RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza, emessa in data 26/01/2017, la Corte d'Appello di Catanzaro confermava la sentenza, emessa dal Tribunale di Cosenza in data 23/06/2015, con la quale S.A., C.F., L.A. e D.A. erano stati condannati, in relazione ai reati di cui alla L. Fall., art. 216, comma 1, n. 1 e artt. 219 e 223, perchè, la S., in qualità di amministratore unico, e gli altri coimputati, con le condotte descritte, distraevano dalla società (OMISSIS) sas di S.A., dichiarata fallita il 22/12/2004, beni immobili, mediante la simulazione di due compravendite immobiliari, la somma contante di Euro 120.260,00, oltre a distruggere o comunque sottrarre, allo scopo di procurarsi un ingiusto profitto, i libri e le scritture contabili (fatti accertati, in (OMISSIS), alla data del fallimento del (OMISSIS)).
2. Ciascuno degli imputati, tramite difensore di fiducia, ha proposto ricorso per cassazione.
2.1 La difesa della C. deduce i seguenti vizi di legittimità:
a) violazione di legge, ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e), in relazione al R.D. n. 267 del 1942, art. 216, comma 1 e artt. 219 e 223 e all'art. 125 c.p.p., art. 530 c.p.p., comma 2 e art. 533 c.p.p.. Non sarebbe comprensibile il percorso logico - argomentativo seguito dai giudici, emergendo così una carenza motivazionale latente. Vi sarebbe un palese difetto in relazione all'elemento soggettivo della bancarotta fraudolenta, non essendovi la prova della consapevolezza dell'imputata, in ordine alla situazione effettiva della società, dato indirettamente confermato dall'attribuzione, da parte della coimputata S. all'odierna ricorrente, di un ruolo coincidente con una "testa di legno". Secondo la giurisprudenza è necessaria una consapevolezza e volontà, rispetto allo specifico atto distrattivo posto in essere, non potendosi desumere de plano dalle situazioni in atto l'intenzionalità del singolo soggetto di pregiudicare i creditori.
2.2 La difesa del ricorrente D. allega i seguenti vizi di legittimità:
a) violazione ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. c), in relazione all'art. 606 c.p.p., comma 5, per inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità ex art. 178 c.p.p., comma 1, lett. c) - art. 179 c.p.p.; omessa notifica del decreto di citazione a giudizio al difensore dell'imputato; b) violazione ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. c) in relazione all'art. 601 c.p.p., commi 3 e 6; inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità; nullità del decreto di citazione a giudizio notificato al difensore dell'imputato.
Come risulta dai documenti, allegati agli atti, al difensore è stato notificato il decreto di citazione a giudizio, con un documento, allegato, nominato " M.R.", parte civile costituita in altro procedimento pendente, in cui il difensore peraltro non era stato nominato da alcuna parte processuale. La motivazione, resa sul punto dalla Corte territoriale, non sarebbe idonea. Per di più, nel decreto di citazione a giudizio notificato, erano state omesse le generalità degli imputati.
b) violazione dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), per manifesta mancanza della motivazione, omesso esame delle specifiche doglianze difensive formulate nei motivi d'appello; motivazione fittizia e meramente apparente; contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione.
La Corte territoriale non avrebbe risposto alle considerazioni, svolte con l'appello circa la messa all'incasso degli assegni, consegnati dalla S. a tale G., con disposizione di quest'ultimo al ricorrente di versarli sul proprio conto corrente, onde ottenere il contante. Tanto meno i giudici avrebbero argomentato in relazione al dolo dell'extraneus. La motivazione sarebbe del tutto priva di una motivazione logica e coerente; nè, tanto meno, la Corte territoriale avrebbe risposto in modo esauriente ai motivi d'appello proposti dalla difesa dell'imputato. Per la precisione, la difesa dell'imputato avrebbe sottolineato che non era stata raggiunta la prova del fatto che l'imputato fosse a conoscenza dello stato di decozione della società fallita, dell'eventuale intento distrattivo della S., della volontà del D. di concorrere con quest'ultima e dei rapporti, intrattenuti dal D. con la S., il marito di costei L. e, in un ambito lavorativo, con la società fallita.
La difesa della S. allega due motivi: a) errata qualificazione giuridica della vicenda oggetto di imputazione, con contestuale violazione dell'art. 216, comma 1 L. Fall., deducibile ai sensi dell'art. 606 c.p.p., lett. b); b) motivazione contraddittoria o manifestamente illogica ai sensi dell'art. 606 c.p.p., lett. e) con riferimento alla prova dell'elemento psicologico del reato.
L'affinità tra le condotte della bancarotta fraudolenta e bancarotta semplice rende possibile l'integrazione dell'ipotesi meno grave solo in considerazione dell'elemento psicologico, connotato nella bancarotta fraudolenta dalla ricorrenza del dolo e nella bancarotta semplice da elementi riconducibili alla colpa. Nel primo caso deve ricorrere una consapevole volontà di dare al patrimonio sociale una destinazione diversa rispetto alle finalità dell'impresa, mentre nel secondo caso si prospettano ipotesi relative a "spese eccessive" o ad operazioni economiche manifestamente imprudenti.
Mancherebbe in proposito una motivazione approfondita della Corte territoriale.
La difesa del L. allega i seguenti vizi di legittimità:
a) errata qualificazione giuridica della vicenda oggetto di imputazione con violazione dell'art. 216, comma 1 L. Fall., deducibile ai sensi dell'art. 606 c.p.p., lett. b);
b) motivazione contraddittoria o manifestamente illogica, ai sensi dell'art. 606 c.p.p., lett. e), con riferimento alla prova dell'elemento psicologico del reato.
Rivestirebbe una valenza determinante la qualifica, assunta dal ricorrente, di socio minoritario accomandante dell'azienda (OMISSIS) di S.A.. La simulazione della cessione dell'unico immobile non lo riguarderebbe, non rientrando il L. in alcune delle figure di cui all'art. 223 L. Fall.. Per di più, nella sentenza impugnata, sarebbe valorizzato un unico episodio, relativo alla corresponsione di un indennizzo assicurativo e ad un assegno circolare, girato dalla S., senza considerare in ogni caso la prospettabilità alternativa di una bancarotta semplice, ex art. 217 L. Fall.. Sarebbe incongrua la motivazione cumulativa adottata dalla Corte territoriale. Considerata la possibilità di realizzazione, a seguito della condotta distrattiva realizzata, dell'una o dell'altra fattispecie, sarebbe stato determinante l'approfondimento sull'elemento psicologico del reato A tale riguardo i passaggi, relativi all'elemento psicologico, sarebbero inidonei, sotto un profilo motivazionale, mancando la riprova dell'adozione di un piano più ampio volto a dissipare il patrimonio aziendale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato, esclusivamente in relazione alla posizione del D..
In effetti, dalle carte processuali emerge quanto sostenuto nell'odierno ricorso dalla difesa.
Per la precisione, emerge la mancata notifica al difensore, nominato dall'imputato, del decreto di citazione a giudizio, nell'ambito del presente procedimento, per l'udienza del 26/01/2017, e, nel contempo, l'avvenuta notifica del decreto di citazione a giudizio, relativo ad altro procedimento pendente, fissato per la medesima data, con un documento allegato, nominato " M.R.", coincidente, per l'appunto, con il nominativo della parte civile costituita in quella sede.
Ne consegue l'omessa notifica dell'avviso, cui consegue la nullità assoluta, ex art. 179 c.p.p. e art. 178 c.p.p., lett. c), insanabile in qualunque grado del giudizio, stante la lesione del diritti della difesa, conseguente alla mancata partecipazione al giudizio.
Sul punto specifico, basti evidenziare che, secondo la giurisprudenza di legittimità, l'omessa notifica del decreto di citazione a giudizio al difensore di fiducia dell'imputato integra una nullità assoluta insanabile, in quanto l'ipotesi di mancanza di difesa tecnica, sanzionata dall'art. 179 c.p.p., comma 1, si realizza non solo nel caso estremo in cui il dibattimento si svolge in assenza di qualunque difensore, ma anche nel caso in cui il difensore di fiducia non presente, perchè non avvisato, viene sostituito dal difensore di ufficio, in quanto tale nomina da parte del giudice non pone rimedio alla lesione del diritto dell'imputato di essere assistito, nei casi in cui l'assistenza tecnica è obbligatoria, dal "suo difensore", come dispone testualmente l'art. 179 c.p.p., comma 1, (Sez. 1, n. 20449 del 28/03/2014 - dep. 16/05/2014, Zambon, Rv. 259614).
Nella fattispecie, per l'appunto, si verte nell'ipotesi estrema di assenza del difensore di fiducia al dibattimento, per mancanza di notifica dell'avviso.
Il motivo va accolto, con conseguente assorbimento delle restanti censure.
2. Gli altri ricorsi, per l'inverso, sono manifestamente infondati.
La Corte territoriale ha motivato approfonditamente sull'elemento psicologico, che contraddistingue la condotta della S., rilevando che la stessa ha adottato consapevolmente la condotta distrattiva, avendo operato a seguito della dichiarazione di fallimento, una serie di atti distrattivi di beni non finalizzati alle finalità dell'impresa.
In tale ottica è stata ritenuta dai giudici del merito la sussistenza della fattispecie criminosa della bancarotta fraudolenta, con esclusione dell'ipotesi, meno grave, di bancarotta semplice, caratterizzata dalla ricorrenza di una semplice colpa:
3. Relativamente poi alla posizione della C., dal provvedimento impugnato si evince che la stessa, dopo aver versato su un conto corrente aperto dalla medesima, l'importo, equivalente ad Euro 120.260,00, a titolo di indennizzo dell'incendio occorso presso la sede legale, in (OMISSIS), nel mese di (OMISSIS), aveva emesso sette assegni, per un importo complessivo pari ad Euro 24.000,00, in favore del coimputato D., nonchè un asegno di Euro 5.000,00 in favore del L. e quattro assegni, pari ad Euro 20.000,00 in favore della C..
Tali atti oggettivamente, costituenti operazioni distrattive, denotano, ancorchè in via implicita, un sicuro intento distrattivo, non lasciando spazio, nel contesto motivazionale, ad altra interpretazione.
E ciò, pur tenuto conto degli orientamenti giurisprudenziali, secondo i quali in tema di bancarotta fraudolenta, mentre con riguardo a quella documentale per sottrazione o per omessa tenuta in frode ai creditori delle scritture contabili, ben può ritenersi la responsabilità del soggetto investito solo formalmente dell'amministrazione dell'impresa fallita (cosiddetto "testa di legno"), atteso il diretto e personale obbligo dell'amministratore di diritto di tenere e conservare le suddette scritture, non altrettanto può dirsi con riguardo all'ipotesi della distrazione, relativamente alla quale non può, nei confronti dell'amministratore apparente, trovare automatica applicazione il principio secondo il quale, una volta accertata la presenza di determinati beni nella disponibilità dell'imprenditore fallito, il loro mancato reperimento, in assenza di adeguata giustificazione della destinazione ad essi data, legittima la presunzione della dolosa sottrazione, dal momento che la pur consapevole accettazione del ruolo di amministratore apparente non necessariamente implica la consapevolezza di disegni criminosi nutriti dall'amministratore di fatto. (Sez. 5, n. 19049 del 19/02/2010 - dep. 19/05/2010, Succi e altri, Rv. 247251).
Nel caso di specie, per l'appunto, le condotte, descritte nel provvedimento impugnato, sopra richiamate, danno contezza di una specifica responsabilità della C., con riferimento ai singoli atti distrattivi, implicante, per l'appunto, la sostanziale irrilevanza della figura, assunta dalla medesima, di amministratore esclusivamente formale.
4. Per quanto poi attiene alla posizione del ricorrente L., va detto che anche nel caso in esame vi è la riprova della responsabilità penale del medesimo, mediante il riferimento alla ricezione di un assegno, e, tramite tale titolo di credito, di una parte dell'indennizzo assicurativo, spettante alla società, il che dimostra di per se solo la compartecipazione nella condotta distrattiva, con conseguente irrilevanza del ruolo minoritario di socio accomandante.
5. Alla luce delle considerazioni esposte, si deve annullare la sentenza impugnata, con rinvio per nuovo esame ad altra sezione della Corte di appello di Catanzaro, nei confronti di D.A.. Si deve poi dichiarare inammissibili i ricorsi di C.F., S.A. e L.A., con contestuale condanna, ciascuno. al pagamento delle spese processuali e della somma, che si reputa equo fissare in Euro 2.000, in favore della Cassa delle ammende, oltre alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalla parte civile, liquidate in Euro 3.000, oltre accessori di legge.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata, con rinvio per nuovo esame ad altra sezione della Corte di appello di Catanzaro, nei confronti di D.A.. Dichiara inammissibili i ricorsi di C.F., S.A. e L.A., che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000 ciascuno in favore della Cassa delle ammende, oltre alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalla parte civile, che liquida in Euro 3.000 oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 26 settembre 2018.
Depositato in Cancelleria il 5 dicembre 2018