RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 23/03/2018 il Tribunale di Napoli ha rigettato l'appello proposto da P.G. e P.D. avverso l'ordinanza del Gip del Tribunale di Napoli Nord di rigetto dell'istanza di revoca o di sostituzione della misura cautelare degli arresti domiciliari, che veniva, invece, sostituita nei confronti dei coindagati P.M., P.V. e A.S..
La vicenda cautelare, la cui genesi va individuata nell'ordinanza del Gip del Tribunale di Napoli Nord del 24.11.2017, coinvolge P.G., ritenuto ideatore e principale responsabile, ed i figli D., M. e V., nonchè A.S., e riguarda plurime condotte di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale dirette a svuotare la "(OMISSIS) s.r.l.", dichiarata fallita con sentenza del 23.7.2015 per un passivo di oltre 5 milioni di Euro, ed in particolare:
a) la distrazione delle quote di partecipazione della fallita nella "Tirrena Immobiliare s.r.l.", contestata a P.G. e A.S.;
b) la distrazione di Euro 1.893.200,00 per l'acquisto di un immobile in (OMISSIS), contestata a P.D., V. e R.;
c) la distrazione di Euro 329.974,00 contestata a P.D.;
d) la distrazione di Euro 405.000,00 contestata a P.G. e D.;
e) la distrazione di Euro 228.160,00 contestata a P.D. e M.;
f) la distrazione delle quote di partecipazione nella società "Villa San Michele s.r.l.", contestata a P.D. e V.;
g) la sottrazione delle scritture contabili, contestata a P.G. e A.S.;
h) l'omesso pagamento delle somme dovute all'Erario contestato a P.D..
2. Avverso tale provvedimento ricorrono per cassazione i difensori di P.G. e P.D., Avv. Giuseppe Della Monica, Avv. Paolo De Vita, Avv. Gennaro Lepre, deducendo i seguenti motivi, qui enunciati, ai sensi dell'art. 173 disp. att. c.p.p., nei limiti strettamente necessari per la motivazione.
Dopo una diffusa premessa sulla vicenda cautelare, sull'atto di appello proposto e rigettato, sulla consulenza tecnica di parte e sul memoriale di P.G. depositati in sede di richiesta di revoca, e sul contenuto dell'ordinanza impugnata (da p. 2 a p. 29), i ricorrenti deducono otto motivi con cui lamentano il vizio di motivazione apparente o illogica.
2.1. Lamentano che il presupposto del Tribunale secondo cui il fallimento della (OMISSIS) fosse più sicuro che prevedibile avrebbe consentito di dare per scontato il dolo della bancarotta, senza un concreto confronto con le dinamiche gestionali, con il dato cronologico delle condotte asseritamente distrattive, la maggior parte delle quali risalirebbe ad anni molto precedenti rispetto alla declaratoria di fallimento, e con il dato documentale, illustrato nella memoria di P.G., secondo cui, fino alla immediata vigilia della declaratoria di fallimento, nè lui nè i suoi familiari avrebbero potuto immaginare il fallimento della società, intervenuto solo per l'insistito tentativo di speculazione di un creditore isolato, per un importo irrisorio. Così la vendita delle azioni della Tirrena Immobiliare sono state ritenute una svendita.
2.2. Con riferimento al capo A) relativo alla vicenda Tirrena Immobiliare, il Tribunale avrebbe omesso di considerare che il P., acquistando le quote della Tirrena immobiliare, che aveva "in pancia" l'area (OMISSIS), non aveva rilevato solo immobile, ma anche i debiti della società, e che, dopo sette anni di spese ed oneri fiscali faraonici, il cespite era rimasto sprovvisto dei titoli edilizi occorrenti per l'operazione immobiliare per cui erano state acquistate le quote della Tirrena; e, inoltre, gli originari proprietari avevano respinto l'offerta di ottenere la retrocessione delle quote per meno di un quarto (due milioni di Euro) del prezzo originario di vendita (otto milioni e 600 mila Euro); sicchè la perdita di valore immobiliare della Tirrena era evidente.
Il Tribunale avrebbe omesso di considerare le "altalene amministrative" culminate nel diniego definitivo dei titoli edilizi e nella sentenza del TAR, e lo stesso parere estimativo dell'Ing. D.L., ancorato alla concreta inutilizzabilità edilizia del fondo; inoltre, avrebbe valorizzato l'introduzione del diritto di prelazione in capo ai soci Tirrena per i futuri acquisti inter vivos di quote sociali, senza valutare che la prelazione non è stata esercitata, non essendovi stata alcuna offerta alternativa di acquisto delle quote.
Il Tribunale avrebbe omesso di considerare che: la sentenza del TAR è intervenuta dopo anni che i titoli edilizi erano già stati sostanzialmente denegati; era già intervenuta una progressiva erosione del patrimonio netto della Tirrena dal 2008 al 2014, riscontrato dal diniego dei proprietari di accettare la retrocessione delle quote ad un quarto del prezzo di acquisto; non è stato specificato il valore, neppure sommario, del cespite immobiliare oggetto di distrazione; l'acquisto delle quote sociali comporta non solo l'acquisizione del cespite immobiliare, ma anche dei debiti immobiliari; il diritto di prelazione poteva ampliare la concorrenzialità nella compravendita delle quote della Tirrena.
Lamenta, infine, una sistematica parafrasi del provvedimento del Gip, mediante la tecnica del copia-incolla.
2.3. Con riferimento al capo F), relativo alla vicenda della Villa San Michele, il Tribunale avrebbe valorizzato esclusivamente la differenza tra il prezzo pagato dalla (OMISSIS) per le quote acquistate nel 2008 e quello assai inferiore di vendita ad altra società (GP Holding) del gruppo familiare nel 2012, trascurando i rilievi difensivi secondo cui il mercato degli immobili oscilla in maniera rilevantissima, e dipende dal concretizzarsi o dal venir meno delle possibilità di realizzare effettivamente sull'immobile le iniziative speculative programmate, ed omettendo di considerare la ricostruzione tecnico-contabile della CTP, secondo cui la oggettiva differenza tra prezzo di acquisto e prezzo di vendita è risultata plausibile.
Anche in tal caso, si lamenta, infine, una parafrasi letterale del provvedimento del Gip, mediante la tecnica del copia-incolla.
2.4. Con riferimento alla distrazione relativa all'acquisto dell'immobile in discesa (OMISSIS), il Tribunale avrebbe omesso di considerare che il versamento effettuato dalla (OMISSIS) non era stato eseguito per l'acquisto dell'immobile in via (OMISSIS), ma solo come garanzia in pegno denaro per l'operazione di apertura di credito finalizzata all'ottenimento del mutuo per l'acquisto del bene; e le somme, una volta svincolate, era state poi restituite in parte alla (OMISSIS) e in parte compensate con crediti della GP Holding documentati da un atto stragiudiziale di ricognizione di debito, con importo, data e causale certe.
Oltre a lamentare la parafrasi del provvedimento del Gip, si duole che anche sul tema della pretesa fittizietà della Nuova TMC, coinvolta nel finanziamento per l'acquisto dell'immobile, il Tribunale abbia omesso di considerare la consistente produzione documentale difensiva (visure camerali, bilanci, modelli 770) attestante l'assunzione di numerosi operai e l'operatività della società.
2.5. Con riferimento al capo E), relativo alla distrazione degli interessi sul prestito di D. e M. P., l'ordinanza avrebbe liquidato ogni questione in base all'esorbitanza della somma restituita, che evidenzierebbe un'operazione assolutamente antieconomica e ingiustificata, potendo la (OMISSIS) ricorrere al credito bancario; la motivazione sarebbe frutto di puro arbitrio deduttivo, ed elusiva rispetto alla valenza usuraria dell'operazione affermata dal titolo genetico.
2.6. Con riferimento alla bancarotta documentale di cui al capo G, il Tribunale avrebbe dedotto dalla mera mancata consegna della documentazione societaria al curatore, rilevante ai sensi della L. Fall., art. 16, la diversa fattispecie fraudolenta di sottrazione, senza considerare la necessità del dolo specifico, e, soprattutto, la circostanza del successivo rinvenimento dell'intera documentazione della società fallita e dell'intero gruppo dove risultava custodita.
2.7. Con riferimento al capo H relativa alla bancarotta per mancato pagamento dei debiti erariali, lamenta l'omessa motivazione, avendo il Tribunale ritenuto incontestato il fatto, senza neppure chiarire l'entità del debito erariale, e senza considerare che P.G., nel memoriale, aveva chiarito di aver privilegiato il pagamento di altre obbligazioni aziendali; in ogni caso, l'ordinanza non avrebbe motivato sul perchè l'inadempimento del debito erariale costituisca distrazione.
2.8. Con riferimento alle esigenze cautelari, il Tribunale avrebbe omesso di motivare in ordine alle specifiche censure difensive; con particolare riferimento a P.D., manca una compiuta verifica della concretezza ed attualità del pericolo di recidiva, ed una valutazione mirata delle condizioni personali e processuali dei singoli indagati, nonchè del tempo tra le condotte contestate e l'adozione della misura; inoltre P.D. risulta amministratore della sola Energy On s.r.l., non coinvolta in alcuna situazione critica, non è titolare di ruoli gestionali o decisionali nell'ambito delle società del gruppo di famiglia, era stato amministratore della fallita fino al febbraio 2013, e le condotte contestategli risalgono al 2008-2010.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso, connotato da una struttura argomentativa sovente priva dei caratteri di necessaria chiarezza, per la ‘reiterata iterazionè delle scansioni processuali e delle doglianze proposte, è, nel suo complesso, infondato, ad eccezione del motivo concernente la bancarotta fraudolenta documentale, che va accolto.
2. Occorre premettere che la doglianza con cui si lamenta il mancato riesame dell'intera vicenda cautelare (p. 20 del ricorso), per quanto priva di specificità, è manifestamente infondata, in quanto l'esercizio, da parte dell'indagato, di una facoltà processuale (la rinuncia al riesame inizialmente proposto) non consente una trasmutazione della morfologia dell'appello cautelare al di fuori del perimetro normativo dell'art. 310 c.p.p..
Al riguardo, è pacifico che la cognizione del giudice di appello nel procedimento incidentale sulla libertà, di cui all'art. 310 c.p.p., è limitata ai punti della decisione impugnata attinti dai motivi di gravame (e a quelli con essi strettamente connessi e da essi dipendenti) (Sez. U, n. 8 del 25/06/1997, Gibilras, Rv. 208313), essendo l'appello cautelare disciplinato dall'art. 310 c.p.p., governato dal principio devolutivo (Sez. 6, n. 19008 del 21/04/2016, S, Rv. 267209); sicchè, in sede di appello avverso la ordinanza di rigetto della richiesta di revoca di misura cautelare personale, il Tribunale non è tenuto a riesaminare la sussistenza delle condizioni legittimanti il provvedimento restrittivo, dovendosi limitare al controllo che l'ordinanza gravata sia giuridicamente corretta e adeguatamente motivata in ordine ad eventuali allegati nuovi fatti, preesistenti o sopravvenuti, idonei a modificare apprezzabilmente il quadro probatorio o a escludere la sussistenza di esigenze cautelari, ciò in ragione dell'effetto devolutivo dell'impugnazione e della natura autonoma del provvedimento impugnato (Sez. 2, n. 18130 del 13/04/2016, Antignano, Rv. 266676).
Peraltro, va osservato che la struttura motivazionale dell'ordinanza impugnata risulta diffusa su tutti i profili rilevanti dei gravi indizi di colpevolezza e delle esigenze cautelari, sì da rendere meramente astratta la doglianza del ricorrente.
3. Va, inoltre, evidenziata la manifesta infondatezza della censura con la quale, a margine di ciascuno dei motivi proposti, si lamenta il vizio di motivazione apparente, per l'utilizzo della tecnica del copia-incolla e per la lamentata parafrasi del provvedimento del Gip.
La doglianza sembra alludere ad una violazione dell'art. 292 c.p.p., comma 2, lett. c bis), per l'asserita mancanza di autonoma valutazione del provvedimento del Tribunale rispetto a quello del Gip.
Al riguardo, va evidenziato che, concernendo l'adozione di un provvedimento giurisdizionale e la produzione di effetti giuridici, l'introduzione, nell'art. 292 c.p.p., comma 2, lett. c bis), del requisito dell'autonoma valutazione deve essere inteso non già quale mero attributo "estetico", o "stilistico", trattandosi di profilo estraneo alla celebre ragion pratica, bensì in senso epistemologico: l'autonoma valutazione, in altri termini, deve consistere in una autonoma decisione, essendo il provvedimento giurisdizionale un atto d'autorità, non già un atto di scienza (come, ad es., un'opera letteraria).
Tuttavia, l'autonomia della valutazione, e quindi della decisione, non può ritenersi compromessa dalla riproduzione, più o meno fedele, del provvedimento gravato (o, in primo grado, della richiesta del P.M.), in quanto ciò che rileva ai fini dell'integrità dell'autonomia del giudice è la conoscenza degli atti del procedimento e la volontà che sostiene il giudizio.
In altri termini, prescindendo dai profili ‘esteticì, o anche ‘eticì, della decisione, irrilevanti ai fini della produzione degli effetti giuridici e della legittimità dell'atto, sotto il profilo epistemologico il provvedimento che riproduca, più o meno fedelmente, o comunque richiami, quello oggetto di gravame (ma il discorso è analogo anche per altri atti) assume una propria oggettiva consistenza, e, in assenza di affidabili criteri di classificazione del pensiero autonomo, non può ritenersi per ciò solo indiziante una valutazione, e quindi una decisione, priva di autonomia, o, come pure si è detto, una cessione di imparzialità.
A prescindere dai casi in cui la c.d. motivazione "per incorporazione" riproduca refusi, stilemi o improprietà terminologiche proprie del provvedimento oggetto di gravame, che indiziano un controllo superficiale da parte dell'organo giudicante, ed una valutazione non sufficientemente ‘meditatà, o comunque autonoma, la decisione cautelare che richiami, in maniera più o meno estesa, il provvedimento impugnato, condividendo altresì le valutazioni in esse eventualmente proposte, deve ritenersi frutto di autonoma valutazione in quanto assunta da un diverso organo giudiziario, sulla base della conoscenza degli atti del procedimento e della formulazione di un giudizio autonomo.
L'alternativa sarebbe o una inammissibile (in quanto irrilevante per il diritto) pretesa di autonomia "stilistica", che si risolverebbe in una mera, e solo dispendiosa, parafrasi del testo altrui, magari pienamente ed autonomamente condiviso, ovvero nella altrettanto inammissibile pretesa di una valutazione necessariamente diversa rispetto a quella proposta dal giudice autore del provvedimento impugnato: in tale seconda ipotesi, supponendo che il provvedimento contenga una ricostruzione dei fatti del tutto aderente alle risultanze processuali, e proponga una valutazione degli stessi logica e conforme al diritto, il giudice sarebbe costretto o ad uno sforzo argomentativo in grado di formulare una valutazione conforme, ma diversa, ovvero a formulare una valutazione difforme, con il solo proposito di dimostrare una autonomia decisionale.
E' evidente che una lettura ragionevole, ed epistemologicamente corretta, della nuova formulazione della norma impone di ritenere che valutazione autonoma non vuol dire valutazione diversa o difforme.
L'autonoma valutazione, dunque, è compatibile con la tecnica di redazione "per incorporazione" allorquando dal contenuto complessivo del provvedimento emerga una conoscenza degli atti del procedimento e, ove necessario, una rielaborazione critica o un vaglio degli elementi sottoposti all'esame giurisdizionale, eventualmente anche sotto il profilo della graduazione delle misure o del rigetto parziale di alcune richieste, come nel caso di specie, in cui il Tribunale, accogliendo gli appelli cautelari dei coindagati degli odierni ricorrenti, ha sostituito la misura degli arresti domiciliari con quella del divieto di esercitare uffici direttivi di persone giuridiche ed imprese nei confronti di P.M., P.V. e A.S..
4. Il primo motivo, con cui si lamenta l'insussistenza del dolo di bancarotta, in considerazione della non prevedibilità del fallimento al momento della commissione delle condotte distrattive contestate, oltre a dedurre profili di merito non consentiti in sede di legittimità, è manifestamente infondato, in quanto, secondo quanto autorevolmente chiarito anche dalle Sezioni Unite di questa Corte, ai fini della sussistenza del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale non è necessaria l'esistenza di un nesso causale tra i fatti di distrazione ed il successivo fallimento, essendo sufficiente che l'agente abbia cagionato il depauperamento dell'impresa, destinandone le risorse ad impieghi estranei alla sua attività (Sez. U, n. 22474 del 31/03/2016, Passarelli, Rv. 266804, che ha precisato che i fatti di distrazione, una volta intervenuta la dichiarazione di fallimento, assumono rilievo in qualsiasi momento siano stati commessi e, quindi, anche se la condotta si è realizzata quando ancora l'impresa non versava in condizioni di insolvenza), e l'elemento soggettivo del delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione è costituito dal dolo generico, per la cui sussistenza non è necessaria la consapevolezza dello stato di insolvenza dell'impresa, nè lo scopo di recare pregiudizio ai creditori, essendo sufficiente la consapevole volontà di dare al patrimonio sociale una destinazione diversa da quella di garanzia delle obbligazioni contratte (Sez. U, n. 22474 del 31/03/2016, Passarelli, Rv. 266805).
5. Il secondo motivo, concernente la vicenda "Tirrena Immobiliare" (capo A), è inammissibile, non soltanto perchè non si confronta con l'intero tessuto argomentativo del provvedimento impugnato, del quale si limita a richiamare estratti indebitamente parcellizzati, ma anche perchè propone doglianze eminentemente di fatto, riservate al merito della decisione, e perchè è manifestamente infondato.
5.1. Sotto il primo profilo, va, infatti, rammentato che, ai fini della configurabilità dell'ipotesi di inammissibilità dell'impugnazione per genericità dei motivi, in quest'ultima rientra non solo la aspecificità dei motivi stessi, ma anche la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentative della decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell'impugnazione (Sez. 1, n. 4521 del 20/01/2005, Orrù, Rv. 23075), sicchè è inammissibile il ricorso per cassazione che, offrendo al giudice di legittimità frammenti probatori o indiziari, solleciti quest'ultimo ad una rivalutazione o ad una diretta interpretazione degli stessi, anzichè al controllo sulle modalità con le quali tali elementi sono stati raccolti e sulla coerenza logica della interpretazione che ne è stata fornita (Sez. 5, n. 44992 del 09/10/2012, Aprovitola, Rv. 253774).
5.2. Sotto diverso profilo, invece, va evidenziata l'inammissibilità delle doglianze relative alla valutazione della natura distrattiva delle condotte contestate, in quanto sollecitano, in realtà, una rivalutazione di merito preclusa in sede di legittimità; infatti, pur essendo formalmente riferite a vizi riconducibili alle categorie del vizio di motivazione, ai sensi dell'art. 606 c.p.p., sono in realtà dirette a richiedere a questa Corte un inammissibile sindacato sul merito delle valutazioni effettuate dalla Corte territoriale (Sez. U, n. 2110 del 23/11/1995, Fachini, Rv. 203767; Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, Dessimone, Rv. 207944; Sez. U, n. 24 del 24/11/1999, Spina, Rv. 214794.
In particolare, con le censure proposte i ricorrenti non lamentano una motivazione mancante, contraddittoria o manifestamente illogica - unici vizi della motivazione proponibili ai sensi dell'art. 606 c.p.p., lett. e), ma una decisione erronea, in quanto fondata su una valutazione asseritamente sbagliata.
Il controllo di legittimità, tuttavia, concerne il rapporto tra motivazione e decisione, non già il rapporto tra prova e decisione; sicchè il ricorso per cassazione che devolva il vizio di motivazione, per essere valutato ammissibile, deve rivolgere le censure nei confronti della motivazione posta a fondamento della decisione, non già nei confronti della valutazione probatoria sottesa, che, in quanto riservata al giudice di merito, è estranea al perimetro cognitivo e valutativo della Corte di Cassazione.
Non appare ridondante evidenziare, altresì, in tema di limiti del controllo di legittimità in materia cautelare personale, che alla Corte suprema spetta il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità e ai limiti che ad esso ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l'hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell'indagato, controllando la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l'apprezzamento delle risultanze probatorie (Sez. U, n. 11 del 22/03/2000, Audino, Rv. 215828, cha posto in evidenza che la motivazione della decisione del tribunale del riesame, dal punto di vista strutturale, deve essere conformata al modello delineato dall'art. 292 cod. proc. pen., ispirato al modulo di cui all'art. 546 c.p.p., con gli adattamenti resi necessari dal particolare contenuto della pronuncia cautelare, non fondata su prove, ma su indizi e tendente all'accertamento non della responsabilità, bensì di una qualificata probabilità di colpevolezza).
Pertanto, nel rammentare che la Corte di Cassazione è giudice della motivazione, non già della decisione, ed esclusa l'ammissibilità di una rivalutazione del compendio probatorio, va al contrario evidenziato che l'ordinanza impugnata ha fornito logica e coerente motivazione in ordine alla ricostruzione dei fatti e alla qualificazione giuridica, con argomentazioni prive di illogicità (tantomeno manifeste) e di contraddittorietà.
5.3. Il Tribunale, infatti, ha affermato, con apprezzamento di fatto immune da censure, e dunque insindacabile in sede di legittimità, la natura distrattiva della condotta con la quale P.G. (procuratore della fallita, e, in realtà, amministratore di fatto, nonchè socio al 5,5 % e amministratore della Tirrena Immobiliare), in concorso con A.S., liquidatore della fallita, ha acquisito la quota di partecipazione della quale la "(OMISSIS)" era titolare nella Tirrena Immobiliare, pari al 94,5 %, versando la modesta somme di Euro 25.207,00, sebbene il valore fosse superiore ad oltre 8 milioni di Euro.
Al riguardo, A., quale liquidatore della (OMISSIS), socio di maggioranza della Tirrena Immobiliare, in presenza di una perdita quasi integrale del capitale sociale, votava per la riduzione del capitale ed il contestuale aumento, che, in mancanza di risorse della (OMISSIS) (già in stato di liquidazione e priva di risorse sufficienti), veniva sottoscritto dal solo P.G., l'altro socio, che, titolare di una quota del 5,5%, diveniva socio unico della Tirrena Immobiliare mediante una vera e propria svendita del valore.
Le doglianze del ricorrente, che si concentrano essenzialmente sulla contestazione del valore della Tirrena, che non avrebbe più avuto un valore di oltre 8 milioni di Euro, come all'epoca dell'acquisto (avvenuto nel 2008), per il diniego dei titoli edilizi da parte delle amministrazioni e, nel 2017, del giudice amministrativo adito, sono ictu oculi inammissibili perchè lamentano una errata valutazione di merito, in tal senso sollecitando una non consentita rivalutazione da parte di questa Corte.
Peraltro, l'ordinanza impugnata ha, al riguardo chiarito che: la perdita di valore del patrimonio immobiliare della Tirrena, proprietaria delle aree dell'ex (OMISSIS), non era stata dimostrata, in quanto l'ottenimento dei titoli edilizi non era automatico già al momento dell'acquisto, la pronuncia del Tar Lazio era intervenuta nel 2017, successivamente all'operazione di "svendita" del patrimonio (avvenuta nel 2015), e la vocazione comunque edificatoria della vasta area non giustificava l'irrisorietà del prezzo versato da P.G. per acquisire la titolarità di tutte le quote della Tirrena Immobiliare; se davvero la Tirrena fosse stata priva di valore, secondo l'assunto del ricorrente, non sarebbe plausibile l'interesse ad acquistare le quote di proprietà della società "di famiglia" (la (OMISSIS)), allorquando doveva essere ancora pagato il saldo del prezzo ai venditori del terreno; la condotta (realizzata il 27 gennaio 2015) era finalizzata a svuotare in modo fraudolento il patrimonio della società (OMISSIS), prossima al fallimento (intervenuto il 23 luglio 2015), privandola di una quota dell'attivo.
Il già dichiarato stato di liquidazione della (OMISSIS), la prossimità temporale con la successiva dichiarazione di fallimento, la duplice veste rivestita da P.G. nelle due compagini societarie, rendono davvero astratte le doglianze concernenti una pretesa inconsapevolezza dello stato di insolvenza - come già evidenziato, irrilevante - ed una mancanza di dolo.
6. Il terzo motivo, concernente la vendita delle quote di Villa San Michele s.r.l. (capo F), è inammissibile.
Nel richiamare quanto già evidenziato infra p. 5.1. e 5.2., giova soltanto evidenziare che la (OMISSIS) aveva acquistato, nell'aprile del 2008, le quote di partecipazione al capitale sociale della "Villa San Michele s.r.l.", per un prezzo complessivo di Euro 2.983.100,00; nell'ottobre del 2012 le ha cedute alla GP Holding, rappresentata da P.V. (rispettivamente figlia e sorella degli odierni ricorrenti Gennaro e D.), per il prezzo di Euro 893.296,18.
La clamorosa sproporzione tra prezzo di acquisto e prezzo di vendita, ritenuta dai giudici della cautela indice della natura distrattiva dell'operazione, è stata oggetto di doglianze che si sono concentrate sulla contestazione del valore delle quote di partecipazione: il mercato immobiliare è soggetto a rilevanti oscillazioni, ed il valore dipende dalle possibilità di realizzare le iniziative speculative programmate.
Le doglianze, tuttavia, oltre ad essere inammissibili, perchè sollecitano una rivalutazione del merito non consentita in sede di legittimità, men che meno in sede cautelare, sono del tutto generiche, non argomentando in alcun modo, in maniera concreta, sulle asserite cause della notevole svalutazione; l'ordinanza impugnata, del resto, ha affermato che la dedotta svalutazione del fondo non è stata dimostrata, ed anzi risulta contraddetta dal persistente interesse delle società del gruppo P. nei confronti della Villa San Michele, rivelato dall'acquisto, da parte della GP Holding, di un'altra quota di Villa San Michele dal fallimento (OMISSIS); nè il prezzo pagato alla curatela, inferiore a quello originario, è stato ritenuto indiziante una svalutazione del valore delle quote di partecipazione, in assenza di dati comprovanti l'andamento della gara conclusasi con l'aggiudicazione al maggior offerente.
Peraltro, il Tribunale ha evidenziato che la svalutazione delle quote di partecipazione risulta altresì smentita, non soltanto sul piano logico, ma anche rappresentativo, dal rinvenimento di alcuni files nei computer sequestrati, dai quali emergeva un valore delle quote sociali - come indicato nella minuta di un contratto di vendita - ben più consistente (49 milioni di Euro), ed il trasferimento di significative somme di denaro (rispettivamente 6 e 50 milioni).
7. Il quarto motivo, concernente la distrazione della somma impiegata per l'acquisto dell'immobile in discesa (OMISSIS) (capo B), è inammissibile.
Nel richiamare, anche in tal caso, quanto già evidenziato infra p. 5.1. e 5.2., va evidenziato che la contestazione concerne l'acquisto dell'immobile sito in via (OMISSIS), da parte di P. R. e P.V. con denaro proveniente in buona parte dalla (OMISSIS) s.r.l., della quale essi erano soci; in particolare, la (OMISSIS), all'epoca amministrata da P.D., versava ai germani R. e V. P. la somma di oltre 2 milioni di Euro, i quali la restituivano soltanto in parte, per un importo pari a 790 mila Euro; di queste 790 mila Euro, tuttavia, la somma di Euro 573.200,00 proveniva da un ulteriore corresponsione da parte della (OMISSIS).
Tanto premesso, le doglianze del ricorrente si concentrano sul rilievo che il versamento non era stato eseguito per l'acquisto dell'immobile, ma solo per la garanzia in pegno denaro per l'operazione di apertura del credito finalizzata all'ottenimento del mutuo, e che le somme erano state in parte restituite alla (OMISSIS), in parte compensate con crediti della GP Holding.
Anche in tal caso, i motivi, che sollecitano una rivalutazione non consentita del merito, sono generici, non confrontandosi con la motivazione dell'ordinanza impugnata, che ha, sul punto, evidenziato: che il prezzo dell'immobile venne pagato grazie al denaro messo in parte a disposizione dalla (OMISSIS), e non restituito; che la deduzione concernente l'estinzione del debito da parte della GP Holding, per compensazione con un credito asseritamente esistente nei confronti della P. (ma attestato soltanto da un atto stragiudiziale, in assenza di dimostrazione dei flussi finanziari), oltre a sfuggire alle ordinarie logiche imprenditoriali, non considera che il lussuoso immobile di via (OMISSIS) è stato acquistato da R. e V. P. quali persone fisiche, e non per conto di una società; l'accollo del debito, peraltro, sarebbe avvenuto senza corrispettivo, per un mero atto di liberalità.
In altri termini, le risorse per l'acquisto dell'immobile risultano essere comunque provenienti dal patrimonio delle società del gruppo imprenditoriale dei P..
Quanto alla somma di Euro 573.200,00, versata dalla (OMISSIS) ai germani P.R. e V., tramite la Nuova TMC, il ricorrente ha contestato la natura fittizia di quest'ultima società, richiamando la produzione documentale (bilanci, modelli 770) attestante la sua operatività; ha, tuttavia, omesso di confrontarsi con il fatto, evidenziato dal Tribunale, che il versamento di Euro 573.200,00 effettuato dalle casse dalla (OMISSIS) alla società di P.V. e R., la Nuova TMC, è comunque avvenuto in assenza di giustificazione imprenditoriale ed economica, in tal senso connotando la natura distrattiva della condotta.
8. Il quinto motivo, concernente la distrazione della somma di Euro 228.160,00 (capo E), è inammissibile.
La contestazione concerne il prestito di 750 mila Euro concesso nel 2010 da P.M. alla (OMISSIS), che, nel 2012 (allorquando la società era già in fase di dissesto), restituiva la somma di Euro 978.160,00, versata su un conto cointestato ai germani M. e D., all'epoca amministratore unico della fallita (oltre che beneficiario della somma restituita sul conto cointestato con la sorella).
Le doglianze del ricorrente, che si limitano a contestare l'affermata esorbitanza della somma restituita, sono del tutto generiche, oltre che concernenti valutazioni riservate al merito.
A prescindere dall'oggettiva esorbitanza della somma restituita, comprensiva di oltre 228 mila Euro a titolo di interessi asseritamente maturati in due anni, va comunque rammentato che, in tema di bancarotta, qualora il socio creditore si identifichi con lo stesso amministratore della società, la condotta di quest'ultimo, volta alla restituzione, in periodo di dissesto, di finanziamenti in precedenza concessi, integra il reato di bancarotta per distrazione e non quello di bancarotta preferenziale (Sez. 5, n. 34505 del 06/06/2014, Marchesi, 264277).
9. Il settimo motivo, concernente la bancarotta impropria di cui alla L. Fall., art. 223, comma 2, n. 2, (capo H), è inammissibile.
Premesso che, con l'appello, il ricorrente si limitava a contestare soltanto l'entità del debito erariale, non l'an, sicchè deve ritenersi nuovo il motivo concernente la qualificazione giuridica dell'operazione, va al riguardo evidenziato che la contestazione concerne la sistematica omissione degli obblighi tributari e contributivi, fin dal 2005, che aveva condotto ad un passivo di oltre 5 milioni di Euro.
Quanto alla rilevanza penale della condotta contestata, giova rammentare che la giurisprudenza di questa Corte è consolidata nell'affermare che il sistematico inadempimento dei debiti erariali e/o contributivi, se, da un lato, arreca sicuri vantaggi all'impresa sotto forma di risparmio dei relativi costi, dall'altro, aumenta ingiustificatamente l'esposizione nei confronti dell'erario e degli enti previdenziali, così rendendo "prevedibile il conseguente dissesto della società" (Sez. 5, n. 15281 del 08/11/2016, dep. 2017, Bottiglieri, Rv. 270046); sicchè, in tema di bancarotta fraudolenta fallimentare, le operazioni dolose di cui alla L. Fall., art. 223, comma 2, n. 2, possono consistere nel sistematico inadempimento delle obbligazioni fiscali e previdenziali, frutto di una consapevole scelta gestionale da parte degli amministratori della società, da cui consegue il prevedibile aumento della sua esposizione debitoria nei confronti dell'erario e degli enti previdenziali (Sez. 5, n. 24752 del 19/02/2018, De Mattia, Rv. 273337; ex multis, Sez. 5, n. 47621 del 25/09/2014, Prandini, Rv. 261684; Sez. 5, n. 15281 del 08/11/2016, dep. 2017, Bottiglieri, Rv. 270046; Sez. 5, n. 29586 del 15/05/2014, Belleri, Rv. 260492).
10. L'ottavo motivo, concernente le esigenze cautelari, è infondato, oltre che, sotto altro profilo, generico, per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentative della decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell'impugnazione (Sez. 1, n. 4521 del 20/01/2005, Orrù, Rv. 230751).
Con riferimento a P.G., infatti, il ricorso si è limitato a lamentare il decorso del tempo dall'applicazione della misura e l'insussistenza delle esigenze cautelari del pericolo di reiterazione e dell'inquinamento probatorio, in maniera del tutto assertiva.
Con riferimento a P.D., il ricorso ha dedotto che l'indagato è amministratore di una sola società del gruppo, non coinvolta nel procedimento, e che il ruolo di amministratore della fallita è cessato nel 2013, mentre le condotte contestate risalgono al periodo 2008-2010.
L'ordinanza impugnata, nel confermare la misura domiciliare applicata, ha, al contrario, compiutamente evidenziato le circostanze di fatto dalle quali è stata desunta, con apprezzamento di fatto immune da censure, e dunque insindacabile in sede di legittimità, l'attuale e concreto pericolo di reiterazione di reati della stessa specie e di inquinamento probatorio: le modalità delle condotte, connotate da sottili meccanismi distrattivi, e da una spiccata e spregiudicata propensione a commettere illeciti nell'ambito delle società partecipate dai componenti della famiglia P.; l'elevato livello degli interessi economici, la fittizia interposizione di soggetti estranei e compiacenti nella gestione delle società in perdita, volta a ‘scaricarè le responsabilità penali e civili; le intercettazioni dalle quali emerge il sollievo di P.G. nel ricevere l'informazione, dalla figlia M., che il sequestro della documentazione aveva riguardato la (OMISSIS), la Tirrena Immobiliare, la GP Costruzioni, la Italian Food, e la Villa San Michele, ma non altra documentazione evidentemente ritenuta più compromettente; le conversazioni intercettate aventi ad oggetto le indicazioni fornite da P.G. a D.S.S. ("amministratore fantoccio") e agli altri collaboratori, sulle informazioni da dare alla p.g., sulla documentazione da esibire e su quella da occultare, su come ostacolare le operazioni, rivolgendosi anche al più esperto A.S..
Con più specifico riferimento a P.D., inoltre, il Tribunale, con apprezzamento di fatto immune da censure, e dunque insindacabile in sede di legittimità, ha evidenziato che egli ha assunto o eseguito in prima persona le decisioni gestionali che hanno integrato le condotte distrattive (il versamento per l'acquisto della villa in discesa (OMISSIS), la distrazione delle quote di Villa San Michele, e delle somme contestate ai capi D ed E, la bancarotta impropria di cui al capo H), ha rivestito la carica di amministratore della fallita fino alla cessazione di fatto dell'attività imprenditoriale, allorquando, dinanzi ad una imponente situazione debitoria, si faceva sostituire formalmente da A.S., uomo di fiducia della famiglia P..
Nel rammentare che, ai fini della valutazione delle esigenze cautelari in relazione al delitto di bancarotta fraudolenta, il tempo trascorso dalla commissione del fatto deve essere determinato avendo riguardo all'epoca in cui le condotte illecite sono state poste in essere e non al momento in cui è intervenuta la dichiarazione di giudiziale di insolvenza, la quale, ancorchè determini il momento consumativo del reato, non costituisce riferimento utile per vagliare il comportamento dell'indagato, ai sensi dell'art. 274 c.p.p., collocandosi fuori della sua sfera volitiva (Sez. 5, n. 9280 del 14/10/2014, dep. 2015, Cassina, Rv. 263586), va altresì osservato che le condotte distrattive contestate a P.D. si sviluppano lungo l'intero arco della vita sociale nel quale egli ha rivestito il ruolo di amministratore della (OMISSIS), fino alla fine del 2012 (cessione di Villa San Michele capo F).
Infine, con rilievo che concerne entrambi i ricorrenti, non appare ridondante evidenziare, con riferimento al pericolo di recidiva, che non va confuso il pericolo di reiterazione di reati della stessa specie, con il pericolo di reiterazione dello stesso fatto-reato; dal tenore dell'art. 274 c.p.p., lett. c), emerge in maniera evidente che l'oggetto del periculum è la reiterazione di astratti reati della stessa specie, non del concreto fatto-reato oggetto di contestazione, che, talvolta, non potrebbe neppure essere naturalisticamente reiterato (come nell'ipotesi di più grave aggressione al bene vita dell'omicidio); sicchè il pericolo di reiterazione non può essere escluso dall'attuale assenza di cariche sociali in altre società, a maggior ragione nel caso di P.D., che, per stessa ammissione del ricorrente, è amministratore di una società del gruppo imprenditoriale (la Energy On s.r.l.).
11. E', invece, fondato il motivo concernente il reato di bancarotta fraudolenta documentale (capo G).
Sia l'imputazione provvisoria che l'ordinanza impugnata fanno riferimento ad una condotta di "omesso deposito" delle scritture contabili presso la cancelleria del Tribunale fallimentare e di omessa consegna al curatore, nonchè al rinvenimento di parte della documentazione nel corso delle operazioni di perquisizione.
Tanto premesso, dal provvedimento impugnato (e dalla stessa imputazione) non si evince se la condotta contestata riguardi la sottrazione o occultamento di scritture contabili, ovvero la tenuta in guisa da non consentire la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari, o, ancora, la mera omessa consegna delle scritture, rilevante ai sensi dell'art. 220, in relazione alla L. Fall., art. 16, n. 3.
Nè è chiaro quale sia la consistenza delle scritture contabili rinvenute in sede di perquisizione: se riguardino la (OMISSIS) s.r.l. o altre società del gruppo imprenditoriale; se, nel primo caso, le scritture contabili siano complete o meno.
Resta, in ogni caso, carente la motivazione in ordine alla sussistenza del reato di bancarotta fraudolenta documentale, sia sotto il profilo della ricostruzione del fatto, sia sotto il profilo della qualificazione giuridica, in quanto la mera "omessa consegna" delle scritture contabili può integrare il reato di cui alla L. Fall., art. 220, ma non, di per sè, la bancarotta fraudolenta documentale, nella cui dimensione offensiva può, invece, essere assorbita (Sez. 5, n. 16744 del 13/02/2018, Di Candido, Rv. 272684) in caso di qualificazione multipla della condotta.
12. Ne consegue l'annullamento del provvedimento impugnato nei confronti di P.G. limitatamente al capo G) dell'incolpazione provvisoria con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Napoli, ed il rigetto, nel resto, del ricorso di P.G., e di quello di P.D..
Al rigetto del ricorso di P.D. consegue la condanna al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Annulla il provvedimento impugnato nei confronti di P.G. limitatamente al capo G) dell'incolpazione provvisoria con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Napoli; rigetta il ricorso di P.D., che condanna al pagamento processuali.
Così deciso in Roma, il 24 settembre 2018.
Depositato in Cancelleria il 2 gennaio 2019