RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata la Corte d'Appello di Roma, sull'impugnazione del PM, della parte civile e degli imputati, ha confermato la condanna in primo grado alla pena di giustizia nei confronti di S. ed ha dichiarato la responsabilità di M. condannandolo a pena di giustizia, il primo in qualità di amministratore di fatto e di diritto delle società a responsabilità limitata (OMISSIS) e (OMISSIS), il secondo quale consulente del gruppo societario S. ed amministratore di (OMISSIS) srl, per più delitti di bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione e documentale, confermando nel resto la pronunzia di primo grado. Epoca dei fallimenti, Novembre 2006.
1. Ha presentato ricorso la difesa di S., avvocato Grimaldi Carlo, che col primo motivo, ha dedotto l'errata applicazione delle norme incriminatrici sulla bancarotta fraudolenta e preferenziale ed omessa motivazione, con particolare riguardo all'elemento psicologico del reato. Dopo aver delineato i rapporti tra le società facenti capo a S. e la Banca popolare di Sondrio, unico creditore delle fallite, il ricorrente ha rappresentato che S. aveva predisposto assegni circolari per 1.380mila Euro per onorare la garanzia prestata a (OMISSIS), che, peraltro, la Banca aveva rifiutato di incassare e nello stesso tempo il creditore aveva presentato istanza di fallimento nei confronti di quasi tutte le società del gruppo S., come era emerso anche dalla consulenza espletata dal PM. In proposito il ricorrente ha lamentato di aver richiesto, con l'atto di appello, la rinnovazione dell'istruttoria al fine di far acquisire dalla banca i contratti ed i rapporti di conto corrente con (OMISSIS) ma la Corte aveva ignorato l'istanza.
Il ricorrente ha richiamato la sentenza di questa Sezione nr 47502 del 2012, cosiddetta Corvetta, ed ha lamentato l'errata applicazione delle norme incriminatrici sulla bancarotta, riguardo all'elemento psicologico, alla luce di più elementi fattuali che o non erano stati considerati o erano stati travisati.
Allo scopo si è fatto riferimento al dato secondo il quale S., oltre a predisporre gli assegni circolari per far fronte alla fidejussione sua e dei soci prestata in favore di (OMISSIS), aveva altresì, rimborsato tre milioni di Euro per l'esposizione della società (OMISSIS) verso la medesima banca.
Quanto all'addebito di distrazione di 250mila Euro dalla società (OMISSIS), si tratterebbe di un credito che il giudicabile vantava nei confronti della società per un precedente conferimento, ed in proposito il ricorrente ha prospettato che al più poteva trattarsi di un'ipotesi di bancarotta preferenziale. In ogni caso sul punto specifico la Corte, nel ritenere l'ipotesi distrattiva, sarebbe incorsa in un inquietante travisamento probatorio, avendo ritenuto che all'epoca in cui era avvenuta la società si trovasse già in uno stato di disseto per una notevole posizione debitoria nei confronti della banca, tale da assorbire il capitale sociale. Ha sostenuto il ricorrente che S. aveva affrontato la posizione debitoria con l'offerta di 1.380mila Euro; che la condotta in parola in ogni caso era di molto antecedente la dichiarazione di fallimento e che lo stato di insolvenza si era verificato per il rifiuto della banca di accettarla, allo scopo di provocare il fallimento. Pertanto, la condizione di insolvenza non aveva alcun rapporto causale con le condotte dell'imputato, che sarebbero prive del necessario elemento del dolo.
Illogica sarebbe la motivazione riguardo ad un diverso rimborso di 775mila Euro da (OMISSIS) srl a S., che proverrebbe dalla fallita (OMISSIS), avendo la Corte trascurato che vi era stato un analogo finanziamento in favore della società (OMISSIS) del 1997 e 1998 e che nel 2001 si era realizzata la vendita del compendio immobiliare a (OMISSIS) per oltre 1mln di Euro.
Col secondo motivo è stata lamentata l'errata applicazione degli artt. 133 e 62 bis c.p. e la motivazione illogica, poichè la Corte non aveva risposto sulla richiesta delle attenuanti e neppure aveva ridotto la pena, pur dando atto che la stessa banca aveva, in una certa misura, agevolato la formazione di un danno molto consistente, mantenendo l'operatività di S. sul rischioso mercato dei derivati in un momento in cui la sua esposizione era già rilevantissima.
Nell'interesse di S. ha presentato ricorso anche l'avvocato Assumma B., che col primo motivo ha dedotto la nullità della sentenza ex art. 522 c.p.p. per violazione dell'art. 521 c.p.p.. Ha sostenuto il ricorrente che la prima sentenza aveva affermato la responsabilità dell'imputato quale amministratore di fatto, per aver realizzato condotte gestorie significative e non occasionali all'insaputa degli amministratori di diritto; infatti, costoro erano stati assolti con formula ampia. Il Giudice di Appello aveva confermato la sentenza di condanna ma tramite una lettura in chiave omissiva e non attiva della responsabilità, ritenendo che S. nei periodi in cui non aveva ricoperto la carica di amministratore formale, avrebbe dovuto ex art. 40 cpv. c.p., impedire le condotte illecite poste in essere dagli amministratori di diritto, oppure pretendere l'adempimento degli obblighi di legge. In tal modo si sarebbe realizzato un mutamento del fatto oggetto dell'imputazione con serio pregiudizio dell'esercizio del diritto di difesa. Infatti, la difesa aveva inteso dimostrare l'assenza di condotte gestorie realizzate direttamente dall'imputato, anche nelle epoche in cui aveva dismesso la qualità di amministratore formale.
Nel secondo motivo, direttamente collegato al primo, è stata lamentata la manifesta illogicità della motivazione, poichè gli amministratori di diritto erano stati assolti nei due gradi di giudizio e, quindi, era illogica l'ipotesi di responsabilità dolosa per omissione ai sensi dell'art. 40 cpv. c.p., in quanto all'esito del giudizio risultavano mancanti le condotte illecite degli amministratori formali che S., secondo la nuova impostazione della Corte d'Appello, avrebbe dovuto impedire.
Tramite il terzo motivo è stata dedotta l'assenza di motivazione riguardo alla responsabilità omissiva dell'imputato. Infatti, alla luce della giurisprudenza di questa Corte circa gi obblighi dell'amministratore di fatto in tema di bancarotta patrimoniale, i Giudici di secondo grado avrebbero dovuto dar conto delle condotte realizzate dagli amministratori formali e della consapevole e dolosa inerzia del giudicabile rispetto ad esse, quantomeno nella forma del dolo eventuale. Invece, la Corte si sarebbe limitata a richiamare un principio giurisprudenziale senza calarlo nei concreti risultati probatori del processo.
L'esposizione dei motivi di ricorso di M. è omessa, ai sensi dell'art. 173 disp. att. c.p.p., comma 1, per la sopravvenuta morte del ricorrente, riguardo alla quale è stato acquisito il relativo certificato.
All'odierna udienza il Pg, Dr Lignola, ed il difensore della parte civile avvocato Lecis, depositando conclusioni e nota spese; i difensori di S., avvocati Caroleo Grimaldi e Assumma hanno insistito per l'accoglimento dei ricorsi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
In via preliminare occorre pronunziare l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata per la posizione di M., del quale è stato acquisito il certificato di morte.
I ricorsi presentati nell'interesse di S. sono infondati.
Ricorso avvocato Grimaldi Carlo.
1. Il primo motivo di ricorso che, in sostanza, investe l'intero itinerario argomentativo della sentenza, ha inteso sottolineare alcuni dati probatori acquisiti nel giudizio di merito, lamentandone, in parte, il travisamento ed, in parte, usandoli allo scopo di censurare la ritenuta sussistenza dell'elemento psicologico del delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione e per sostenere l'ipotesi del ricorrere della fattispecie del diverso reato di bancarotta preferenziale.
1.1 La tesi difensiva è inaccoglibile sia in fatto, poichè non è ravvisabile il dedotto travisamento probatorio, nè appare illogico il significato attribuito dalla Corte al complessivo quadro dimostrativo acquisito e, d'altra parte, l'impugnazione non ha mosso censure sufficientemente specifiche alla motivazione, sia in diritto, per le ragioni che si esporranno in seguito.
1.2 In proposito, infatti, occorre in primis osservare che la sintesi dei rapporti finanziari di altre società del gruppo S. ((OMISSIS), (OMISSIS)) verso la Banca popolare di Sondrio, unica creditrice e che aveva presentato istanza di fallimento, per le quali il giudicabile avrebbe rimborsato tre milioni, non appare significativa ai fini del giudizio, in quanto il dato si riferisce a soggetti dotati di autonoma personalità patrimoniale e giuridica rispetto alle società fallite, nè l'elemento può essere valorizzato, come sembra volere il ricorrente, al fine di negare la presenza del dolo del delitto.
1.3 Quanto all'argomento della predisposizione del pagamento di 1.380mila Euro per la garanzia prestata con altri soci in favore di (OMISSIS) e del rifiuto che il creditore avrebbe opposto a riceverlo, il dato sottostante può forse ritenersi acquisito, in base a quanto affermato in ricorso circa i risultati della consulenza tecnica disposta da PM, ma è relativo ad una diversa ricostruzione dei fatti, tendente a far emergere il contraddittorio comportamento dell'azienda bancaria, che, se da un lato aveva rifiutato di accettare il pagamento del debitore, dall'altro ne aveva provocato il fallimento, e come tale è inapprezzabile in questa fase, in cui - come noto - è inammissibile la rivisitazione del merito delle prove, per come scrutinate dai Giudici territoriali.
2. D'altra parte occorre chiarire che la tesi difensiva, incentrata sulla critica alla motivazione per aver ritenuto la presenza dell'elemento psicologico del reato di bancarotta distrattiva, è fondata sul principio affermato nella sentenza c.d. (OMISSIS) di questa stessa sezione, secondo il quale nel reato di bancarotta fraudolenta per distrazione lo stato di insolvenza che dà luogo al fallimento costituisce elemento essenziale del reato, in qualità di evento dello stesso e, pertanto, deve porsi in rapporto causale con la condotta dell'agente e deve essere, altresì, sorretto dall'elemento soggettivo del dolo.
2.1 Come noto, peraltro, tale pronuncia è rimasta isolata, poichè la giurisprudenza sul delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale assolutamente prevalente ha affermato i diversi e consolidati principi per cui la natura giuridica del delitto in parola è quella di reato di pericolo, per la sua integrazione è sufficiente il dolo generico, prescindendosi, pertanto, da qualsiasi riferimento al nesso causale tra la condotta dell'agente ed il fallimento. Infatti, secondo quanto chiarito dalle SU di questa Corte (sent. 22474 del 31.3.2016 Passarelli) una volta intervenuta la sentenza dichiarativa di fallimento, i fatti distrattivi assumono rilievo in qualsiasi momento essi siano stati commessi e, quindi, anche quando l'impresa non versava in condizioni di insolvenza. In senso conforme ex multis Sez. 5, Sentenza n. 3229 del 14/12/2012 Ud. (dep. 22/01/2013) Rv. 253932; Sez. 5, Sentenza n. 21846 del 13/02/2014 Ud. (dep. 28/05/2014) Rv. 260407.
2.2 Ciò a maggior ragione quando - come nel caso in esame - la sussistenza dell'elemento soggettivo del dolo generico sia agevolmente desumibile da evidenti "indici di fraudolenza", rinvenibili, ad esempio, nella disamina della condotta, alla luce della condizione patrimoniale e finanziaria dell'azienda, nel contesto in cui l'impresa ha operato, nella irriducibile estraneità del fatto generatore dello squilibrio tra attività e passività rispetto a canoni di ragionevolezza imprenditoriale. La verifica di tali indici è considerata necessaria a dar corpo, da un lato, alla prognosi postuma di concreta messa in pericolo dell'integrità del patrimonio dell'impresa, funzionale ad assicurare la garanzia dei creditori, e, dall'altro, all'accertamento in capo all'agente della consapevolezza e volontà della condotta in concreto pericolosa. (Sez. 5, n. 38396 del 23/06/2017 - dep. 01/08/2017, Sgaramella e altro, Rv. 27076301).
2.3 Nella fattispecie in esame la condizione finanziaria delle società in seguito fallite era da lungo tempo allarmante, come è stato ricavato razionalmente dagli accertamenti operati dai Giudici del merito, secondo i quali la prosecuzione dell'operatività societaria, tra Agosto e Settembre 2005, sul mercato londinese dei derivati - in sostanza attività prevalente delle fallite - aveva provocato, per il continuo aumento dei prezzi del rame, un sensibile ed ulteriore peggioramento delle posizioni aperte della società, che consistevano in un valore di rimpiazzo negativo pari a quasi 5milioni di Euro. Sul punto non può non evidenziarsi come lo stesso ricorrente ha affermato che l'operatività in derivati gli era stata incautamente suggerita dalla banca, omettendo di considerare che, dal suo punto di vista di amministratore di impresa, l'accettazione di tale incauto consiglio e la conseguente prosecuzione degli acquisti di derivati integrò una condotta priva di ragionevole giustificazione per gli interessi aziendali ed idonea a mettere a rischio l'integrità del patrimonio societario.
2.4 D'altra parte nemmeno può tacersi che le condotte distrattive di maggiore consistenza addebitate dall'imputato - capi a), d), e) - furono realizzate, a tenore delle imputazioni e degli accertamenti della fase di merito, tra Agosto e Settembre 2005, cioè nel periodo in cui la banca di Sondrio aveva segnalato il fortissimo peggioramento delle esposizioni riconducibili alle società di S..
2.5 In conclusione la critica circa la mancata dimostrazione dell'elemento psicologico del reato e del nesso di causalità, che ispira largamente il primo motivo di ricorso, non può essere condivisa, essendo incoerente con l'interpretazione assolutamente prevalente data da questa Corte alla norma incriminatrice e risultando smentita dai risultati di prova illustrati in sentenza.
3. Per le ragioni innanzi esposte neppure è condivisibile l'osservazione critica circa il silenzio tenuto dalla Corte romana sulla richiesta di rinnovazione istruttoria, che, in definitiva,anche se espletata non avrebbe potuto incidere sui termini del corretto ragionamento seguito dai Giudici del merito. Per altro verso, va annotato che la mancata rinnovazione istruttoria è compatibile con la giurisprudenza di questa Corte, che ha affermato trattarsi di un istituto di carattere eccezionale, - attesa la presunzione di completezza dell'istruttoria espletata in primo grado istituito, al quale può farsi ricorso esclusivamente allorchè il giudice ritenga, nella sua discrezionalità, di non poter decidere allo stato allo degli atti. Sez. U, Sentenza n. 12602 del 17/12/2015 Ud. (dep. 25/03/2016) Rv. 266820.
4. Quanto all'invocata qualificazione della distrazione di 250mila Euro dal conto corrente della società (OMISSIS), di cui al capo a), come bancarotta preferenziale, secondo il ricorrente definibile come restituzione di un finanziamento erogato da S. quale socio, va osservato che, essendosi verificata la pretesa restituzione in un'epoca in cui già erano ravvisabili chiari segnali di allarme circa la grave crisi finanziaria della società, essa in alcun modo può essere valutato nel senso proposto dalla difesa.
4.1 Sul punto più volte è stato chiarito che qualora il socio creditore si identifichi con lo stesso amministratore della società, la condotta di quest'ultimo, volta alla restituzione, in periodo di dissesto, di finanziamenti in precedenza concessi, integra il reato di bancarotta per distrazione e non quello di bancarotta preferenziale, poichè nel contesto di riferimento la restituzione assume un significato diverso e più grave rispetto alla mera volontà di privilegiare un creditore in posizione paritaria rispetto a tutti gli altri.
Sez. 5, Sentenza n. 34505 del 06/06/2014 Ud. (dep. 05/08/2014) Rv. 264277. Sez. 5, Sentenza n. 41143 del 20/05/2014 Ud. (dep. 03/10/2014) Rv. 261250.
5. Le doglianze, di cui al secondo motivo, di errata applicazione degli artt. 133 e 62 bis c.p. e di motivazione illogica sul trattamento sanzionatorio e per la negatoria delle generiche riguardano in pieno l'apprezzamento discrezionale del Giudice nel governo delle norme suindicate. Sul punto deve ribadirsi il più che consolidato orientamento di questa Corte per il quale la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita, così come per fissare la pena base, in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen.; ne discende che è inammissibile la censura che, nel giudizio di cassazione, miri ad una nuova valutazione della congruità della pena, la cui determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e sia sorretta da sufficiente motivazione. (Sez. 5, Sentenza n. 5582 del 30/09/2013 Ud. (dep. 04/02/2014) Rv. 259142). La Corte territoriale ha fatto congruo e logico riferimento alla capacità a delinquere dimostrata dal giudicabile, che aveva ordito una complessa trama criminosa, finalizzata a sottrarre ai creditori le garanzie patrimoniali ed ha rimarcato, altresì, l'esistenza di un precedente penale specifico, elementi che avevano consigliato la graduazione della pena nella misura già fissata dal primo Giudice e la negatoria delle attenuanti generiche.
Ricorso Avvocato Assumma B..
5. E' necessario puntualizzare che, secondo le imputazioni convalidate dai giudizi di merito, S. deve rispondere dei reati ascrittigli in qualità di amministratore di diritto di (OMISSIS) srl dalla costituzione fino ad Agosto 2005, ed in seguito come amministratore di fatto fino alla data del fallimento; per quanto riguarda la società (OMISSIS) srl è stato giudicato responsabile in qualità di gestore di fatto per l'intero periodo preso in esame. Inoltre, dalla pronunzia impugnata si ricava che la prima società è stata considerata controllante della seconda.
5.1 Nella motivazione si legge che (OMISSIS) aveva operato da Febbraio a Novembre 2005, stipulando contratti derivati futures sul rame, essendo questa la sua attività di elezione, i cui risultati economici erano riversati su un conto corrente presso la Banca di Sondrio; è stato altresì, chiarito - ed il ricorrente non lo ha messo in discussione - che l'imputato aveva gestito quasi in modo esclusivo tale attività, come ricavato dalle evidenze sintetizzate nella pronunzia di primo grado e dal riferimento al provvedimento del Giudice civile nella causa di opposizione ad ingiunzione, in cui era stato dato atto che tutte le operazioni finanziarie che avevano determinato l'ingente esposizione nei confronti della Banca creditrice erano state realizzate da S.. In base ai suindicati risultati di prova è stata correttamente riconosciuta al ricorrente la qualifica di amministratore di fatto di (OMISSIS).
5.2 L'opzione della Corte romana è in linea con i principi elaborati sul tema da questa Corte di legittimità, che ha definito la nozione di amministratore di fatto, in relazione all'art. 2639 cod. civ., precisando che postula l'esercizio in modo continuativo e significativo dei poteri tipici inerenti alla qualifica od alla funzione; tuttavia significatività e continuità non comportano necessariamente l'esercizio di tutti i poteri propri dell'organo di amministrazione, ma richiedono l'esercizio di un'apprezzabile attività gestoria, svolta in modo non episodico o occasionale. Ne consegue che la prova della posizione di amministratore di fatto si traduce nell'accertamento di elementi sintomatici dell'inserimento organico del soggetto con funzioni direttive - in qualsiasi fase della sequenza organizzativa, produttiva o commerciale dell'attività della società, quali sono i rapporti con i dipendenti, i fornitori o i clienti ovvero in qualunque settore gestionale di detta attività, sia esso aziendale, produttivo, amministrativo, contrattuale o disciplinare - il quale costituisce oggetto di una valutazione di fatto insindacabile in sede di legittimità, ove sostenuta - come nel caso in esame - da congrua e logica motivazione. Sez. 5, Sentenza n. 35346 del 20/06/2013 Ud. (dep. 22/08/2013) Rv. 256534. In senso conforme Sez. 5, Sentenza n. 41793 del 17/06/2016 Ud. (dep. 05/10/2016) Rv. 268273, ha chiarito come gli amministratori di fatto vanno individuati sulla base delle concrete funzioni esercitate nell'ambito delle attività societarie.
6. Tanto premesso la doglianza avanzata dal ricorrente di violazione dell'art. 521 c.p.p., per mancata correlazione tra imputazione e sentenza, appare al limite dell'inammissibilità, non essendovi stata da parte dei Giudici di appello alcuna lettura in chiave omissiva della responsabilità del ricorrente, come sostenuto nell'impugnazione. Invero, le argomentate osservazioni sviluppate nella motivazione - già innanzi sintetizzate - hanno illustrato in maniera ben chiara lo svolgimento continuativo e molto significativo delle attività di compravendita di derivati finanziari da parte di S., che in sostanza coincideva con l'intera operatività svolta da (OMISSIS). Al giudicabile, pertanto, incombeva una responsabilità diretta e personale per aver gestito quasi tutta l'attività della società, non essendo, quindi, estraneo all'amministrazione ma diretto destinatario degli obblighi penali, a prescindere da quelli incombenti a titolo diretto sul soggetto formalmente qualificato amministratore. Così, Sez. 5, Sentenza n. 39593 del 20/05/2011 Ud. (dep. 03/11/2011) Rv. 250844, che ha affermato il principio per il quale l'amministratore di fatto della società fallita è da ritenere gravato dell'intera gamma dei doveri cui è soggetto l'amministratore di diritto.
7. Le doglianze di cui al secondo e terzo motivo di ricorso possono essere esaminate congiuntamente, poichè in definitiva entrambe sono espresse presupponendo l'interpretazione della responsabilità del giudicabile ai sensi dell'art. 40 cpv. c.p., tema già oggetto delle censure formulate nel primo motivo, solo rappresentate dall'angolo visuale del vizio di motivazione ma che - come appena annotato - non risponde alla realtà della motivazione resa dalla Corte d'appello riguardo alla ritenuta responsabilità dell'imputato per le condotte di bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione.
7.1 A ben vedere le censure mosse dalla difesa appaiono originate da un non chiarissimo sviluppo del testo argomentativo della sentenza, che ha citato la giurisprudenza sulla responsabilità ex art. 40 cpv. c.p. dell'amministratore di fatto a proposito del diverso tema della bancarotta documentale, al quale in prevalenza si riferisce, e "ad abundantiam" anche sul tema della bancarotta patrimoniale, argomento,peraltro, ampiamente esaminato e risolto in base alle congrue e corrette osservazioni già innanzi sintetizzate.
7.2 In proposito deve, altresì, sottolinearsi che il ricorrente non ha formulato specifiche censure riguardo la confermata responsabilità del giudicabile per la bancarotta documentale.
7.3 In conclusione va osservato che non è configurabile neppure in astratto l'ipotizzata contraddittorietà tra la ritenuta responsabilità di S., per come ricostruita nelle pronunzie di merito, e le assoluzione degli amministratori di diritto, come sostenuto dal ricorrente, e neppure è ravvisabile la dedotta mancanza di motivazione sui comportamenti omissivi dell'imputato, poichè la sua responsabilità - contrariamente a quanto rappresentato nell'impugnazione - è stata definita alla stregua di chiare condotte commissive e non di tipo omissivo.
Alla luce delle considerazioni e dei principi che precedono i ricorsi presentati nell'interesse di S. devono essere rigettati ed il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali, oltre che alla refusione delle spese sostenute nel grado dalla parte civile Banca Popolare di Sondrio, che sono liquidate in Euro 2500, oltre accessori di legge.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata senza rinvio nei confronti di M.T. per essersi il reato estinto per morte dell'imputato. Rigetta il ricorso di S., che condanna al pagamento delle spese processuali ed alla refusione delle spese sostenute nel grado dalla parte civile Banca Popolare di Sondrio, che liquida in Euro 2500, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 14 giugno 2018.
Depositato in Cancelleria il 7 novembre 2018