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Circonvenzione di persone incapaci: le condizioni necessarie per la configurabilità del reato

Circonvenzione di incapace

Cassazione penale sez. II, 31/05/2024, n.30551

Per la configurabilità del reato di circonvenzione di persone incapaci, devono sussistere le seguenti condizioni:
a) Rapporto squilibrato tra vittima e agente: deve esistere una relazione in cui l’agente è in grado di manipolare la volontà della vittima. Ciò si verifica quando la vittima, a causa di minore età, infermità o deficienza psichica, è incapace di opporre resistenza per assenza o riduzione della capacità critica.
b) Induzione a compiere un atto dannoso: la vittima deve essere indotta a compiere un atto che comporti per sé o per altri un effetto giuridico dannoso.
c) Abuso dello stato di vulnerabilità: l’agente deve essere consapevole dello stato di debolezza della vittima e sfruttarlo con l’intento di procurare a sé o ad altri un vantaggio economico.
d) Riconoscibilità della minorata capacità: la ridotta capacità della vittima deve essere tale da poter essere percepita da chiunque, permettendo all’agente di sfruttarla per fini illeciti.

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La sentenza integrale

RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza del 20/11/2023, la Corte d'Appello di Brescia confermava la sentenza del 24/03/2023 del Tribunale di Brescia, emessa in esito a giudizio abbreviato, di condanna di Bo.Gi. alla pena di un anno e otto mesi di reclusione ed Euro 300,00 di multa per il reato di circonvenzione continuata della persona incapace Pa.Vi. 2. Avverso tale sentenza del 20/11/2023 della Corte d'Appello di Brescia, ha proposto ricorso per cassazione, per il tramite del proprio difensore, Bo.Gi., affidato a tre motivi. 2.1. Con il primo motivo, il ricorrente lamenta, in relazione all'art. 606, comma 1, lett. "a)", cod. proc. pen., il "difetto di motivazione" in ordine all'affermazione di responsabilità per il reato di circonvenzione di persona incapace a lui ascritto. Nell'evidenziare come egli fosse stato beneficiario, da parte della persona offesa, di due assegni nel maggio 2020 per un importo complessivo di Euro 800,00 e di due vaglia postali "nel marzo e nell'aprile del 2020 per un importo complessivo di 200 euro", il ricorrente deduce che la motivazione della sentenza impugnata sarebbe "non condivisibile" e "non convincente)" con riguardo sia alla sussistenza di uno stato di deficienza psichica della persona offesa Pa.Vi. al momento del compimento dei suddetti atti (emissione degli assegni e dei vaglia postali) per lei pregiudizievoli, sia, comunque, alla propria consapevolezza di tale supposto stato di deficienza psichica e all'essersene approfittato. Il ricorrente deduce anzitutto che costituirebbe un "dato acclarato" che il decadimento psichico della persona offesa sarebbe iniziato dopo il suo primo ricovero ospedaliero del giugno 2020. Il ricorrente rappresenta in proposito che: a) la guardia medica che era intervenuta il 01/06/2020 presso l'abitazione della Pa.Vi. aveva escluso di procedere con un trattamento sanitario obbligatorio (TSO) perché aveva ritenuto che la donna fosse "capace di intendere e di volere"; b) in occasione del ricovero del 03/06/2020, alla Pa.Vi. sarebbe stato diagnosticato un "disturbo cognitivo (rectius un iniziale deterioramento) non grave per una persona di 86 anni" (così il ricorso) e il test "minimental", al quale la donna fu sottoposta, aveva dato un risultato di 26 su 30; c) anche il certificato del 08/06/2020, rilasciato dai sanitari dell'Ospedale di B, avrebbe comprovato come il decadimento cognitivo della Pa.Vi. fosse "di recente insorgenza" (così il ricorso), tanto che la psichiatra Zu.De. affermò che la paziente era "collaborante, non bizzarrie comportamentali, non disturbi del pensiero strutturati". Tali dati clinici comproverebbero, secondo il ricorrente, come nel giugno del 2020 la persona offesa non versasse in una condizione di debolezza psichica e come le sue condizioni psichiche sarebbero precipitate "solo nell'inverno dell'anno 2020", come sarebbe stato attestato, il 03/12/2020, dal direttore sanitario della fondazione "S. Maria del Castello" Onlus di C. Gli stessi dati clinici, inoltre, avrebbero dovuto essere "combinati" con altri elementi "oggettivi" che i giudici di merito avrebbero trascurato o non avrebbero adeguatamente considerato, segnatamente, con i fatti che: a) secondo i figli della persona offesa, egli avrebbe conosciuto la stessa solo nel 2020; b) i versamenti che erano stati fatti dalla Pa.Vi. in suo favore erano tutti antecedenti all'autunno/inverno 2020; c) i metodi di pagamento utilizzati dalla Pa.Vi. costituiti da assegni e vaglia postali, per gli importi effettivi di essi, sarebbero "incompatibili con una incapacità/debolezza ad autodeterminarsi"; d) i vaglia postali furono effettuati da una persona di fiducia incaricata dalla Pa.Vi., Na.El., la quale "svolse l'incarico senza avvedersi che la signora Pa.Vi. versasse in una condizione fisica-mentale di fragilità personale". Il Bo.Gi. contesta anche "l'utilizzo delle prove afferenti le dazioni di denaro delle quali fu beneficiario il Ma.Fr. (cioè l'altro soggetto, poi deceduto, che avrebbe circonvenuto la Pa.Vi.). Da tutto ciò si dovrebbe ricavare come, "essendo il decadimento iniziato dopo il giugno 2020, il Bo.Gi. non avesse (e non potesse avere) alcun elemento concreto - contrariamente a quanto sostenuto in sentenza - per ritenere che la persona offesa versasse in una condizione di debolezza psichica e l'abbia strumentalizzata". Dopo avere richiamato alcune pronunce della Corte di cassazione sul reato di circonvenzione di persone incapaci, il ricorrente rappresentò) ancora come egli avesse instaurato con la Pa.Vi. un rapporto a distanza, sicché avrebbe avuto della persona offesa "una conoscenza sostanzialmente virtuale". Inoltre, diversamente da quanto sarebbe stato ritenuto dalla Corte d'Appello di Brescia, il fatto che egli frequentasse la persona offesa tramite il social network Facebook, lungi dal potere indurlo a ritenere che la stessa versasse in una situazione di debolezza o di isolamento, lo poteva invece indurre a reputare che la Pa.Vi. "non fosse affetta da alcun problema", data la dimestichezza che ella dimostrava nell'uso del menzionato strumento tecnologico. Il Bo.Gi. afferma ancora che "non poteva immaginare che costei potesse avere (forse, perché il medesimo appare solo nel giugno successivo) un decadimento cognitivo lieve. Ciò a dire che i versamenti dei quali fu beneficiario furono una liberalità della signora Pa.Vi. nei confronti di un soggetto che versava in stato di necessità". Anche il fatto che le somme gli fossero state corrisposte con strumenti tracciabili escluderebbe sia un'incapacità della Pa.Vi. sia una manipolazione della sua volontà. 2.2. Con il secondo motivo, il ricorrente deduce la carenza e l'illogicità della motivazione con riguardo al mancato riconoscimento della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto di cui all'art. 131-bis cod. pen. Il Bo.Gi. contesta la motivazione con la quale la Corte d'Appello di Brescia ha negato la configurabilità di tale causa di esclusione della punibilità. A tale proposito, il ricorrente deduce che la situazione soggettiva della vittima, la quale, "nel periodo marzo/maggio 2020", "non era o comunque non appariva affetta da alcun deficit", in quanto questo sarebbe emerso in forma lieve solo nel giugno successivo, la propria situazione soggettiva di persona anziana, vedova, titolare di una pensione di poco superiore a Euro 500,00 mensili (che neppure percepiva attesa la chiusura degli uffici postali a causa della pandemia da Covid-19) e "in grave difficoltà (che già in passato aveva tentato il suicidio)", e, infine, l'esiguità delle somme che erano state da lui ottenute dalla Pa.Vi., persona "benestante e desiderosa di aiutarlo", costituirebbero elementi che renderebbero il fatto di particolare tenuità. 2.3. Con il terzo motivo, il ricorrente deduce la violazione e l'erronea interpretazione di legge e il "difetto assoluto" di motivazione con riguardo alla conferma del diniego della concessione delle circostanze attenuanti generiche e al diniego della concessione della circostanza attenuante, di cui a l'art. 62, n. 4), cod. pen., dell'avere cagionato alla persona offesa un danno patrimoniale di speciale tenuità. 2.3.1. Quanto alla conferma del diniego della concessione delle circostanze attenuanti generiche, il ricorrente lamenta che la Corte d'Appello di Brescia avrebbe fondato lo stesso diniego, oltre che sull'esistenza di suoi precedenti penali, illegittimamente, sul fatto che egli era "rimasto silente" (così il ricorso). 2.3.2. Quanto al diniego della concessione della circostanza attenuante di cui all'art. 62, n. 4), cod. pen., il ricorrente lamenta il "vuoto motivazionale" in quanto la Corte d'Appello di Brescia si sarebbe limitata ad affermare che "l'attenuante va negata" (così il ricorso). CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il primo motivo non è consentito. 1.1. Costituisce un principio pacificamente accolto dalla Corte di cassazione quello secondo cui, in tema di motivi di ricorso per cassazione, non sono deducibili censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua manifesta illogicità, dalla sua contraddittorietà (intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante), su aspetti essenziali a imporre una diversa conclusione del processo, sicché sono inammissibili tutte le doglianze che "attaccano" la persuasività, l'inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, la stessa illogicità quando non manifesta, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell'attendibilità, della credibilità, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento (Sez. 2, n. 9106 del 12/02/2021, Caradonna, Rv. 280747-01; Sez. 6, n. 13809 del 17/03/2015, O., Rv. 262965-01). 1.2. Ciò premesso, sempre secondo la giurisprudenza di legittimità, ai fini della configurabilità del reato di circonvenzione di persone incapaci, di cui all'art. 643 cod. pen., sono necessarie queste condizioni: a) l'instaurazione di un rapporto squilibrato fra vittima e agente, in cui quest'ultimo abbia la possibilità di manipolare la volontà della vittima, che, in ragione di specifiche situazioni concrete (minore età, infermità o deficienza psichica), sia incapace di opporre alcuna resistenza per l'assenza o la diminuzione della capacità critica; b) l'induzione a compiere un atto che importi per il soggetto passivo o per altri qualsiasi effetto giuridico dannoso; c) l'abuso dello stato di vulnerabilità che si verifica quando l'agente, consapevole di detto stato, ne sfrutti la debolezza per raggiungere il suo fine, ossia quello di procurare a sé o ad altri un profitto; d) l'oggettiva riconoscibilità della minorata capacità, in modo che chiunque possa abusarne per raggiungere i suoi fini illeciti (Sez. 2, n. 19834 del 01/03/2019, A., Rv. 276445-01; Sez. 5, n. 29003 del 16/04/2012, Strino, Rv. 253311-01). La Corte di cassazione ha recentemente ribadito che il delitto de quo non postula che la vittima versi in stato di incapacità di intendere e di volere, essendo sufficiente che sia affetta da infermità psichica o da deficienza psichica, ovvero da un'alterazione dello stato psichico che, sebbene meno grave dell'incapacità, risulti idoneo a porla in uno stato di minorata capacità intellettiva, volitiva o affettiva, che ne affievolisca le capacità critiche (Sez. 2, n. 23283 del 24/02/2023, R., Rv. 284729-01). Anche in precedenza era stato ritenuto che il delitto di circonvenzione di incapace: non esige che il soggetto passivo versi in stato di incapacità di intendere e di volere, essendo sufficiente anche una minorata capacità psichica, con compromissione del potere di critica e indebolimento di quello volitivo, tale da rendere possibile l'altrui opera di suggestione e pressione (Sez. 2, n. 3209 del 20/12/2013, De Mauro, Rv. 258537-01); non richiede che il soggetto passivo versi in stato di incapacità di intendere e di volere, essendo sufficiente che esso sia affetto da infermità psichica o deficienza psichica, ovvero da un'alterazione dello stato psichico che, sebbene meno grave dell'incapacità, risulti tuttavia idonea a porlo in uno stato di minorata capacità intellettiva, volitiva o affettiva che ne affievolisca le capacità critiche (Sez. 2, n. 6971 del 26/01/2011, Knight, Rv. 249662-01). Inoltre, sempre ai fini della configurabilità del delitto, la situazione di deficienza psichica della persona offesa deve avere natura oggettiva, sebbene non ne sia necessaria l'immediata percepibilità da parte di chiunque, atteso che la relativa consapevolezza è richiesta soltanto in capo all'autore del reato, che abbia instaurato con la predetta una conoscenza significativa, alla cui stregua si sia potuto rendere conto, anche per la sua particolare arrendevolezza, delle fragilità che la affliggono (Sez. 2, n. 4592 del 15/12/2021, dep. 2022, D., Rv. 282587-01). Si deve ancora rammentare che, secondo la giurisprudenza della Corte di cassazione, la prova della condotta induttiva può risultare anche da elementi indiziari e prove logiche come la natura dell'atto posto in essere e l'incontestabile pregiudizio da esso derivato, nonché dagli accadimenti più strettamente connessi al suo compimento (Sez. 2, n. 51192 del 13/11/2019, C., Rv. 278368-01; Sez. 2, n. n. 6078 del 09/01/2009, Tripodi, Rv. 243449-01). 1.3. La Corte d'Appello di Brescia ha motivato, in conformità con il Tribunale di Brescia, con riguardo alla sussistenza, nella specie, di tutti gli elementi costitutivi del reato di circonvenzione di persone incapaci, con argomentazioni che appaiono esenti da contraddizioni e da illogicità manifeste. La Corte d'Appello ha anzitutto motivato come la dazione, senza alcuna causa o giustificazione, da parte della persona offesa in favore dell'imputato, degli assegni e dei vaglia postali si collocasse in un periodo, "dal maggio al giugno 2020", in cui la persona offesa si doveva ritenere senz'altro affetta da un generale decadimento cognitivo, come risultava dagli accertamenti sanitari che erano stati compiuti nel corso dei suoi ricoveri presso il reparto di psichiatria dell'ospedale di M (il 03/06/2020) e, dopo una settimana, presso l'ospedale "Fatebenefratelli" di B. Da tali accertamenti, era infatti emerso come la Pa.Vi. fosse affetta da: disturbo del comportamento, segnatamente, "encefalopatia vascolare, in persona affetta da severa sindrome depressiva con alterazioni comportamentali"; "atrofia celebrare con ipoafflusso vascolare cronico" (come risultava dalla tomografia computerizzata che era stata eseguita nel giugno del 2020), con disturbo iniziale nella speditezza del giudizio; una severa sindrome depressiva, nonché una perdita della capacità di discernere il valore del denaro. La Corte d'Appello di Brescia argomentava quindi come tali dati clinici, valutati insieme con i numerosi atti di disposizione del proprio patrimonio che erano stati effettuati dalla persona offesa in favore sia dell'imputato sia di Ma.Fr., per somme complessivamente rilevanti (la liquidità presente sul conto corrente della Pa.Vi. era passata da Euro 38.000,00 a Euro 2.500,00), in assenza di qualsiasi stabile relazione affettiva con il Bo.Gi. (così come con il Ma.Fr., fossero dimostrativi di come i medesimi atti di disposizione patrimoniale si dovessero ritenere trovare la propria ragione nello stato di deficienza psichica della Pa.Vi. La Corte d'Appello di Brescia ha poi motivato in ordine alla consapevolezza, in capo all'imputato, di tale stato di decadimento cognitivo e di fragilità della persona offesa, nonché in ordine allo sfruttamento di tale stato, sempre da parte del Bo.Gi., per indurre la Pa.Vi. a compiere i sopra menzionati atti dispostivi del proprio patrimonio in suo favore. A tale proposito, la Corte d'Appello ha in particolare valorizzato il contenuto: a) delle dichiarazioni che erano state rese da Pa.Pa., figlio della persona offesa, il quale aveva riferito di avere contattato telefonicamente il Bo.Gi. e come questi avesse iniziato a inveire contro di lui dicendogli di essere uno dei più noti avvocati di Milano, laddove aveva detto alla madre di essere invece un agente immobiliare, all'evidente scopo di acquisire la gestione delle proprietà immobiliari della Pa.Vi., la quale, infatti, si era anche attivata per delegare il Bo.Gi. alla vendita delle stesse proprietà; b) delle conversazioni telefoniche tra il Bo.Gi. e la persona offesa (noto grazie alle dichiarazioni dell'altro figlio di questa Pa.Al. che le aveva udite), dal quale risultava come il Bo.Gi. consigliasse alla Pa.Vi. di non assumere le cure che le erano state prescritte in ospedale e di diffidare dei suoi figli, ciò che veniva logicamente ritenuto dimostrativo sia della consapevolezza, da parte dell'imputato, delle condizioni di malattia in cui versava la persona offesa, sia della volontà del Bo.Gi., nonostante tale consapevolezza, di allontanare la Pa.Vi. dal protettivo contesto della sua famiglia; c) dei messaggi di testo che furono inviati dal Bo.Gi. alla Pa.Vi., dai quali risultava come l'imputato consigliasse alla persona offesa di usare il vaglia postale in luogo degli assegni, condotta che veniva logicamente ritenuta dimostrativa della consapevolezza, da parte del Bo.Gi. dell'opacità dei suoi rapporti con la Pa.Vi. e della volontà dell'imputato di ostacolare eventuali accertamenti che avrebbero potuto essere successivamente svolti sui flussi finanziari che avevano interessato i conti correnti bancari della persona offesa. Tale motivazione della sussistenza, nella specie, in capo all'imputato, degli elementi costitutivi del reato di circonvenzione di persone incapaci, appare, oltre che in linea con i ricordati principi affermati dalla giurisprudenza di legittimità, completa e priva di contraddizioni e di illogicità manifeste, mentre le doglianze del ricorrente consistono, in realtà, nella sollecitazione di una differente valutazione del significato probatorio da attribuire alle diverse prove e nell'evidenziazione di ragioni in fatto, al fine di giungere a conclusioni ritenute maggiormente "condivisibil(i)" e "convincenti)", il che, tuttavia, come si è detto al punto 1.1., non è possibile fare in sede di legittimità. 2. Il secondo motivo non è consentito. 2.1. Ai fini della configurabilità della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall'art. 131-bis cod. pen., il giudizio sulla tenuità richiede una valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, che tenga conto, ai sensi dell'art. 133, primo comma, cod. pen., delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza da esse desumibile e dell'entità del danno o del pericolo (Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, Tushaj, Rv. 266590-01). L'ambito applicativo della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto prevista dall'art. 131-bis cod. pen. è, peraltro, limitato dal requisito soggettivo della non abitualità del comportamento ("e il comportamento risulta non abituale"). Il comportamento abituale è definito dal terzo (ora quarto) comma dell'art. 131-bis cod. pen. che, nel tipizzare l'abitualità, fa riferimento, tra l'altro, alla "comm(issione) (di) più reati della stessa indole". L'abitualità si concretizza quindi in presenza di una pluralità di illeciti della stessa indole (dunque, almeno due), diversi da quello oggetto del procedimento nel quale si pone la questione dell'applicabilità dell'art. 131-bis cod. pen. (e che possono essere commessi anche successivamente a quest'ultimo). In breve, il terzo illecito della medesima indole dà legalmente luogo alla "serialità" che osta all'applicazione dell'istituto (Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, Tushaj, Rv. 266591-01; nello stesso senso, successivamente: Sez. 6, n. 6551 del 09/01/2020, Kostandin, Rv. 278347-01). 2.2. Nel caso in esame, la Corte d'Appello di Brescia ha escluso di applicare la causa di non punibilità che è prevista dall'art. 131 -bis cod. pen. "per un duplice ordine di ragioni": a) per essere il comportamento abituale, in quanto il Bo.Gi. era "gravato da tre condanne per delitti predatori"; b) perché l'offesa non si poteva ritenere tenue, in quanto: b.1) l'azione criminosa era stata prolungata e reiterata nel tempo, sicché la condotta non si poteva reputare occasionale; b.2) il danno che era stato cagionato alla persona offesa, pari a circa Euro 1.000,00, non si poteva considerare esiguo né in termini assoluti né in termini relativi, tenuto conto, a quest'ultimo proposito, che la persona offesa percepiva una pensione di Euro 1.200,00 mensili; b.3) il progetto criminoso dell'imputato era risultato diretto anche a depauperare la persona offesa delle sue proprietà immobiliari, il che era stato evitato solo grazie all'intervento dei congiunti della Pa.Vi. Orbene, posto che ciascuna di tali due ragioni è di per sé idonea e sufficiente a escludere l'applicabilità della causa di non punibilità che è prevista dall'art. 131-bis cod. pen., si deve rilevare che il ricorrente, con il motivo in esame, ha contestato solo la seconda delle medesime ragioni, avendo sostenuto la particolare tenuità dell'offesa, senza tuttavia nulla dire in ordine alla prima di esse, relativa all'assenza del necessario requisito soggettivo della non abitualità del comportamento per essere egli "gravato da tre condanne per delitti predatori". Ne consegue l'inammissibilità del motivo, atteso che, anche qualora si dovesse ritenere, in accoglimento di esso, che l'offesa fosse di particolare tenuità, resterebbe comunque la non contestata assenza del suddetto necessario requisito soggettivo della non abitualità del comportamento. Si deve peraltro in ogni caso osservare come la motivazione della sentenza impugnata in ordine alla non particolare tenuità dell'offesa risulti del tutto priva di contraddizioni e di illogicità, tanto meno manifeste, sicché essa si sottrae alle censure del ricorrente, le quali, anche in questo caso, appaiono sostanzialmente dirette, più che a evidenziare un vizio che si possa ritenere rilevante ai sensi dell'art. 606 cod. proc. pen., a ottenere una differente e asseritamente più convincente valutazione della valenza degli elementi probatori o a evidenziare ragioni in fatto, il che non è possibile fare in sede di legittimità. 3. Il terzo motivo è manifestamente infondato. 3.1. Quanto alla conferma del diniego della concessione delle circostanze attenuanti generiche, si deve rilevare che, diversamente da quanto è stato sostenuto dal ricorrente, la Corte d'Appello di Brescia non ha affatto fondato tale conferma sul fatto che egli era "rimasto silente" ma sui suoi precedenti penali e sulla mancanza, da parte sua, di iniziative risarcitorie o riparative (pag. 11 della sentenza impugnata: "(v)anno negate le circostanze attenuanti generiche e l'attenuante di cui all'art. 62, n. 4 cp stante i plurimi e variegati precedenti penali da cui deve desumersi una determinata proclività a delinquere. Va negativamente valorizzata l'assenza di iniziative risarcitorie o riparative"). In ogni caso, in tema di attenuanti generiche, il giudice del merito esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione è insindacabile in sede di legittimità purché sia non contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell'art. 133 cod. pen., considerati preponderanti ai fini della concessione o dell'esclusione (Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, Pettinelli, Rv. 271269-01; nella specie, la Corte di cassazione ha ritenuto sufficiente, ai fini dell'esclusione delle attenuanti generiche, il richiamo in sentenza ai numerosi precedenti penali dell'imputato). Cosa che la Corte d'Appello di Brescia ha fatto nel caso di specie, col richiamare, quali elementi da essa considerati preponderanti ai fini dell'esclusione, sia i plurimi precedenti penali del Bo.Gi. sia la mancata attivazione, da parte sua, di iniziative risarcitorie o riparative. 3.2. Quanto al diniego della concessione della circostanza attenuante di cui all'art. 62, n. 4), cod. pen., si deve rammentare che, secondo la giurisprudenza della Corte di cassazione, in tema di reati contro il patrimonio, ai fini della concessione della circostanza attenuante del danno di speciale tenuità, l'entità del danno deve essere valutata anzitutto con riferimento al criterio obiettivo del danno in sé, mentre quello subiettivo e, cioè, il riferimento alle condizioni economiche del soggetto passivo, ha valore sussidiario e viene in considerazione soltanto quando il primo, da solo, non appare decisivo (Sez. 2, in. 2993 del 01/10/2015, dep. 2016, Sciuto, Rv. 265820-01). Ciò rammentato, si deve osservare come la Corte d'Appello di Brescia, pur se nell'ambito della motivazione relativa all'esclusione della causa di non punibilità di cui all'art. 131 -bis cod. pen., abbia argomentato come il danno che era stato cagionato alla persona offesa non si potesse ritenere di lieve entità né sul piano obiettivo, "considerata la somma di denaro in sé" di più di Euro 1.000,00 di cui la persona offesa era stata depauperata, né con riferimento alle condizioni economiche della Pa.Vi., in quanto titolare di un trattamento pensionistico di Euro 1.200,00 mensili. Il rigetto della richiesta di applicazione della circostanza attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuità si deve pertanto ritenere risultare chiaramente dalla complessiva struttura argomentativa della sentenza impugnata, la quale si pone anche pienamente in linea con la ricordata giurisprudenza della Corte di cassazione sul tema della suddetta circostanza attenuante. 4. Pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente, ai sensi dell'art. 616, comma 1, cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento, nonché, essendo ravvisabili profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento della somma di Euro 3.000,00 in favore della cassa delle ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della cassa delle ammende. Così deciso in Roma il 31 maggio 2024. Depositato in Cancelleria il 25 luglio 2024.
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