandoli, anche attraverso l'offerta di condizioni più vantaggiose, a rivolgersi alla suddetta società.
Pertanto il Tribunale non ha chiarito, tanto meno attraverso l'ambigua evocazione di una ricostruzione sostanzialistica della vicenda, se l'attività di reclutamento della clientela e del personale posta in essere dal G. per conto della Logitrade abbia comportato l'effettiva cessione dei rapporti in corso tra gli stessi e la ditta individuale (e cioè dei contratti o degli impegni già stipulati, gli unici beni la cui distrazione comporta una effettiva diminuzione della garanzia patrimoniale dei creditori del fallito).
Di tale cessione non vi è menzione alcuna nel compendio indiziario esposto nel provvedimento impugnato e non può essere confusa con l'eventuale scelta dei medesimi clienti e dipendenti di affidarsi ad un altro partner commerciale/datore di lavoro, ancorchè sollecitata dall'indagato.
Infine non assume rilievo l'eventuale intenzione dell'indagato, giacchè non è possibile sopperire al difetto di tipicità dell'elemento materiale del reato surrogandola solamente con l'elemento soggettivo.
4. Il secondo motivo di ricorso resta assorbito.
5. Pertanto la Corte ritiene di dover procedere all'annullamento dell'ordinanza impugnata con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Catania nel rispetto dei principi di diritto sopra ricordati.
P.Q.M.
Annulla l'ordinanza impugnata con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Catania.
Così deciso in Roma, il 15 gennaio 2018.
Depositato in Cancelleria il 26 gennaio 2018