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Bancarotta fraudolenta per distrazione - Riesame - Inammissibilità

Bancarotta fraudolenta patrimoniale

Luglio 2024 - Cassazione penale sez. V, 02/07/2024, n.33476

Nessuna massima presente

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La sentenza integrale

RITENUTO IN FATTO Dolce Imperial Srl e La Florian Srl, in persona dei rispettivi legali rappresentanti (per la Florian Lo.Fr., per la Dolce Imperial il medesimo Lo.Fr., institore e Pa.Mi., amministratore), hanno promosso ricorso per cassazione avverso l'ordinanza del Tribunale del riesame di Bergamo, che ha rigettato l'appello da loro formalizzato ai sensi dell'art. 322 bis cod. proc. pen. contro il decreto di restituzione del pubblico ministero del 12 dicembre 2023 dei beni soggetti a sequestro preventivo impeditivo, ordinato a norma dell'art. 321 comma 1 cod. proc. pen. in favore della curatela del fallimento BAR Pe. Srl, dichiarato con sentenza del 11 ottobre 2022. Agli amministratori di tale società è stato contestato, con incolpazione provvisoria, il delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione dei beni aziendali formalmente ceduti in blocco alla La Florian Srl, socia al 90% della fallita e, come detto, amministrata da Lo.Fr., già amministratore della fallita dal (Omissis) al (Omissis) (di cui a fattura n. (Omissis) del (Omissis), per Euro 253.760, IVA inclusa), ed oggetto di decreto di sequestro preventivo del g.i.p. del 28 luglio 2023. Tali beni sono quelli che l'organo inquirente ha restituito alla curatela del fallimento. Il provvedimento impugnato ha osservato che La Florian aveva a sua volta apparentemente ceduto parte di tali beni alla Dolce Imperial con fattura del (Omissis). La Florian e Dolce Imperial - in data (Omissis) - avevano a loro volta avanzato istanza di dissequestro e restituzione dei beni di rispettiva, apparente titolarità, il pubblico ministero aveva espresso parere contrario e trasmesso gli atti al g.i.p., quest'ultimo aveva rigettato l'istanza ed il suo provvedimento è stato autonomamente impugnato dalle medesime attuali ricorrenti, con iniziativa separata. È accaduto invero che in data (Omissis) BAR Pe. di P, nell'ambito dello stesso immobile, ha stipulato un contratto di affitto di ramo di azienda, relativo all'attività di bar, con La Florian, alla quale aveva già alienato i beni con la fattura del (Omissis); tale contratto è stato risolto il (Omissis); ne è stato stipulato un altro con Dolce Imperial, avente ad oggetto il medesimo ramo aziendale, risolto il (Omissis); quest'ultima società ha continuato ad occupare i locali dell'esercizio e a gestire l'attività sine titulo e, come detto, il (Omissis) ha comprato parte dei beni oggetto della fattura n. (Omissis) del (Omissis). L'attività di produzione degli alimenti da forno è stata invece affittata dalla fallita, distintamente, ad Italy Service Srl, anche tale contratto è stato risolto nel (Omissis) mentre in precedenza - dunque prima della risoluzione - il medesimo ramo era stato formalmente affittato (anche) alla Patisserie Service Srl, rimasta in possesso dei relativi beni anche dopo il fallimento, senza che i canoni di affitto fossero mai versati. 1. L'unico atto di ricorso ha dedotto 7 motivi, tutti rubricati come "violazione di legge", di seguito richiamati nei limiti strettamente necessari di cui all'art. 173 disp. att. cod. proc. pen. 1.1. Il primo motivo ha denunciato l'erroneità dell'ordinanza del Tribunale, che mai avrebbe potuto ritenere che i beni aziendali rivendicati dalle ricorrenti fossero ancora di titolarità della fallita, perché sarebbero stati acquistati da Florian con la fattura del (Omissis) e sarebbe stata fornita prova del pagamento, esibita al Tribunale. 1.2. Il secondo motivo ha lamentato che Lo.Fr. non sarebbe indagato per il delitto di bancarotta fraudolenta distrattiva, ma per reati fiscali, costituiti dall'omessa dichiarazione dei redditi fini IRES, relativa al (Omissis). 1.3. Il terzo e il quarto motivo si sono doluti dell'assenza di prova della simulazione della vendita dei beni alla Florian, vuoi perché a nulla varrebbe che tale società fosse socia della fallita e perché sarebbe carente la motivazione del rigetto dell'appello, fondata sull'assunto del curatore di non aver trovato traccia del versamento del prezzo della fattura, documentato invece dalla difesa. 1.4. Il quinto ed il sesto motivo si sono nuovamente soffermati sulla carenza della motivazione dell'ordinanza impugnata, che avrebbe valorizzato elementi che nulla proverebbero, ovvero l'effettuazione di manutenzioni da parte della poi fallita a favore della Florian, la presunta vendita di una parte dei cespiti della più volte citata fattura alla Dolce Imperial a prezzo superiore rispetto a quello del suo acquisto. 1.5. Il settimo motivo ha fatto rilevare che il Tribunale avrebbe omesso di considerare che il g.i.p. aveva autorizzato Dolce Imperiale e Patisserie all'utilizzo temporaneo dei beni vincolati, così da influire sulla facoltà del pubblico ministero di revocarne il sequestro a favore della curatela del fallimento. CONSIDERATO IN DIRITTO I ricorsi sono inammissibili. 1. Mette conto ribadire, in premessa, che il ricorso per cassazione contro le ordinanze emesse ai sensi dell'art. 324 cod. proc. pen. è proponibile solo per violazione di legge (art. 325 cod. proc. pen.) e che in tale nozione si devono comprendere sia gli errores in iudicando o in procedendo sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l'apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o puramente "apparente". Più precisamente, si è osservato che motivazione assente è quella che manca fisicamente (Sez. 5, n. 4942 del 04/08/1998, Seana; Sez. 5, n. 35532 del 25/06/2010, Angelini) o che è graficamente indecifrabile (Sez. 3, n. 19636 del 19/01/2012, Buzi); motivazione apparente, invece, è solo quella che "non risponda ai requisiti minimi di esistenza, completezza e logicità del discorso argomentativo su cui si è fondata la decisione, mancando di specifici momenti esplicativi anche in relazione alle critiche pertinenti dedotte dalle parti" (Sez. 1, n. 4787 del 10/11/1993, Di Giorgio), come, per esempio, nel caso di utilizzo di timbri o moduli a stampa (Sez. 1, n. 1831 del 22/04/1994, Caldaras; Sez. 4, n. 520 del 18/02/1999, Reitano; Sez. 1, n. 43433 dell'8/11/2005, Costa; Sez. 3, n. 20843, del 5 28/04/2011, Saitta) o di ricorso a clausole di stile (Sez. 6, n. 7441 del 13/03/1992, Banati; Sez. 6, n. 25361 del 24/05/2012, Piscopo) e, più in generale, quella che dissimuli la totale mancanza di un vero e proprio esame critico degli elementi di fatto e di diritto su cui si fonda la decisione, o che sia priva dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidonea a rendere comprensibile l'itinerario logico seguito dal giudice (Sez. U., n. 25932 del 29/05/2008, Ivanov); ovvero, ancora, quando le linee argomentative del provvedimento siano talmente scoordinate da rendere oscure le ragioni che hanno giustificato il provvedimento, trattandosi di vizio che sostanzia una "inosservanza della specifica norma processuale che impone, a pena di nullità, l'obbligo di motivazione dei provvedimenti giurisdizionali" (così, tra le tante, Sez. U, n. 33451 del 29/05/2014, Repaci, Rv. 260246). 2. E ancora, deve essere rammentato che "in tema di sequestro preventivo, la verifica delle condizioni di legittimità della misura cautelare da parte del Tribunale del riesame o della corte di cassazione non può tradursi in anticipata decisione della questione di merito concernente la responsabilità della persona sottoposta ad indagini in ordine al reato oggetto di investigazione, ma deve limitarsi al controllo di compatibilità tra la fattispecie concreta e quella legale, rimanendo preclusa ogni valutazione riguardo alla sussistenza degli indizi di colpevolezza ed alla gravità degli stessi" (Sez. U n. 7 del 23/02/2000, Mariano, Rv. 215840). Il Tribunale è chiamato a verificare l'astratta configurabilità del reato ipotizzato, valutando il "fumus commissi delicti", in relazione alla congruità degli elementi rappresentati, non già nella prospettiva di un giudizio di merito di natura anticipatoria sulla fondatezza dell'accusa, ma con riferimento alla idoneità degli elementi su cui si fonda la notizia di reato a rendere utile l'espletamento di ulteriori indagini per acquisire prove certe o ulteriori del fatto, non altrimenti esperibili senza la sottrazione del bene all'indagato o il trasferimento di esso nella disponibilità dell'autorità giudiziaria (Sez. 3, n.15254 del 10/03/2015,Rv. 263053). 3. Ebbene, l'iter logico-giuridico seguito dall'ordinanza gravata risulta chiaro ed esauriente ed espresso in esito ad una ponderata analisi delle fonti probatorie offerte alla sua attenzione, ed il cui sindacato, in sede di legittimità, deve necessariamente arrestarsi alla valutazione di congruità degli elementi rappresentati a fronte delle obiezioni formulate dalla difesa con l'impugnazione cautelare. Risalta allora in modo evidente che i motivi di ricorso si sostanzino in censure che - oltre a riproporre, con enunciati generici e puramente contestativi, i medesimi argomenti già respinti dall'ordinanza impugnata, con le cui proposizioni difetta ogni apprezzabile confronto -attingono il merito della valutazione espressa dal Tribunale del riesame in ordine alla natura distrattiva (rectius, dissimulatoria) dell'operazione che ha interessato la cessione dei cespiti dell'impresa, relativi al ramo del bar, alla Florian Srl e da quest'ultima, in parte qua, alla Dolce Imperial Srl: tutti aspetti che, invece, il Tribunale ha puntualmente, con piana e dettagliata esposizione, affrontato - per quanto di specifico interesse in questa sede - con particolare riferimento: alla lampante promiscuità del contesto, anche spaziale ed operativo, in cui si sono solo apparentemente succedute diverse entità imprenditoriali, tutte riferibili a Lo.Fr., amministratore della fallita al momento della presunta alienazione delle attrezzature aziendali alla (socia di capitai al 90%) Florian Srl, amministratore della Florian Srl ed institore della Dolce Imperial Srl, acquirente di una porzione di tali beni dalla Florian Srl; all'assenza di prova appagante del pagamento del prezzo della fattura del 31 dicembre 2018, non traibile dall'esame degli estratti conto della fallita, che hanno dato evidenza di bonifici privi di causale, di collocazione temporale non conducente, incompatibili con il versamento del corrispettivo indicato in fattura e in presenza di iniezioni di denaro di direzione opposta, dalla fallita alla Florian; all'accertata esecuzione di interventi manutentivi sui medesimi beni, nel corso del (Omissis), da parte della di poi fallita, circostanza logicamente inconciliabile con l'avvenuta vendita in favore della Florian; all' assenza di concludente dimostrazione del pagamento del prezzo dalla Dolce Imperial alla Florian ed all'incongruità della pattuizione, a distanza di anni, di una controprestazione in denaro sensibilmente superiore - e soltanto per una parte dei beni strumentali oggetto della fattura del (Omissis) - al prezzo che si assume elargito dalla Florian alla fallita per l'integralità del compendio mobiliare. 3.1. Ed è chiaro che le conclusioni così rassegnate sono incompatibili con la ratio dell'art. 263 comma 3 cod. proc. pen., solo genericamente invocato nel ricorso, che impone la rimessione delle parti dinanzi al giudice civile in caso di potenziale controversia sulla proprietà delle cose sequestrate, la cui ricorrenza è strettamente ancorata alla sua serietà (ex multis, sez. 3, n. 6562 del 26/09/2023, Lo Rillo), ragionevolmente esclusa dalla motivazione del provvedimento impugnato. 3.2. A nulla rileva che Lo.Fr. - come sostengono i ricorrenti - non sia ufficialmente indagato per il reato di bancarotta fraudolenta, perché l'applicazione del vincolo ablatorio del sequestro preventivo impeditivo attiene alla valutazione di pericolosità della libera disponibilità della resa non alla dimensione degli indizi di individuale colpevolezza che pertengono al regime delle misure cautelari personali (in tema di sequestro probatorio, v. sez. l, n. 5545 del 03/10/1997, Attaniese, Rv. 209889) e a nulla rileva l'esistenza di un'autorizzazione temporanea del g.i.p. all'utilizzo dei cespiti aziendali in capo alla Dolce Imperial e alla Patisserie, in quanto profilo che riguarda l'esecuzione del sequestro preventivo e non i presupposti ed i requisiti della misura reale, oggetto di revoca da parte del pubblico ministero, con la conseguenza che eventuali questioni ad essa relative sono proponibili soltanto in sede di incidente di esecuzione. 4. Ai sensi dell'art. 616 cod. proc. pen., alla declaratoria di inammissibilità del ricorso, conseguono la condanna delle ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento e, non potendosi escludere profili di colpa nella formulazione dei motivi, anche al versamento della somma di Euro 3000 a favore della Cassa delle ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna le ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, 2 luglio 2024. Depositata in Cancelleria il 3 settembre 2024.
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