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Bancarotta fraudolenta patrimoniale: sui presupposti del concorso per omesso impedimento dell'evento

Bancarotta fraudolenta patrimoniale

Cassazione penale sez. V, 13/06/2022, n.33582

In tema di bancarotta fraudolenta patrimoniale, il concorso per omesso impedimento dell'evento dell'amministratore privo di delega è configurabile quando, nel quadro di una specifica contestualizzazione delle condotte illecite tenute dai consiglieri operativi in rapporto alle concrete modalità di funzionamento del consiglio di amministrazione, emerga la prova, da un lato, dell'effettiva conoscenza di fatti pregiudizievoli per la società o, quanto meno, di “segnali di allarme” inequivocabili dai quali desumere, secondo i criteri propri del dolo eventuale, l'accettazione del rischio del verificarsi dell'evento illecito e, dall'altro, della volontà, nella forma del dolo indiretto, di non attivarsi per scongiurare detto evento, dovendosi infine accertare, sulla base di un giudizio prognostico controfattuale, la sussistenza del nesso causale tra le contestate omissioni e le condotte delittuose ascritte agli amministratori con delega.

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La sentenza integrale

RITENUTO IN FATTO 1. B.M., riconosciuto responsabile dei delitti di bancarotta fraudolenta patrimoniale, bancarotta da reato societario e bancarotta semplice da aggravamento del dissesto (capi C, D ed E della rubrica), commessi, in concorso con altri, nella qualità di amministratore privo di deleghe del Consorzio (OMISSIS), dichiarato fallito in data (OMISSIS), ricorre avverso la sentenza della Corte di appello di Bologna in data 15 settembre 2021, confermativa, in parte qua, della sentenza di condanna pronunciata dal GUP del Tribunale di Bologna in data 11 ottobre 2018. 2. Tramite il difensore affida l'impugnativa a tre motivi, quivi enunciati nei limiti richiesti per la motivazione ai sensi delìart. 173 disp. atta. c.p.p.. - Con il primo motivo denuncia il vizio di violazione di legge e il vizio di motivazione in punto di elemento soggettivo dei reati. Dato atto della costruzione dell'addebito, formulato a suo carico, a titolo di responsabilità omissiva impropria, deduce che, avuto riguardo alle operazioni di ‘cosmesi contabile' poste in essere dagli amministratori con delega nei bilanci a partire dal 2009 - onde dissimulare l'ingravescente sofferenza finanziaria del consorzio -, ben più incisiva e pregnante avrebbe dovuto essere l'argomentazione esibita a sostegno della concreta conoscenza da parte dell'amministratore senza delega dei segnali di allarme circa l'esistenza di condotte gestionali atte a porre in pericolo la garanzia patrinnpniale dei creditori dell'ente, suscettibili di sollecitare il suo intervento in funzione controllo. Osserva, in particolare, che qualificate come ‘incomprensibilì talune appostazioni di bilancio, la Corte di merito avrebbe dovuto meglio spiegare in che termini le stesse fossero, poi, tali da integrare quegli inequivoci elementi fattuali, capaci di fondare l'ubi consistam del dovere di agire dell'amministratore senza delega. Eccepisce, altresì, che la sentenza impugnata avrebbe omesso di valutare il profilo volitivo del dolo che avrebbe animato la sua condotta omissiva. Costruito, questo, nella forma del dolo eventuale, sarebbe stato necessario, onde evitare la deriva nell'ambito della colpa cosciente, esaminare se, pur ammessa la concreta conoscenza dei segnali d'allarme, l'inerzia serbata, astenendosi dallo scendere in campo attivando le misure prescritte dall'obbligo di agire informato, connaturato alla carica rivestita, fosse univocamente espressiva, alla stregua dello statuto probatorio delineato dal diritto vivente con la sentenza Espenhahn, della sua adesione consapevole e volontaria all'altrui agire illecito. Superata, infatti, ai fini della dimostrazione di tale fenomenologia dell'elemento psicologico, la tesi della sufficienza dell'accettazione del rischio di produzione dell'evento pregiudizievole per i creditori, sarebbe stato ineludibile vagliare una serie di indici fattuali idonei a rendere ragione del predetto moto interiore, ossia i rapporti dei consiglieri non esecutivi con gli amministratori delegati, la loro preparazione tecnica, i rilievi effettuati dagli organi di controllo (collegio sindacale, società di revisione, (OMISSIS)). - Con il secondo motivo denuncia la violazione degli artt. 40 e 43 c.p. in relazione agli artt. 2381 e 2392 c.c. e il vizio di motivazione. Deduce che l'intervento che gli sarebbe stato richiesto onde scongiurare gli effetti dell'altrui agire pregiudizievole in danno dei creditori del Consorzio (OMISSIS) non poteva tradursi in un generico e generalizzato obbligo di vigilanza sull'andamento della gestione societaria, ma si sarebbe dovuto parametrare ai limiti connaturati alla posizione di garanzia incombente sull'amministratore senza delega, siccome delineata dal combinato disposto dei novellati artt. 2381 e 2392 c.c., alla stregua dell'obbligo di agire informato. - Con il terzo motivo denuncia la violazione degli artt. 217, comma 1, nn. 3 e 4, 224, commi 1 e 2, 219, comma 2, n. 1 L.F., 157 c.p. e 129 c.p.p. e il vizio di motivazione. Eccepita l'erronea applicazione dell'aggravante della continuazione fallimentare al delitto di bancarotta semplice da aggravamento del dissesto di cui al capo E), riferendosi la disposizione cui all'art. 219 L.F. agli artt. 216,217 e 218 L.F. e non anche all'art. 224 L.F., tantomeno al comma 2 della detta norma, rileva che il delitto di bancarotta semplice contestatogli si e', comunque, estinto per prescrizione prima della sentenza di appello (il 22 luglio 2020) o, comunque, entro il termine per proporre ricorso per c:assazione. - Con memoria in data 13 maggio 2022, i(difensore del ricorrente ha chiesto la trattazione orale del ricorso che gli è stata accordata. CONSIDERATO IN DIRITTO Il ricorso è fondato. 1. La posizione dell'odierno ricorrente si colloca nell'ambito di un più ampio procedimento - che ha riguardato anche altri soggetti e molte altre ipotesi di reato (fattispecie fallimentari, tributarie e di truffa) - concernente le vicende di alcune società cooperative facenti capo al Consorzio (OMISSIS), esercenti attività nell'ambito dell'edilizia civile. Le tre specifiche contestazioni a carico di B.M. (capi C, D ed E) di cui questa Corte deve occuparsi riguardano il Consorzio (OMISSIS) di cui il ricorrente è stato consigliere di amministrazione senza deleghe dal 5 maggio 2001 al 17 settembre 2012, rivestendo, al contempo, a far data dal 26 maggio 2009, il ruolo di presidente del consiglio di amministrazione della (OMISSIS) In particolare, gli è contestato di avere, nelle qualità sopra indicate, concorso nei delitti di bancarotta patrimoniale, di bancarotta da falso in bilancio e di bancarotta semplice commessi dagli amministratori operativi dell'anzidetto consorzio ex art. 40, comma 2, c.p., omettendo di adempiere, in presenza di gravi segnali di pericolo per la garanzia patrimoniale dei creditori sociali, alla funzione di controllo assegnatagli, assumendo le dovute informazioni e riferendo al consiglio di amministrazione delle evidenti anomalie riscontrate, nonché astenendosi dal sollecitare le necessarie iniziative volte a fare in modo che venisse avanzata richiesta di fallimento, di modo che, con il rimanere inerte, non solo non aveva impedito l'evento pregiudizievole, ossia l'altrui agire illecito, ma lo aveva avallato in termini di dolo eventuale. 2. Orbene, il percorso argomentativo seguito dalla Corte territoriale muove dal riscontro di reiterate falsità in bilancio, riguardanti, per un verso, le percentuali dei contraenti nei rapporti negoziali con (OMISSIS), funzionali a consentire all'ente di continuare a fruire della fiscalità agevolata, e, per altro verso, le poste attive, fatte oggetto di un'artificiosa sopravvalutazione finalizzata a dissimulare le ingravescenti perdite di esercizio (cfr. pag. 77, ultimo capoverso). In particolare, a sostegno delle accuse mosse a B., vengono richiamate le operazioni intercorse tra il consorzio e la cooperativa della quale questi era presidente del consiglio di amministrazione - riguardanti fittizi, reciproci, trasferimenti di immobili - e si fa rimando alle dichiarazioni del curatore fallimentare del consorzio (OMISSIS) che le aveva stimate di nessuna logica commerciale ed economica, tanto da avere portato ad un incremento di debito bancario in capo alla cooperativa (OMISSIS) per oltre 1 mln di Euro (pagg. 20-23 della sentenza impugnata). 3. Ad avviso del decidente di merito, la rilevata ‘cosmesi contabile' non sarebbe stata tale da impedire i controlli sull'andamento della gestione del consorzio, cui il componente non operativo del consiglio di amministrazione sarebbe stato tenuto. Questi, infatti, se avesse usato della diligenza minima afferente al mandato ricevuto, non avrebbe potuto non interrogarsi sulle "sistematiche incongruenze" (in quanto ripetutesi per almeno un triennio) delle appostazioni di bilancio relative ad operazioni di vendita e di successivo riacquisto di immobili, di cessione a terzi di posizioni debitorie senza preventiva accettazione da parte del creditore, di erogazione di cospicue somme di denaro a cooperative socie (cfr. pagg. 78-80 della sentenza impugnata); appostazioni che, immutata la cornice fattuale nella quale erano inseriti i rapporti negoziali e i cespiti oggetto di valutazione, non avrebbero trovato altra plausibile giustificazione se non in un contesto di operatività illecita. Dunque - conclude il giudice di appello -, in un assetto contabile che palesava in modo immediato e manifesto la anomalia e la sofferenza di gestione, il mancato esercizio dei poteri/doveri attribuiti al consigliere privo di deleghe avrebbe impedito, quantomeno per gli anni successivi al 2009, la consumazione dei fatti di bancarotta per cui si procede: fatti, dei quali, quindi, anche B.M. era chiamato a rispondere a titolo di concorso omissivo improprio animato dal dolo eventuale, cioè "dalla volontaria assoluta inerzia in vigilando, con consapevole assunzione del rischio di illeciti gestionali ad opera dei delegati" (pag. 82, secondo capoverso della sentenza impugnata). 4. Ebbene, come anticipato, le doglianze del ricorrente colgono nel segno, evidenziando errori in diritto ed omissioni amomentative che impongono un nuovo vaglio della regiudicanda da parte del giudice di merito. 4.1. Merita, dunque, prioritario esame il secondo motivo di ricorso, che pone l'accento sul tema del fondamento della responsabilità omissiva impropria dell'amministratore privo di deleghe e su quello della prova della stessa. Si deve, al riguardo, rilevare che la sentenza impugnata non ha tenuto conto di quanto affermato dalla giurisprudenza di legittimità, ossia che, in tema di reati societari, la previsione di cui all'art. 2381 c.c. - introdotta con il D.Lgs. n. 6 del 2003 che ha modificato anche l'art. 2392 c.c. - riduce gli oneri e le responsabilità degli amministratori privi di delega; tuttavia, l'amministratore (con o senza delega) è penalmente responsabile, ex art. 40, comma 2, c.p., per la commissione dell'evento che viene a conoscere (anche al di fuori dei prestabiliti mezzi informativi) e che, pur potendo, non provvede ad impedire, posto che a tal riguardo l'art. 2932 c.c., nei limiti della nuova disciplina dell'art. 2381 c.c., risulta immutato (Sez. 5, n. 23838 del 04/05/2007, Rv. 237251). E' stato, in proposito, evidenziato come la riforma della disciplina delle società (di cui al D.Lgs. n. 6 del 2003) abbia posto a carico di ciascun amministratore (con o senza delega) l'obbligo di agire informato (art. 2381, comma 6, c.c.) e del presidente del consiglio di amministrazione l'obbligo di ragguaglio informativo (art. 2381, comma 1, c.c.: "Provvede affinché adeguate informazioni sulle materie iscritte all'ordine del giorno vengano fornite a tutti i consiglieri"), prevedendo, altresì, l'obbligo degli amministratori delegati di riferire, con prestabilita periodicità, al consiglio di amministrazione e al collegio sindacale "sul generale andamento della gestione e sulla sua prevedibile evoluzione, nonché sulle operazioni di maggior rilievo, per le loro dimensioni o caratteristiche, effettuate dalla società o dalle sue controllate" (art. 2381, comma 5, c.c.). Letta tale disposizione in combinato disposto con quella di cui al novellato art. 2392, comma 1, c.c., ne viene che anche gli amministratori privi di deleghe sono responsabili verso la società ma nei limiti delle attribuzioni loro proprie, quali stabilite dalla disciplina normativa: dunque, non sono più sottoposti ad un generale obbligo di vigilanza, tale da trasmodare di fatto in una responsabilità oggettiva, per le condotte dannose degli altri amministratori, ma rispondono solo quando non abbiano impedito fatti pregiudizievoli di quest'ultimi in virtù della conoscenza o della possibilità di conoscenza di elementi tali da sollecitare il loro intervento alla stregua della diligenza richiesta dalla natura dell'incarico e dalle loro specifiche competenze (Cass. Civ., Sez. 1, n. 17441 del 31/08/2016, Rv. 641165), tanto in forza del loro dovere di agire informati ex art. 2381, comma 6, c.c., che implica la possibilità di chiedere agli organi delegati che in consiglio siano fornite informazioni relative alla gestione della società, ma non riconosce loro un'autonoma potestà di indagine. Così circoscritta la posizione di garanzia del consigliere non operativo, è evidente che è configurabile a suo carico il concorso omissivo in fatti di bancarotta, ex artt. 110 e 40, comma 2, c.p., per violazione del dovere di agire informato, solo nella misura in cui il suo omesso intervento abbia avuto effettiva incidenza di contributo causale nella commissione del reato da parte dei consiglieri con delega. Ciò comporta che, compiuto il giudizio controfattuale necessario ai fini dell'affermazione della responsabilità omissiva impropria, il giudice di merito è tenuto a verificare se, qualora fossero state compiute dal consigliere senza delega le doverose attività di intervento, si sarebbero ugualmente realizzate le condotte integranti reato ascritte agli amministratori con delega. Poiché in ordine a tale decisivo profilo, ossia quello dell'accertamento dell'effettiva incidenza dell'omesso intervento di B.M. sulla realizzazione delle operazioni di diminuzione del patrimonio del Consorzio (OMISSIS) e di aggravamento del dissesto di questo (per effetto del falso ir bilancio), poste in essere dagli amministratori delegati del consorzio medesimo, la motivazione resa nella sentenza impugnata è del tutto carente - nulla spiegando in proposito i riferimenti in essa contenuti alle condotte specifiche attribuite al B. di ‘firma del modello C17' e di partecipazione ai trasferimenti immobiliari effettuati nei confronti della cooperativa (OMISSIS), che avevano portato per quest'ultima ad un incremento di debito bancario di oltre lnnIn di Euro -, s'impone un approfondimento di merito al riguardo. 4.2. Come segnalato dal ricorrente con lil secondo motivo di ricorso, il giudice di appello non si è neppure attenuto al principio di diritto secondo cui, in tema di bancarotta fraudolenta, ai fini della configurabilità del concorso dell'amministratore privo di delega per omesso impedimento dell'evento, è necessario che, nel quadro di una specifica contestualizzazione delle condotte illecite poste in essere dai consiglieri operativi in rapporto alle concrete modalità di funzionamento del consiglio di amministrazione, emerga la prova, da un lato, dell'effettiva conoscenza di fatti pregiudizievoli per la società o, quanto meno, di "segnali di allarme" inequivocabili dai quali desumere l'accettazione del rischio - secondo i criteri propri del dolo eventuale del verificarsi dell'evento illecito e, dall'altro, della volontà di non attivarsi per scongiurare detto evento (Sez. 5, n. 42568 del 19/06/2018, Rv. 273925; Sez. 1, n. 14783 del 09/03/2018, Rv. 272614). L'enunciato criterio costituisce espressione di condivisibile linea interpretativa, attenta ad evitare che siano pronunciate condanne basate su una responsabilità di posizione ovvero fondate su un rimprovero per colpa anziché per dolo, come richiesto per l'integrazione delle fattispecie di bancarotta di cui agli artt. 216 e 223 L.F.. In proposito, è stato chiarito che non è sufficiente la presenza di dati (c.d. segnali d'allarme) da cui desumere un evento pregiudizievole per la società o almeno il rischio della verifica di detto evento, ma è necessario che il consigliere privo di delega ne sia concretamente venuto a conoscenza e sia rimasto volontariamente inerte così avallando le condotte mendaci o distrattive degli amministratori dotati di deleghe (Sez. 5, n. 23000 del 05/10/2012 - dep. 28/05/2013, Rv. 256939). Tanto perché la sussistenza di fattori di anomalia evidenti, se comporta in chi li colse un chiaro addebito per colpa, finanche grave, non consente di affermare, oltre ogni ragione le dubbio, che l'inerzia, ciò nonostante serbata, da parte di chi sarebbe stato tenuto ad attivarsi - nel caso di specie, ai sensi del combinato disposto degli artt. 2381, comma 6, e 2392 c.c. - sia ex sé espressiva della volontaria adesione all'evento pregiudizievole, rappresentato dalla condotta criminosa altrui, il cui concreto verificarsi si sia affacciato nella prospettiva conoscitiva del soggetto agente che ne abbia accettato il rischio. Poiché la responsabilità dell'amministratore senza deleghe, a titolo di concorso nel reato di bancarotta fraudolenta degli altri componenti del collegio di amministrazione, non può fondarsi sulla sola posizione di garanzia e discendere, tout court, dal mancato esercizio dei relativi doveri di intervento, postulando, invece, l'esistenza di puntuali elementi sintomatici, dotati del necessario spessore indiziario, dimostrativi di un'omissione esorbitante dalla dimensione meramente colposa ed espressiva, piuttosto, di una volontaria partecipazione alle condotte illecite degli amministratori con delega, nella forma del dolo eventuale, anche il rilievo dell'esistenza di segnali di allarme esige una loro considerazione contestualizzata: ad esempio, non può non essere accompagnato dall'accertamento dell'elaborazione che degli stessi sia stata fatta dal consigliere non operativo, ben essendo possibile che questi li abbia sottovalutati o non adeguatamente percepiti, tanto indirizzando, se del caso, verso un suo comportamento colposo e non certo doloso. In definitiva, dei segnali di allarme della situazione di squilibrio finanziario e patrimoniale della società occorre effettuare una valutazione alla luce di tutte le circostanze del caso concreto, tale da rendere affidabilmente dimostrato il moto interiore dell'amministratore senza delega, nel senso che egli si sia "rappresentata la significativa possibilità di verificazione dell'evento concreto e ciò nonostante, dopo aver considerato il fine perseguito e l'eventuale prezzo da pagare, si sia determinato ad agire comunque, anche a costo di causare l'evento lesivo, aderendo ad esso, per il caso in cui si verifichi", secondo quanto statuito dal diritto vivente con la sentenza Sez. U, n. 38343 del 24/04/2014, Espenhahn e altri. Alla stregua, pertanto, di tale dictum, la prova del dolo eventuale, anche ai fini della distinzione rispetto alla colpa cosciente, esige la rigorosa dimostrazione del fatto che il soggetto agente si sia confrontato con la specifica categoria di evento che si è verificata nella fattispecie concreta aderendo psicologicamente ad essa e a tal fine l'indagine giudiziaria, volta a ricostruire riter" e l'esito del processo decisionale, può fondarsi sugli indicatori fattuali esemplificativamente enucleati dalla Corte di legittimità nella sua più autorevole composizione ("a) la lontananza della condotta tenuta da quella doverosa; b) la personalità e le pregresse esperienze dell'agente; c) la durata e la ripetizione dell'azione; d) il comportamento successivo al fatto; e) il fine della condotta e la compatibilità con esso delle conseguenze collaterali; f) la probabilità di verificazione dell'evento; g) le conseguenze negative anche per l'autore in caso di sua verificazione; h) il contesto lecito o illecito in cui si è svolta l'azione nonché la possibilità di ritenere, alla stregua delle concrete acquisizioni probatorie, che l'agente non si sarebbe trattenuto dalla condotta illecita neppure se avesse avuto contezza della sicura verificazione dell'evento) (Sez. U, n. 38343 del 24/04/2014, Rv. 261105; Sez. 5, n. 23992 del 23/02/2015, Rv. 265306). Percorso epistemologico, quello delineato, che non può non valere anche nel caso di specie, onde far luce sull'atteggiarsi dell'elemento psicologico che ha animato la condotta omissiva del consigliere privo di delega del Consorzio (OMISSIS), B.M., il cui operato si sarebbe dovuto certamente valutare tenendo conto della sua preparazione tecnica, della caratura dei suoi interventi prima e dopo la realizzazione dei fatti illeciti, della concreta dinamica relazionale esistente in seno al consiglio di amministrazione, dei rilievi effettuati sulla gestione del consorzio da parte degli organi di controllo (collegio sindacale, società di revisione, (OMISSIS)), non potendosi sottacere che, nello sviluppo della motivazione della sentenza Espenhahn, le Sezioni Unite hanno espresso una ben precisa posizione ermeneutica: ossia quella secondo la quale, ove non si possa provare, nel caso concreto, il coefficiente psichico del dolo eventuale, il giudice di merito è tenuto a propendere per la colpa cosciente, posto che: "La figura di cui ci si occupa (il dolo eventuale) è peculiare, marginale, di difficile accertamento. In conseguenza, in tutte le situazioni probatorie irrisolte alla stregua della regola di giudizio dell'oltre ogni ragionevole dubbio, occorre attenersi a/ principio di favore per l'imputato e rinunziare all'imputazione soggettiva più grave a favore di quella colposa, se prevista dalla legge" (in motivazione, pag. 188, sentenza Espenhahn, n. 38343/2014). Esibendo la decisione posta all'esame del Collegic sicuri profili di problematicità rispetto all'interpretazione offerta dal diritto vivente, giacché è dato cogliere un vuoto motivazionale in ordine alla dimostrazione dell'atteggiamento colpevole dell'amministratore non esecutivo iimputato - essendosene, in definitiva, fondata la responsabilità sull'affermazione secondo la quale la mera presenza di gravi profili di criticità nell'informazione societaria (e l'oggettiva percepibilità di tali indici di anomalia) l'avrebbe obbligato, in ragione della posizione di garanzia rivestita, ad attivarsi, di modo che, non avendolo fatto, avrebbe, per ciò solo, voluto concorrere nella condotta delittuosa degli amministratori delegati - s'impone l'annullamento della sentenza impugnata con riferimento ai capi C) e D) della rubrica affinché il giudice del rinvio riesamini la ques:ione dell'elemento psicologico del reato alla stregua delle coordinate interpretative tracciate. 5. Merita di essere cassata, senza rinvio, la statuizione di condanna dell'imputato per il reato di cui al capo E), in quanto il reato, in assenza di cause di sospensione della prescrizione, si è estinto prima della pronuncia della sentenza di appello (22 luglio 2013, comunque controllare); estinzione ala cui dichiarazione avrebbe dovuto provvedere la Corte di appello bolognese, in ossequio al principio di diritto espresso dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza Ricci, n. 12602 del 17/12/2015 - dep. 25/03/2016, Rv. 266819). 6. S'impone, pertanto: l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata limitatamente al capo E), per essere il reato estinto per prescrizione; l'annullamento della stessa sentenza, quanto ai capi C) e D), con rinvio per nuovo esame ad altra Sezione della Corte di appello di Bologna. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata senza rinvio limitatamente al reato di cui al capo E), perché il reato è estinto per prescrizione. Annulla nel resto la medesima sentenza con rinvio per nuovo esame ad altra sezione della Corte d'appello di Bologna. Così deciso in Roma, il 13 giugno 2022. Depositato in Cancelleria il 13 settembre 2022
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