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Circonvenzione di incapace: costituiscono eventi eventuali il profitto dell'agente e il danno della vittima

Circonvenzione di incapace

Cassazione penale , sez. II , 13/12/2022 , n. 11644

Nel delitto di circonvenzione di incapaci il profitto dell'agente e il danno della vittima sono eventi del tutto eventuali, essendo sufficiente, per il perfezionamento del reato, che l'atto compiuto dall'incapace sia idoneo a produrli, sicché, ove essi si verifichino, restano assorbiti nel reato medesimo, a condizione che costituiscano l'effetto giuridico proprio di quell'atto, non verificandosi, invece, tale assorbimento nel diverso caso in cui profitto e danno siano l'effetto giuridico di una distinta attività del reo, pur nell'ambito di rapporti insorti a seguito dell'atto che la vittima è stata indotta a compiere. (Nella specie, essendo consistito il delitto di circonvenzione anche nell'induzione della vittima a conferire una delega per operare sul conto corrente dell'incapace senza alcuna autorizzazione a disporne in proprio, la Corte ha ritenuto che l'appropriazione di somme di denaro giacenti sul conto dell'incapace non costituisse effetto giuridico della delega e che, quindi, non vi fosse assorbimento di quell'ulteriore condotta nel reato di circonvenzione, che, invece, dava luogo ad autonomo e concorrente reato di appropriazione indebita).

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La sentenza integrale

RITENUTO IN FATTO 1.Con l'impugnata sentenza la Corte d'Appello di Milano confermava la decisione del Tribunale di Como che, in data 20/2/2020, in esito a giudizio abbreviato, aveva riconosciuto la M. colpevole di più episodi di circonvenzione di incapace nonché dei delitti di appropriazione indebita e di indebito utilizzo di una carta bancomat, condannandola per l'effetto alla pena di anni quattro, mesi tre di reclusione ed Euro 2300,00 di multa nonché al risarcimento del danno in favore della parte civile costituita, con assegnazione di provvisionale pari ad Euro 54.687,38.2. Ha proposto ricorso per Cassazione il difensore dell'imputata, Avv. Francesca Cramis, deducendo: 2.1 l'inosservanza ed erronea applicazione dell'art. 643 c.p. e correlato vizio di motivazione. Secondo la difesa la Corte di merito si è limitata a confermare la sentenza di primo grado senza superare le aporie e le contraddizioni evidenziate dalla difesa con particolare riguardo alla ritenuta sussistenza della condizione di deficienza psichica della p.o.. Infatti, secondo la ricorrente, all'epoca dei fatti il N. era in possesso delle proprie capacità mentali, emergendo in atti che era affetto esclusivamente da un iniziale decadimento cognitivo, dovuto all'età avanzata. In particolare, contrariamente alle conclusioni rassegnate dal Dott. M., che ha fatto risalire la sindrome demenziale al 2015, affermandone la certa sussistenza nell'ottobre 2016, sono acquisiti in atti il referto a firma della Dott.ssa R. del 22/11/2017 e il certificato redatto dalla Dott.ssa F. del 16/12/2016 che contrastano le richiamate conclusioni e che la Corte di merito ha omesso di valutare. La capacità della p.o. e', inoltre, attestata dalle dichiarazioni di S.M. e F.A., delle quali i giudici di merito non hanno tenuto conto. Aggiunge l'impugnante che appare illogica e contraddittoria la motivazione concernente i bonifici del 13 maggio e 5 novembre 2015 di cui al capo 3), effettuati con piena consapevolezza dalla vittima e avallati dal figlio N.R., come riferito da Ca.Fr.. Con riguardo ai bonifici e al finanziamento contestati al capo 8) il difensore segnala che la Corte di merito ha trascurato i rilievi difensivi in ordine al fatto che la P.g. operante ne aveva ipotizzato la liceità, potendo gli stessi corrispondere alla retribuzione annuale dell'imputata, la quale era stata assunta come badante senza regolare contratto. La motivazione rassegnata dalla Corte di merito appare, inoltre, censurabile con riferimento alla doglianza circa la mancata percezione dell'iniziale decadimento psichico della p.o. da parte di una pluralità di soggetti, tra cui lo stesso figlio, essendosi i giudici d'appello limitati ad un'affermazione assertiva e generica; 2.2 la violazione di legge con riguardo al frazionamento della condotta di circonvenzione nonostante l'unitarietà della stessa e conseguente illegittimità degli aumenti operati a titolo di continuazione per i capi 2), 3), 4), 5), 6), 7). La difesa lamenta che la sentenza impugnata in maniera illogica e contraddittoria, pur avendo riconosciuto l'unicità della condotta dell'imputata, ha confermato gli aumenti irrogati a titolo di continuazione nonostante tutti gli atti di disposizione patrimoniale effettuati dalla p.o. siano riconducibili alla medesima attività induttiva; 2.3 la violazione di legge in relazione all'art. 643 c.p. e l'illegittimità degli aumenti effettuati a titolo di continuazione per i capi 4) e 5) in violazione del principio di bis in idem. La difesa lamenta l'omessa motivazione con riguardo alla doppia contestazione della medesima condotta in relazione ai capi 4) e 5) della rubrica in quanto si contesta nel capo 4) all'imputata di aver indotto il N. a rilasciarle la delega ad operare sul conto corrente e nel capo successivo l'effettuazione di una serie di prelievi in forza di detta delega e l'appropriazione delle relative somme;2.4 la violazione del principio del ne bis in idem in relazione ai capi 6 e 7 e la conseguente illegittimità degli aumenti operati a titolo di continuazione per le condotte ivi contestate. Secondo la difesa si è in presenza di una doppia contestazione dello stesso fatto anche con riguardo ai capi 6) e 7) giacché nel primo si addebita alla prevenuta di aver indotto la vittima a cointestarle il conto corrente postale accesso presso l'ufficio di Ponte Chiasso e nel successivo di essersi appropriata delle somme prelevate dal predetto conto; 2.5 la violazione di legge e il vizio di motivazione con riguardo alla sussistenza dell'elemento soggettivo del delitto di cui all'art. 493ter c.p. La difesa assume che, sebbene l'imputata sia stata assolta dall'addebito di cui al capo 1 in quanto il figlio della vittima ha riferito che lui stesso e il padre avevano consegnato alla M. la carta bancomat e il relativo PIN, l'imputata è stata ritenuta responsabile della condotta illecita sub 2 per aver utilizzato la carta bancomat senza che la Corte territoriale abbia fornito adeguata risposta alle doglianze difensive che deducevano il difetto di dolo, avendo la ricorrente agito confidando nella liceità dell'uso;2.6 la violazione degli artt. 62 bis e 133 c.p. e correlato vizio della motivazione. La difesa sostiene che la Corte di merito ha fornito una risposta del tutto approssimativa alle censure in punto determinazione della pena, nonostante il primo giudice si fosse discostato dal minimo edittale nell'elezione della pena base senza fornire al riguardo adeguata motivazione, avesse operato un aumento sproporzionato ex art. 81 e avesse addirittura operato un doppio aumento per i capi 2.5. e 2.7. Quanto al diniego delle circostanze ex art. 62 bis c.p. la difesa lamenta che i giudici d'appello si siano limitati a condividere le ragioni esposte dal Tribunale senza considerare le condizioni soggettive della prevenuta e le manifestazioni di resipiscenza; 2.7 la violazione di legge e il vizio di motivazione con riguardo alla mancata esclusione della recidiva, avendo la Corte territoriale disatteso la censura difensiva con motivazione apparente senza spiegare le ragioni per cui il precedente penale che milita a carico della ricorrente, aspecifico e risalente nel tempo, è tale da aggravare la capacità criminale e la pericolosità della stessa. CONSIDERATO IN DIRITTO 1.Il primo motivo che censura il difetto di prova circa la compromissione delle facoltà psichiche della p.o. all'epoca dei fatti contestati reitera rilievi adeguatamente scrutinati dalla Corte di merito e disattesi con il supporto di ampia motivazione con la quale la difesa non si rapporta criticamente in termini puntuali, così incorrendo in diffuse genericità. Invero, già il primo giudice, pag. 16 e segg., aveva evidenziato, sulla scorta della consulenza redatta dal Dott. M., che il N. era all'epoca dei fatti affetto da una sindrome demenziale che gli impediva di valutare la portata degli atti di disposizione patrimoniale e finanziaria compiuti in favore della prevenuta. In particolare, il c.t. precisava che la p.o. presentava deficit di memoria ed un assetto cognitivo compromesso con limitazione delle abilità di critica e di giudizio della realtà, chiarendo ulteriormente, in sede di integrazione della consulenza (pag. 14), che la patologia riscontrata,, attendibilmente insorta in epoca precedente i fatti a giudizio, era evidente già nel 2015 e sicuramente nell'ottobre 2016. Il Tribunale segnalava, altresì, che le conclusioni del Dott. M. risultano nella sostanza convergenti con la diagnosi di decadimento cognitivo iniziale effettuata in data 22/11/2017 dalla Dott.ssa R.M.. I giudici di merito non hanno mancato di evidenziare che le compromesse condizioni di salute psichica della vittima sono state direttamente apprezzate dalla videoregistrazione delle dichiarazioni del N. al difensore in data 5/4/2017 ed emergono, inoltre, dalla prima annotazione redatta dal personale della Guardia di Finanza versata in atti. 1.1 A fronte delle convergenti fonti soprarichiamate, l'asserita, mancata percezione del deficit psichico della vittima da parte di soggetti che sono occasionalmente venuti in contatto con la stessa non è circostanza idonea a revocare in dubbio la concludenza della piattaforma probatoria valorizzata dai giudici di merito a sostegno della ricorrenza dell'elemento oggettivo della circonvenzione. Non colgono, inoltre, nel segno le spurie obiezioni circa la ravvisabilità degli estremi costitutivi della circonvenzione in relazione agli episodi contestati al capo 3, avendo il figlio della p.o. N.R. ben chiarito di aver avallato "i prestiti" effettuati dal padre in favore dell'imputata a seguito delle insistenze del genitore, pur avendo espresso il proprio dissenso in proposito. Ne' gli atti dispositivi possono ritenersi leciti in quanto conformi alla volontà del disponente dal momento che la determinazione economicamente pregiudizievole deve ritenersi frutto dell'attività induttiva della prevenuta nei confronti di un soggetto inciso nella capacità di giudizio e di consapevole gestione dei propri interessi dall'ingravescente patologia che l'affliggeva. Parimenti destituita di pregio è la prospettazione secondo cui bonifici e finanziamento oggetto di contestazione al capo 8) fossero il corrispettivo annuale per l'attività di badante svolta dalla ricorrente, risultando - al contrario - che l'imputata riceveva mensilmente l'importo convenuto di Euro 700,00. Ne' è ragionevolmente sostenibile che, a fronte di un decadimento senile comportante vuoti di memoria, disorientamento, decadimento cognitivo e scarsa lucidità la prevenuta, che lo frequentava quotidianamente, sia rimasta inconsapevole dell'assai precario stato psichico dell'assistito. La difesa, dunque, lungi dal segnalare omissioni e trascuratezze valutative di rilevanza decisiva, in quanto suscettibili di incidere sugli esiti della regiudicanda, tende ad una rilettura del compendio probatorio, preclusa in sede di legittimità a fronte di un apparato giustificativo coerente con gli esiti processuali ed esente da aporie e manifeste illogicità. 2. Il secondo motivo è precluso dalla mancata devoluzione in appello. Invero, le condotte di circonvenzione oggetto di contestazione abbracciano un consistente arco temporale che va dal maggio 2015 all'ottobre 2016 e si sono estrinsecate in atti dispositivi vari, quali l'emissione da parte della vittima in favore della prevenuta di assegni bancari, l'effettuazione di bonifici, il conferimento di delega ad operare sul conto corrente della p.o. acceso presso Credit Agricole-Cariparma, la cointestazione di un conto corrente postale, la sottoscrizione di una richiesta di finanziamento con cessione del quinto della pensione. Per costante giurisprudenza la fattispecie ex art. 643 c.p. ha natura di reato di pericolo e si consuma nel momento in cui viene compiuto l'atto idoneo a procurare un qualsiasi effetto giuridico dannoso per la persona offesa o per altri (Sez. 2, n. 8103 del 10/02/2016, Rv. 266366; Sez. 4, n. 27412 del 23/04/2008, Rv. 240733; Sez. 2, n. 20677 del 13/05/2022 Rv. 283337). Questa Corte ha, altresì, chiarito che, nell'ipotesi in cui ad un unico atto di induzione conseguano plurime condotte appropriative, il momento di consumazione del delitto va individuato nell'ultima apprensione in ordine cronologico, diversamente, nell'ipotesi in cui la pluralità di condotte appropriative derivi da plurimi atti di induzione, ciascuno dei quali con un obiettivo di approfittamento, ancorché originati dalla stessa circonvenibilità della vittima, il reato deve ritenersi reiterato e consumato al momento del conseguimento di ciascun singolo profitto (Sez. 2, n. 31425 del 14/09/2020, Rv. 280030). L'indagine in ordine all'unicità o pluralità degli atti di induzione alla base di una pluralità di atti dispositivi della stessa vittima costituisce un accertamento di fatto in quanto impone lo scrutinio del compendio probatorio al fine di accertare le specifiche connotazioni di ciascun episodio illecito e non può che essere rimessa al giudice di merito, senza alcuna possibilità di immediata e diretta proposizione della questione in sede di legittimità in ragione della natura della verifica richiesta. 3. Anche il terzo e quarto motivo concernono profili non dedotti in appello ma che il Collegio ritiene, comunque, valutabili ai sensi del 609 c.p.p., comma 2. La denunziata violazione del bis in idem sostanziale in relazione alle fattispecie ascritte ai capi 4 e 5 c.p. è insussistente. Deve al riguardo precisarsi che nel delitto di circonvenzione d'incapace il profitto dell'agente ed il danno della vittima sono eventuali perché, per il perfezionamento del reato, non si richiede che il danno si verifichi, essendo sufficiente che l'atto compiuto sia idoneo a produrlo e restano assorbiti nel reato medesimo, a condizione peraltro - che costituiscano l'effetto giuridico proprio di quell'atto. Tale assorbimento non si verifica, tuttavia, nella ben diversa situazione in cui profitto e danno non si pongano come effetto giuridico proprio dell'atto che l'incapace e stato indotto a compiere, ma siano l'effetto di una distinta attività del reo pur nell'ambito dei rapporti che siano insorti a seguito di quell'atto, integrando cosi l'oggettività materiale di altro eventuale reato, concorrente con quello di circonvenzione (in tal senso, Sez. 2, n. 310 del 18/02/1963, Rv. 098975; Sez. 2, n. 40874 del 14/7/2017, Napoli + 1, non mass.; n. 56390 del 23/11/2017, Manganelli, non mass.). Nella specie, essendo consistito il delitto di circonvenzione sub 4 nella induzione della vittima a conferire alla prevenuta la delega ad operare sul conto corrente del N. senza alcuna autorizzazione a disporne in proprio, il fatto che l'imputata si sia successivamente appropriata delle somme di danaro contestate al capo 5) non costituisce effetto giuridico del mandato conferitole e quindi non è assorbito nel reato di circonvenzione, ma costituisce esecuzione infedele del mandato stesso che dà luogo all'autonomo e concorrente reato di appropriazione indebita. Analogamente con riguardo al quarto motivo ove la violazione del principio di ne bis in idem è evocato in relazione alla cointestazione del conto corrente postale e al connesso addebito di appropriazione indebita per i prelievi effettuati dalla prevenuta sul conto medesimo fino a causarne il completo azzeramento. In entrambi i casi si è in presenza di una progressione criminosa in cui il delitto ex art. 643 c.p., frutto di attività induttiva, è integrato da atti giuridici, di valenza strumentale, idonei a costituire od implementare le facoltà della beneficiaria di disporre e/o gestire le risorse finanziarie della p.o., cui ha fatto seguito la concreta, illecita, appropriazione delle stesse. Sia sotto il profilo della condotta materiale che della concreta offensività e dell'elemento psichico lo schema legale della circonvenzione non e', dunque, idoneo a sussumere ed esaurire l'antigiuridicità propria delle condotte appropriative susseguenti, che devono ritenersi autonomamente rilevanti e legittimamente concorrenti con il delitto ex art. 643 c.p.. 4. Le censure relative alla pretesa carenza di dolo in relazione al delitto ex art. 493 ter c.p. contestato al capo 2) sono manifestamente infondate. Infatti, la consegna del bancomat e del relativo PIN alla ricorrente da parte dei N., padre e figlio, soggiaceva alla condizione che i prelievi fossero effettuati per far fronte alle esigenze di vita della p.o.. Nella specie non è revocabile in dubbio che l'imputata abbia utilizzato la carta per lo più al POS delle slot machine ed effettuato reiterati prelievi nei giorni 4 e 5 gennaio 2016 per complessivi Euro 3700,00, importo del tutto esorbitante le esigenze dell'anziano, come evidenziato dalla Corte di merito a pag. 15. La sussistenza del dolo emerge con chiarezza dall'ostensione del vincolo di destinazione all'atto della consegna della carta cui consegue la consapevolezza dell'utilizzo indebito della stessa. 5. Inammissibili per manifesta infondatezza s'appalesano i residui motivi che censurano il diniego delle attenuanti generiche, la dosimetria della pena e la ritenuta sussistenza della recidiva infraquinquennale. La Corte territoriale ha adeguatamente argomentato l'adeguatezza del trattamento sanzionatorio, condividendo le valutazioni già operate dal primo giudice il quale aveva giustificato il modesto discostamento dal minimo edittale nella determinazione della pena base, sottolineando l'estrema gravità delle condotte a giudizio, tenuto conto delle somme complessivamente sottratte, della reiterazione delle condotte e della durata complessiva dell'attività illecita, che ha portato alla pressocché integrale spoliazione delle risorse della p.o. Anche gli aumenti ex art. 81 cpv c.p. appaiono rispondenti a criteri di continenza sanzionatoria e correttamente computati, tenendo conto della continuazione interna contestata e ritenuta in relazione ai capi 5 e 7, né la complessiva determinazione della stessa appare sperequata, come assume la difesa, in quanto attestata in misura ben distante dal triplo della pena base normativamente prevista. Anche il diniego delle attenuanti generiche risulta congruamente giustificato, non avendo i giudici di merito ravvisato elementi idonei a giustificare l'invocata mitigazione sanzionatoria e, parimenti, incensurabile risulta il giudizio in ordine alla sussistenza della recidiva, avendo la Corte territoriale confermato il giudizio di ingravescente pericolosità denotato dagli illeciti a giudizio rispetto alla condanna irrevocabile che milita a carico della ricorrente. 6. Alla luce delle considerazioni che precedono il ricorso, nel complesso infondato, deve essere rigettato con condanna della proponente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52 in quanto imposto dalla legge. Così deciso in Roma, il 13 dicembre 2022. Depositato in Cancelleria il 20 marzo 2023
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