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Bancarotta fraudolenta patrimoniale: non basta la generica "distrazione dell'azienda" e vanno indicati i beni e i valori sottratti alla curatela
Aprile 2024 - Cassazione penale sez. V, 23/04/2024, n.23577
In tema di bancarotta fraudolenta patrimoniale, l'avviamento dell'impresa fallita non può essere considerato oggetto di distrazione, a meno che non venga ceduta anche l'intera azienda o, almeno, i fattori aziendali capaci di generare tale avviamento.
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Norme di riferimento
La sentenza integrale
RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza impugnata la Corte d'appello di Milano ha confermato la condanna di Fa.Fr. per i reati di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale e di bancarotta impropria da operazioni dolose allo stesso contestati nella sua qualità di amministratore della Bikezone Srl, fallita nel maggio del 2015. La Corte territoriale ha inoltre confermato la condanna di Di.St. per il concorso nella bancarotta patrimoniale contestata al Fa.Fr., mentre, in parziale riforma della pronunzia di primo grado, ha assolto l'imputata per il concorrente reato di bancarotta documentale e, previa esclusione dell'aggravante della pluralità dei fatti di bancarotta, ha provveduto a rimodulare il trattamento sanzionatorio determinato dal Tribunale. Infine con la medesima sentenza è stata altresì confermata la condanna di St.El. per il reato di bancarotta impropria da operazioni dolose contestatogli nella sua qualità di amministratore e liquidatore della OGR Italia Srl, fallita nel settembre del 2015.
2. Avverso la sentenza ricorrono con atti autonomi gli imputati.
2.1 II ricorso proposto nell'interesse del Fa.Fr. articola sei motivi.
2.1.1 Con il primo il ricorrente deduce violazione di legge e vizi della motivazione in merito all'affermazione della responsabilità dell'imputato per il reato di bancarotta documentale. In proposito lamenta il ricorrente che la Corte ha ritenuto egli debba rispondere del mancato rinvenimento della contabilità della fallita al momento dell'apertura della procedura concorsuale nonostante egli avesse dismesso la carica di amministratore circa un anno prima e nonostante fosse stata prodotta agli atti la prova che a quel momento la suddetta contabilità fosse stata regolarmente tenuta e conservata, avendo i giudici del merito ignorato in tal senso gli esiti dell'accesso compiuto da Equitalia presso i locali della società al fine di procedere all'ispezione della medesima. In maniera apodittica la Corte territoriale avrebbe poi svalutato il significato probatorio della ricevuta di consegna di tutta la documentazione contabile rilasciata, all'atto delle dimissioni del Fa.Fr., al nuovo amministratore subentratogli. Documento che, al contrario di quanto sostenuto in sentenza, avrebbe data certa, rimanendo invece irrilevante che lo stesso sia stato prodotto solo in corso di giudizio. Inoltre il giudice dell'appello avrebbe ingiustificatamente trascurato il fatto che l'imputato, nel corso del suo mandato, ha sempre regolarmente depositato i bilanci della fallita, come certificato nella relazione del curatore. Apodittica e in violazione del principio di correlazione sarebbe poi la ritenuta attribuzione al Fa.Fr. della qualifica di amministratore di fatto della fallita per il periodo successivo alle sue dimissioni, qualifica invero mai contestata all'imputato e comunque esclusa dallo stesso curatore nel corso della sua deposizione non considerata dalla sentenza.
2.1.2 Sempre con riguardo al reato di bancarotta documentale, con il secondo motivo vengono dedotti erronea applicazione della legge penale ed ulteriori vizi di motivazione. In tal senso viene contestata la rilevanza ai fini della prova del reato del sequestro presso la società amministrata dalla moglie di documenti contabili della fallita, trattandosi all'evidenza di mere copie conservate dal Fa.Fr. ad uso proprio e in osservanza degli obblighi derivanti dall'art. 2220 c.c. La Corte avrebbe peraltro omesso di considerare che tale documentazione è stata dissequestrata perché ritenuta inutile dal curatore. Non di meno la sentenza avrebbe omesso di motivare sulla sussistenza del dolo specifico necessario per la configurabilità della fattispecie contestata all'imputato.
2.1.3 Con il terzo motivo vengono denunziati erronea applicazione della legge penale e vizi della motivazione in merito all'affermazione della responsabilità dell'imputato per il reato di bancarotta patrimoniale ad oggetto la distrazione del complesso aziendale della fallita. In tal senso lamenta il ricorrente che la Corte territoriale non sarebbe stata in grado di individuare quale sarebbe stato l'oggetto della distrazione, limitandosi a registrare l'asserita continuità tra la fallita e la società amministrata dalla moglie dell'imputato e nella quale egli stesso ha operato. Continuità affermata sulla base di indici fattuali invero frutto di travisamento, posto che i recapiti, la sede legale e la sede operativa della Bike Zone e della Bike Zone Motorcycles & Service, contrariamente a quanto sostenuto dalla sentenza, non coincidevano. Né sarebbe stata provato lo sviamento della clientela affermato dal primo giudice, posto che anzi il curatore avrebbe smentito nel corso della sua deposizione di aver accertato la circostanza. Non di meno, sempre sulla base delle dichiarazioni di quest'ultimo, è emerso come la transazione conclusa dalla società presunta cessionaria con la curatela era stata funzionale al dissequestro dei motocicli rinvenuti nei locali della seconda società, dei quali peraltro già in primo grado è stata esclusa la distrazione.
2.1.4 Analoghi vizi vengono dedotti con il quarto motivo in merito alla contestazione di bancarotta impropria da operazioni dolose. In tal senso la Corte avrebbe ingiustificatamente omesso di considerare la documentazione prodotta dalla difesa comprovante come il Fa.Fr. avesse provveduto a rateizzare il debito fiscale accumulato nel corso della sua gestione ed a pagare le relative rate fino a che è rimasto in carica. Difetterebbe dunque la prova dell'elemento psicologico del reato che il ricorrente ricorda consistere nella previsione e nella volizione del fallimento come conseguenza della condotta posta in essere. Non solo, dall'esame dell'ultimo bilancio relativo alla sua gestione risultavano cospicue rimanenze di magazzino idonee a fronteggiare l'esposizione debitoria, talché l'imputato non era in grado di prevedere il fallimento della società. Conseguentemente il fatto contestato potrebbe al più configurare il meno grave reato di cui all'art. 224 legge fall., peraltro ampiamente estinto per prescrizione.
2.1.5 I medesimi vizi vengono infine dedotti anche con il quinto e sesto motivo in merito, rispettivamente, alla denegata revisione in senso più favorevole del giudizio di equivalenza formulato in primo grado tra le riconosciute attenuanti generiche e la contestata aggravante della pluralità dei fatti di bancarotta, nonché alla conferma della durata delle pene accessorie fallimentari.
2.2 II ricorso proposto nell'interesse della Di.St. articola due motivi. Con il primo vengono dedotti erronea applicazione della legge penale e vizi di motivazione in merito all'affermazione della responsabilità dell'imputata per il concorso nel reato di bancarotta patrimoniale. In proposito viene osservato anzitutto come la Di.St. sia stata solo socia della fallita, senza svolgere alcun ruolo gestionale od operativo in seno alla medesima. In secondo luogo si lamenta che la Corte avrebbe genericamente fatto riferimento alla distrazione senza corrispettivo di beni della fallita in favore della società amministrata dall'imputata, senza però individuare quali sarebbero e, ricordato che l'avviamento di per sé non può costituire l'oggetto materiale del reato contestato, articola doglianze del tutto sovrapponibili a quelle svolte con il terzo motivo del ricorso del Fa.Fr., alla cui illustrazione pertanto si rinvia. Analoghi vizi vengono dedotti con il secondo motivo in merito alla ricommisurazione delle pene accessorie effettuata dal giudice dell'appello.
2.3 II ricorso proposto nell'interesse dello St.El. deduce con unico motivo violazione di legge in merito all'omessa valutazione della documentazione comprovante la rateizzazione da parte dell'imputato del debito fiscale accumulato nel corso della sua gestione della fallita, non potendo egli peraltro rispondere dell'operato di colui che gli è succeduto nelle cariche gestionali, circostanza sintomatica dell'assenza del dolo richiesto per la sussistenza del reato contestato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I ricorsi del Fa.Fr. e della Di.St. sono fondati nei limiti e nei termini di seguito esposti.
2. In particolare sono fondati il terzo motivo del ricorso del Fa.Fr. ed il primo di quello della Di.St.
2.1 Deve infatti concordarsi con i ricorrenti che la sentenza impugnata - ed ancor prima quella di primo grado - non ha accertato l'effettivo oggetto della distrazione contestata agli imputati, limitandosi ad identificarlo con la "azienda" gestita dalla fallita. Prova dell'avvenuta distrazione, secondo i giudici del merito, sarebbe poi rappresentata dal fatto che l'attività commerciale della Bike Zone è proseguita sotto le insegne della società amministrata dalla Di.St., costituita poco prima che il Fa.Fr. dismettesse la carica di amministratore della fallita.
2.2 Secondo il consolidato insegnamento di questa Corte, però, ai fini della configurabilità del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale, è necessario che la distrazione sia riferita a rapporti giuridicamente ed economicamente valutabili (ex multis Sez. 5, n. 26542 del 19/03/2014, Riva, RV. 260689), rimanendo dunque escluso che la mera prosecuzione dell'attività sotto altra forma da parte dell'imprenditore senza che vi sia stato un illecito travaso di tali rapporti da un soggetto giuridico all'altro assuma rilevanza. Anche la cessione a qualunque titolo di un ramo d'azienda - la quale ben può integrare la condotta distrattiva se non adeguatamente remunerata - presuppone che il trasferimento abbia ad oggetto un complesso aziendale in senso proprio inteso, ossia, secondo la definizione dell'art. 2555 c.c.;come il complesso dei beni organizzati per l'esercizio di una attività imprenditoriale. Né può ravvisarsi un obbligo per l'amministratore dimissionario della società cedente di assumere direttamente o per interposta persona la gestione della società cessionaria, salvo che tra le parti sia stipulato uno specifico patto di non concorrenza, non operando in tal caso - nemmeno per analogia - il disposto di cui all'art. 2557 c.c., che vieta al cedente di fare concorrenza alla cessionaria e non viceversa.
Quanto alla distrazione dell'avviamento commerciale dell'impresa, è oramai ius receptum che lo stesso non è suscettibile di distrazione se, contestualmente, non sia stata oggetto di disposizione anche l'azienda medesima o quanto meno i fattori aziendali in grado di generare l'avviamento (ex multis Sez. 5, n. 5357 del 30/11/2017, dep. 2018, Sima, RV. 272108).
Con riguardo, infine, allo sviamento della clientela si è precisato che tale comportamento può costituire oggetto della distrazione, rilevante ai fini della configurabilità del delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale, solo qualora realizzi un atto di ingiustificata disposizione dei rapporti giuridici suscettibili di valutazione economica, cioè quando abbia ad oggetto la ingiustificata cessione di contratti già stipulati con clienti e dipendenti (Sez. 5, n. 3816 del 15/01/2018, Gentile, RV. 272325).
2.3 Principi questi di cui i giudici del merito in entrambi i gradi di giudizio non hanno tenuto conto. In alcun modo viene precisato(infatti se siano stati distratti beni strumentali o merci di pertinenza della fallita ovvero qualsivoglia rapporto giuridico rilevante, mentre già il Tribunale ha assolto entrambi gli imputati dalla originaria contestazione di aver distratto i trentaquattro motocicli che integravano il magazzino di Bike Zone.
Non si comprende, dunque, in che termini oggetto della distrazione sarebbe stata l'azienda condotta dalla società, né, alla luce di quanto ricordato in precedenza, questa può essere stata per l'appunto distratta solo perché i due imputati, un anno prima delle dimissioni del Fa.Fr., avevano avviato una attività commerciale concorrenziale, nella quale quest'ultimo ha riversato le proprie competenze, decidendo di abbandonare la primigenia società in quanto gravata da debiti. Circostanza che, sussistendone i presupposti, potrebbe al più integrare altre fattispecie penali fallimentari, ma non certo quella di bancarotta fraudolenta patrimoniale, mentre del tutto inconferente è il richiamo alla giurisprudenza di legittimità in tema di scissione operato dai giudici dell'appello.
2.4 La Corte territoriale ricorda poi come la pronunzia di primo grado avesse sostanzialmente fondato la prova della distrazione sul supposto sviamento della clientela, a sua volta ritenuto funzionale alla distrazione dell'avviamento. Il giudice dell'appello ha recepito in maniera apodittica tale affermazione, senza confrontarsi in alcun modo con le obiezioni sollevate in proposito con i gravami di merito. Non di meno l'argomentazione, in ragione di quanto ricordato in precedenza, appare destituita di alcun fondamento nella sua impalpabile genericità, atteso che non viene individuato (o anche solo evocato) un qualsiasi rapporto con un cliente in atto che sia stato effettivamente trasferito a quella che viene definita in sentenza come la new company.
Né tale sviamento può essere desunto dalla mera assonanza tra la denominazione delle due società. Quanto all'avviamento, già si è detto come il difetto della prova del trasferimento dei fattori di produzione dello stesso impedisca, per il costante insegnamento di questa Corte, di ritenere possa aver costituito oggetto di distrazione. Infine, la Corte non ha nemmeno confutato le obiezioni difensive articolate in riferimento all'ultimo indizio dell'avvenuta distrazione menzionato dalla sentenza, ossia il fatto che la nuova società avrebbe avuto la medesima sede legale ed operativa della fallita ed i suoi stessi recapiti.
3. Sono invece infondati il primo, il secondo ed il quarto motivo del ricorso del Fa.Fr..
3.1 Quanto alla contestazione di bancarotta documentale, non vi è stato alcun travisamento per omessa considerazione del documento (allegato al ricorso) che attesterebbe la consegna della documentazione contabile al nuovo amministratore (cugino dell'imputato). Infatti, quella prodotta è una mera "raccomandata a mano" priva di data certa, giacché in alcun modo la stessa è stata certificata, ed è dunque inidonea a comprovare l'effettiva avvenuta consegna della contabilità. Anzi, semmai, le modalità prescelte per la redazione di questa sorta di verbale di consegna rappresentano un concreto indizio della sua mera strumentalità, come sostanzialmente ritenuto dai giudici del merito con motivazione immune da vizi logici. Irrilevante è poi il fatto che, nel corso di un accesso presso la società, l'autorità tributaria aveva preso visione di parte della contabilità, atteso che oggetto di contestazione non è la sua omessa tenuta, bensì la sua sottrazione o il suo occultamento. E correttamente la Corte territoriale ha tratto la prova dell'attribuibilità all'imputato di tale condotta - pacifica nella sua materialità, atteso che alcunché è stato rinvenuto dagli organi fallimentari - dal fatto che alcune scritture di supporto sono state rinvenute nei locali della new company. Che si trattasse di mere fotocopie è una mera asserzione difensiva, tanto più che, contrariamente a quanto eccepito, solo in parte la documentazione rinvenuta è stata dissequestrata e che la sentenza di primo grado - rimasta incontestata anche su questo punto - ha precisato come l'unica fotocopia sequestrata era quella di uno dei bilanci. Che poi tale documentazione non abbia consentito l'effettiva ricostruzione del patrimonio e del volume d'affari della fallita è naturale conseguenza della sua incompletezza, ma è anche irrilevante, atteso che oggetto di contestazione non è la fattispecie di bancarotta documentale generica ed essendo stato valorizzato il suo rinvenimento, come ricordato, quale prova dell'occultamento da parte dell'imputato della contabilità
Inconferente - per non dire eccentrico - è poi il richiamo da parte del ricorrente degli obblighi di conversazione delle scritture contabili imposti dall'art. 2220 c.c., posto che questi gravano sulla società e sull'amministratore in carica, ma non certo su quello che si è dimesso, che ha soltanto l'obbligo di consegnarle al suo successore. Generiche sono infine le doglianze del ricorrente sull'elemento psicologico del reato, atteso che la Corte ha motivato sul punto facendo leva sul complesso degli elementi valorizzati per affermare la responsabilità dell'imputato.
3.2 Con riguardo alla contestazione di bancarotta impropria da operazioni dolose le censure del ricorrente sono infondate. Infatti il mero accesso alla rateizzazione del debito fiscale non è di per sé la prova dell'assenza del dolo del reato, logicamente desunta, invece, dal fatto che nel bilancio relativo all'esercizio del 2012 (l'ultimo approvato mentre l'imputato era ancora in carica come amministratore) era stata occultata la reale consistenza dell'esposizione verso l'Erario, rivelando così la volontà dell'imputato di autofinanziare la società attraverso l'inadempimento degli obblighi tributari e il tentativo di differire la sua ricaduta accedendo alla rateizzazione, posto che del tutto generiche sono le obiezioni difensive circa l'avvenuto puntuale pagamento delle rate. Infatti, il ricorso non indica quali risultanze processuali comproverebbero la circostanza, mentre nella sentenza di primo grado si era dato atto che il Fa.Fr. aveva adempiuto al pagamento solo di alcune di esse e che il passivo fiscale aveva iniziato ad essere accumulato sin dal 2005, mentre la rateizzazione è intervenuta solo molto dopo, rivelandosi così in maniera plastica la sistematica volontà di finanziare la società attraverso il mancato versamento delle imposte.
Inconferente è poi il richiamo alla giurisprudenza citata a p. 37 del ricorso, posto che la stessa riguarda la diversa fattispecie di causazione dolosa del fallimento, che, con riguardo a quella di operazione dolose, è sufficiente sia prevedibile anche in termini di mero aggravamento del dissesto. Né tale prevedibilità è esclusa dalla asserita consistenza del magazzino - circostanza che peraltro è solo genericamente evocata - atteso che il debito fiscale è risultato essere solo parte del passivo totale della fallita. Non di meno è stata la stessa difesa dell'imputato a precisare come il dato di cui si discute emergerebbe esclusivamente dall'ultimo bilancio disponibile della fallita e dunque logicamente la Corte territoriale non ne ha tenuto conto in assenza di documentazione contabile idoneo ad asseverare l'attendibilità dello stesso.
4. Il ricorso proposto dallo St.El. è infondato al limite dell'inammissibilità. Valgono in proposito i medesimi rilievi svolti per l'imputazione di operazioni dolose contestata al Fa.Fr. quanto all'irrilevanza della intervenuta rateizzazione del debito fiscale, a maggior ragione in merito alla posizione dell'imputato, atteso che il passivo di OGR Italia è risultato essere per la quasi integralità costituito dalla rilevante esposizione della società nei confronti dell'Erario e la sua formazione assai risalente rispetto alla data del fallimento. Non di meno il ricorrente non ha in alcun modo documentato nel corso del processo l'adempimento anche di una singola rata tra quelle concordate con l'autorità tributaria, talché correttamente la Corte ha ritenuto la strumentalità dell'iniziativa.
5. In conclusione la sentenza impugnata deve essere annullata nei confronti del Fa.Fr. e del Di.St. limitatamente all'imputazione di bancarotta fraudolenta patrimoniale con rinvio per nuovo giudizio su tale capo ad altra sezione della Corte d'appello di Milano e conseguente assorbimento del quinto e sesto motivo del ricorso del primo e del residuo motivo del ricorso della seconda. Nel resto il ricorso del Fa.Fr. deve essere rigettato, così come il ricorso proposto dallo St.El.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata nei confronti di Fa.Fr. e Di.St. limitatamente al reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Milano. Rigetta nel resto il ricorso di Fa.Fr. Dichiara inammissibile il ricorso di St.El. e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 23 aprile 2024.
Depositato in Cancelleria il 12 giugno 2024.
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