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Bancarotta societaria: gli atti di frode ai creditore devono essere espressione di potere di amministrazione

Bancarotta societaria

Cassazione penale sez. V, 04/12/2020, n.2517

Ai fini della configurabilità del reato di bancarotta impropria da reato societario ex art. 2634 c.c. è necessario che gli atti di frode ai creditori siano espressione del potere di amministrazione, sia pure esercitato in una situazione di conflitto con l'interesse della società e con le finalità descritte dalla norma, mentre, invece, deve ritenersi sussistente il diverso reato di cui all'art. 223, comma 1, l. fall. quando siano realizzati atti di disposizione dei beni societari caratterizzati, secondo una valutazione "ex ante", da manifesta ed intrinseca fraudolenza, in assenza di qualsiasi interesse per la società amministrata.

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La sentenza integrale

RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza deliberata il 20/04/2015, il Tribunale di Arezzo, per quanto è qui di interesse, dichiarava: - L.S. e L.I., quali amministratori di Eutelia s.r.l. (in insolvenza dichiarata il (OMISSIS)) responsabili dei seguenti reati: - bancarotta fraudolenta da falsi in bilancio, per aver appostato nei bilanci relativi al 2006 fatti materiali non corrispondenti al vero, attraverso l'esposizione di costi fittizi per circa Euro 2.398.647 e sterline 1.636.686 relativi a fatture per operazioni inesistenti e all'omessa indicazione del valore della cessione di un ramo di azienda a Voiceplus s.r.l., che non pagava alcun corrispettivo, così inducendo in errore i destinatari delle comunicazioni sociali, cagionando un danno patrimoniale di rilevante gravità consistito in un significativo decremento degli attivi e concorrendo a cagionare il dissesto (capo 1 dei decreti di rinvio a giudizio del 29/03/2011 e del 04/06/2012); - bancarotta per dissipazione (così riqualificato dal Tribunale) di circa 3,5 milioni di Euro, aggravato dal danno patrimoniale di rilevante gravità, derivante da finanziamenti in favore della società polacca Mobyland, partecipata di Eutelia al 99,9%, di cui era nota l'incapacità di restituzione (capo 1bis del decreto di rinvio a giudizio del 04/06/2012); - bancarotta per distrazione della somma di Euro 999.286, relativa al corrispettivo per la cessione di un aeromobile versato, su richiesta di Eutelia, alla società di diritto liberiano Netcom Liberia, avente sede in (OMISSIS) (capo 2bis del decreto di rinvio a giudizio del 04/06/2012); - bancarotta per distrazione di circa 14 milioni di Euro derivanti dal mancato versamento da parte di Finanziaria Italiana s.p.a. del residuo del prezzo di acquisto delle quote di Immopregnana s.r.l. (capo 3bis del decreto di rinvio a giudizio del 04/06/2012); - dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti contraffatti ed emissione di fatture per operazioni inesistenti (capo 11bis del decreto di rinvio a giudizio del 04/06/2012). - L.S. e L.I., quali amministratori di Eutelia s.r.l., e L.S. quale concorrente, responsabili dei seguenti reati: - bancarotta fraudolenta per distrazione di quasi 28 milioni di Euro e di circa 3,3 milioni di sterline, aggravato dal danno patrimoniale di rilevante gravità, derivanti dal pagamento di fatture per operazioni inesistenti emesse da varie società tutte di fatto controllate e/o amministrate dagli imputati (capo 2a dei decreti di rinvio a giudizio del 29/03/2011 e del 04/06/2012); - associazione per delinquere finalizzata a commettere più delitti di bancarotta fraudolenta (capo 3 dei decreti di rinvio a giudizio del 29/03/2011 e del 04/06/2012); - L.S., L.I. e G.W. responsabili del reato di bancarotta per distrazione di circa 16 milioni di Euro corrispondente al corrispettivo della cessione di One Italia s.p.a. di cui omettevano di chiedere e pretendere il pagamento (capo 4bis del decreto di rinvio a giudizio del 04/06/2012). Gli imputati venivano condannati alle pene di giustizia e al risarcimento dei danni in favore delle parti civili. 1.1. Investita dalle impugnazioni degli imputati e di alcune parti civili, la Corte di appello di Firenze, con sentenza deliberata il 04/10/2018, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di L.S., L.I. e L.S. in ordine ai reati di cui ai capi 3) e 11bis), per essere gli stessi estinti per prescrizione, ha rideterminato il trattamento sanzionatorio, confermando nel resto la sentenza di primo grado. 2. Avverso l'indicata sentenza della Corte di appello di Firenze ha proposto ricorso per cassazione L.S., attraverso il difensore Avv. Filippo Calcioli, articolando diciannove motivi di seguito enunciati nei limiti di cui all'art. 173 disp. att. c.p.p., comma 1. 2.1. Il primo denuncia violazione degli artt. 178 e 546 c.p.p. in relazione alla nullità della sentenza di primo grado in quanto sottoscritta dal Presidente Bilancetti quando aveva cessato di appartenere alla magistratura. 2.2. Il secondo motivo denuncia violazione degli artt. 34,37,178 e 179 c.p.p., non avendo la Corte di appello ritenuto l'incompatibilità del Dott. B.M. a presiedere il Tribunale di primo grado, affermando erroneamente che la censura doveva essere articolata attraverso gli istituti dell'astensione, della ricusazione e della rimessione. 2.3. Il terzo motivo denuncia violazione degli artt. 34,36,37,38,41,127 e 611 c.p.p.. La Corte di appello ha affermato che l'istanza di ricusazione era stata dichiarata inammissibile, ma tale provvedimento non è mai stato notificato alla difesa, che avrebbe potuto proporre ricorso per cassazione. 2.4. Il quarto motivo denuncia vizi di motivazione in ordine al rigetto del motivo relativo alla mancata decisione sull'eccezione di legittimità costituzionale dell'art. 34 c.p.p. nella parte in cui non prevede l'incompatibilità del giudice che abbia partecipato ad un collegio di riesame di tipo reale, valutando elementi del processo, esprimendo giudizi sulla responsabilità di un coimputato e titolo necessario, manifestando la propria opinione nell'ambito di quella attività. 2.5. Il quinto motivo denuncia mancata assunzione di prove decisive e violazione dell'art. 495 c.p.p., comma 2, e art. 220 c.p.p. in relazione alle nove richieste ai sensi dell'art. 603 c.p.p. di rinnovazione dell'istruzione dibattimentale per l'espletamento di una consulenza tecnica d'ufficio (per comprendere i meccanismi dei flussi di traffico e dei percorsi di fatturazione, i rapporti e i limiti del traffico telefonico da e verso direttive estere, per valutare la congruità delle provvigioni erogate, il valore economico dei softwares le cui fatturazioni sono oggetto di imputazione, le effettive dinamiche dello scambio di fatture e pagamenti in occasione del cosiddetto carosello e il valore effettivo della cessione dei servizi Vas e Voiceplus), per l'acquisizione dei cartellini di traffico detenuti da Telecom Italia, degli specimen delle firme del ricorrente nelle banche svizzere e delle risultanze economiche in originale da cui risulta che Netcom Liberia erogava importanti somme a Eutelia a fronte di regolare fatturazione. Le richieste sono state in parte ignorate, in parte erroneamente respinte. 2.6. Il sesto motivo denuncia, con riferimento al capo 3, vizi di motivazione in ordine alla mancata valutazione delle mail di L.R. al fratello L.S., ove si giungeva a minacciare il ricorrente di non interferire oppure di dare le dimissioni. 2.7. Il settimo motivo denuncia, con riferimento al capo 3, inosservanza del reato di cui all'art. 522 c.p.p., poichè l'imputazione del reato associativo di cui al capo indicato non indicava le società utilizzate dall'imputato C. per il relativo "carosello". 2.8. L'ottavo motivo denuncia violazione degli artt. 178,405,516 e 521 c.p.p., non indicando i capi di imputazione le date e il luogo di commissione delle condotte materiali. 2.9. Il nono motivo denuncia mancanza di motivazione e di esame nel rigetto del motivo di appello che contestava errori materiali della sentenza di primo grado. 2.10. Il decimo motivo denuncia contraddittorietà della motivazione, che fa riferimento alla "scarsità" di strutture e personale di cui disponeva Eutelia, laddove il motivo di appello parlava di "assenza" di essi. 2.11. L'undicesimo motivo denuncia vizi di motivazione, avendo la Corte di appello parlato di "assenza" di documentazione in relazione a Tolo s.r.l., riconoscendo peraltro l'esistenza di un contratto e di fatture; l'appellante aveva inoltre eccepito che Eutelia non aveva mai avuto quote di tale società e che Finanziaria Italia ne acquisì in epoca successiva ai fatti, ma la sentenza impugnata non ha esaminato la censura. 2.12. Il dodicesimo motivo denuncia vizi di motivazione in relazione alla deduzione dell'appellante secondo cui l'operazione Voiceplus aveva presentato un vantaggio economico per Eutelia, ma la Corte di appello prima nega che Eutelia ebbe vantaggi, poi ammette che ricevette corrispettivi per 19 milioni di Euro. 2.13. Il tredicesimo motivo denuncia vizi di motivazione in relazione all'affermazione circa la carenza di documenti in merito a finanziamenti a Mobyland, por poi citare fonti attendibili, documenti e prospetti. 2.14. Il quattordicesimo motivo denuncia vizi di motivazione in relazione al capo 2bis). L'affermazione che Netcom Liberia fosse amministrata da L.S. è priva di alcun fondamento, laddove illogicamente la sentenza impugnata considera distrattive tutte le somme investite da Eutelia in quella società, mentre il capo di imputazione riguarda solo circa 999 mila Euro, e non esamina la deduzione dell'appellante circa la documentazione dimostrativa della produzione di un reddito. 2.15. Il quindicesimo motivo denuncia inosservanza dell'art. 533 c.p.p. e vizi di motivazione in ordine al capo 3bis), a proposito del quale la sentenza impugnata prima parla di assenza di documentazione, poi dà atto della voluminosa documentazione e dei relativi contratti, in violazione del principio del ragionevole dubbio. 2.16. Il sedicesimo motivo denuncia violazione dell'art. 27 Cost., comma 2, avendo la Corte di appello affermato l'assenza di prova dell'effettività dei debiti di Eutelia oggetto di compensazione. 2.17. Il diciassettesimo motivo denuncia vizi di motivazione, in quanto, a differenza che per la valutazione della posizione del coimputato M., nei confronti del ricorrente la prova dell'effettiva conoscenza dei fatti pregiudizievoli non è stata raggiunta. 2.18. Il diciottesimo motivo denuncia violazione dell'art. 223, comma 2, L. Fall., in quanto erroneamente la sentenza impugnata, a proposito dei rapporti con Voiceplus, ritiene la sussistenza del reato per il nome iuris dell'operazione e non per i suoi effetti concreti, mentre l'imputazione di cui al capo 1) fa riferimento a comportamenti arrecanti danno patrimoniale e profitto a chi li compie. 2.19. Il diciannovesimo motivo denuncia violazione dell'art. 521 c.p.p. in relazione al capo 4bis), in quanto, a fronte dell'imputazione che contestava l'omessa richiesta del pagamento, la sentenza fa riferimento ad una richiesta intervenuta a distanza di due anni e mezzo dalla prima cessione. 2.20. Il ricorrente ha fatto pervenire una denuncia datata 30/08/2020 indirizzata alla Procura di Genova, allegando vari atti. 3. Avverso la medesima sentenza della Corte di appello di Firenze ha proposto ricorso per cassazione L.I., attraverso il difensore Avv. Stefano Lepri, articolando tredici motivi di seguito enunciati nei limiti di cui all'art. 173 disp. att. c.p.p., comma 1. 3.1. Il primo motivo denuncia violazione dell'art. 416 c.p., nonchè degli artt. 2381 e 2392 c.c., inosservanza degli artt. 192,546 e 533 c.p.p. e vizi di motivazione in relazione al travisamento del dato oggettivo per cui prima del 29/04/2006 non esistevano deleghe operative e le decisioni erano assunte collegialmente dal consiglio d'amministrazione, sicchè il venir meno della collegialità decisionale si pone in insanabile contraddizione con la gestione unitaria dell'azienda attraverso il CdA, almeno sino alla data indicata. 3.2. Il secondo motivo denuncia violazione dell'art. 416 c.p., nonchè degli artt. 2381 e 2392 c.c., inosservanza degli artt. 192,546 e 533 c.p.p. e vizi di motivazione in relazione al ruolo di partecipazione nella fattispecie di cui all'art. 416 c.p. del ricorrente in Eutelia, che è rappresentato dalla sentenza impugnata come meramente constatativo/assertivo, laddove la mancanza di almeno uno specifico atto di associazione, ossia di affectio societatis scelerum anteriore all'ingresso del ricorrente nella società, implica la manifesta illogicità della motivazione e la violazione delle norme indicate. 3.3. Il terzo motivo denuncia violazione dell'art. 416 c.p. in relazione agli artt. 192,546 e 533 c.p.p. e vizi di motivazione. La sussistenza del reato associativo è argomentata con riferimento alle intercettazioni ritenute idonee a individuare l'interscambiabilità delle carche assunte nelle società del gruppo, la comune gestione dei vari affari, la distribuzione tra i componenti della famiglia dell'intestazione dei conti correnti in Svizzera, la circolarità delle informazione e l'esistenza di un gruppo coeso, laddove le intercettazioni presentano un tasso di equivocità (la prima), il che priva l'elemento di gravità e precisione, ovvero (la seconda, la terza e la quarta) hanno un contenuto informativo che esclude che la gestione dei rapporti con le banche e la gestione delle società estere passasse per il ricorrente, laddove il mero scambio di due mail afferenti ad una sola delle vicende che ha coinvolto Eutelia (quella relativa a Voiceplus) non consente una generalizzazione per tutte le altre vicende per le quali è intervenuta condanna. 3.4. Il quarto motivo denuncia, con riguardo al capo 11bis), violazione degli artt. 416,110 e 81 c.p. e D.Lgs. n. 74 del 2000, artt. 2 e 8 in relazione agli artt. 192,546 e 533 c.p., nonchè vizi di motivazione, avendo la sentenza impugnata desunto l'integrazione del reato associativo con riferimento alla sola qualità di direttore commerciale del ricorrente, prescindendo dai fatti e ritenendo erroneamente e in modo apodittico confermata l'ipotesi accusatoria sulla base di condotte dello stesso tipo di quelle contestate, laddove la qualifica indicata non consente di inferire la responsabilità per la fattispecie associativa. 3.5. Il quinto motivo denuncia, con riguardo al capo 2a), violazione degli artt. 192,546 e 533 c.p., nonchè degli artt. 2381 e 2932 c.c., per aver attribuito al ricorrente una mera presunzione di conoscenza derivante dalla macroscopicità deli effetti economici delle false fatturazioni. La sentenza di appello, così come quella di primo grado, ha trascurato/travisato il dato temporale decisivo relativo al fatto che le fatture concernenti il primo accertamento riguardano l'anno 2003 (per un ammontare di oltre 17 milioni di Euro, a fronte del quasi 28 milioni di Euro di cui all'imputazione), quando il ricorrente non aveva nessuna posizione apicale, sicchè la Corte di appello non ha fornito elementi di insostenibilità dell'ipotesi alternativa secondo cui gli autori dell'assunto malaffare prima dell'ingresso in Eutelia del ricorrente potevano continuare a porlo in essere senza che lo stesso potesse accorgersene. 3.6. Il sesto motivo denuncia, con riguardo al capo 1), prima parte, violazione degli artt. 192,546 e 533 c.p.p., nonchè degli artt. 2381 e 2932 c.c., per aver attribuito al ricorrente una mera presunzione di conoscenza derivante dalla macroscopicità degli effetti economici delle false fatturazioni. Richiamate le deduzioni svolte con il precedente motivo, è assolutamente illogico aver motivato esclusivamente sulla base della macroscopicità degli effetti, che riguarda il 2003 quando esisteva Plug it, ma non Eutelia, non potendosi desumere il dolo della illiceità dei contratti dalla mera oggettivizzazione dei soli effetti, per quanto macroscopici. 3.7. Il settimo motivo denuncia, con riguardo al capo 1), seconda parte, violazione degli artt. 2621 e 2622 c.c., in relazione agli artt. 192,546 e 533 c.p.p.. L'atto di appello aveva dedotto che l'affare Voiceplus preesisteva all'ingresso in Eutelia e che aveva continuato a svilupparsi senza che L.I. se ne occupasse, avendo erroneamente la Corte di appello, almeno fino al 29/04/2006, equiparato tutto gli amministratori, anche senza delega, in quanto le deleghe vi erano, sicchè, quanto all'elemento psicologico del reato, la sentenza impugnata si è limitata al mero dato formale del mancato inserimento nella relazione di accompagnamento al bilancio, attribuendolo al ricorrente solo perchè successivo all'assunzione della carica di amministratore delegato, laddove le informazioni fornite al ricorrente erano inidonee a rappresentare alcuna probabilità dell'evento illecito. 3.8. L'ottavo motivo denuncia, con riguardo all'imputazione sub 2bis), violazione degli artt. 192,546,533 e 187 c.p.p. e degli artt. 2381 e 2392 c.c. La sentenza impugnata è incorsa in un travisamento in quanto ha sostenuto la necessità che l'operazione Netcom Liberia venisse sottoposta alla preventiva approvazione del CdA, mentre, come dedotto con l'appello, era considerata operazione ordinaria quella non superante i 3 milioni di Euro e anche se infragruppo, quali finanziamenti a società controllate o collegate, senza preventivo passaggio a(CdA, sicchè, in violazione degli artt. 2381 e 2392 cod. civ., è stata attribuita al ricorrente una mera responsabilità di posizione, laddove è necessario differenziare il ruolo di L.S., che ha agito direttamente in loco e aveva la disponibilità di fornire tutta la documentazione indicata in sentenza, da quello del ricorrente. 3.9. Il nono motivo denuncia, con riguardo all'imputazione sub 1bis), violazione degli artt. 192,546,533 e 187 c.p.p. e degli artt. 2381 e 2392 c.c. La Corte di appello ha travisato il dato relativo all'inesistenza di un business plan per Mobyland, laddove la difesa all'udienza del 09/06/2014 aveva depositato un documento relativo allo studio operato dalla Soc. Gartner che fa riferimento al business plan, tanto più che la stessa relazione ex art. 33 L. Fall. dei Commissari contiene informazioni circa i(fabbisogno da coprire oltre l'investimento iniziale di acquisto della licenza di telefonia, sicchè la Corte di appello afferma come inesistente un dato opposto, mentre non ha esaminato i motivi di appello circa il ruolo dell'advisor, nominato il 28/01/2009, che garantiva gli amministratori che non hanno gestito l'operazione in (OMISSIS). 3.10. Il decimo motivo denuncia, con riguardo all'imputazione sub 3bis), violazione degli artt. 192,546,533 e 187 c.p.p. e degli artt. 2381 e 2392 c.c. La motivazione della sentenza impugnata è contraddittoria, in quanto afferma che non importa che i crediti si possano compensare, trattandosi di individuare se effettivamente tali crediti fossero reali, il che comunque non interessa perchè Eutelia ha rinunciato ad avere denaro contante; anche ciò, comunque, non interessa in quanto il tempo passato non consentirebbe la verifica analitica delle partite economiche compensate, alcune delle quali neppure provate, laddove l'operazione, per il suo grande rilievo, è stata ascritta anche al ricorrente pur a fronte dei pieni poteri attribuiti a lui attribuiti fino al 07/10/2008, mentre invece altri amministratori sono stati assolti. Nei motivi di appello, si era contestato che il Commissario s. non avesse avuto la possibilità di verificare le singole partite economiche portate in compensazione, sicchè il giudice di appello ha attribuito a carico del ricorrente l'onere della prova, ritenendo inutile la perizia e pretendendo che i singoli controlli analitici sulle singole partite economiche fossero fatti dall'imputato (e non dal Commissario). 3.11. L'undicesimo motivo denuncia, con riguardo all'imputazione sub 4bis), violazione degli artt. 192,546,533 e 187 c.p.p. e degli artt. 2381 e 2392 c.c. La Corte di appello è incorsa in un travisamento avendo esteso le ragioni di colpevolezza individuate per la sola cessione delle quote di One Italia del 29/09/2007 a quelle del 02/02/2007 e avendo omesso di considerare l'esistenza di una terza vendita (che sarebbe temporalmente la prima, risalendo al dicembre del 2006) sempre nei confronti di G. e che lo stesso aveva provveduto a pagare. La motivazione della sentenza impugnata è apparente in quanto la responsabilità del ricorrente è stata motivata sulla scorta della sola linea difensiva di G., laddove i motivi di appello non sono stati esaminati. 3.12. Il dodicesimo motivo denuncia violazione della L. n. 244 del 2007, art. 1, comma 143, e degli artt. 192 e 546 c.p.p., in quanto la motivazione relativa al capo llbis) è stata limitata alla posizione di L.S.. 3.13. Il tredicesimo motivo denuncia violazione dell'art. 216, u.c., L. Fall. e degli artt. 192 e 546 c.p.p., in riferimento alla conferma della durata decennale delle pene accessorie fallimentari. 4. Avverso la medesima sentenza della Corte di appello di Firenze ha proposto ricorso per cassazione L.S., attraverso il difensore Avv. Alessandra Cacioli, articolando sei motivi di seguito enunciati nei limiti di cui all'art. 173 disp. att. c.p.p., comma 1. Il difensore dell'imputato ha fatto pervenire una memoria in data 19/11/2020 con due motivi aggiunti. 4.1. Il primo motivo denuncia, con riferimento all'imputazione del reato associativo sub 3), violazione degli artt. 192 e 533 c.p.p. e vizi di motivazione. La motivazione della Corte di appello non tiene conto del ruolo specifico del ricorrente, che non ha operato alcun interscambio di cariche all'interno delle società del gruppo (essendo stato solo amministratore di Teleasp.net, poi divenuta C3 Europe), nessuna comunicazione nel periodo incriminato è stata indirizzata al suo indirizzo di posta, nessuna intercettazione relativa al ricorrente ha riguardato operazioni relative alle condotte contestate quali reati-fine dell'associazione, non è stata dimostrata alcuna distribuzione dell'intestazione dei conti svizzeri tra i componenti della famiglia, nè l'esistenza e consistenza dei medesimi conti, non vi è alcuna prova testimoniale dell'esistenza del vincolo associativo. Teleasp.net è solo una delle molteplici società che avrebbero preso parte ai fatti contestati al capo 2a), sicchè il ruolo in essa del ricorrente non assume rilevanza indiziaria, laddove all'interno della società L.S. aveva solo la carica di amministratore senza deleghe (non quella di "amministratore plenipotenziario" evocata dalla sentenza impugnata), mentre la telefonata con il padre intercettata fa riferimento a "consigli operativi", ossia esecutivi, di carattere tecnico. 4.2. Il secondo motivo denuncia, con riferimento al capo 2a), violazione degli artt. 192 e 533 e vizi di motivazione. Relativamente alle fatture di Taleasp.net (divenuta poi C3 Europe), la Corte di appello ha fondato il suo ragionamento solo sulla verifica fiscale, laddove il teste accertatore Cerisano ha riferito che erano state contestate non le fatture relative a traffico telefonico, ma solo quelle relative alle provvigioni. La Corte di appello ha errato nell'interpretazione degli elementi addotti dalla difesa e segnatamente, delle dichiarazioni dei testi R. e D.B., ritenute ininfluenti in quanto erroneamente considerate rappresentative di un'astratta logica imprenditoriale, mentre il teste F., direttore di rete di Eutelia e soggetto attendibile e competente, ha spiegato di aver effettuato operazioni da remoto su macchinari di C3 Europe e di Teleasp, che era a conoscenza dell'esistenza della società e che aveva visto le apparecchiature con le quali si interconnetteva, sicchè dalla sua testimonianza di desume l'esistenza e l'operatività della società. Quanto alle dichiarazioni di M., egli non aveva più alcun interesse a sostenere gli imputati, sicchè erroneamente la Corte di appello le ha ritenute inattendibili. Quanto alla testimonianza di G., amministratore di Tolo, ha spiegato quale fosse l'oggetto delle prestazioni effettuate da detta società in favore di Eutelia, mentre è incomprensibile perchè la Corte di appello abbia ritenuto non esistente il contratto. Anche a proposito di Plug.it International, società che gestiva il call center di Eutelia, la difesa ha ricostruito la causale delle fatture e il contratto, mentre erroneamente la sentenza impugnata non lo ha considerato perchè prodotto tardivamente. Sulle risultanze di cui alle perquisizioni la motivazione della sentenza impugnata è apparente in quanto il rinvenimento presso Eutelia di fatture emesse da Interdev nei confronti di Teleasp non presenta alcuna stranezza, in quanto quest'ultima è una partecipata di Eutelia, laddove, con riferimento alla perquisizione nell'abitazione del ricorrente, trova spiegazione il rinvenimento del formulario di Technoip, mentre quello degli atti costitutivi di Interdev e Pagasus è smentito dal verbale di perquisizione. Quanto ai conti svizzeri, il ricorrente aveva la delega, mai utilizzata, ad operare su un conto aperto molto tempo dopo i fatti. Le telefonate intercettate sono successive al dicembre del 2007 e i colloqui con l'Avv. C. hanno ad oggetto affari diversi. 4.3. Il terzo motivo denuncia omessa considerazione delle prove addotte dalla difesa e inosservanza dell'art. 192 c.p.p. Erroneamente è stato considerato elemento comprovante l'accusa la circostanza che i ricavi di Teleasp del 2003 dipendevano quasi esclusivamente dalla casa madre, in quanto per quell'anno era contestata solo una fattura di circa 16 mila Euro, mentre la società registrava un milione di Euro di fatturato extra Eutelia, come evidenziato dalla sentenza di primo grado. Quanto alle provvigioni, il teste S. ha riferito che le società straniere strutturavano o fornivano i servizi telefonici oppure individuavano società che organizzavano i servizi e per questo percepivano una provvigione sul traffico generato, il che smentisce la testimonianza di C., la cui affermazione circa l'illogica erosione degli utili del settore a causa degli ingiustificati ed eccessivi costi per provvigioni è sbagliata, come dimostrato dalla testimonianze di R. e D.. Quanto alla seconda verifica fiscale di cui al processo verbale di constatazione del 03/07/2008, per la quale sono stati escussi gli accertatori D.P. e C., è stata omessa la valutazione della documentazione prodotta dalla difesa, laddove in ordine alle altre fatture emesse da Teleasp.net l'esito delle indagini non è stato confermato dagli accertatori, sicchè la prova sul punto non si è formata. 4.4. Il quarto motivo denuncia l'insussistenza dell'elemento psicologico del reato, non essendo stata raggiunta la prova che l'odierno appellante (recte, ricorrente) sia stato consapevolmente teso a dare un apporto all'intraneus al fine di distrarre beni della società, laddove la sua condotta è stata equivocata con interpretazione del tutto errata dei giudici di merito. 4.5. Il quinto motivo denuncia inosservanza degli artt. 132 e 133 c.p. e vizi di motivazione in ordine alla determinazione della pena. 4.6. Il sesto motivo denuncia errata valutazione dell'ammissibilità delle azioni civili degli ex soci di Eutelia e mancanza di prova della sussistenza del nesso di causalità tra condotta e danno lamentato. 4.7. Il primo motivo aggiunto denuncia erronea applicazione dell'art. 110 c.p. e artt. 216,219,223 L. Fall., nonchè vizi di motivazione: ai fini della configurazione del concorso è necessario individuare la condotta concreta posta in essere dal concorrente e il contributo dell'extraneus, condotta che non è stata ricostruita dalla Corte di appello, non essendo emerso alcun contratto sottoscritto dal ricorrente in relazione alle operazioni contestate, nè il dolo. 4.8. Il secondo motivo denuncia aggiunto inosservanza degli artt. 234 e 239 c.p.p. e vizi di motivazione in ordine alla inutilizzabilità o inattendibilità della documentazione proveniente dalle banche svizzere. 5. Avverso la medesima sentenza della Corte di appello di Firenze ha proposto ricorso per cassazione G.W., attraverso il difensore Avv. Francesco Caroleo Grimaldi, articolando tre motivi di seguito enunciati nei limiti di cui all'art. 173 disp. att. c.p.p., comma 1. 5.1. Il primo motivo denuncia violazione dell'art. 216 L. Fall. e dell'art. 2634 c.c. e vizi di motivazione. Il fatto distrattivo di cui al capo 4bis) è ascritto al ricorrente quale mero componente del C.d.A. di Eutelia, ma egli era anche presidente e responsabile della gestione di One Italia, sicchè l'imputazione descrive una condotta distrattiva per omissione (non aver richiesto e preteso il pagamento), che richiede la prova che sul ricorrente gravasse un obbligo giuridico di impedire l'evento ex art. 40 c.p.. Quanto all'elemento soggettivo, nel momento in cui la cessione fu realizzata la situazione delle due società era assolutamente florida e immune da qualsiasi sentore di potenziale rischio, posto che la crisi di Eutelia si matura nel 2009 a prescindere dal pagamento in questione, il che esclude qualsiasi nesso di causalità tra condotta e insolvenza. La sentenza impugnata incorre in un travisamento del fatto, in quanto il giorno della stipula del contratto (28/09/2007), G. agiva quale presidente di One Italia e non in quanto componente senza delega di C.d.A. di Eutelia. Erroneamente la Corte di appello ha escluso la riqualificazione a norma dell'art. 2634 c.c., avendo G. agito in conflitto di interesse, che avrebbe comportato una diversa disciplina sotto il profilo del nesso di causalità. 5.2. Il secondo motivo denuncia violazione degli artt. 62-bis e 133 c.p., non spiegando la sentenza impugnata le ragioni per le quali la condotta deve essere considerata grave e risultando illogico il riferimento al comportamento processuale, ossia al fatto che G. si è sottoposto all'esame dibattimentale. 5.3. Il terzo motivo denuncia violazione di legge in ordine alla conferma della durata decennale delle pene accessorie fallimentari. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. I ricorsi non meritano accoglimento. 2. Il ricorso L.S. deve essere rigettato, pur presentando plurimi profili di inammissibilità. 2.1. Il primo motivo è manifestamente infondato al lume del consolidato principio di diritto in forza del quale, ai fini della valida sottoscrizione della sentenza, rilevano le condizioni di capacità del giudice sussistenti al momento della deliberazione e non della redazione della motivazione (Sez. 3, n. 4692 del 12/09/2019, dep. 2020, Adami, Rv. 278408, in una fattispecie relativa a sentenza sottoscritta da Presidente del collegio non più appartenente, all'atto del deposito, all'ordine giudiziario; conf., ex plurimis, Sez. 5, n. 17795 del 02/03/2017, Rv. 269620; Sez. 5, n. 552 del 13/03/2003, dep. 2004, Attanasi, Rv. 227017). 2.2. Il secondo, il terzo e il quarto motivo, che possono essere esaminati congiuntamente, sono inammissibili. Come reiteratamente chiarito dalle Sezioni unite di questa Corte, l'esistenza di cause di incompatibilità, non incidendo sui requisiti di capacità del giudice, non determina la nullità del provvedimento adottato dal giudice ritenuto incompatibile, ma costituisce esclusivamente motivo di ricusazione, da far valere con la specifica procedura prevista dal codice di rito (Sez. U, n. 5 del 17/04/1996, D'Avino, Rv. 204464; conf., ex plurimis, Sez. U, n. 23 del 24/11/1999, dep. 2000, Scrudato, Rv. 215097); orientamento, questo, ribadito da Sez. U, n. 23122 del 27/01/2011, Tanzi, secondo cui "nel sistema del codice di procedura penale, nè le incompatibilità predefinite dal legislatore nell'art. 34 nè, tantomeno, i motivi di astensione che possono dar luogo a ricusazione e quelli ulteriormente previsti in via autonoma per la ricusazione, costituiscono mai, di per sè, cause dirette di nullità della pronuncia del giudice che si trovi in una delle situazioni descritte, potendo, le parti, farle valere esclusivamente mediante la tempestiva instaurazione della procedura degli artt. 37 ss. codice di rito penale". Pertanto, il secondo motivo è manifestamente infondato, mentre l'eccezione di legittimità costituzionale sollevata dal quarto è inammissibile, in quanto, come rilevato dalla Corte distrettuale, ictu oculi, irrilevante nel presente giudizio. Manifestamente infondato è il terzo motivo, in quanto, anche a voler prescindere dall'evidente aspecificità della deduzione relativa alla - asserita - mancata comunicazione dell'ordinanza di inammissibilità adottata nel procedimento di ricusazione, la stessa sentenza ha dato conto di essa e l'interessato, eventualmente previa richiesta di restituzione nel termine, avrebbe potuto a suo tempo impugnarla nella sede propria. 2.3. Il quinto motivo è manifestamente infondato. La rinnovazione dell'istruttoria nel giudizio di appello, attesa la presunzione di completezza dell'istruttoria espletata in primo grado, è un istituto di carattere eccezionale al quale può farsi ricorso esclusivamente allorchè il giudice ritenga, nella sua discrezionalità, di non poter decidere allo stato degli atti (Sez. U, n. 12602 del 17/12/2015, dep. 2016, Ricci, Rv. 266820) e, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di questa Corte, il giudice d'appello ha l'obbligo di motivare espressamente sulla richiesta di rinnovazione del dibattimento solo nel caso di suo accoglimento, laddove, ove ritenga di respingerla, può anche motivarne implicitamente il rigetto, evidenziando la sussistenza di elementi sufficienti ad affermare o negare la responsabilità dell'imputato (Sez. 6, n. 11907 del 13/12/2013, dep. 2014, Coppola, Rv. 259893; conf.: Sez. 6, n. 30774 del 16/07/2013, Trecca, Rv. 257741): rigetto implicito all'evidenza ravvisabile nella motivazione resa dal giudice di appello e, come di vedrà, immune dalle censure del ricorrente. Inoltre, a proposito della richiesta di perizie, al di là della considerazione che per alcuni dei punti che, secondo il ricorrente, avrebbero richiesto la rinnovazione dell'istruzione dibattimentale la richiesta è stata esaminata e disattesa dalla sentenza impugnata con motivazione immune da vizi logici (ad esempio, capi 1, 3bis), vale comunque il rilievo che la mancata effettuazione di un accertamento peritale non può costituire motivo di ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. d), in quanto la perizia non può farsi rientrare nel concetto di prova decisiva (Sez. U, n. 39746 del 23/03/2017, Rv. 270936). 2.4. Il sesto e il settimo motivo, che possono essere esaminati congiuntamente attenendo entrambi all'imputazione del reato associativo sub 3), dichiarato estinto per prescrizione ed esaminato dalla Corte di appello ai soli effetti civili, non meritano accoglimento. In limine, mette conto rilevare che, a sostegno della conferma del giudizio di condanna, sia pure ai soli effetti civili, per il reato associativo di cui al capo 3) e per il collegato capo 11bis) relativo ai reati tributari, la Corte distrettuale ha valorizzato un articolato e coordinato compendio conoscitivo, costituito da plurimi, convergenti dati probatori. Quanto al capo 1bis), il giudice di appello ha ribadito il giudizio di sussistenza delle false fatturazioni, richiamando la testimonianza, definita "neutra", di c., esperta di PriceWaterHouse Coopers, che esaminò i bilanci di Eutelia in sede di revisione; le dichiarazioni delle persone che collaborarono materialmente nella gestione delle attività illecite, eseguendo le direttive impartite dagli imputati (il teste G., il referente di questi P., il quale ha riferito che il traffico telefonico che "girava" da Eutelia verso varie società era sempre il medesimo, il teste C., che ha riferito di avere agito su direttive di L.S., il teste G., che pure ha riferito della "vicinanza" di P. al ricorrente, la teste M., la quale ha riferito che P. era alle dipendenze di L.I., ma aveva rapporti anche con L.S., il che ha trovato conferma nelle dichiarazioni di P. stesso, che, quale direttore commerciale, si rapportava ad entrambi gli amministratori, il teste assistito L.D., che ha confermato la ricostruzione accusatoria in ordine alle false fatturazioni relative alle cessioni di traffico telefonico). Anche la conferma del capo relativo al reato associativo, è argomentata dalla Corte distrettuale sulla base di plurimi dati: testimonianze che descrivono "i L." come un coeso gruppo familiare che gestiva le attività delle varie società di famiglia ( B., P., M., P.) e Eutelia come "società della famiglia L." (le note apposte dal funzionario della banca svizzera Baer nei moduli contenenti i dati degli intestatari dei conti e dei delegati ad operare); l'interscambiabilità delle cariche e la partecipazione alla comune gestione di vari affari, dimostrata anche attraverso conversazioni intercettate. A fronte dell'articolato compendio probatorio delineato dalle conformi sentenze di merito, il sesto motivo è inammissibile, in quanto, facendo leva su due mail in cui specifico oggetto (ossia, i fatti o la vicenda cui si riferivano) neppure è indicato, risulta del tutto carente della necessaria correlazione tra le argomentazioni riportate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell'impugnazione (Sez. 4, n. 18826 del 09/02/2012, Pezzo, Rv. 253849). Peraltro, il ricorrente, attraverso la deduzione dei documenti indicati, sollecita all'evidenza a questa Corte un'inammissibile rivalutazione di merito. Infondata è l'ulteriore doglianza relativa al riferimento del giudice di appello a fatture successive al periodo indicato come tempus del reato associativo, in quanto la Corte di appello ha precisato che tale riferimento assume valenza probatoria, ossia meramente confermativa delle modalità di gestione della società. Rilievo, quest'ultimo, che rende ragione dell'infondatezza anche del settimo motivo. 2.5. L'ottavo motivo è inammissibile, in quanto manifestamente infondato, posto che non vi è alcuna incertezza sui fatti descritti nelle imputazioni contenendo queste, con adeguata specificità, i tratti essenziali dei fatti contestati, in modo da consentire all'imputato di difendersi (cfr. Sez. 5, n. 16993 del 02/03/2020, Latini, Rv. 279090). Invero, oltre ad indicare il tempus e il locus dei reati fallimentari (ossia quelli della dichiarazione di insolvenza), le imputazioni, anche in relazione ai vari fatti di bancarotta, sono tutt'altro che generiche in quanto ne descrivono il luogo di realizzazione (ora esplicitamente indicato, ora univocamente desumibile dalle imputazioni stesse) e i profili essenziali posto che: l'imputazione sub 1) indica con chiarezza i dati falsificanti nel bilancio relativo al 2006; l'imputazione sub 2a) descrive puntualmente i pagamenti in favore dei soggetti indicati, qualificati come integranti la fattispecie di bancarotta fraudolenta, laddove l'individuazione delle singole fatture è poi puntualmente specificata negli allegati indicati; l'imputazione di cui al capo Ibis) indica le date dei finanziamenti; l'imputazione sub 2bis) indica specificamente la data della cessione; l'imputazione sub 3bis) indica chiaramente la data di acquisto di quote il cui prezzo è stato compensato di fatto; l'imputazione sub 4bis) indica mesi e anno delle cessioni. A ciò si aggiunga che quanto al reato associativo sub 3), l'imputazione indica locus e tempus commissi delicti, mentre tali dati sono univocamente desumibili nell'imputazione sub llbis) alla luce dell'analitica indicazione delle fatture e delle società coinvolte. D'altra parte, il motivo è del tutto aspecifico, posto che, oltre a non dedurre neppure di avere tempestivamente eccepito la nullità relativa (ex plurimis, Sez. 3, n. 19649 del 27/02/2019, Rv. 275749; Sez. 6, n. 50098 del 24/10/2013, Rv. 257910), fa un generico riferimento alle imputazioni (peraltro concernenti fattispecie diverse, anche tra i reati fallimentari), senza precisare carenze relative a specifici capi effettivamente idonee ad incidere sul diritto di difesa. 2.6. Il nono motivo è inammissibile in quanto manifestamente infondato, facendo leva sul prospettato "equivoco materiale" di un teste la cui incidenza sul decisum neppure è dedotta dal ricorrente. 2.7. Il decimo motivo - riferibile al capo 2a) - è infondato. A fronte dell'"abissale differenza" tra quanto dedotto dall'appellante - l'assoluta assenza di una struttura commerciale per il traffico Vas - e la censura così come riportata dalla sentenza impugnata (facendo riferimento alla "scarsità" delle strutture), il giudice di appello ha argomentato richiamando la prova della "totale inesistenza non solo di strutture, ma, soprattutto, di dipendenti proprio delle società che avrebbero dovuto eseguire le prestazioni di cui alle fatture in oggetto", sicchè, al lume della risposta offerta dal giudice di appello, la prospettata discrasia tra l'indicazione dell'atto di appello e la sua trasposizione nella sentenza impugnata risulta priva di fondamento. 2.8. L'undicesimo motivo è manifestamente infondato. La dedotta contraddittorietà della motivazione del giudice di appello è ictu oculi insussistente, in quanto la presenza del contratto di assegnazione della consulenza a Tolo s.r.l. e le fatture emesse da quest'ultima non inficiano il rilievo della Corte all'evidenza riferito alla totale assenza di elementi in ordine all'espletamento della consulenza e di tracce dei contatti intrattenuti con il consulente. Quanto all'ulteriore censura relativa al motivo di appello che eccepiva come Eutelia non avesse avuto quote di Tolo s.r.l., lo stesso era del tutto privo di correlazione con la sentenza di primo grado, ove si affermava non già quanto oggetto della deduzione dell'appellante, ma, al contrario, che Tolo era stata tra i soci di Eutelia; rilievo, questo, comunque non rientrante nel nucleo essenziale della ratio decidendi delle conformi sentenze di merito. 2.9. Il dodicesimo motivo e il tredicesimo motivo, che possono essere esaminati congiuntamente, per l'affinità delle doglianze con gli stessi proposte, sono inammissibili. 2.9.1. Il dodicesimo motivo è del pari manifestamente infondato. In termini analoghi a quelli propri di alcuni dei motivi già esaminati e disattesi, il ricorso denuncia una "macroscopica contraddittorietà" della motivazione nella parte relativa al capo 1, parte seconda (indicazione, quest'ultima, dei capi di riferimento delle varie doglianze pretermessa - non solo in questo caso dall'atto di impugnazione). Tale contraddittorietà è manifestamente insussistente: nell'illustrate il profilo della falsa comunicazione con la quale il vero e proprio trasferimento di un ramo di azienda fu mendacemente rappresentato come mero affidamento in gestione e nel rimarcare la perdita derivata a Eutelia (quantificata sia dal consulente del pubblico ministero, sia definitivamente in sede tributaria per un valore minimo eccedente i 31 milioni di Euro: il che, sottolinea la sentenza impugnata, esclude la necessità della perizia chiesta dalla difesa), la Corte di appello fa riferimento non ai "corrispettivi versati a Eutelia per quasi 19 milioni", come dedotto dal ricorso, ma ai corrispettivi "contabilizzati" da Voiceplus come versati a Eutelia per quasi 19 milioni di Euro, contabilizzazione, però, contestata dal processo verbale di constatazione citato in quanto superiore al reale, sicchè, chiosa il giudice di appello, si tratterebbe della "mera annotazione di elementi passivi inesistenti da parte di Voiceplus"; il che priva di consistenza la doglianza del ricorso. 2.9.2. Ad analoghi rilievi si presta il tredicesimo motivo, che pure lamenta la contraddittorietà della motivazione, nella parte relativa ai finanziamenti erogati a Mobyland (capo 1bis), che rileva la carenza documentale pur facendo riferimento ai contratti di finanziamento e ai prospetti delle somme erogate. La Corte di appello ha rilevato, a conferma della sussistenza del fatto dissipativo correlato ai finanziamenti erogati in un arco di tempo durante il quale Eutelia stava discutendo, aveva deciso o addirittura aveva già pattuito la vendita della società polacca, che, oltre all'eloquente dato temporale, nessuna documentazione descriveva il progetto imprenditoriale, mentre, rispetto ad una perdita complessiva pari a quasi 20 milioni di Euro, Eutelia aveva acquisito 700 mila Euro di acconto per la vendita. A fronte del complessivo ragionamento esposto dalla sentenza impugnata, il riferimento ai dati indicati dal ricorrente risulta manifestamente inidoneo ad inficiare la ratio decidendi della decisione impugnata in ordine al capo in questione. 2.10. Il quattordicesimo motivo è inammissibile, in quanto già la sentenza di primo grado aveva rilevato che L.S. sedeva nel board di Netcom Liberia (pag. 111) e il ricorso neppure deduce di aver devoluto al giudice di appello doglianze circa travisamenti della prova sul punto. 2.11. Anche il quindicesimo e il sedicesimo motivo, che vanno esaminati congiuntamente attenendo al medesimo capo, sono inammissibili. In premessa, rileva il Collegio che la Corte distrettuale ha diffusamente e puntualmente delineato la vicenda alla base del fatto distrattivo di cui al capo 3bis), evidenziando il suo collocarsi su un duplice piano (quello attinente alle cessioni delle quote di Immopregnana e quello relativo alla cessione delle quote di Eunics), che, congiuntamente valutati, danno conto del "flusso di denaro contante da Eutelia a Finanziaria Italia privo di reale causa": richiamati i "molteplici e macroscopici profili di anomalia dell'operazione" (in estrema sintesi: la riconducibilità di tutte le operazioni in cui si è articolata la vicenda al medesimo gruppo di manager; l'aumento del prezzo - nell'arco di soli 8 giorni di Immopregnana dagli originari 6 milioni di Euro pagati da Eunics a Bull ai 15 milioni di Euro pattuiti per la cessione da Eunics a Finanziaria Italiana, socio maggioritario della stessa Eunics; la circostanza che già al tempo della cessione era previsto che le quote di Eunics intestate a Finanziaria Italiana sarebbero state acquistate da Eutelia, già socio minoritario di tale società, del cui intero capitale Eutelia sarebbe quindi divenuta proprietaria; la locazione da parte di Eutelia dell'immobile di Immopregnana per un canone annuo di 1.400.000 Euro), la Corte rileva che, quando poco tempo dopo Eutelia acquistò le quote di Eunics di proprietà di Finanziaria Italia, il valore di Immopregnana fu conteggiato integralmente nel corrispettivo di acquisto, sicchè "Eutelia, oltre a pagare immediatamente i 14 milioni di Euro dovuti a Finanziaria Italiana per le quote così rivalutate di Eunics, versò regolarmente alla venditrice anche il canone di locazione mensile per l'utilizzo del capannone", laddove, al contrario, Finanziaria Italiana "non effettuò alcune versamento del prezzo di quel bene nelle casse di Eutelia". In questa concatenazione di vicende, di cui, sottolinea il giudice di appello, "nessuno degli imputati ha neppure azzardato a spiegare la logica sottesa", si arriva alla decisione di Eutelia (intervenuta quando le perdite di bilancio erano vertiginosamente aumentate e centinaia di dipendenti erano stati posti in cassa integrazione) di rinunciare a ricevere denaro contante, accettando che venissero operate compensazioni con crediti di altre società del gruppo, compensazioni il cui carattere fittizio è argomentato dalla Corte distrettuale sulla base della ricostruzione (e della valutazione) complessiva della vicenda e delle macroscopiche anomalie che la costellano, nonchè dall'assenza di documentazione attestante l'effettività dei crediti posti in compensazione da Finanziaria Italiana. Si arriva così al punto oggetto dei motivi in esame, che ritiene di individuare una contraddittorietà tra l'assenza di documentazione ritenuta dalla sentenza impugnata e l'affermazione circa la copiosa documentazione prodotta dal consulente della difesa C.. Il ricorso, tuttavia, oblitera in toto la articolata e puntuale disamina svolta dal giudice di appello in ordine alla documentazione prodotta dal consulente della difesa: rispetto ad essa, la sentenza impugnata, per un verso, osserva che la stessa documenta contratti e registrazioni contabili di Finanziaria Italiana e altre società del gruppo, ma non dimostra che tale atti e tali annotazioni attengano ad effettive prestazioni e all'effettivo valore delle stesse, mentre per altro verso, passa in rassegna (pagg. 73 s.) le varie compensazioni prospettate, escludendone analiticamente l'attendibilità. Il ricorso, come si è anticipato, da una parte, risulta in toto carente della necessaria correlazione tra le diffuse e puntuali argomentazioni - sulla complessiva vicenda e, in modo specifico, sulla documentazione esibita dal consulente di parte - riportate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell'impugnazione (Sez. 4, n. 18826 del 09/02/2012, Pezzo, Rv. 253849), mentre, dall'altra, evoca un'inversione dell'onere della prova all'evidenza non riconoscibile nella motivazione, in linea con i dati probatori richiamati ed immune da vizi logici, resa dal giudice di appello. 2.12. Privo di consistenza è il diciassettesimo motivo, che lamenta una sorta di "disparità di trattamento" tra la posizione del ricorrente e quella di un coimputato assolto, obliterando, nuovamente, i plurimi elementi individualizzanti relativi al primo e, innanzitutto, il ruolo di amministratore delegato di Eutelia rivestito. 2.13. Il diciottesimo motivo - relativo al capo 1, parte seconda - è manifestamente infondato. La frase della sentenza impugnata riportata a pag. 61 (e non a pag. 65 come indicato dal ricorso) non rivela alcuna caduta di conseguenzialità logica nel discorso giustificativo del giudice di appello, che, come si è già rilevato, ha delineato il fatto di bancarotta - in linea con l'imputazione - nell'effettiva operazione di trasferimento di un ramo di azienda, falsamente rappresentato nelle comunicazioni societarie come mero affidamento in gestione e causativo di perdite a Eutelia puntualmente indicate. 2.14. Il diciannovesimo motivo - relativo al capo 4bis) - è infondato. Il brano della motivazione richiamato dal ricorrente (che si trova a pag. 78 e non a pag. 80 della sentenza) non va estrapolato dal contesto argomentativo in cui si colloca: nel dare atto che l'iniziativa per la riscossione dei crediti era intervenuta a distanza di due anni e mezzo dalla prima cessione e di due anni dalla seconda, la Corte distrettuale sottolinea che dette richieste furono avanzate solo a seguito dei rilievi della società di revisione, che aveva dichiarato l'impossibilità di certificare il bilancio consuntivo al 2008 e quando lo stesso credito era stata svalutato da Eutelia in misura assai considerevole (da circa 16 milioni a 9,7 milioni), sicchè "la cessione delle quote di One Italia in assenza del pagamento del prezzo, mai richiesto da Eutelia fino all'emergere delle molteplici irregolarità della propria gestione tramite l'opera del revisore (OMISSIS) (deve) considerarsi distrattivo, avendo privato il patrimonio di Eutelia di quote di One Italia per importi ingenti". Ora, considerato che l'imputazione faceva riferimento all'omissione di richieste e pretese (e, dunque, di iniziative, che per tempestività ed incisività, fossero in grado di evitare il nocumento patrimoniale in capo a Eutelia), il riferimento del giudice di appello alle richieste nei termini indicati, per l'epoca (a crediti abbondantemente svalutati) e il contesto in cui intervennero ("imposte" dalla società di revisione) non integra quella trasformazione radicale del fatto, nei suoi elementi essenziali, tale che si configuri un'incertezza sull'oggetto dell'imputazione da cui scaturisca un reale pregiudizio dei diritti della difesa che sola determina una violazione del principio di correlazione (Sez. U, n. 36551 del 15/07/2010, Carelli, rv 248051; nello stesso senso, Sez. U, n. 16 del 19/06/1996, Di Francesco, rv 205620). 3. Anche il ricorso L.I. deve essere rigettato, pur presentando vari profili di inammissibilità. Su un piano generale, mette conto rilevare che il ricorso presenta sovente la trascrizione, anche per parti quantitativamente cospicue, di brani di atti del processo (relazioni dei commissari, conversazioni intercettate, etc.), con il risultato di rendere scarsamente perspicue alcune doglianze, così da esulare dal percorso di una chiara e ragionata censura della motivazione del provvedimento impugnato (cfr. Sez. 2, n. 7801 del 19/11/2013, dep. 2014, Hussien, Rv. 259063). 3.1. Il primo motivo non è fondato, pur risultando alcune censure inammissibili. Da un primo punto di vista, mette conto rilevare che il motivo - pur richiamando nell'intestazione l'art. 416 c.p. - è articolato non in relazione a determinati capi, ma sembra investire in toto il ragionamento del giudice di appello, il che, per la stessa articolazione di quest'ultimo, non giova alla specificità delle doglianze. In ogni caso, le doglianze intrecciano due punti, ossia, per un verso, la ritenuta erronea - affermazione della Corte di appello dell'esistenza di deleghe operative in seno al CdA di Eutelia prima del 29/04/2006, sicchè le decisioni erano assunte collegialmente dallo stesso (punto oggetto del travisamento denunciato con il primo motivo); per altro verso, l'epoca dell'assunzione della carica di amministratore delegato da parte di L.I. in seno a Eutelia. Muovendo da quest'ultimo punto, la sentenza di primo grado aveva chiaramente indicato che dal 08/10/2004 L.I. era stato nominato amministratore delegato della società (insieme con altri, mentre alcuni componenti rivestivano la mera carica di consiglieri). L'atto di appello nell'interesse di L.I. (riportato nel ricorso) aveva censurato tale rilievo deducendo la riscontrabilità di una netta differenza tra gli anni 2006 e quelli successivi, nel senso che "solo dal 29/04/2006 L.I. è AD nel senso di avere tutti i più ampi poteri di ordinaria e straordinaria amministrazione". Nei termini indicati, l'atto di appello non censurava il rilievo della sentenza di primo grado secondo cui dall'ottobre 2004 L.I. era stato nominato consigliere delegato della società, ma deduceva una distinzione della "dotazione" di attribuzioni agli amministratori delegati, nel senso che solo dall'aprile 2006 ad essi vennero concessi "i più ampi poteri di ordinaria e straordinaria amministrazione". In questo senso, l'affermazione della Corte di appello secondo cui L.I. fu nominato amministratore delegato nel 2006 - oltre che non puntualmente correlata al devolutum - non può essere valutata disgiuntamente dagli ulteriori elementi posti a sostegno della ritenuta "collegialità" delle decisioni, elementi rappresentati, tra l'altro, dalle plurime dichiarazioni (di B., P., M., P., secondo cui L.S., L.I., nonchè L.R. "erano allineati sugli eventi, sull'andamento del business" e "molto coesi tra loro") circa il ruolo del ricorrente e i rapporti, in particolare, con L.S. e dalle intercettazioni che dimostravano come essi "fossero pienamente partecipi della comune gestione degli affari riguardanti la costituzione e l'operatività del gruppo". Rilievi, questi, alla luce dei quali la deduzione circa l'erronea affermazione della mancanza di deleghe prima del 29/04/2006 - oltre che non compiutamente correlate al complessivo compendio probatorio valorizzato dal giudice di appello - non risulta autonomamente dotata di una forza esplicativa o dimostrativa tale che la sua rappresentazione sia in grado di disarticolare l'intero ragionamento svolto dal giudicante, determinando al suo interno radicali incompatibilità, così da vanificare o da rendere manifestamente incongrua o contraddittoria la motivazione (Sez. 1, n. 41738 del 19/10/2011, Longo, Rv. 251516). 3.2. Anche il secondo motivo e il terzo motivo, che possono essere esaminati congiuntamente, non meritano accoglimento. Il secondo motivo fa leva su deduzioni analoghe a quelle appena esaminate e disattese, sicchè possono qui richiamarsi i rilievi formulati a proposito del primo motivo (e, in particolare, a proposito della piena partecipazione alla comune gestione del gruppo), dovendosi solo aggiungere che - alla luce dei dati probatori sopra menzionati e valorizzati dal giudice di appello - erroneamente il ricorrente circoscrive i dati espressivi della ritenuta "collegialità" delle decisioni al ruolo amministrativo - e alle relative attribuzioni - svolto all'interno di Eutelia, tanto più che la contestazione del reato associativo giunge fino all'aprile 2008. Quanto al terzo motivo, esso investe, in primo luogo, le conversazioni intercettate valorizzate dal giudice di appello (intercorse tra S. e L.A.), la prima delle quali, nel percorso argomentativo della sentenza impugnata, vede una discussione tra chi debba andare a depositare la propria firma sui conti correnti svizzeri e mette in luce l'indifferenza che tale firma sia depositata da alcuni dei componenti della famiglia L.; la seconda, sempre nella valutazione del giudice di appello, evidenzia come "le cariche nelle società collegate fossero assunte dall'uno o dall'altro dei L. a seconda della convenienza del momento". Il ricorso censura - anche con riguardo ad altre conversazioni intercettate - la violazione dei criteri interpretativi dettata dal codice di rito e l'"estensibilità" al ricorrente della significatività dei dati probatori, ma, svincolando tale censura dal complessivo compendio probatorio (comprensivo di dati immediatamente e direttamente riferibile anche ad L.I.), si risolve - attraverso l'integrale trascrizione delle conversazioni intercettate - nella sollecitazione alla Corte di una inammissibile rivalutazione di merito posto che, in sede di legittimità, è possibile prospettare una interpretazione del significato di una intercettazione diversa da quella proposta dal giudice di merito solo in presenza del travisamento della prova, ovvero nel caso in cui il giudice di merito ne abbia indicato il contenuto in modo difforme da quello reale, e la difformità risulti decisiva ed incontestabile (Sez. 5, n. 7465 del 28/11/2013, dep. 2014, Napoleoni, Rv. 259516). Quanto alle doglianze relative all'indirizzario di molte mail rinvenute nei computers, la deduzione del ricorrente circa la riferibilità di esse alla sola vicenda Voiceplus s.r.l. non inficia il rilievo del giudice di appello, che assume carattere all'evidenza esemplificativo di un modus procedendi all'interno del gruppo familiare. Rilievo, questo valido anche con riguardo ad alcune delle testimonianze relative al connotarsi del gruppo familiare dei L. come un "gruppo coeso" che farebbero riferimento ad un'epoca anteriore alla costituzione di Eutelia: la censura è manifestamente infondata, in quanto a venire in rilievo nel percorso argomentativo del giudice di appello, come si è detto, è la modalità "collegiale" che, nella ricostruzione della sentenza impugnata, caratterizzava la gestione delle varie attività del gruppo. 3.3. Il quarto motivo riguarda la valutazione della Corte di appello in ordine al capo 11bis) (per il quale è stata dichiarata l'estinzione del reato per prescrizione ai soli effetti penali) nella parte in cui le relative condotte sono state valorizzate anche ai fini della motivazione in ordine al reato associativo. Mentre la censura di omesso esame dei motivi di appello è del tutto generica, le ulteriori doglianze non meritano accoglimento. La Corte di appello ha valorizzato, nel quadro dell'operatività del "gruppo coeso" di cui si è detto", il ruolo del ricorrente in seno a Eutelia di responsabile del settore al quale era riconducibile la falsificazione delle fatture relative al traffico telefonico (puntualmente riscontrate dalle dichiarazioni di C.D.), sicchè i rilievi del ricorrente circa la "capacità diagnostica" dei dati indiziari implicano, come già si è visto, la sollecitazione a rivalutazioni di merito precluse al giudice di legittimità, posto che esula "dai poteri della Corte di cassazione quello di una "rilettura" degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali" (Sez. U, n. 22242 del 27/01/2011, Scibè). Quanto al riferimento al mancato inserimento nel capo 11bis) delle fatture emesse nei confronti delle società di C., la Corte di appello ha chiarito che esso ha solo natura probatoria, il che rende ragione della manifesta infondatezza del rilievo - peraltro solo "accennato" nel ricorso - a detta questione. 3.3.1. Il mancato accoglimento del motivo relativo al capo 11bis), comporta il rigetto anche del dodicesimo motivo relativo alla confisca, articolato sulle stesse cadenze argomentative delle doglianze appena esaminate e disattese. 3.4. Il quinto motivo - relativo all'imputazione di cui al capo 2a) - è infondato. Il ricorrente censura la "presunzione di conoscenza derivante dalla macroscopicità degli effetti economici delle false fatturazione", ma la Corte distrettuale ha puntualmente esaminato il punto, rilevando il numero non elevato delle fatture emesse in data anteriore all'08/10/2004 (data di ingresso del ricorrente nel CdA di Eutelia, sia pure, secondo il giudice di appello, senza deleghe) e, che, argomento questo decisivo nell'economia del percorso argomentativo del giudice di appello, "emerge chiaramente come l'emissione delle false fatture, pur iniziata antecedentemente da taluna delle società coinvolte, sia proseguita nel periodo successivo, con perdurante annotazione da parte di Eutelia". Il ricorso insiste sul rilievo delle fatture relative al 2003 oggetto del primo accertamento fiscale, ma la Corte di appello non trascura il dato, rilevando, però, che siffatte irregolarità proseguirono inalterate nel periodo in cui L.I. era preposto alla co-gestione della società unitamente a L.S. e che l'entità degli effetti di questa attività illecita sull'andamento della società priva di fondamento la giustificazione dell'imputato secondo cui egli non si occupava di società estere. Nei termini indicati, la sentenza impugnata ha argomentato la sussistenza dell'elemento soggettivo - in ciò risolvendosi la doglianza - sulla base di un modus procedendi, che "consiste nell'inferire da circostanze esteriori significative di un atteggiamento psichico l'esistenza di una rappresentazione e di una volizione, sulla base di regole di esperienza" (Sez. 6, n. 2800 del 08/02/1995, Rv. 200809, in motivazione), laddove le doglianze del ricorrente non risultano idonee a disarticolare l'intero ragionamento probatorio, rendendo illogica la motivazione per la essenziale forza dimostrativa dell'elemento oggetto di deduzione (Sez. 5, n. 48050 del 02/07/2019, Rv. 277758). 3.5. Le ragioni appena esposte a proposito del quinto motivo impongono il rigetto anche del sesto motivo, calibrato su doglianze di analogo tenore argomentativo. 3.6. Il settimo motivo - relativo al capo 1, seconda parte - non merita accoglimento. La Corte di appello ha diffusamente motivato in ordine alla falsità della comunicazione sociale relativa al contenuto oggettivo del contratto con il quale era stato realizzato - non già un mero affidamento di gestione - ma un vero e proprio trasferimento gratuito del redditizio ramo d'azienda, sottolineando che, comunque, la falsa comunicazione intervenne in epoca in cui il ricorrente era senz'altro nella pienezza del ruolo amministrativo. Il ricorso insiste sulla deduzione - già richiamata supra al par. 3.1. - dell'erroneo riferimento alla mancanza di deleghe prima dell'aprile del 2006, ma, nel complessivo discorso giustificativo del giudice di appello, il rilievo comunque non inficia la complessiva tenuta logico-argomentativa della motivazione, che ha valorizzato non solo la pienezza del ruolo amministrativo del ricorrente al momento della falsa comunicazione, ma anche la macroscopicità degli effetti dell'operazione che condusse alla cessione del ramo di azienda in favore di Voiceplus, rilievo, quest'ultimo univocamente significativo anche sul piano della ricostruzione dell'elemento soggettivo. 3.7. L'ottavo motivo - relativo al capo 2bis) - non merita accoglimento. Il nucleo essenziale del motivo è rappresentato, per un verso, dal denunciato travisamento in cui sarebbe incorsa la Corte di appello lì dove ha affermato che il finanziamento doveva essere autorizzato dal C.d.a. e, per altro verso, che il ricorrente, a differenza dell'altro amministratore delegato L.S., non aveva la possibilità di rilevare anomalie nella vicenda. Ora, quanto al dedotto travisamento (articolato, peraltro, in termini aspecifici dall'atto di appello, che non lo poneva in puntuale correlazione con la relativa parte della motivazione della sentenza di primo grado), lo stesso, comunque, non incrina la tenuta della motivazione della sentenza impugnata, che ha enucleato plurimi profili di anomalia nella vicenda, profili, in primo luogo, messi in luce dalla società di revisione (che rilevò l'assenza di indicazioni circa i valori di interesse in relazione all'operazione) e dal collegio sindacale di Eutelia (che pure registrò la mancanza di informazione in ordine ai bilanci di Netcom, ai finanziamenti erogati da Eutelia e al traffico telefonico acquistato da Netcom). La Corte distrettuale ha poi esaminato la documentazione prodotta dalla difesa di L.I., rilevandone l'inidoneità a chiarire "la destinazione dei finanziamenti, la consistenza effettiva della partecipazione in Netcom, nonchè l'effettivo utilizzo della rete e degli apparati di telecomunicazione da parte di tale società, oltre che le motivazioni e analisi delle tariffe praticate a Eutelia per il traffico telefonico fatturato", sicchè, come ha icasticamente rilevato la sentenza di primo grado, "non è dato sapere quale destino abbiano avuto le somme oggetto del finanziamento, sperdute nel deserto contabile della società liberiana, erogate senza parametri di scopo ed infine integralmente svalutate nel bilancio consuntivo del 2008". Rilievo, quest'ultimo, ripreso anche dalla sentenza impugnata, lì dove, delineando il complessivo contesto in cui si perfezionò il fatto distrattivo, ha rilevato che la partecipazione in Netcom Liberiam per un valore complessivo di circa 12 milioni di Euro era stata poi ceduta da Eutelia a una società del gruppo, Stet Holding S.A., che si era impegnata ad effettuare il relativo pagamento ben due anni e mezzo dopo la cessione; tale credito fu poi subito svalutato da Eutelia, che, comunque, nulla ha riscosso a tale titolo. Ha ancora osservato il giudice di appello che il finanziamento in questione fu ratificato dopo che era inutilmente scaduto, senza alcun esito, il termine pattuito con Netcom per un precedente finanziamento. Come rilevato a proposito di altre società estere, la sentenza impugnata sottolinea che "questo flusso di denaro in uscita verso società estere inconsistenti, in assenza di concreti progetti imprenditoriali e di garanzie e proseguito nonostante precedenti inadempimenti, avveniva in contesto nel quale la società già versava in gravissime difficoltà". Nel quadro argomentativo qui solo in estrema sintesi descritto, il rilievo dell'affermazione della necessaria previa ratifica del C.d.A. perde, all'evidenza, il connotato della decisività che solo consente di riconoscere valenza tale da infirmare il complessivo ragionamento della decisione impugnata, laddove le ulteriori doglianze circa il ruolo e le connesse attribuzioni del ricorrente sviliscono la rilevante convergenza dei plurimi indici di fraudolenza (cfr. Sez. 5, n. 38396 del 23/06/2017, Sgaramella, Rv. 270763) messi in luce dalle conformi sentenze di merito. 3.8. Il nono motivo - relativo al capo lbis) - è infondato. La ricostruzione offerta dalla sentenza impugnata del fatto dissipativo relativo alle erogazioni effettuate in favore della società polacca Mobyland dal gennaio 2008 al febbraio 2009 muove dal rilievo che la società era stata acquistata e finanziata da Eutelia con oltre 28 milioni di Euro e, dopo essere stata ulteriormente finanziata per circa 3,5 milioni di Euro, è stata venduta a meno di 13 milioni di Euro, rinunciando al rimborso dei crediti pari a 1,6 milioni di Euro. Il carattere dissipativo dell'operazione è sintetizzato dal giudice di appello con il rilievo dell'assenza di elementi idonei a far ritenere che i finanziamenti erogati da Eutelia a Mobyland nel periodo indicato fossero coerenti con le esigenze della società, già gravata da una perdita di bilancio pari a quasi 37 milioni di Euro nel 2007 e di oltre 180 milioni di Euro nel 2008 (anno in cui era stata chiesta la cassa integrazione per centinaia di dipendenti). L'assenza, nella vicenda in questione, di una sia pur minimo profilo di coerenza con le esigenze dell'impresa (Sez. 5, n. 38835 del 23/10/2002, Galluccio, Rv. 225398) è dunque argomentata dal giudice di appello essenzialmente sulla base della valutazione dell'operazione alla luce della conclamata situazione di grave difficoltà in cui versava la società. Resta, dunque estraneo al nucleo essenziale della ratio decidendi la questione dell'esistenza del business plan, tanto più che la Corte distrettuale si limita sul punto a riportare quanto affermato dalla teste s.; del resto, a sostegno del dedotto travisamento, il ricorrente non ha allegato un business plan relativo all'operazione Mobyland, ma un diverso documento avente altro oggetto nel quale si fa riferimento a tale business plan, ma, nei termini indicati, la deduzione è all'evidenza carente della necessaria specificità, limitandosi ad offrire una "traccia" del documento oggetto di censura. Quanto alla deduzione dell'appello in ordine al ruolo dell'advisor, essa all'evidenza non incideva sul rilievo della situazione oggettiva in cui versava la società, situazione valorizzata nei termini indicati dalla sentenza impugnata. 3.9. Il decimo motivo - relativo al capo 3bis) - è inammissibile. Rinviando, quanto alla descrizione della vicenda, alla sintesi fatta supra al par. 2.11, è sufficiente qui rilevare che la dedotta manifesta contraddittorietà del ragionamento svolto dal giudice di appello è del tutto priva di correlazione con le articolate argomentazioni della sentenza impugnata, che non solo ha dato conto dei plurimi dati espressivi delle macroscopiche anomalie della vicenda (e del contesto nel quale essa si svolse), ma ha anche esaminato le dedotte compensazioni così come delineate dalla relazione del consulente della difesa T., illustrando, per ciascuna, le ragioni che hanno condotto a disattendere le prospettazioni del consulente; il che rende ragione della manifesta insussistenza di qualsiasi inversione dell'onere della prova, sfociando nell'ambito delle inammissibili questioni di merito le ulteriori doglianze fondate sull'assoluzione del coimputato. 3.10. L'undicesimo motivo - relativo al capo 4bis) - è infondato. Diversamente da quanto sostenuto dal ricorrente, la Corte di appello ha esaminato le censure proposte con il gravame in ordine alla mancata conoscenza della prima delle due cessioni oggetto di imputazione, disattendendole sulla base del duplice rilievo del ruolo di amministratore delegato rivestito (anche) da L.I. in seno ad Eutelia e della già rilevata "comune gestione di Eutelia e del gruppo - da parte dei componenti della famiglia L., quantomeno fino all'ottobre del 2008". La censura di omesso esame delle deduzioni proposte con l'appello e quella relativa alla dedotta (indebita) "equiparazione" delle due cessioni non meritano, pertanto, accoglimento. La circostanza poi che un'ulteriore - precedente rispetto alle due in questione - cessione di quote sia stata pagata da G. (chiaramente emergente dalla conforme decisione del Tribunale di Arezzo) non inficia il rilievo delle conformi sentenze di merito circa il mancato incasso dei corrispettivi pattuiti per le due cessioni oggetto di contestazione, senza che sia stata addotta alcuna giustificazione in proposito (cfr. Sez. 5, n. 16989 del 02/04/2014, Costa, Rv. 259858, in tema di affitto di azienda, ma con affermazione di principio valida a fortiori in caso di vendita di un bene sociale). D'altra parte, la Corte di appello si è confrontata con quella che - da quanto emerge dalla pronuncia, non contestata sul punto - risulta essere l'unica giustificazione addotta dagli imputati, ossia la prospettazione di G. circa lo "scambio" di quote di Air One con quelle di Eutelia, ritenendola, con puntuale motivazione, del tutto inidonea ad escludere la sussistenza del fatto distrattivo. Il rilievo attribuito alla tesi difensiva di G., dunque, deriva dal fatto che tale imputato ha addotto una giustificazione al mancato incasso, ma ciò non implica l'indebita "estensione" delle relative valutazioni al ricorrente. Le ulteriori deduzioni in ordine alla riferibilità delle operazioni a pregressi accordi non inficiano la motivazione della Corte distrettuale circa il perfezionamento della fattispecie distrattiva nei termini indicati. 3.11. Il tredicesimo motivo - relativo alle pene accessorie fallimentari - è manifestamente infondato avendo congruamente motivato la Corte distrettuale la determinazione della loro durata alla luce della gravità dei fatti, ampiamente evidenziata in motivazione, e della loro reiterazione nel tempo. 4. Anche il ricorso nell'interesse di L.S. deve essere rigettato, pur presentando plurimi profili di inammissibilità. In limine, rileva la Corte che, in alcune parti, il ricorso sollecita il giudice di legittimità non già al controllo della motivazione del provvedimento impugnato, ma ad un inammissibile confronto diretto con il compendio probatorio (al fine, ad esempio, di apprezzare la errata valutazione di determinati indizi o l'insussistenza di un elemento costitutivo del reato). 4.1. Complessivamente valutato, il primo motivo, relativo al reato associativo sub 3), non è fondato. La Corte distrettuale ha diffusamente motivato sul punto, valorizzando plurimi, convergenti elementi, quali l'individuazione del ricorrente come "amministratore di fiducia in loco" di Teleasp.net (poi C3), la società attraverso la quale sono state poste in essere le condotte di cui al capo 2a) con continuità nell'arco temporale dicembre 2003/gennaio 2007 per un importo totale di oltre 3 milioni di sterline; il rilievo che la società era stata amministrata nel 2005 da L.S., poi sostituito da L.S., dimessosi nel 2008 e sostituito nuovamente da L.S. (unitamente a P.); molteplici telefonate intercettate dimostrano che venivano chiesti al ricorrente consigli operativi (in merito, ad esempio, ad un trasferimento fondi dalla (OMISSIS)) e attraverso quali società darvi corso (Stet o Finanziaria Italiana), telefonate ritenute dimostrative della gestione comune degli affari di famiglia. A ciò si aggiunga che nella documentazione relativa alla banca svizzera Julius Baer si fa riferimento a Eutelia come società della "famiglia L." e che L.S. è indicato come amministratore della società "di famiglia". Le doglianze del ricorrente non inficiano la tenuta logico-argomentativa della motivazione sul punto della sentenza impugnata. Quanto all'"interscambio", del tutto irrilevante è la circostanza che il ricorrente abbia rivestito cariche amministrative solo in Teleasp.net, posto che il dato messo in evidenza dalla Corte di appello è il susseguirsi di coimputati nella gestione e, appunto, la loro "interscambiabilità"; la doglianza, pertanto, è infondata. Quanto alle intercettazioni, il ricorso non denuncia travisamenti probatori, sicchè la valenza ad esse conferita dai giudici di merito resta del tutto impregiudicata, laddove, quanto ai conti svizzeri, le conformi sentenze di merito hanno evidenziato un conto cointestato al ricorrente ed uno sul quale aveva una delega ad operare: le doglianze sul punto sono sostanzialmente assertive. Le ulteriori censure articolano deduzioni di merito, a fronte della motivazione della sentenza impugnata in linea con i dati probatori richiamati ed immune da vizi logici. 4.2. Il secondo motivo, relativo al capo 2a), è inammissibile, perchè, per un verso, meramente reiterativo di censure esaminate dalla Corte distrettuale e disattese con motivazione puntuale ed esente da vizi logici e, per altro verso, manifestamente tese a sollecitare a questa Corte una diretta rivalutazione del compendio probatorio, rivalutazione del tutto estranea alla cognizione del giudice di legittimità, posto che, come già si è ricordato, esula "dai poteri della Corte di cassazione quello di una "rilettura" degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali" (Sez. U, n. 22242 del 27/01/2011, Scibè). D'altra parte, il ricorso elude uno dei profili centrali del discorso giustificativo della sentenza impugnata, ossia l'assenza di qualsiasi "supporto probatorio che attesti lo svolgimento effettivo della prestazione" ovvero "indichi gli elementi ed i criteri in base ai quali tali ingenti compensi sarebbero stati determinati"; rilievo, quest'ultimo, che priva di consistenza la deduzione difensiva circa la contestazione relative alle provvigioni (e non al traffico telefonico). La Corte di appello ha poi richiamato le dichiarazioni del teste R., del consulente tecnico D.B., secondo i quali le somme contestate rappresentavano solo il 30% del fatturato di Eutelia e tale percentuale era normalmente destinata alla "rete di vendita" di un tale tipo di azienda, nonchè le testimonianze di S. e B., i quali hanno confermato la normalità di avere sub-agenti in Europa; al riguardo la Corte distrettuale, oltre a rilevare che tali dichiarazioni possono dimostrare solo l'astratta logicità imprenditoriale di un siffatto schema operativo, ha rimarcato che esse "non apportano alcun elemento concreto per poter asserire che quelle specifiche prestazioni fatturate siano state effettivamente eseguite, poichè di esse (...) non vi è alcuna traccia documentale, pur informale". Il ricorso deduce che le dichiarazioni si riferivano ad un schema operativo non già astratto, ma riferito a Eutelia; il rilievo, però non scalfisce la valutazione del giudice di appello circa l'insussistenza di alcuna traccia documentale, anche informale, che confermi l'effettività delle prestazioni, sicchè le censure non si confrontano con l'argomento della sentenza impugnata, risultando, pertanto, aspecifiche e manifestamente infondate. La Corte distrettuale richiama poi le dichiarazioni del teste F., dalle quali emerge che ha riferito di "conoscere" C3 (già Teleasp.net) quale società che "pensava" fosse una partecipata di Eutelia e che egli gestiva, insieme con altri soggetti non precisati, la parte tecnica di molte società, pur non conoscendo "il legame tra queste ed Eutelia"; F. ha inoltre affermato di non aver avuto alcun rapporto con dipendenti di Teleasp-C3, avendo solo sentito dire da altri che "c'erano degli uffici con dipendenti", aggiungendo di non aver mai visto di persona (ma solo per il tramite di una telecamera) l'apparecchiatura utilizzata da C3 e, comunque, non è stato in grado di dare alcuna indicazione circa il fatto che 28 essa appartenesse o fosse locata da C3, potendo solo riferire che si trovava nella sede di Plug-It International. Quanto a M. e a P. (il primo, membro del C.d.A. di Eutelia, suo responsabile amministrativo e dal maggio 2007 dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili; il secondo, concorrente nel reato di cui al capo 11bis, che ha definito la propria posizione con un patteggiamento), la Corte distrettuale ne mette in luce la scarsa affidabilità: "in assenza di qualsiasi documento attestante l'esistenza di rapporti di lavoro o collaborativi, così come di contratti di proprietà o locazione degli immobili ove le società avrebbero avuto sedi o uffici, ovvero inerenti le apparecchiature in uso e, ancora, in mancanza di qualsivoglia traccia documentale dello svolgimento del rapporto contrattuale oggetto delle fatturazioni, le mere asserzioni di tre persone destano notevoli dubbi di attendibilità oggettiva e soggettiva della testimonianza". Al riguardo, il ricorso riporta svariate pagine della testimonianza di F., denunciando, sulla base di esse, il travisamento dei fatti in cui sarebbe incorsa la Corte di merito: le doglianze sono manifestamente infondate, in quanto, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, in tema di motivi di ricorso per cassazione, a seguito delle modifiche dell'art. 606, comma 1, lett. e), ad opera della L. n. 46 del 2006, art. 8 è consentito dedurre il vizio di "travisamento della prova", che ricorre nel caso in cui il giudice di merito abbia fondato il proprio convincimento su una prova che non esiste o su un risultato di prova incontestabilmente diverso da quello reale (considerato che, in tal caso, non si tratta di reinterpretare gli elementi di prova valutati dal giudice di merito ai fini della decisione, ma di verificare se detti elementi sussistano), mentre non è consentito dedurre il "travisamento del fatto", stante la preclusione per il giudice di legittimità di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito (Sez. 5, n. 39048 del 25/09/2007, Casavola, Rv. 238215; conf., ex plurimis, Sez. 6, n. 25255 del 14/02/2012, Minervini, Rv. 253099). Quanto alle dichiarazioni di M. (così come per le altre due), il ricorso si sottrae alla compiuta disamina dei rilievi in forza dei quali la Corte distrettuale ha formulato il proprio giudizio di inattendibilità, sicchè, in parte qua, le censure sono aspecifiche. La sentenza impugnata ha poi rilevato che l'assenza di documentazione ulteriore rispetto al contratto è decisiva anche a proposito delle fatture emesse da Tolo s.r.l. per attività di consulenza, assenza che il teste G. ha spiegato con ragioni di segretezza delle prestazioni per tali tipi di società; spiegazione, questa, confutata dal giudice dell'appello rilevando che la segretezza "certo non può presupporre che il cliente per il quale si svolgono complesse consulenze (per la quotazione in borsa della società, per l'acquisizione di altra società e altro) abbia fornito soltanto consigli orali, privi di qualsiasi supporto documentale anche informale, nè mantenga traccia alcuna dei contatti intrattenuti col consulente". Anche sul punto, le doglianza articolate con il ricorso sono del tutto prive di correlazione con le articolate argomentazioni del giudice di appello. Quanto alle fatture emesse da Plug-It International, la Corte di appello osserva che le difese del ricorrente e di L.S., a fronte della contestata inesistenza delle prestazioni descritte nelle fatture come "servizi inerenti a ricerche di mercato, studi di fattibilità e assistenza specialistica sui servizi telefonici rese nel mese..." (in ordine alle quali manca anche il relativo contratto) hanno dedotto che vi sia stata un'erronea indicazione della causale, attinente sempre ad un servizio di call center (di cui si produceva un contratto del 20/12/2002). Al riguardo, la Corte di appello, chiarito che le fatture per prestazioni di call center non sono state contestate dall'accusa ed evidenziata l'anomalia di un contratto (o, meglio, di una sua copia informale) esibito solo sette anni dopo l'avvio delle indagini, ha rilevato che non si comprende per quale motivo Eutelia abbia apposto su ben 13 fatture (quelle contestate) una causale non conforme al vero e, peraltro, indicativa, di attività di consulenza mai pacificamente espletate. Il ricorso contrasta solo l'affermazione, incidentale, sulla tempistica della produzione del documento, sottraendosi al confronto con l'argomento centrale speso dal giudice di appello, sicchè anche per questa parte l'impugnazione è del tutto generica. La sentenza impugnata richiama poi gli esiti delle perquisizioni (con il rinvenimento, in estrema sintesi, di documenti in abitazioni o ditte non collegate alle società cui i documenti stessi si riferivano) e le risultanze di cui ad alcuni sms intercettati; si richiama poi l'intercettazione che ha consentito di accertare che la spedizione da parte di Technoip del pacco contenente il software era stata materialmente eseguita dal figlio del ricorrente, mentre in nessuna sede (indagini o dibattimento) è stata fornito il cd originale del software (sebbene fosse stato pagato 2 milioni di Euro), laddove la polizia giudiziaria, esaminando la copia del programma esibita da Eutelia, ha verificato che il dati inseriti e lavorati risalivano a due anni prima dell'acquisto, il che dimostra la simulazione dell'acquisto stesso, finalizzato a giustificare il (reale) flusso di denaro fuoriuscito da Eutelia. Su tali punti, il ricorso ora trascura in toto di prenderli in considerazione, ora articola in relazione ad essi deduzioni (talora articolate in termini aspecifici, richiamando atti non oggetto di puntuale deduzione, come nel caso del verbale di perquisizione) volte a sollecitare una inammissibile rivalutazione di merito da parte di questa Corte. Più in generale, il ricorrente muove dalla considerazione dei vari elementi di prova in una prospettiva atomistica ed indipendente dal necessario raffronto con il complessivo compendio probatorio valorizzato dalle concordi pronunce di merito (Sez. 6, n. 45249 del 08/11/2012, Cimini, Rv. 254274), laddove è solo l'esame di tale compendio entro il quale ogni elemento è contestualizzato che consente di verificare la consistenza e la decisività degli elementi medesimi oppure la loro ininfluenza ai fini della compattezza logica dell'impianto argomentativo della motivazione (Sez. 2, n. 18163 del 22/04/2008, Ferdico, Rv. 239789), posto che nella valutazione complessiva ciascun indizio si somma e si integra con gli altri, così che l'insieme può assumere quel pregnante ed univoco significato dimostrativo che consente di ritenere provato il fatto (Sez. U, n. 6682 del 04/02/1992, Musumeci, Rv. 191230). 4.3. Il terzo motivo è inammissibile, in quanto articolato in termini del tutto eccentrici rispetto a censure riconducibili alla cognizione del giudice di legittimità. La prima parte del motivo articola doglianze non puntualmente correlate alla motivazione della sentenza di appello, sicchè risultano aspecifiche, mentre le dichiarazioni del teste S. sono richiamate senza dar conto che esse erano state oggetto di specifica devoluzione al giudice di appello. Analoghi rilievi si impongono per le dichiarazioni di C. e M., rispetto alle quali il ricorso è funzionale ad un'inammissibile rivalutazione di merito. Quanto alle dichiarazioni di R., D.B., S., B., le stesse sono già state richiamate a proposito del secondo motivo, sicchè è sufficiente rinviare a quanto rilevato in quella sede. Quanto al processo verbale del 2008 e alle deposizioni dei testi D.P. e C., le doglianze sono del tutto svincolate dalla puntuale individuazione dei punti della motivazione della decisione impugnata. Più in generale, l'impostazione del motivo e le linee attraverso le quali si sviluppa la sua articolazione danno conto della deduzioni di questioni di merito, volte a sollecitare una rivisitazione esorbitante dai compiti del giudice di legittimità della valutazione del materiale probatorio che la Corte distrettuale ha operato, sostenendola con motivazione coerente con i dati probatori richiamati ed immune da vizi logici. 4.4. Il quarto motivo non è fondato. La Corte di merito ha diffusamente motivato in ordine alla posizione del ricorrente, rilevando, in termini dotati di valenza anche sul piano dell'elemento psicologico, la sua attiva partecipazione agli affari di famiglia e richiamando plurimi elementi, tra i quali la documentazione relative a varie società del gruppo rinvenuta presso la sua abitazione, i contatti con C., avvocato che per conto degli imputati depositava ingenti somme su conti svizzeri, la contitolarità di un conto corrente svizzero e la delega ad operare su un altro dove è stato dimostrato confluì parte del denaro provento dell'attività illecite contestate. Il ricorso contesta alcuni di questi rilievi: con riguardo ai conti svizzeri si limita assertivamente ad affermare la carenza di prova in ordine agli stessi, mentre per quello sul quale il ricorrente aveva la delega ad operare, il ricorso - ancora una volta sottraendosi all'onere di completa e specifica individuazione degli atti processuali fatti valere (Sez. 6, n. 9923 del 05/12/2011, dep. 2012, Rv. 252349) - si limita ad evidenziare che la delega fu conferita ad inizio del 2008, il che comunque, all'evidenza, non inficia il ragionamento della Corte di appello. Nel resto, le deduzioni articolate si risolvono in inammissibili questioni di merito, prive di compiuta correlazione con gli argomenti valorizzati dalla sentenza impugnata. 4.5. Il quinto motivo è inammissibile, avendo la Corte distrettuale valorizzato, ai fini del giudizio circa la congruità del trattamento sanzionatorio, l'applicazione all'imputato, con giudizio di prevalenza dettato dalla valutazione del ruolo, delle circostanza attenuanti generiche, con determinazione della pena nella misura di anni 2 mesi 8 di reclusione. Il ricorso non articola censure idonee a scalfire la tenuta del ragionamento del giudice di appello, mentre del tutto generiche sono le deduzioni circa la durata delle pene accessorie. 4.6. Il sesto motivo è del pari inammissibile, in quanto reiterativo di censure che la Corte di appello ha esaminato e disatteso con motivazione esente da vizi logico-giuridici. 4.7. Il primo motivo aggiunto è inammissibile per plurime convergenti ragioni. Le deduzioni circa il contributo concorsuale del ricorrente ora risultano in toto svincolate dai dati probatori relativi alla partecipazione del ricorrente alle attività dei coimputati (ad esempio, sotto il profilo dell'accordo con gli amministratore della società), ora reiterano questioni esaminate e disattese in relazione a motivi proposti con il ricorso originale (in punto, ad esempio, di "interscambiabilità" delle cariche ovvero di sussistenza dell'elemento psicologico). 4.8. Anche il secondo motivo aggiunto è inammissibile, per plurime, convergenti ragioni. Anche a voler prescindere dal carattere perplesso della doglianza (che lamenta l'inutilizzabilità o la non attendibilità della documentazione proveniente dalle banche svizzere) e dal rilievo che il motivo si sottrae alla specifica deduzione dell'incidenza della documentazione in questione sul complessivo compendio probatorio, così da potersene inferire la decisività in riferimento al provvedimento impugnato (Sez. U, n. 23868 del 23/04/2009, Fruci, Rv. 243416), il ricorso fa leva sulla documentazione prodotta dal pubblico ministero nel corso di un'udienza (neppure indicata) e su altri documenti di autorità svizzere rispetto ai quali nessuna puntuale allegazione è stata fatta (neppure in punto di normativa applicata o applicabile), il che rende il motivo del tutto aspecifico. 5. Il ricorso nell'interesse di G.W. non è fondato. 5.1. Il primo motivo non merita accoglimento. Su un piano generale, esso non mette a fuoco correttamente la ricostruzione del ruolo del ricorrente, così come delineata dalle conformi decisioni di merito, ruolo definito dalla sentenza di primo grado (anche) come quello di "destinatario delle cessioni" in questione e dalla sentenza di appello come "diretto destinatario dell'operazione distrattiva", essendo a lui "riconducibili anche le società Leonardo.it e Karma s.r.l.", nonchè di consigliere, senza deleghe, di Eutelia (oltre che di presidente e responsabile della gestione di One Italia, come dedotto dal ricorso). Risultano, pertanto, infondate le doglianze del ricorrente relative alla configurazione della fattispecie allo stesso ascritta, doglianze che presuppongono una sovrapponibilità della sua posizione rispetto a quella dei coimputati, sovrapponibilità, invece, esclusa dalle conformi sentenze di merito. L"intreccio" dei ruoli rivestiti dal ricorrente rende altresì ragione della manifesta infondatezza della deduzione relativa al prospettato travisamento in cui sarebbe incorsa la sentenza impugnata attribuendogli "solo" quello di consigliere senza delega di Eutelia. La Corte di appello ha poi puntualmente motivato in ordine alla riconoscibilità, in capo all'imputato dell'elemento soggettivo, laddove i rilievi circa la "floridità" di Eutelia ai tempi delle cessioni, oltre ad essere articolata in termini aspecifici e assertivi, non si confronta con il dato - richiamato dalla Corte a proposito di un diverso capo - secondo cui la società registrò nel 2007 una perdita di bilancio pari a quasi 37 milioni di Euro. Manifestamente infondata è la doglianza relativa al nesso di causalità, poichè, come affermato dalle Sezioni unite di questa Corte, ai fini della sussistenza del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale, non è necessaria l'esistenza di un nesso causale tra i fatti di distrazione ed il successivo fallimento, essendo sufficiente che l'agente abbia cagionato il depauperamento dell'impresa, destinandone le risorse ad impieghi estranei alla sua attività (Sez. U, n. 22474 del 31/03/2016, Passarelli, Rv. 266804). Quanto alla qualificazione del fatto, il giudice di appello ha puntualmente richiamato il principio di diritto in forza del quale, ai fini della configurabilità del reato di bancarotta impropria da reato societario ex art. 2634 c.c., è necessario che gli atti di frode ai creditori siano espressione del potere di amministrazione, sia pure esercitato in una situazione di conflitto con l'interesse della società e con le finalità descritte dalla norma, mentre, invece, deve ritenersi sussistente il diverso reato di cui all'art. 223, comma 1, L. Fall. quando siano realizzati atti di disposizione dei beni societari caratterizzati, secondo una valutazione ex ante, da manifesta ed intrinseca fraudolenza, in assenza di qualsiasi interesse per la società amministrata (Sez. 5, n. 33306 del 23/05/2016, Cosci, Rv. 268023); interesse, questo, escluso dalla Corte di appello lì dove ha disatteso, con motivazione diffusa e puntuale non oggetto di specifica disamina critica da parte del ricorso, la tesi prospettata dal ricorrente circa lo "scambio" di quote di Air One con quelle di Eutelia. 5.2. Il secondo e il terzo motivo, che possono essere esaminati congiuntamente, non meritano accoglimento. Nel confermare il diniego dell'applicazione delle circostanze attenuanti generiche, la Corte di appello, per un verso, ha svalutato l'argomento dell'appellante incentrato sull'asserito - ma escluso dalla sentenza impugnata - comportamento collaborativo dallo stesso tenuto, mentre, per altro verso, ha rimarcato l'assenza di condotte riparatorie, a differenza di alcuni coimputati, e la gravità dei fatti comprovata dal rilievo che G. è stato destinatario dell'atto distrattivo di ingente valore economico (oltre 16 milioni di Euro nel 2007). Il ricorso non si confronta con gli argomenti del giudice di appello, risultando, pertanto, del tutto generico. Del pari inammissibile è il terzo motivo, poichè il riferimento alla reiterazione delle condotte non include, nella motivazione sul punto delle pene accessorie fallimentari, il ricorrente (ma altri coimputati), laddove la sentenza impugnata ha valorizzato la gravità dei fatti, nei termini, immuni da vizi logici, sopra richiamati. 6. Pertanto, i ricorsi devono essere rigettati e i ricorrenti devono essere condannati al pagamento delle spese processuali e, tutti, in solido alla rifusione delle spese sostenute nel presente giudizio di legittimità dalle parti civili difese dagli Avvocati Raffaella Ugolini, Marika Ballardin e Alessandro Liberatori, nonchè i soli L.S. e G.W., in solido, alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile difesa dall'avvocato Renato Borzone, spese liquidate come da dispositivo. P.Q.M. Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali. Condanna tutti i ricorrenti in solido alla rifusione delle spese sostenute dalle parti civili difese dall'avvocato Raffaella Ugolini che liquida in complessivi Euro 8.000,00 oltre accessori di legge, dalla parte civile difesa dall'avvocato Marika Ballardin che liquida in complessivi Euro 3.000,00 oltre accessori di legge; dalla parte civile difesa dall'avvocato Alessandro Liberatori che liquida in complessivi Euro 3.000,00 oltre accessori di legge; condanna i ricorrenti G.W. e L.S. in solido alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile difesa dall'avvocato Renato Borzone che liquida in complessivi Euro 3.000,00 oltre accessori di legge. Così deciso in Roma, il 4 dicembre 2020. Depositato in Cancelleria il 21 gennaio 2021
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