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Reati fallimentari

Bancarotta fraudolenta patrimoniale: le condotte distrattive assumono rilievo in qualsiasi momento siano state commesse

Bancarotta fraudolenta patrimoniale: le condotte distrattive assumono rilievo in qualsiasi momento siano state commesse

Marzo 2024 - Cassazione penale sez. V, 12/03/2024, n.21860

In tema di bancarotta fraudolenta documentale, la tardiva esibizione, nel corso dell'istruttoria dibattimentale, dei libri contabili non è idonea a surrogare gli obblighi di deposito della documentazione contabile che gravano sull'amministratore sia nella fase prefallimentare, sia in quella immediatamente successiva alla comunicazione della sentenza dichiarativa di fallimento, ma piuttosto avvalora e corrobora quegli indici di fraudolenza rilevanti per l'accertamento della sussistenza del reato.

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Per approfondire l'argomento, leggi il nostro articolo sul reato di bancarotta fraudolenta.

Norme di riferimento

La sentenza integrale

RITENUTO IN FATTO 1. La Corte di appello di Ancona, con la sentenza emessa il 16 maggio 2023, confermava quella del Tribunale anconetano, che aveva accertato la responsabilità penale di Pi.Pa. in ordine al delitto di bancarotta fraudolenta societaria per distrazione, con danno di rilevante gravità. In particolare Pi.Pa. venivano ritenuto responsabile perché, quale amministratore della società Geiwatt Srl, dichiarata fallita dal Tribunale di Ancona in data 25.6.2015, distraeva o comunque distruggeva o dissipava il patrimonio della società, mediante le seguenti operazioni: a) procedeva in data 1.12.2008 all'acquisto dell'azienda di proprietà della Gei Srl, sempre riconducibile a se stesso e dunque in conflitto di interessi, versando alla Gei Srl un prezzo di euro 440.000, superiore a quello pattuito di euro 399.000 circa, valorizzando, quale componente del prezzo, l'avviamento della cedente per euro 250.000, nonostante in quel momento la Gei Srl si trovasse in stato di dissesto; trasferendo in capo alla cessionaria Geiwatt Srl 'crediti incagliati' o del tutto inesigibili per un totale di circa 200.000; attribuendo ai beni mobili strumentali oggetto di cessione il valore del tutto sproporzionato di euro 300.000 circa; b) successivamente all'acquisto di azienda di cui sopra, procedeva ad effettuare alcuni pagamenti, per un totale di euro 196.000, a favore di società, riconducibili sempre allo stesso Pi.Pa., già creditrici della cedente Gei Srl, benché tali debiti non risultassero dalla situazione contabile allegata al contratto di cessione e, quindi, non fossero state ceduti con l'azienda. Il Tribunale riconosceva comprovate tali condotte distrattive, mandando assolto Pi.Pa. per ulteriori condotte distrattive e per le operazioni dolose determinanti la causazione del fallimento, consistite nel trasferire maestranze, contratti e clientela dalla società Geiwatt Srl fallita alle società Artigiana Elettrika Srl e Alltecs Srl, nelle quali il Pi.Pa. aveva cointeressenze. 2. Il ricorso per cassazione proposto nell'interesse di Pi.Pa. consta di tre motivi, enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, secondo quanto disposto dall'art. 173 disp. att. cod. proc. pen. 3. Il primo motivo deduce violazione di legge in relazione agli artt. 216,219 e 223 legge fall., nonché vizio di motivazione. Il ricorrente chiarisce in via preliminare che la Geiwatt Srl (a seguire Geiwatt) fu costituita per mantenere attivo il ramo d'azienda della Gei Srl (a seguire Gei), che infatti le fu ceduto, tanto che la fallita aveva proseguito con profitto l'attività della cedente e che saldò per 196mila euro debiti della prima risultanti alla data della cessione di azienda. Lamenta violazione di legge quanto alla valutazione della Corte territoriale, che ha ritenuto che l'acquisto del ramo di azienda abbia pregiudicato i creditori, senza valutare che si trattò del primo atto di gestione della neocostituita società, amministrata dall'imputato, cosicché risulterebbe non comprovato il pericolo concreto per le garanzie dei creditori, che caratterizza la fattispecie in esame. La fallita, all'atto dell'acquisizione del ramo di azienda della Gei, non possedeva alcun patrimonio sociale né creditori da soddisfare, cosicché ciò che viene ad essere contestata dalla sentenza impugnata sarebbe in sé l'iniziativa imprenditoriale di Pi.Pa., in quanto partecipe di cedente e cessionaria, trascurando le dichiarazioni del commercialista Vi., che aveva chiarito come in luogo dell'aumento di capitale fu deciso di procedere all'acquisto del ramo di azienda con la finalità di fruire della deducibilità fiscale delle perdite di Gei. In sostanza, la condotta contestata non avrebbe avuto la finalità di trasferire liquidità alla Gei, ma di utilizzare i debiti della stessa per ridurre la tassazione per la cessionaria Geiwatt. Inoltre, ribadisce il motivo di ricorso, non sarebbe corretto aver ritenuto che una operazione del 2008 possa aver prodotto uno stato di decozione integratosi cinque anni dopo, durante i quali la Geiwatt aveva generato ricavi e adempiuto alle proprie obbligazioni. 4. Il secondo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione, in quanto a fronte della contestazione di distrazione e dissipazione, i Collegi di merito hanno optato per la prima condotta, senza chiarire quale sia il trasferimento di asset aziendale e senza considerare, comunque, che le condotte in questione richiedono una disposizione estranea alle esigenze dell'impresa. 5. Il terzo motivo lamenta vizio di motivazione quanto all'elemento soggettivo. In particolare, difetterebbe del tutto una motivazione quanto al dolo di bancarotta fraudolenta, non confrontandosi le sentenze di merito con la circostanza che la fallita provvide all'acquisizione del ramo di azienda grazie a un credito di 400mila euro, garantito dai soci e anche da Pi.Pa., che ha poi garantito anche, nella fase finale di crisi, con il proprio patrimonio personale l'esposizione della Geiwatt, tanto da subire l'esecuzione immobiliare. Se l'imputato si fosse prefigurato il pericolo concreto non avrebbe offerto tali garanzie personali. 6. Il ricorso è stato trattato con l'intervento delle parti, ai sensi dell'art. 23, comma 8, d.l. n. 137 del 2020, disciplina prorogata sino al 31 dicembre 2022 per effetto dell'art. 7, comma 1, d.l. n. 105 del 202, la cui vigenza è stata poi estesa in relazione alla trattazione dei ricorsi proposti entro il 30 giugno 2023 dall'articolo 94 del decreto legislativo 10 ottobre 2022, come modificato dall'art. 5-duodecies d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito con modificazioni dalla l. 30 dicembre 2022, n. 199, nonché entro il 30 giugno 2024 ai sensi dell'art. 11, comma 7, del d.l. 30 dicembre 2023, n. 215, convertito in legge 23 febbraio 2024, n. 18. 7. Il Pubblico ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale dott. Tomaso Epidendio, ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso, riportandosi alla memoria depositata ed evidenziando come, quanto ai primi due motivi, la ricostruzione della sentenza risulta congruente e corretta in diritto, fermo restando che il depauperamento rappresentato dagli esborsi ingiustificati per l'acquisto di aziende in decozione a causa dell'esposizione verso l'erario - le cui conseguenze si sono inevitabilmente avute in un più ampio decorso temporale rispetto alle iniziative a ciò conseguenti - integra altresì una condotta distrattiva. In ordine al terzo motivo sul dolo, il ricorso ometterebbe di confrontarsi adeguatamente con le indicazioni della sentenza sulle cointeressenze dell'imputato nelle varie società e sui "travasi di liquidità" indebitamente operati da una società all'altra. 8. Il difensore dell'imputato, avvocato Stefano Brugiapaglia, chiedendo accogliersi il ricorso, ha illustrato i motivi, richiamando anche la memoria depositata, deducendo che la condotta dell'imputato non fosse finalizzata a distrarre risorse dalla fallita per finalità estranee alla stessa, bensì l'acquisizione del ramo di azienda consentì alla Geiwatt di entrare in un settore tecnologico delicato, come lo stesso Tribunale in primo grado aveva ritenuto, con la ragionevole aspettativa di appianare le perdite della cedente, integrandosi così al più una ipotesi di bancarotta semplice, per negligenza o imprudenza, ribadendo che il dolo non è compatibile con l'esposizione patrimoniale personale. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso è complessivamente infondato. 2. Va preliminarmente chiarito che la responsabilità dell'imputato, emergente dall'esame della sentenza di primo e secondo grado, è stata ritenuta relativamente alle condotte indicate alle lettere a) e b) sopra indicate, mentre per le ulteriori condotte, comprese le operazioni dolose cagionanti il fallimento, è intervenuta l'assoluzione fin dal primo grado. 3.1 motivi di ricorso vanno trattati congiuntamente per la stretta connessione. 3.1 Deve rilevarsi preliminarmente come le sentenze di merito abbiano ritenuto sussistente la condotta distrattiva, a fronte dell'imputazione che la poneva come condotta alternativa rispetto a quelle della distruzione e della dissipazione. Va premesso che non viola il principio di correlazione con l'accusa la sentenza che condanni l'imputato del reato di bancarotta fraudolenta per una delle condotte alternativamente previste dalla norma incriminatrice e diverse da quella indicata in imputazione, purché quest'ultima contenga la descrizione, anche sommaria, del comportamento addebitato (Sez. 5, n. 37920 del 05/07/2010, Gironi, Rv. 248505 - 01). Tale principio rassicura ancor più rispetto al caso in esame, nel quale la contestazione è formulata in modo alternativo, ricomprendendo le condotte di distrazione, dissipazione e di distruzione: ciò non determina alcuna nullità del decreto che dispone il giudizio poiché tutte le condotte della bancarotta fraudolenta patrimoniale - di distruzione, occultamento, distrazione, dissipazione e dissimulazione - sono altrettanto alternativamente previste dalla norma (Sez. 5, n. 46204 del 10/11/2004, Gatto, Rv. 230386 - 01). D'altro canto, la contestazione alternativa consente il pieno esercizio del diritto di difesa, in quanto in presenza di una condotta dell'imputato tale da richiedere un approfondimento dell'attività dibattimentale per la definitiva qualificazione dei fatti contestati, è legittima la contestazione di imputazioni alternative, costituite dall'indicazione di più reati o di fatti alternativi, in quanto tale metodo, ponendo l'imputato nella condizione di conoscere esattamente le linee direttrici sulle quali si svilupperà il dibattito processuale, risponde ad un'esigenza della difesa (Sez. 3, n. 46880 del 11/07/2023, Bottiglieri, Rv. 285378 - 01; mass. conf. N. 10109 del 2007 Rv. 236107 - 01, N. 2112 del 2008 Rv. 238636 - 01, N. 38245 del 2004 Rv. 230373 -01, N. 51252 del 2014 Rv. 262121 - 01). 3.2 Deve pertanto affermarsi che, in teina di bancarotta fraudolenta, poiché le condotte di distruzione, occultamento, distrazione, dissipazione e dissimulazione sono alternativamente previste dalla norma, non si incorre né in una nullità per violazione dell'art. 429 cod. proc. pen. né in una violazione dell'art. 522 cod. proc. pen. nel caso in cui la condanna riguardi una sola delle condotte di bancarotta fraudolenta patrimoniale alternativamente ascritte, essendo tale forma di contestazione ragione di maggiore garanzia per l'imputato, posto in tal modo nella condizione di conoscere esattamente le linee direttrici sulle quali si svilupperà il dibattito processuale e, quindi, di esercitare in maniera più consapevole il diritto di difesa. 3.3 Nel caso in esame, poi, va anche ricordata la distinzione fra le condotte di distrazione e dissipazione, ribadendo che la Corte di appello ha ritenuta integrata la condotta distrattiva. Quest'ultima si concreta in un distacco dal patrimonio sociale di beni cui viene data una destinazione diversa da quella di garanzia dei creditori, non rilevando se in quel momento l'impresa versi in stato di insolvenza, mentre la "dissipazione" consiste nell'impiego dei beni in maniera distorta e fortemente eccentrica rispetto alla loro funzione di garanzia patrimoniale, per effetto di consapevoli scelte radicalmente incongrue con le effettive esigenze dell'azienda, avuto riguardo alle sue dimensioni e complessità, oltre che alle specifiche condizioni economiche ed imprenditoriali sussistenti (Sez. 5, n. 7437 del 15/10/2020, dep. 25/02/2021, Cimoli, Rv. 280550 - 02). Le sentenze di merito, in doppia conforme, evidenziano che la società fallita fu costituita, come per altro il ricorrente anche sottolinea, in continuità con la Gei, società anche facente capo a Pi.Pa., che nel 2008 era gravata da un consistente debito verso l'erario. A ben vedere, i motivi di ricorso sono 'fuori fuoco' rispetto all'argomentare dei Giudici di merito, che hanno evidenziato come si verta in tema di distrazione proprio perché la Geiwatt destinò le proprie risorse ad interesse del tutto estraneo rispetto a quello della società, cosicché deve escludersi la dissipazione, che invece richiede l'eccentrica destinazione dei beni. Sul punto Sez. 5, n. 23039 del 2016, ric. Livolsi, n.m., in motivazione evidenzia come la dissipazione consista in un "distruggere giuridicamente o economicamente un bene per scopi estranei all'impresa, con atti a titolo gratuito o oneroso o con veri e propri atti di derelizione o di abdicazione; sicché tale condotta deve ravvisarsi non solo nelle ipotesi usuali di destinazione voluttuaria conseguente al vizio al gioco, ad avventure galanti e simili, ma anche nella preordinata dispersione di ingenti somme, in conseguenza di una lunga serie di vendite di merce a prezzo inferiore a quello di acquisto (Cass., Sez. 5, n. 5850 del 21/03/1979 - dep. 26/06/1979, Gilli, Rv. 142343)". Si tratta, quindi, di fattispecie concreta diversa da quella di dissipazione, fermo restando che, risolto il tema della contestazione alternativa, anche la qualificazione auspicata dalla difesa non avrebbe alcuna concreta incidenza sul tessuto argomentativo della decisione impugnata. 3.4 Tornando alla distrazione, gli indici di fraudolenza sono stati specificamente enumerati dalla sentenza impugnata. In primo luogo il prezzo versato per la cessione del ramo di azienda dalla Gei alla Geiwatt fu non solo superiore al valore effettivo, ma anche superiore a quanto pattuito, in euro 399.258,40, mentre Geiwatt: pagò ben 440.000 euro, dunque con una maggiorazione di 50mila euro che non risultava giustificata: difatti le condizioni di contratto, che fissavano l'importo menzionato e dovuto alla situazione contabile al 31 ottobre 2008, prevedevano che le differenze fra tale situazione e quella verificata al 1 dicembre 2008 dovevano essere regolate fra le parti; ma di tale regolazione che giustificasse il versamento di ulteriori 50mila euro non vi è traccia. Su tale punto la spiegazione resa dall'imputato non è stata ritenuta credibile dal Tribunale, mentre sul punto non viene attaccata specificamente in questa sede la sentenza impugnata. Inoltre, quanto invece al valore stimato di 399.258,40, il ricorso non si confronta con le ragioni evidenziate dalla Corte territoriale, a conferma di quelle già valutate dal Tribunale: tale valore risultava decisamente maggiorato, in quanto l'avviamento ceduto dalla Gei e calcolato in 250mila euro risultava oltremodo sovrastimato (foll. 7-8 della sentenza impugnata), avendo quest'ultima società avuto perdite continuative dal 2004 al 2008, che si accumulavano erodendo il patrimonio anno dopo anno, cosicché certamente la società cedente non aveva le caratteristiche di positività di gestione. A tale fattore negativo si aggiungeva anche che la Gei era aggravata da un debito tributario del valore di 400mila euro, oggetto di accertamento nel 2008, che da un punto di vista economico ancor di più rendeva non giustificato il maggiore valore imputato all'avviamento. Ancora, i motivi di ricorso non si confrontano con la circostanza che nella valutazione del ramo di azienda ceduto, al quale seguiva la cessione di debiti e crediti, questi ultimi fossero in parte inesistenti o difficilmente destinati ad essere riscossi: in sostanza il valore della cessione risultava sovrastimato perché considerava crediti non suscettibili di realizzo da parte della cessionaria. Così i crediti verso Avicola Marchigiana, per quasi 50mila euro, la cui dichiarazione di insolvenza interveniva due mesi dopo il trasferimento del ramo di azienda; verso Automatika, per quasi 24mila euro, che al momento della cessione di azienda era già fallita ed era anche cessata la procedura fallimentare; verso Enercomm, società riconducibile a Pi.Pa., per oltre 87mila euro, ma il credito non fu mai riscosso da Geiwatt; verso Tecnocostruzioni, per 41mila euro circa, che aveva subito nel 2008 una scissione immobiliare. Ulteriore indice di fraudolenza è quello che riguarda il valore dei beni strumentali, ceduti per 263mila euro circa; valore anche in questo caso ritenuto sovrastimato dai giudici del merito. A fronte delle esposte ragioni di sopravalutazione del valore del ramo di azienda, descritte senza aporie logiche dalla Corte di appello, si inseriva come ulteriore indice di fraudolenza la condotta sub lett. b), che riguardava i debiti di Gei che si era assunta la società cessionaria Geiwatt per oltre 196mila euro, pagando Enercomm e Giel, due società facenti sempre capo a Pi.Pa., aventi sede ove l'aveva Geiwatt, in misura eccedente il valore dei debiti acquisiti, sanando così le situazioni delle due società creditrici, che già all'epoca della cessione del ramo di azienda si trovavano in crisi e che chiudevano invece la fase liquidatoria in bortis (cfr. sentenza impugnata foli. 8 e 9). Infine, da sfondo all'operazione di cessione descritta, con le accessorie prestazioni in danno della Geiwatt, viene richiamato il conflitto di interessi di Pi.Pa., socio unico della Gei (vedi anche fol. 6 della sentenza di primo grado). Con l'insieme di tali emergenze non si confronta il ricorso, che si limita a contestare la sussistenza del delitto di bancarotta per distrazione, rilevando come lo stesso non potesse concretarsi fin dalla prima operazione di gestione della neocostituita Geiwatt, difettando in tal caso il pericolo per le garanzie del ceto creditorio non ancora costituito. A ben vedere, sul punto la Corte territoriale offre una risposta corretta e non manifestamente illogica, operando la prognosi postuma in ordine alla concreta messa in pericolo dell'integrità del patrimonio dell'impresa, funzionale ad assicurare la garanzia dei creditori: già all'epoca del trasferimento del ramo di azienda vi era il rischio concreto che, essendo la Gei priva di beni aggredibili, la cessionaria Geiwatt fosse chiamata a rispondere dei debiti tributari, tanto che nel 2013 vennero notificate, a titolo di responsabilità solidale, alla fallita cartelle di pagamento erariali per 400mila euro. D'altro canto, il tema della correlazione temporale, fra la condotta distrattiva e la dichiarazione di fallimento, è stato affrontato da Sez. U, n. 22474 del 31/03/2016, Passarelli, Rv. 266804 - 01, che ha chiarito come, ai fini della sussistenza del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale, non è necessaria l'esistenza di un nesso causale tra i fatti di distrazione ed il successivo fallimento, essendo sufficiente che l'agente abbia cagionato il depauperamento dell'impresa, destinandone le risorse ad impieghi estranei alla sua attività; in motivazione ha precisato anche che i fatti di distrazione, una volta intervenuta la dichiarazione di fallimento, assumono rilievo in qualsiasi momento siano stati commessi e, quindi, anche se la condotta si è realizzata quando ancora l'impresa non versava in condizioni di insolvenza. In sostanza quanto all'evocato fattore cronologico, poiché il delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale non è reato di evento ma di pericolo e non rileva, quindi, il nesso causale, una condotta distrattiva -depauperante la garanzia patrimoniale ed estranea all'interesse della società -integra il pericolo anche in prospettiva futura per il ceto creditorio. Il reato di bancarotta fraudolenta per distrazione è infatti reato di pericolo (ex multis, Sez. 5, n. 11633 del 8 febbraio 2012, Lombardi Stronati, Rv. 252307), nel senso che, essendo l'oggetto della tutela identificabile nell'interesse dei creditori all'integrità dei mezzi di garanzia, l'art. 216 legge fall, prende in considerazione non solo la sua effettiva lesione dovuta al cagionamento di un danno al ceto creditorio - che non è elemento costitutivo della fattispecie tipizzata - bensì anche il pericolo conseguente alla mera possibilità che questo si verifichi (Sez. 5, n. 3229/13 del 14 dicembre 2012, Rossetto e altri, Rv. 253932; Sez. 5, n. 21846 del 13 febbraio 2014, Bergamaschi, Rv. 260407; Sez. 5, n. 35093 del 4 giugno 2014, P.G. in proc. Sistro, Rv. 261446). E, nel caso in esame, la sentenza impugnata rende conto in modo congruo e non manifestamente illogico che la Gewatt avesse intrapreso l'operazione di acquisto del ramo di azienda a condizioni di mercato ingiustificate e con pagamento di un maggior prezzo non dovuto, con una finalità del tutto estranea ai propri interessi, essendo invece l'operazione della neocostituita Gewatt funzionale alle ragioni delle altre società facenti capo a Pi.Pa., che in tal modo vedevano sanata la propria esposizione debitoria. Le argomentazioni della sentenza di merito sono in linea con il consolidato principio per cui, in tema di bancarotta fraudolenta per distrazione, l'accertamento dell'elemento oggettivo della concreta pericolosità del fatto distrattivo e del dolo generico deve valorizzare la ricerca di "indici di fraudolenza", rinvenibili, ad esempio, nella disamina della condotta alla luce della condizione patrimoniale e finanziaria dell'azienda, nel contesto in cui l'impresa ha operato, avuto riguardo a cointeressenze dell'amministratore rispetto ad altre imprese coinvolte, nella irriducibile estraneità del fatto generatore dello squilibrio tra attività e passività rispetto a canoni di ragionevolezza imprenditoriale, necessari a dar corpo, da un lato, alla prognosi postuma di concreta messa in pericolo dell'integrità del patrimonio dell'impresa, funzionale ad assicurare la garanzia dei creditori, e, dall'altro, all'accertamento in capo all'agente della consapevolezza e volontà della condotta in concreto pericolosa (Sez. 5, n. 38396 del 23/06/2017 - dep. 01/08/2017, Sgaramella e altro, Rv. 27076301; si richiama agli indici di fraudolenza anche Sez. 5, n. 12052 del 19/01/2021, Rv. 280898 - 01). Si tratta di indici, come già evidenziato, valorizzati dalla Corte territoriale che, in modo corretto rileva come anche il tema della risalenza dell'atto di gestione, rispetto alla dichiarazione di fallimento e al dissesto, non sia significativo, in quanto fin dall'inizio i creditori di Geiwatt si trovavano ad avere una società con garanzie diminuite proprio per il debito acquisito da Gei, con uno 'squilibrio genetico' ingiustificato in relazione all'interesse di Geiwatt e, invece, giustificato in ordine all'interesse di Gei, oltre che delle altre due società facenti capo all'imputato, Enercomm e Giel. 3.5 Pertanto deve affermarsi che, poiché il delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione è reato di pericolo, le condotte distrattive, una volta intervenuta la dichiarazione di fallimento, assumono rilievo in qualsiasi momento siano state commesse, sia quando ancora l'impresa non versava in condizioni di insolvenza, sia anche se si tratti del primo atto gestorio di una nuova impresa, se tale operazione risulti fattore genetico di un ingiustificato e radicale squilibrio fra attività e passività che inciderà in modo irreversibile sulla vita della società e sulla garanzia per i creditori futuri. 3.6. D'altro canto, anche il richiamo in ricorso alla deposizione del teste Vi. e alla finalità economicamente conveniente, poiché l'operazione di cessione avrebbe consentito vantaggi fiscali alla cessionaria Geiwatt, trova ampia risposta nelle sentenze di merito e nella circostanza che tali vantaggi, se esistenti, comunque non risultavano decisivi a rimettere in equilibrio la situazione patrimoniale della fallita (sul punto l'ampia disanima ai foll. 6 e 7 della sentenza di primo grado). E, d'altro canto, evocare la deposizione di Vi. riguardo ai benefici fiscali, senza dedurne il travisamento e, comunque, in modo aspecifico senza allegare la relativa deposizione, oltre che senza prospettare la forza disarticolante della censura, sostanzia quest'ultima nella mera richiesta di attribuire cittadinanza ad una tesi alternativa, operazione non consentita in sede di legittimità. 3.7 Anche in ordine al dolo, la Corte di appello rileva come, seppur con una motivazione non esplicita, Pi.Pa. si fosse rappresentato il rischio che Geiwatt fosse chiamata a rispondere dei debiti tributari di Gei e anche che tutte le operazioni effettuate, operate da Pi.Pa. per le sue quattro società, fossero funzionali a una "politica di mutuo soccorso" che nei fatti risultava mettere in pericolo le ragioni dei creditori della fallita: in sostanza sono le analizzate condotte a comprovare il dolo generico richiesto. In tal senso, emerge dalla sentenza impugnata la sussistenza del dolo necessario per la configurabilità della bancarotta patrimoniale, quello generico, integrato dalla volontà di distaccare il bene oggetto di distrazione dal patrimonio della fallita - che consiste anche nel denaro utilizzato per saldare i debiti delle altre società e a seguito della sopravalutazione del ramo di azienda - nella prevedibilità del pericolo che tale operazione può determinare per gli interessi dei creditori. In altri termini, è sufficiente che la condotta di colui che pone in essere o concorre nell'attività distrattiva sia assistita dalla consapevolezza che le operazioni che si compiono sul patrimonio sociale siano idonee a cagionare un danno ai creditori, senza che sia necessaria l'intenzione di causarlo o che la finalità di determinarlo colori il dolo del reato come specifico (Sez. 5, n. 9807 del 13 febbraio 2006, Caimmi ed altri, Rv. 234232; ex multis, oltre che la citata S.U. Passarelli Rv. 266805, Sez. 5, n. 3229/13 del 14 dicembre 2012, Rossetto e altri, Rv. 253932; Sez. 5, n. 21846 del 13 febbraio 2014, Bergamaschi, Rv. 260407; Sez. 5, n. 35093 del 4 giugno 2014, P.G. in proc. Sistro, Rv. 261446). Quanto poi alla doglianza che rappresenta che la garanzia personale assicurata da Pi.Pa. escluderebbe il dolo, si tratta di motivo a delinquere dell'imputato. A ben vedere, la sentenza di primo grado correttamente ha valutato che Pi.Pa. provò 'salvare' la società poi fallita, attraverso la fideiussione nel 2012 alla quale seguiva il pignoramento (fol. 10), ritenendolo fattore integrante il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, con giudizio di prevalenza sulla aggravante del danno di rilevante gravità. È noto che per la concessione o meno delle attenuanti generiche il giudice deve prendere in esame, tra gli elementi indicati dall'art. 133 cod.pen., quello che ritiene prevalente ed atto a determinare o meno il riconoscimento del beneficio (Sez. 6 n. 41365 del 28 ottobre 2010, Straface, rv 248737; Sez. 2, n. 3609 del 18 gennaio 2011, Sermone e altri, Rv. 249163). Per il caso in esame le circostanze attenuanti sono state ritenute integrate, ai sensi dell'art. 133, comma 2, n. 1 cod. pen., in relazione ai motivi a delinquere. Non di meno, però, ai fini della configurabilità del delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale la divergenza oggettiva degli atti distrattivi dal fine sociale - l'atto dispositivo che ha comportato la diminuzione patrimoniale è privo di sinallagma rispondente al fine istituzionale dell'impresa - deve essere accompagnata dal dolo generico (ravvisabile, a volte, in re ipsa), cosicché la divergenza obiettiva dell'atto di disposizione da tale fine (che è l'unico cui devono ispirarsi gli atti di gestione) dà sufficientemente conto della direzione del volere dell'agente, mentre risultano invece del tutto irrilevanti i motivi che hanno determinato il comportamento del soggetto (cfr. Sez. 5, n. 45332 del 09/10/2009, Rapisarda, Rv. 245157 - 01; Sez. 5, Sentenza n. 4424 del 09/03/1999, Spinelli, Rv. 213117 - 01). 3.8 Va affermato, pertanto, che, in tema di bancarotta fraudolenta patrimoniale, il dolo generico richiesto - consistente nella consapevolezza che le operazioni che si compiono sul patrimonio sociale siano idonee a cagionare un danno ai creditori, senza che sia necessaria l'intenzione di causarlo o che la finalità di determinarlo colori il dolo del reato come specifico - rende irrilevante il motivo che ha determinato il comportamento del soggetto attivo, anche quando costui abbia agito con l'intenzione di 'salvare' l'impresa dal fallimento, che integra un motivo a delinquere. 4. Ne consegue il complessivo rigetto del ricorso, con condanna alle spese processuali del ricorrente. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso in Roma, il 12 marzo 2024. Depositata in Cancelleria il 31 maggio 2024.
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