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Bancarotta fraudolenta patrimoniale: quando è configurabile in capo al socio di s.n.c.?

Bancarotta fraudolenta patrimoniale

La massima

Ai fini della configurabilità, in capo al socio illimitatamente responsabile di una società in nome collettivo dichiarata fallita, del reato di bancarotta fraudolenta per distrazione dei beni del suo patrimonio personale è necessario che il fallimento sia stato esteso nei suoi confronti ai sensi dell'art. 147 legge fall..

Cassazione penale sez. V, 10/07/2018, n.42591

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La sentenza integrale

RITENUTO IN FATTO 1. Con la sentenza impugnata la Corte d'appello di Trento ha confermato, anche agli effetti civili, la condanna di M.T., T.F. ed A.E. per i reati di bancarotta fraudolenta patrimoniale e falsa attribuzione di attività e crediti inesistenti come rispettivamente contestati ai medesimi. Le imputazioni riguardano la distrazionedi beni da (OMISSIS) s.n.c., dichiarata fallita nel dicembre del 2010, di cui il M. e la T. erano amministratori e soci illimitatamente responsabili e l' A. consulente, nonchè la sopravvalutazione di beni societari ovvero l'attribuzione alla medesima di crediti inesistenti nell'istanza di ammissione a concordato preventivo proposta nel novembre del 2010. 2. Avverso la sentenza ricorrono tutti gli imputati a mezzo dei rispettivi difensori. 2.1 Il ricorso proposto nell'interesse dell' A. articola tre motivi. 2.1.1 Con il primo viene eccepita la nullità del decreto che dispone il giudizio per l'omessa notifica dell'avviso ex art. 415-bis c.p.p. al difensore di fiducia dell'imputato. Infatti a seguito dell'annullamento della richiesta di rinvio a giudizio per l'omessa notifica all'imputato del medesimo avviso, il G.u.p. disponeva procedersi alla sua esecuzione, indicando però che lo stesso era assistito dal difensore d'ufficio, nonostante egli avesse nominato da tempo un difensore di fiducia. Il ricorrente precisa altresì di aver sollevato la medesima eccezione sia nel dibattimento di primo grado, che con i motivi d'appello, lamentando che la Corte territoriale sul punto si sarebbe limitata a richiamare quanto argomentato nella sentenza di primo grado ai fini del rigetto della stessa. 2.1.2 Con il secondo motivo vengono dedotte errata applicazione della legge penale e violazione di legge, nonchè la mancata assunzione di una prova decisiva. In proposito il ricorrente rileva come la prova nei confronti dell' A. sia costituita esclusivamente dalle dichiarazioni dei coimputati, evidentemente interessati ad addossare esclusivamente al medesimo la colpa dell'accaduto nonostante abbiano gestito la società per oltre trent'anni, nonchè di altri soggetti egualmente motivati ad allontanare da sè qualsiasi ombra di responsabilità (come il P.) ovvero mossi dal risentimento nei suoi confronti (come nel caso del Mi.). Non di meno non si comprenderebbe quale sarebbe stato l'apporto causale dell'imputato alla consumazione dei reati contestatigli, posto che il curatore ha evidenziato come alcun atto gestionale sia riconducibile alla sua persona, se si eccettua il contratto di agenzia relativo alla presunta distrazione effettuata per il tramite di Planets Cargo, ed in senso analogo il M.llo Ru. che ha condotto la verifica fiscale nei confronti della fallita ha dichiarato di averlo incontrato in un'unica occasione. Alcuna certezza sulla responsabilità dell' A. sarebbe stata acquisita, con conseguente violazione della regola di giudizio posta dall'art. 533 c.p.p.. 2.1.3 Vizi di motivazione in merito alla commisurazione della pena in misura superiore al minimo edittale vengono invece dedotti con il terzo motivo, con il quale il ricorrente lamenta altresì il mancato riconoscimento della prevalenza delle pur concesse attenuanti generiche sulla contestata recidiva. 2.2 Il ricorso proposto con unico atto a firma del comune difensore nell'interesse del M. e della T. articola sette motivi. 2.2.1 Con il primo motivo viene dedotta errata applicazione della legge penale in merito alla ritenuta sussistenza del reato di cui all'art. 236 L. Fall. di cui al capo A). Osservano in proposito i ricorrenti come oggetto di imputazione sia stata l'ipervalutazione nella richiesta di concordato preventivo di alcune poste attive della fallita (il parco automezzi, un terreno ed alcuni crediti), condotta estranea alla fattispecie incriminatrice contestata, la quale punisce esclusivamente l'esposizione di attività inesistenti e non per l'appunto anche la loro mera sopravvalutazione, comportamento rilevante ai fini dell'incriminazione de qua soltanto ai fini dell'integrazione della diversa condotta di simulazione totale o parziale di crediti. 2.2.2 Con il secondo motivo vengono denunziati vizi di motivazione in merito alla medesima imputazione, lamentando i ricorrenti come la Corte territoriale abbia affermato in maniera apodittica la responsabilità degli imputati per il suddetto reato sulla base di mere congetture, senza individuare alcuna risultanza probatoria in grado di dimostrare la loro consapevolezza in merito alla natura dei dati esplicitati nella domanda di concordato e senza tenere conto di come gli stessi, non possedendo le necessarie competenze tecniche per procedere alla valutazione degli asset, si fossero affidati ad un professionista, peraltro individuato dall' A.. 2.2.3 Analoghi vizi vengono dedotti con il terzo motivo con riguardo alla condotta distrattiva contestata al capo C) ad oggetto la somma conseguita dalla cessione del contratto di leasing immobiliare stipulato dalla fallita con (OMISSIS). In proposito la Corte di merito si sarebbe limitata a riprodurre l'apparato argomentativo della pronunzia di primo grado, integrandolo con autonome considerazioni relative esclusivamente alla posizione del coimputato A.. In tal modo i giudici dell'appello avrebbero omesso di confutare gli articolati rilievi svolti sul punto con il gravame di merito, ripercorrendo il contraddittorio percorso giustificativo sviluppato da quelli di prime cure, che nella sostanza avevano imputato l'attività distrattiva all'iniziativa del citato A., al quale si dovrebbe il mancato versamento alla fallita del ricavato della vendita. Ed infatti l'operazione era stata originariamente congeniata al fine di procacciare a quest'ultima, non più in grado di ottenere credito presso il sistema bancario, la necessaria liquidità e non già per depredarla, mentre il consapevole coinvolgimento degli amministratori nell'ulteriore disegno illecito perseguito dal coimputato non è stato dimostrato e la loro responsabilità affermata in ragione esclusivamente della loro posizione. 2.2.4 Ancora vizi di motivazione vengono dedotti con il quarto motivo in relazione alla ritenuta responsabilità degli imputati per i fatti di bancarotta patrimoniale contestati al capo F) in merito alla stipula del contratto di agenzia con Cargo Planets. Anche in questo caso la sentenza in maniera contraddittoria dapprima assume la finalità originariamente distrattiva del negozio in questione, salvo poi ammettere che lo stesso era reale e funzionale a consentire ad Eurotrama di proseguire la propria attività e che la sua mancata esecuzione non dipendeva da un'impronta genetica di illiceità, quanto, piuttosto, dal fatto che Cargo Planets non aveva onorato il debito con la fallita. Nuovamente la responsabilità concorsuale degli imputati sarebbe stata poi solo assertivamente affermata, mentre la Corte territoriale non avrebbe spiegato perchè non sarebbe credibile la versione del M., il quale ha disconosciuto la firma sul contratto e ha sostenuto di essere stato ingannato dall' A.. In definitiva, secondo i ricorrenti, all'imputato viene rimproverato di essersi affidato ad un soggetto inaffidabile, ma non viene precisato quali sarebbero state le circostanze che lo avrebbero dovuto allertare. In definitiva il M. verrebbe chiamato a rispondere di una condotta distrattiva posta in essere da altro soggetto - contraddittoriamente ritenuto concorrente esterno nel reato a fronte dei continui riferimenti alla sua sostanziale qualifica di amministratore di fatto - che ha gestito in via esclusiva e sostitutiva l'impresa. Obiezione che a maggior ragione varrebbe per la T., rimasta in definitiva estranea alla gestione della società e la cui responsabilità discenderebbe esclusivamente dalla sua qualifica e dall'essere la moglie del M.. 2.2.5 Ulteriori vizi della motivazione vengono denunziati con il quinto motivo in merito alla ritenuta configurabilità del reato di bancarotta distrattiva in merito al trasferimento di alcuni beni (la nuda proprietà dell'abitazione familiare e di un immobile commerciale) al trust M. Sunrise. In proposito i ricorrenti osservano come i suddetti beni provengano dal patrimonio personale degli imputati e non da quello della fallita. Conseguentemente il loro trasferimento potrebbe configurare il reato contestato soltanto qualora gli stessi fossero stati dichiarati autonomamente falliti e non soltanto in quanto soci illimitatamente responsabili della fallita, come risulta invece dal capo d'imputazione e come implicitamente ritenuto dalla sentenza impugnata, la quale non ha operato alcun accertamento in merito all'eventuale estensione del fallimento della società agli imputati. 2.2.6 Con il sesto motivo viene dedotto difetto di motivazione in relazione al denegato riconoscimento delle attenuanti generiche al M., essendosi la Corte territoriale limitata in proposito a richiamare i precedenti specifici dell'imputato senza confrontarsi con i rilievi svolti sul punto con il gravame di merito. Con il settimo ed ultimo motivo, infine, sempre nell'interesse del solo M. viene denunziata errata applicazione della legge penale in ordine alla ritenuta inammissibilità della richiesta di riconoscere la continuazione tra i reati per cui si procede e quello oggetto di pregressa condanna in quanto proposta non già con i motivi d'appello, ma oralmente nel corso del susseguente giudizio. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso proposto nell'interesse dell' A. è inammissibile. 1.1 Manifestamente infondata e generica, per le ragioni già esposte nella sentenza impugnata, è innanzi tutto l'eccezione di nullità del decreto che dispone il giudizio riproposta con il primo motivo. Infatti la Corte territoriale ha osservato come all'udienza preliminare fosse stata rilevata l'omessa notifica soltanto all'imputato dell'avviso di conclusione delle indagini, risultando invece regolarmente eseguita quella in favore del suo difensore di fiducia. Conseguentemente a quest'ultimo non era dovuta alcuna ulteriore notificazione, costituendo una mera irregolarità il fatto che nell'avviso poi spedito all' A. per mero errore materiale fosse indicato che egli era difeso d'ufficio. I fatti così esposti nella sentenza impugnata non sono stati contestati dal ricorrente, nè questi ha documentato - come suo onere trattandosi di atti che non appartengono al fascicolo del dibattimento - la non corrispondenza al vero di quanto affermato nel provvedimento impugnato, le cui conclusioni sono assolutamente corrette, atteso che l'omessa notifica dell'avviso ex art. 415-bis c.p.p. determina la nullità della richiesta di rinvio a giudizio e l'obbligo di procedervi prima di un nuovo esercizio dell'azione penale, ma non anche di rinnovare la notifica del medesimo avviso regolarmente eseguita nei confronti di ulteriori soggetti processuali che hanno diritto a riceverla. 1.2 Manifestamente infondate e del tutto generiche sono altresì le censure avanzate con il secondo motivo di ricorso. Contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, che sostanzialmente ha riproposto le medesime doglianze sviluppate con il gravame di merito, la Corte territoriale non ha fondato la prova della responsabilità dell'imputato esclusivamente sulle dichiarazioni del M., del P. e del Mi., ma altresì su un coacervo di dichiarazioni testimoniali, nonchè sul fatto che l' A. fosse legittimato ad operare -e di fatto operasse - sul conto della fallita ed avesse sottoscritto il contratto di agenzia strumento di uno degli episodi distrattivi contestati. Con tale apparato argomentativo, nella sua completezza considerato) il ricorrente non si è di fatto confrontato, nemmeno nella parte in cui i giudici del merito hanno evidenziato le ragioni per cui il restante compendio probatorio fornisca i necessari riscontri alle dichiarazioni del M.. Quanto poi ai dubbi avanzati dal ricorrente sull'attendibilità del P. e del Mi., si tratta di rilievi del tutto generici, tanto più, quanto al secondo, che si fondano su valutazioni congetturali per nulla giustificate dal brano della sua deposizione riportato nel ricorso. Non di meno la sentenza descrive in maniera articolata il ruolo svolto dall'imputato nella consumazione di ognuno dei reati contestatigli, talchè anche sotto questo profilo le censure del ricorrente si rivelano del tutto generiche. 1.3 Altrettanto generiche sono infine le censure svolte con il terzo motivo in relazione al trattamento sanzionatorio, atteso che ancora una volta la Corte territoriale ha giustificato le proprie scelte con articolata motivazione, facendo riferimento alla gravità dei fatti ed al ruolo centrale svolto dall'imputato nella loro consumazione; motivazione con la quale ancora una volta il ricorrente non ha dimostrato di volersi confrontare. 2. I ricorsi proposti nell'interesse del M. e della T. sono fondati nei limiti che di seguito verranno esposti. 2.1 Con riguardo alle doglianze proposte con il primo motivo deve osservarsi che in merito alla rilevanza della condotta di sopravalutazione di attività ai fini della configurabilità del reato di cui all'art. 236, comma 1 L. Fall., la giurisprudenza di questa Corte - nelle rare occasioni in cui ha avuto modo di pronunziarsi - si è espressa in termini apparentemente discordanti. 2.2 Infatti, secondo Sez. 5, n. 9392 del 3 luglio 1991, D'Amico, Rv. 188188, la sopravalutazione di beni effettivamente esistenti nel patrimonio del fallito non può ritenersi tipica alla luce della lettera della citata disposizione, la quale si riferirebbe esclusivamente alla condotta dell'imprenditore, che, al solo scopo di essere ammesso alla procedura di concordato preventivo (ed all'epoca anche di amministrazione controllata), si sia attribuito attività inesistenti. Successivamente Sez. 5, n. 3736 del 26 gennaio 2000, Simoncelli, Rv. 215721, ha invece ritenuto che la formula normativa ricomprenda anche l'omessa indicazione di debiti e la sopravvalutazione di immobili, e, dunque, la simulazione o la dissimulazione, anche parziale, dell'attivo o del passivo e ciò in quanto la stessa richiamerebbe in maniera sintetica il più ampio ventaglio di comportamenti fraudolenti previsti dalle disposizioni fallimentari quale presupposto della trasformazione "sanzionatoria" della procedura alternativa in fallimento. 2.3 Il principio affermato dalla sentenza D'Amico è senza dubbio condivisibile, essendo indubbio che l'errata valutazione di attività effettivamente esistenti nel patrimonio del fallito sia condotta che travalica il tenore letterale della norma incriminatrice. Va però precisato che l'attribuzione di attività inesistenti è condotta integrata anche quando la sopravalutazione si traduca nella vera e propria esposizione di poste attive sostanzialmente insussistenti, come nel caso in cui lo scostamento dal valore reale di queste ultime sia tale da far apparire come esistente un bene intrinsecamente diverso da quello realmente presente nel patrimonio dell'imprenditore. Nella ricostruzione dell'effettivo significato della locuzione normativa è infatti necessario, come opportunamente sottolineato nella sentenza Simoncelli, fare riferimento alla ratio dell'incriminazione e, dunque, alla peculiare funzione informativa che la comunicazione dell'imprenditore sulla propria consistenza patrimoniale svolge ai fini della valutazione giudiziale dell'ammissione alla procedura concordataria e di quella del ceto creditorio sull'opportunità di aderirvi. 2.4 Alla luce dei principi illustrati le censure dei ricorrenti devono ritenersi quindi infondate e in parte non correlate all'effettivo contenuto della motivazione del provvedimento impugnato. Infatti, la sentenza ha ritenuto che le attestazioni concernenti il parco automezzi ed i crediti fossero a tal punto sommarie da non poter essere riferite a specifici beni concretamente individuabili, risultando sostanzialmente fittizie. In tal senso, dunque, la Corte territoriale ha correttamente qualificato il fatto accertato alla luce della lettera della norma contestata. Quanto al terreno sito in (OMISSIS), altrettanto correttamente i giudici dell'appello hanno ritenuto tipica la condotta, avendo rilevato come la sua esorbitante sopravalutazione fosse stata frutto dell'attribuzione al medesimo di qualità (oggetto di mera aspettativa) che ne avevano sostanzialmente trasfigurato la natura, portando ad assegnargli un valore privo di qualsiasi oggettivo fondamento. In definitiva il bene identificato nella relazione era nella sua intrinseca sostanza altro rispetto a quello effettivamente esistente. 2.5 Ciò non di meno in relazione al capo in esame la sentenza deve comunque essere annullata senza rinvio, giacchè il fatto contestato non è previsto dalla legge come reato, con conseguente assorbimento delle doglianze proposte con il secondo motivo dei ricorsi in esame. E' infatti pacifico che lo stesso è stato commesso dagli imputati nella loro qualità di amministratori e soci illimitatamente irresponsabili di una società in nome collettivo, mentre soggetto attivo del reato di cui all'art. 236, comma 1 L. Fall. è esclusivamente l'imprenditore individuale (Sez. 5, n. 14773 del 2 giugno 1989, Danesi, Rv. 182422). Invero in dottrina non si è mancato di evidenziare l'incomprensibilità della scelta legislativa, ma la lettera della disposizione citata non consente ampliamenti in via interpretativa che si risolverebbero nell'applicazione dell'analogia in malam partem, atteso che, quando il legislatore ha inteso estendere le incriminazioni previste dalla legge fallimentare ai soggetti titolari di cariche societarie, lo ha indicato in maniera espressa. Nè è possibile superare i limiti esegetici della norma incriminatrice ricorrendo alla clausola di estensione della responsabilità ai soci illimitatamente responsabili di società in nome collettivo di cui all'art. 222 L. Fall., posto che, espressamente, tale disposizione riguarda esclusivamente le fattispecie di bancarotta propria previste nel Capo I del Titolo IV della suddetta legge e cioè quelle previste dagli artt. 216, 217 e 218 della medesima. 3. Le doglianze proposte con il terzo ed il quarto motivo nell'interesse del M. sono invece infondate e per certi versi inammissibili. 3.1 Tali censure - circostanza che ne consente la trattazione unitaria - prescindono invero dal fatto che l'imputato era l'amministratore della fallita e che tale carica egli ha ricoperto non solo formalmente. Meramente assertive - e comunque versate in fatto si rivelano infatti le obiezioni svolte con il ricorso in merito al ruolo presuntivamente assorbente assunto dall' A. nella gestione della fallita, posto che la sentenza impugnata, pur riconoscendo il pregnante coinvolgimento di quest'ultimo nei processi decisori da cui sono scaturite le condotte illecite contestate ai capi C) ed F), ha dato puntualmente conto del ruolo attivo svolto dal M. in relazione ad entrambe le vicende proprio nella sua qualità di amministratore della società. 3.2 Con specifico riguardo alla distrazione del contratto di leasing, le censure del ricorrente appaiono oltremodo generiche nella parte in cui lamentano l'omessa confutazione dei rilievi svolti in proposito con il gravame di merito, senza specificare quali sarebbero le doglianze che non avrebbero trovato, anche solo implicitamente, risposta nella motivazione della sentenza impugnata. Ed infatti il ricorso si limita ad evocare a p. 12 il numero del motivo d'appello asseritamente non considerato, il che ovviamente non è sufficiente ad integrare il requisito di specificità dell'impugnazione richiesto dall'art. 581 c.p.p.. Infondata è invece l'obiezione per cui la motivazione della sentenza sarebbe contraddittoria nella parte in cui, per un verso, affermerebbe che l'imputato avrebbero condiviso il piano criminoso originario, mentre per l'altro ammetterebbe che la finalità dell'operazione non era predatoria, ma quella di rifinanziare la fallita. In realtà il provvedimento impugnato non ha per nulla "ammesso" tale presunta finalità, ma si è limitato ad evocare la giustificazione in tal senso fornita dal M., evidenziando come la stessa sia rimasta indimostrata e che, a tutto concedere, l'operazione era comunque al più destinata a fornire provvista occulta, posto che della cessione del contratto di leasing non vi è traccia nelle scritture contabili. Circostanza quest'ultima che, unitamente al fatto che il M. ha deciso o comunque consentito che il corrispettivo della cessione venisse versato a CRSI e che quest'ultima si intestasse gli immobili per cui venne utilizzato, logicamente è stata ritenuta idonea a dimostrare la sua responsabilità. 3.3 Quanto alla distrazione dei ricavi della fallita attraverso lo schermo di Planet Cargo, non è fondata l'obiezione per cui la Corte di merito non avrebbe confutato la tesi difensiva dell'imputato. Infatti, nel descrivere il funzionamento dell'anomalo rapporto tra le due società, i giudici dell'appello hanno sottolineato l'entità e continuità nel tempo del pagamento a Planet Cargo dei compensi per l'attività prestata da Eurotrama ed il fatto che quest'ultima comunque fatturava alla prima i costi sostenuti. In tal modo la sentenza ha implicitamente ritenuto irrilevante chi avesse effettivamente sottoscritto l'improvvisato contratto di agenzia stipulato tra le due società (pur evidenziando il valore indiziario del fatto che a scaricare dalla rete il modello che servì per redigerlo fu il figlio dell'imputato, annotazione che il ricorrente nemmeno ha preso in considerazione), rilevando che il M. nella sua qualità di amministratore della fallita non poteva non rendersi conto che la sua società non incassava i proventi dei servizi resi e contemporaneamente fatturava i costi ad altro soggetto. La tenuta logica di tale ragionamento è fuori discussione ed in grado di resistere ai suesposti rilievi difensivi. Nè ha migliore sorte l'obiezione per cui sarebbe stata ancora una volta la sentenza ad ammettere che lo schermo della Planet Cargo fosse funzionale a consentire alla fallita di accedere al sistema bancario presso cui non aveva più affidamento. Che intestare i rapporti attivi alla società interposta servisse ad acquisire nuovo credito e consentire al M. (e non alla sua società) di proseguire nella sua attività imprenditoriale non significa, diversamente da quanto dimostra di credere il ricorrente, che l'operazione possa essere ritenuta lecita. Infatti la stessa si è risolta in una sorta di spin off "dinamico", onerando delle passività il patrimonio della fallita e beneficiando dei ricavi la società schermo a detrimento dei creditori della prima. Ed in proposito va sottolineato come tale schema avrebbe integrato il reato di bancarotta patrimoniale anche qualora la Planet Cargo avesse onerato le fatture emesse da Eurotrama o avesse altrimenti saldato i fornitori di quest'ultima, limitandosi a trattenere gli eventuali utili dell'attività. 4. Diversamente deve concludersi con riguardo alle ulteriori censure svolte negli stessi motivi di ricorso con specifico riguardo alla posizione della T., sempre con riguardo ai summenzionati reati di cui ai capi C) ed F). Nell'ipotesi - che ricorre per l'appunto nel caso di specie - in cui una società sia retta formalmente da più amministratori, formalmente titolari degli stessi poteri decisori ed interdittivi, è comunque compito del giudice accertare se essi siano stati effettivamente coautori del reato fallimentare loro contestato anche e soprattutto sotto il profilo dell'elemento soggettivo. Se non è dubbio che l'imputata è venuta meno agli obblighi che sulla stessa gravavano in ragione della carica liberamente assunta, è altrettanto indubbio, sulla base di quanto esposto nella sentenza impugnata, che l'unico effettivo atto gestionale che le viene attribuito è quello di aver sottoscritto l'istanza di concordato preventivo (atto che peraltro, come si è detto, è penalmente irrilevante). Fondatamente dunque può ritenersi che ella fosse consapevole della situazione di difficoltà in cui versava l'impresa, ma ciò ancora non è sufficiente per dimostrare che la stessa fosse altresì consapevole delle condotte intrinsecamente distrattive poste in essere dal marito con l'ausilio dell' A.. Nè in tal senso la Corte di merito ha evidenziato in che modo la T. fosse attivamente coinvolta nella gestione della fallita, così da non poter ignorare la svolta criminosa impressa alla politica aziendale, piuttosto che risultarne solo formalmente la co-amministratrice. La sentenza invece si è limitata sul punto ad apodittiche affermazioni ovvero ad evocare il concorso omissivo dell'imputata, ma anche in questo caso senza indicare le ragioni per cui ella avrebbe dovuto cogliere la necessità di attivarsi per impedire la spoliazione della società. Anche sotto questo profilo è infatti necessario valutare l'effettivo profilo attivo del modo in cui l'agente ha interpretato la carica ovvero dimostrare che fin dalla sua assunzione lo stesso abbia rinunciato ad esercitare i propri poteri assumendosi consapevolmente il rischio che colui cui ha lasciato la gestione della fallita (sia esso amministratore di fatto o di diritto) agisca o abbia intenzione di agire in maniera illecita sul patrimonio societario. Dimostrazione che deve tenere conto della risalenza di tale rinuncia e dell'entità e durata dei risultati eventualmente conseguiti dalla gestione del co-amministratore o del "delegato" nel periodo antecedente alla consumazione delle condotte illecite. In definitiva, sul punto, la motivazione della sentenza risulta meramente apparente ed orientata ad attribuire all'imputata una responsabilità meramente oggettiva di posizione. 5. Parimenti fondato è il quinto motivo. Al M. e alla T. è contestato al capo G) dell'imputazione di aver distratto alcuni beni dal proprio patrimonio personale, attraverso la loro segregazione in un trust regolato da normativa straniera. Se non può sussistere dubbio alcuno in merito all'idoneità della condotta posta in essere dagli imputati ad integrare la fattispecie tipica della bancarotta patrimoniale (risultando generiche le obiezioni in proposito sollevate con i ricorsi), deve annotarsi come impropriamente il reato sia stato loro contestato innanzi tutto in qualità di amministratori della fallita, qualifica ovviamente irrilevante in relazione alla supposta distrazione di beni, come detto, che non rientravano nel patrimonio societario. Peraltro l'addebito è stato mosso ai due imputati, questa volta correttamente, anche nella loro qualità di soci illimitatamente responsabili della fallita. Peraltro, per il consolidato insegnamento di questa Corte, ai fini della configurabilità, in capo al socio illimitatamente responsabile di una società in nome collettivo dichiarata fallita, del reato di bancarotta fraudolenta per distrazione dei beni del suo patrimonio personale è necessario che il fallimento sia stato esteso nei suoi confronti ai sensi dell'art. 147 L. Fall. (ex multis Sez. 5, n. 13091 del 26 gennaio 2016, Costantino, Rv. 266383). In effetti, come eccepito dai ricorrenti, dalla motivazione della sentenza impugnata (o da quella di primo grado) non emerge in alcun modo che i giudici del merito abbiano preventivamente accertato tale condizione e cioè l'estensione del fallimento al M. ed alla T.. Accertamento in difetto del quale l'apparato giustificativo della decisione risulta inidoneo a sostenerla. 6. In definitiva la sentenza impugnata, come già accennato, deve essere annullata senza rinvio nei confronti del M. e della T. limitatamente al delitto di cui al capo A) perchè il fatto non è previsto dalla legge come reato. Annullamento che deve essere doverosamente esteso anche all' A., cui è contestato il concorso nel medesimo fatto indipendentemente dalla già dichiarata inammissibilità del suo ricorso. La medesima sentenza deve essere altresì annullata, sempre nei confronti del M. e della T., con rinvio per nuovo esame alla Corte d'appello di Bolzano con riguardo, per il primo, al reato di cui al capo G) e, per la seconda, ai reati di cui ai capi C), F) e G), nonchè per la rideterminazione dei rispettivi trattamenti sanzionatori, comunque necessario - anche nei riguardi dell' A. - a seguito del disposto annullamento senza rinvio per il reato di cui al capo A). Come già detto il ricorso dell' A. è nel resto inammissibile, mentre quello del M., sempre nel resto, deve essere rigettato. Conseguentemente la condanna di entrambi gli imputati per i reati di cui ai capi C) ed F) deve ritenersi definitiva. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di M.T. e T.F. e, per l'effetto estensivo,nei confronti di A.E. relativamente al reato di cui al capo A) perchè il fatto non è previsto dalla legge come reato. Annulla la stessa sentenza relativamente alla posizione di T.F. per i reati di cui ai capi C), F) e G) e nei confronti di M.T. per il reato di cui al capo G) con rinvio per nuovo esame alla Corte d'appello di Bolzano. Rigetta nel resto il ricorso del M.. Dichiara inammissibile nel resto il ricorso dell' A.. Così deciso in Roma, il 10 luglio 2018. Depositato in Cancelleria il 27 settembre 2018
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