La recidiva non può basarsi su condanne estinte per esito positivo dell’affidamento in prova (Cass. pen. n. 15225/2025)
- Avvocato Del Giudice
- 25 apr
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Con la sentenza n. 15225 del 17 aprile 2025, la IV Sezione penale della Corte di Cassazione ha annullato senza rinvio, per prescrizione del reato, la condanna inflitta a un’imputata accusata di falso reddituale nella dichiarazione allegata all’istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato.
Determinante si è rivelata l’illegittima applicazione della recidiva, fondata su una condanna ormai estinta per l’esito positivo dell’affidamento in prova al servizio sociale, con conseguente riduzione del termine di prescrizione del reato principale.
1. Il fatto
L’imputata Mo.Gi. era stata condannata dai giudici di merito per il reato di cui all’art. 95 del D.P.R. n. 115/2002, per aver dichiarato falsamente – in sede di autocertificazione – che il proprio nucleo familiare avesse percepito un reddito annuo inferiore al limite previsto per l’ammissione al gratuito patrocinio.
Le indagini della Guardia di Finanza avevano accertato che nel 2012 la famiglia della donna aveva ricevuto redditi per circa 18.700 euro, ben superiori ai 4.466 euro dichiarati. L’ammontare effettivo derivava, in particolare, da pensioni, indennità di disoccupazione e prestazioni assistenziali percepite sia dall’imputata che dal coniuge.
La Corte di appello di Reggio Calabria aveva confermato la responsabilità penale, ritenendo la donna in colpa grave per non aver verificato i redditi inseriti, giudicando quindi inescusabile l’errore.
3. Il ricorso per cassazione
Nel ricorso, il difensore ha articolato due motivi:
1° motivo: assenza del dolo, perché la dichiarazione era stata redatta sulla base di certificazione ISEE predisposta da un CAF, che aveva omesso proprio i redditi poi ritenuti rilevanti.
2° motivo: erroneo riconoscimento della recidiva, fondata su una sola condanna non più rilevante, in quanto estinta per esito positivo dell’affidamento in prova al servizio sociale.
4. La decisione della Corte
La Cassazione ha accolto solo il secondo motivo, ritenendolo fondato.
4.1. Recidiva illegittima
I Supremi Giudici hanno censurato la sentenza d’appello per aver considerato, ai fini della recidiva, una condanna non più rilevante, in quanto estinta ex art. 47, comma 12, O.P., per l’esito positivo dell’affidamento in prova.
La recidiva, dunque, non poteva essere riconosciuta in base a una condanna priva di effetti penali (Cass., Sez. Un., n. 5859/2012; Cass. pen., Sez. 3, n. 41697/2018).
4.2. Calcolo della prescrizione
Venuto meno l’aggravamento per la recidiva, il termine massimo di prescrizione del reato ex art. 95 D.P.R. 115/2002 – che è un delitto punito con la reclusione fino a due anni – è stato calcolato in sette anni e sei mesi (artt. 157-161 c.p.).
Poiché il reato era stato commesso il 2 settembre 2013, al momento della pronuncia della Cassazione il reato era ampiamente prescritto.
5. Principio di diritto
La recidiva non può essere fondata su una condanna estinta per esito positivo dell’affidamento in prova al servizio sociale, in quanto priva di effetti penali; in tal caso, il termine di prescrizione del reato va ricalcolato senza l’aggravante, e può condurre alla declaratoria di estinzione del reato.
5. Conclusioni
La pronuncia conferma la centralità dell’accertamento formale sulla permanenza degli effetti penali delle condanne ai fini della recidiva, nonché l’obbligo per il giudice di motivare puntualmente l’eventuale riconoscimento della stessa. La sentenza si inserisce in una linea giurisprudenziale ormai consolidata e rafforza le garanzie difensive anche in procedimenti di secondaria rilevanza.