RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza impugnata, la Corte d'Appello di Bari ha confermato la decisione del tribunale in sede dell'8 ottobre 2013, con la quale era stata affermata la penale responsabilità di P.D. per il reato di bancarotta fraudolenta, con l'aggravante di cui all'art. 219 L. Fall., in riferimento a plurimi fatti di distrazione in danno di (OMISSIS) s.r.l., dichiarata fallita con sentenza del 16 luglio 2007.
1.1. I fatti, contestati ai sensi degli artt. 81 e 110 c.p. e artt. 216 e 223 L. Fall. - così modificata l'originaria imputazione all'udienza del 13 novembre 2012 - riguardano:
a) la distrazione di somme, prelevate per cassa in più soluzioni, apparentemente destinate al pagamento di una fattura, fittiziamente emessa il 2 ottobre 2006 dalla società portoghese Amargosa a fronte di operazioni inesistenti;
b) il prelevamento per cassa delle somme di Euro 660.000,00 circa nel 2006 e di Euro 202.000,00 circa nel 2005 a titolo di rimborso finanziamento eseguito dagli stessi amministratori;
c) la vendita di beni strumentali in favore di T.P., socio della fallita sino al 2000 e componente del CdA sino al 2005.
Ricostruiti i rapporti tra l'imputato e Tr.Gi., separatamente giudicato, le conformi sentenze di merito hanno analiticamente ricostruito le operazioni contestate, qualificando i fatti sub b) come bancarotta preferenziale.
1.2. Con ordinanza dell'8 novembre 2017, il tribunale di Bari ha sospeso l'esecutività della sentenza della Corte d'appello, disponendo la trasmissione degli atti al giudice del gravame per la rinnovazione delle notificazioni dell'avviso di deposito della sentenza e dell'estratto contumaciale all'imputato, al quale i medesimi atti erano stati notificati presso il difensore revocato.
2. Avverso la sentenza, ha proposto ricorso l'imputato per mezzo dei difensori, avv. Rosario Cristini e Valentina Binetti, deducendo, con cinque motivi, plurime censure.
2.1.1. Con il primo motivo, deduce inosservanza o erronea applicazione della legge penale in riferimento alla prescrizione del reato di cui all'art. 216 L. Fall., comma 3. Il termine di prescrizione per il delitto sub b) era maturato il 5 agosto 2015, tenuto conto delle sospensioni, mentre la sentenza di secondo grado aveva confermato l'affermazione di responsabilità, peraltro con erronea indicazione della data di deliberazione contenuta nel frontespizio della sentenza (19 gennaio 2015) in luogo dell'effettiva epoca del provvedimento, assunto il 15 aprile 2016, con conseguente richiesta di emendatio del relativo errore materiale, rilevante in punto di estinzione del reato per prescrizione.
Di guisa che il reato si è prescritto prima della sentenza di secondo grado, con conseguente necessità della relativa declaratoria e rilevanza autonoma dei fatti unificati ex art. 219 L. Fall., il cui aumento di pena non è stato, peraltro, analiticamente giustificato.
2.1.2. Con il secondo motivo, deduce mancanza di motivazione in riferimento alla individuazione del reato più grave e dell'entità e riferibilità dei singoli aumenti di pena, disposti ex art. 219 L. Fall., avendo la corte territoriale sul punto fatto richiamo alla sentenza di primo grado, priva essa stessa di ogni indicazione. Con conseguente ripercussione sulla individuazione della quota di pena riferibile al reato sub b), ormai prescritto.
2.2. Con il terzo motivo, deduce violazione della legge processuale correlato vizio della motivazione in riferimento alla valutazione probatoria ex art. 192 c.p.p..
La corte territoriale ha apoditticamente affermato:
- la responsabilità del P. limitandosi a richiamare le dichiarazioni del curatore fallimentare ed omettendo di valutarne la qualità di amministratore, con firma congiunta, rispetto al coimputato separatamente giudicato Tr.;
- la situazione patrimoniale della società e lo stato d'insolvenza della fallita, omettendo di specificarne l'epoca di insorgenza ed i fatti che lo hanno determinato, avuto riguardo alla circostanza per cui la NTM srl non era mai venuta a conoscenza del decreto ingiuntivo, emesso su richiesta di Industrias Biopapel C.A., peraltro in assenza dei necessari presupposti e dei perduranti rapporti con la società creditrice;
- la natura fittizia della fattura emessa dalla società portoghese Amagosta, ricostruita in via meramente induttiva, ed omettendo di considerare come l'assenza di documentazione al riguardo fosse giustificata dal particolare regime di agevolazione commerciale e doganale della regione portoghese in cui è avvenuta la transazione.
Sulle specifiche deduzioni articolate al riguardo nell'atto di gravame, la corte territoriale ha omesso ogni valutazione, limitandosi a richiamare la sentenza di primo grado.
2.3. Con il quarto motivo, deduce inosservanza o erronea applicazione della legge penale e correlato vizio di motivazione in riferimento alla bancarotta indicata sub d), risalendo le contestate operazioni distrattive ai due anni antecedenti la dichiarazione di fallimento, con conseguente ricaduta sull'elemento soggettivo del reato, trattandosi di alienazioni effettuate quando la società non evidenziava alcuna criticità finanziaria, ed il cui valore è stato erroneamente ricostruito secondo il criterio storico, e non secondo il valore di mercato o di bilancio rapportato all'epoca dell'alienazione.
2.4. Con il quinto motivo, deduce omessa motivazione con riferimento alla determinazione della pena ed alla negazione delle attenuanti generiche e dell'attenuante di cui all'art. 219 L. Fall., comma 3, avendo al riguardo la corte territoriale omesso di considerare i positivi indicatori prospettati dalla difesa.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo di ricorso è fondato.
2. Il reato di bancarotta, qualificato ai sensi dell'art. 216 L. Fall., comma 3, sub b), commesso il (OMISSIS), pur tenendo conto delle sospensioni del procedimento, risultava già prescritto in epoca antecedente (7 maggio 2015) alla sentenza d'appello, con conseguente obbligo di immediata declaratoria della causa estintiva.
2.1. Costituisce ius receptum nell'orientamento di legittimità che la formula di proscioglimento nel merito prevale sulla dichiarazione di improcedibilità per intervenuta prescrizione soltanto nel caso in cui sia rilevabile, con una mera attività ricognitiva, l'assoluta assenza della prova di colpevolezza a carico dell'imputato ovvero la prova positiva della sua innocenza, e non anche nel caso di mera contraddittorietà o insufficienza della prova che richiede un apprezzamento ponderato tra opposte risultanze (Sez. 6, n. 10284 del 22/01/2014, Culicchia, Rv. 259445, Sez. 4, n. 23680 del 07/05/2013, Rizzo, Rv. 256202; Sez. 1, n. 43853 del 24/09/2013, Giuffrida, Rv. 258441).
2.2. Siffatto orientamento si pone in linea di continuità con i principi già definitivamente affermati dalle Sezioni Unite di questa Corte, che hanno ribadito come in presenza di una causa di estinzione del reato il giudice sia legittimato a pronunciare sentenza di assoluzione a norma dell'art. 129 c.p.p., comma 2, soltanto nei casi in cui le circostanze idonee ad escludere l'esistenza del fatto, la commissione del medesimo da parte dell'imputato e la sua rilevanza penale emergano dagli atti in modo assolutamente non contestabile, così che la valutazione che il giudice deve compiere al riguardo appartenga più al concetto di "constatazione", ossia di percezione ictu oculi, che a quello di "apprezzamento" e sia quindi incompatibile con qualsiasi necessità di accertamento o di approfondimento (Sez. U, n. 35490 del 28/05/2009, Rv. 244274, Tettamanti). In questa stessa sentenza si è anche stabilito che in presenza di una causa di estinzione del reato, non sono rilevabili in sede di legittimità vizi di motivazione della sentenza impugnata in quanto il giudice del rinvio avrebbe comunque l'obbligo di procedere immediatamente alla declaratoria della causa estintiva (Sez. U, ibidem, Rv. 244275).
2.3. Nel caso in esame, siffatta evidenza liberatoria non si palesa alla stregua del testo del provvedimento impugnato, con conseguente annullamento senza rinvio dell'imputazione sub b) per prescrizione.
3. Sono, nel resto, infondati gli ulteriori motivi di ricorso.
3.1. Non colgono nel segno le censure articolate - sotto diversi e convergenti profili - nel terzo e nel quarto motivo di ricorso.
3.1.1. Sono inconducenti, ai limiti dell'inammissibilità, le deduzioni che attingono i presupposti della sentenza dichiarativa di fallimento (foll. 7-8 del ricorso) e la collocazione strutturale della medesima nelle fattispecie incriminatrici previste dalla legge fallimentare, ampiamente argomentate nella sentenza di primo grado alla quale la decisione impugnata ha fatto specifico riferimento.
Invero, da un lato il giudice penale investito del giudizio relativo a reati di bancarotta R.D. 16 marzo 1942, n. 267, ex artt. 216 e ss., non può sindacare la sentenza dichiarativa di fallimento, quanto al presupposto oggettivo dello stato d'insolvenza dell'impresa e ai presupposti soggettivi inerenti alle condizioni previste per la fallibilità dell'imprenditore, poichè, diversamente, si determinerebbe una impropria forma di impugnazione di una sentenza civile in sede penale (Sez. 5, n. 21920 del 15/03/2018, Sebastianutti, Rv. 273188, N. 40404 del 2009 Rv. 245427, N. 19601 del 2008 Rv. 239398); dall'altro, la dichiarazione di fallimento, ponendosi come evento estraneo all'offesa tipica e alla sfera di volizione dell'agente, costituisce condizione obiettiva di punibilità, che circoscrive l'area di illiceità penale alle sole ipotesi nelle quali alle condotte del debitore, di per sè offensive degli interessi dei creditori in quanto espongono a pericolo la garanzia di soddisfacimento delle loro ragioni, segue la dichiarazione di fallimento (Sez. 5, n. 53184 del 12/10/2017, Fontana, Rv. 271590) e, in quanto tali, si sottraggono - secondo, le indicazioni ermeneutiche declinate dalla sentenza n. 1085 del 1988 Corte cost. - alla regola della rimproverabilità ex art. 27 Cost., comma 1 (Sez. 5, n. 13910 del 08/02/2017, Santoro, Rv. 269388).
Nel quadro così delineato, ai fini della sussistenza del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale non è necessaria l'esistenza di un nesso causale tra i fatti di distrazione ed il successivo fallimento, essendo sufficiente che l'agente abbia cagionato il depauperamento dell'impresa, destinandone le risorse ad impieghi estranei alla sua attività, poichè i fatti di distrazione, una volta intervenuta la dichiarazione di fallimento, assumono rilievo in qualsiasi momento siano stati commessi e, quindi, anche se la condotta si è realizzata quando ancora l'impresa non versava in condizioni di insolvenza (Sez. U, n. 22474 de/31/03/2016, Passarelli, Rv. 266804), mentre l'elemento soggettivo si configura nella forma del dolo generico, per la cui sussistenza non è necessaria la consapevolezza dello stato di insolvenza dell'impresa, nè lo scopo di recare pregiudizio ai creditori, essendo sufficiente la consapevole volontà di dare al patrimonio sociale una destinazione diversa da quella di garanzia delle obbligazioni contratte (ibidem, Rv. 266805, N. 11899 del 2010 Rv. 246357, N. 52077 del 2014 Rv. 261348).
3.1.2. Ai principi enunciati si sono correttamente attenute le conformi sentenze di merito, le cui motivazioni si integrano per confluire in un unico percorso giustificativo (Sez. 2, n. 19619 del 13/02/2014, Bruno, Rv. 259929; Sez. 2, n. 30838 del 19/03/2013, Autieri, 257056; Sez. 5, n. 3751 del 15/02/2000, Re Carlo, Rv. 215722), risultando ampiamente ripercorse, con specifici riferimenti diacronici alla procedura fallimentare, le operazioni di prelievo per cassa (capo a)), formalmente destinate al pagamento di una fattura, i cui indici di fittizietà risultano analiticamente esposti nella pronuncia di primo grado e non contrastati nei motivi d'appello, nonchè la vendita nummo uno di beni strumentali (capo d)) in favore di un socio della fallita; condotte non solo di per sè pregiudizievoli degli interessi dei creditori in quanto idonee ad esporre a pericolo la garanzia di soddisfacimento delle loro ragioni, ma poste in essere quando la procedura fallimentare era già iniziata, con conseguente evidenza di specifici indici di consapevolezza del predetto periculum e, dunque, di fraudolenza (Sez. 5, n. 38396 del 23/06/2017, Sgaramella, Rv. 270763).
Ed alle razionali argomentazioni dei giudici di merito, ancorate alle emergenze testimoniali e documentali, il ricorrente oppone generiche censure, lamentando la sottovalutazione di elementi a discarico di cui non viene prospettata neppure l'incidenza sul thema probandum; rivendicando la natura effettiva dell'operazione sub a) senza affrontare argomentativamente e contrastare la puntuale analisi svolta (foll. 3-4 sentenza di primo grado), che dà conto di un mero espediente contabile a copertura di indebiti prelevamenti; proponendo una ricostruzione degli elementi costitutivi del reato che finisce per sovrapporre i principi enunciati dalla giurisprudenza di legittimità.
3.1.3. Sono meramente assertive le censure che investono il profilo soggettivo dell'imputato, risultando dal testo delle sentenze di merito non solo che il P. ha assunto la qualità di amministratore unico della fallita dal (OMISSIS), da tale data condividendo la carica - con poteri disgiunti - con il coimputato (separatamente giudicato) Tr.Gi., ma che al medesimo P. continuava a fare riferimento, quale dominus della fallita, il nuovo amministratore U.A., anche nell'interlocuzione con gli organi della curatela. Risulta, altresì, dalla sentenza di primo grado un più esteso ambito delle società riferibili al P. (fol. 4.) e la qualità di componente del Consiglio di amministrazione della fallita del beneficiario della cessione sub d), con conseguente insussistenza di alcun profilo di dubbio riguardo la titolarità, in capo al P., di una posizione di garanzia - formale e sostanziale - della destinazione funzionale del patrimonio sociale alla garanzia patrimoniale generica.
3.2. Sono inammissibili le doglianze articolate nel quinto motivo di ricorso.
3.2.1. In riferimento alla censura inerente la determinazione della pena, la mancata concessione dell'attenuante di cui all'art. 219 L. Fall., comma 3 e delle attenuanti generiche, va rilevato come la questione non risulta dedotta nell'atto d'appello, con conseguente tardività delle relative doglianze.
Invero, è illegittima la motivazione della sentenza d'appello che, nel confermare il giudizio di insussistenza delle circostanze attenuanti generiche, si limiti a condividere il presupposto dell'adeguatezza della pena in concreto inflitta, omettendo ogni apprezzamento sulla sussistenza e rilevanza dei fattori attenuanti specificamente indicati nei motivi d'impugnazione (Sez. 6, n. 46514 del 23/10/2009, Tisci, Rv. 245336); motivi nella specie non proposti.
In ogni caso, il giudizio relativo all'attenuante della particolare tenuità del danno patrimoniale, di cui all'art. 219 L. Fall., comma 3, deve essere posto in relazione alla diminuzione globale che il comportamento del fallito ha provocato alla massa attiva che sarebbe stata disponibile per il riparto ove non si fossero verificati gli illeciti (Sez. 5, n. 12330 del 02/11/2017 - dep. 2018, Di Niso, Rv. 272663); criterio di valutazione rispetto al quale costituisce dato neutro la circostanza, rappresentata e non documentata dalla difesa, che al passivo si sia insinuato un unico creditore, mentre deve ritenersi adempiuto l'obbligo di motivazione del giudice di merito sulla determinazione in concreto della misura della pena, allorchè siano indicati nella sentenza gli elementi ritenuti rilevanti o determinanti nell'ambito della complessiva dichiarata applicazione di tutti i criteri di cui all'art. 133 c.p., (ex plurimis Sez. 1, n. 3155 del 25/09/2013 - dep. 2014, Waychey, Rv. 258410).
4. In conseguenza della rilevata prescrizione del reato sub b), deve, invece, accogliersi il secondo motivo di ricorso, che sarebbe, invece, precluso in quanto proposto per la prima volta con il ricorso di legittimità.
Nell'applicare la speciale disciplina della c.d. continuazione fallimentare di cui all'art. 219 L. Fall., comma 2, n. 1 - configurata, sotto il profilo formale, quale circostanza aggravante (Sez. 5, n. 50349 del 22/10/2014, Della Torre, Rv. 261346) - il giudice di primo grado ha elevato di un anno la pena base di anni quattro di reclusione, riferita al reato più grave non specificato.
Le plurime fattispecie di bancarotta, ricondotte ad unità dalla disposizione richiamata, conservano, tuttavia la propria autonomia ontologica (V. S.U. n. 21039 del 27/01/2011, Milo, Rv. 249665), di guisa che la declaratoria di prescrizione di uno reati incide sulla quantificazione dell'aumento di pena, rimesso alla discrezionalità del giudice di merito.
Nè allo scorporo di una frazione di pena riferibile al reato prescritto può farsi luogo nella presente sede di legittimità, comportando la rideterminazione del trattamento sanzionatorio una specifica rivalutazione dell'incidenza del reato estinto sulla complessiva valutazione del fatto, in linea con il principio secondo cui la Corte di cassazione pronuncia sentenza di annullamento senza rinvio se ritiene superfluo il rinvio e se, anche all'esito di valutazioni discrezionali, può decidere la causa alla stregua degli elementi di fatto già accertati o sulla base delle statuizioni adottate dal giudice di merito, non risultando necessari ulteriori accertamenti (Sez. U, n. 3464 del 30/11/2017 - dep. 2018, Matrone, Rv. 271831).
La possibilità, riconosciuta dall'art. 620 c.p.p., comma 1, lett. I), nella formulazione modificata dalla L. 23 giugno 2017, n. 103, di rideterminare direttamente la pena sulla base delle statuizioni del giudice di merito, procedendo ad un annullamento senza rinvio, è circoscritta alle ipotesi in cui alla situazione da correggere possa porsi rimedio senza necessità dell'esame degli atti dei processi di primo e secondo grado e della formulazione di giudizi di merito, obiettivamente incompatibili con le attribuzioni del giudice di legittimità (Sez. 6, n. 44874 del 11/09/2017, Dessì, Rv. 271484) mentre, nel caso in esame, l'aumento ex art. 219 L. Fall. è stato disposto unitariamente.
5. La sentenza deve essere, pertanto, annullata senza rinvio in riferimento all'imputazione sub b), estinta per prescrizione, e con rinvio perchè la corte territoriale, in piena libertà di giudizio ed in applicazione degli enunciati principi, proceda alla rideterminazione del trattamento sanzionatorio.
P.Q.M.
annulla la sentenza impugnata senza rinvio quanto al capo b) dell'imputazione perchè il reato è estinto per prescrizione; annulla la medesima sentenza con rinvio ad altra Sezione della Corte d'appello di Bari limitatamente alla determinazione della pena e rigetta nel resto.
Così deciso in Roma, il 30 ottobre 2018.
Depositato in Cancelleria il 11 dicembre 2018