RITENUTO IN FATTO
1. La Corte d'appello di L'Aquila con sentenza in data 15/12/2022, parzialmente riformando la sentenza del Tribunale di Chieti del 5/12/2017, che aveva condannato gli odierni ricorrenti ed altri imputati non ricorrenti, per una serie di reati di usura, estorsione e truffa ai danni di compagnie di assicurazione dichiarava, per quel che qui interessa, non doversi procedere nei confronti di S.F. per i delitti di cui agli artt. 629 e 642 c.p. (capi g), fl), gl) ed n1) perché estinti per prescrizione, assolveva l'imputato da reato di cui all'art. 629 c.p. (capo c) e rideterminava la pena a lui inflitta per i restanti reati, in anni sei di reclusione ed Euro 1.500,00 Euro di multa.
Quanto a S.C. la Corte d'appello dichiarava non doversi procedere in ordine ai delitti di estorsione ed usura di cui ai capi v), z) ed n1) perché estinti per prescrizione e, riconosciute le attenuanti generiche, riduceva la pena per i residui reati a lui ascritti.
2. Avverso tale decisione, con distinti atti, propongono ricorso per cassazione i predetti i imputati deducendo:
2.1. S.F.: violazione di legge (art. 606 c.p.p., lett. b), in relazione all'art. 81 c.p. La Corte d'appello avrebbe errato nella determinazione ella pena poiché, pur avendo dichiarato estinto per prescrizione il reato di cui al capo g), nello stabilire la pena base, è partita da detto reato, ritenuto più grave e non avrebbe, poi, motivato sugli incrementi di pena applicati a titolo di continuazione;
2.2. con il secondo e terzo motivo, tra loro connessi, il ricorrente deduce carenza di motivazione, anche per relationem, con riguardo al reato di cui al capo 01), motivazione insufficiente in relazione ai delitti di cui ai capi I) ed m);
2.3. con il successivo motivo lamenta l'illogicità ed insufficienza della motivazione in punto di diniego delle attenuanti generiche, giustificato, a dire del difensore, ricorrendo ad una formula "generica, di pura maniera";
2.5. Con il quinto motivo ci si duole della illogicità della motivazione relativamente all'affermazione di responsabilità lamentando, quanto al delitto di estorsione (capo m), la mancanza della violenza o minaccia diretta a coartare la volontà della vittima affinché questa compisse un atto di disposizione patrimoniale; quanto al delitto di usura, la mancanza di prova in ordine alla sussistenza del delitto nonché della circostanza aggravante dello stato di bisogno della vittima.
3. S.C., con il primo motivo, denuncia:
3.1. mancanza e contraddittorietà della motivazione in relazione alla dichiarazione di responsabilità per il capo p), a suo avviso erroneamente fondata sulle dichiarazioni delle persone offese F., D., R. e S. invero lacunose e contraddittorie;
3.2. Con il secondo motivo si duole della omessa ed erronea motivazione in relazione alla dosimetria della pena non avendo il giudice di appello valorizzato, per contenere l'aumento per la continuazione, complessivamente determinato in mesi quattro, la positiva condotta post delictum dell'imputato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
LI1 ricorso di S.C. è inammissibile perché basato su motivi generici e in fatto, volti a sollecitare alla Corte una diversa lettura del materiale probatorio, in particolare delle dichiarazioni delle persone offese, scrupolosamente vagliate da entrambi i giudici di merito, in aderenza ai dati processuali.
Il ricorso di S.F. è parzialmente fondato avuto riguardo al primo motivo proposto ed inammissibile nel resto.
2.Partendo, per la brevità delle considerazioni svolte, dal ricorso di S.C., osserva il Collegio come entrambi i motivi siano palesemente reiterativi di questioni ed aspetti già devoluti all'analisi della Corte di appello che ha fornito adeguate e congrue risposte.
Deve premettersi che la sentenza di appello oggetto di ricorso e quella di primo grado sono, quanto alle statuizioni oggetto degli odierni ricorsi, conformi, con la conseguenza che le due sentenze di merito possono essere lette congiuntamente, costituendo un unico corpo decisionale ed essendo stato rispettato sia il parametro del richiamo da parte della sentenza di appello a quella del Tribunale, sia l'ulteriore parametro costituito dal fatto che entrambe le decisioni adottano i medesimi criteri nella valutazione delle prove (Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013,Rv. 257595; Sez. 2, n. 6560 del 08/10/2020, Rv. 280654).
3. Fatta questa premessa deve anche rilevarsi che nella valutazione delle prove, in particolare con riferimento al giudizio di attendibilità delle persone offese non emergono evidenti illogicità, risultando, invece, l'esistenza di un logico apparato argomentativo sulla base del quale la Corte di merito è pervenuta alla conferma della sentenza di primo grado con riferimento alla responsabilità dell'imputato in ordine ai fatti lui ascritti; in tal senso la Corte territoriale dà, adeguatamente, atto del vaglio di credibilità al quale sono state sottoposte le deposizioni delle persone offese in applicazione del consolidato principio giurìsprudenziale secondo cui è cui legittima una valutazione frazionata delle dichiarazioni della parte offesa, purché il giudizio di inattendibilità, riferito soltanto ad alcune circostanze, non comprometta per intero la stessa credibilità del dichiarante ovvero non infici la plausibilità delle altre parti del racconto. (Sez. 6, n. 20037 del 19/03/2014, Rv. 260160; Sez. 4, n. 21886 del 19/04/2018, Rv. 272752).
In tal senso il giudice di appello (a pag. 17), ha sottolineato che le dichiarazioni rese da D., con riferimento al capo r), non interferivano con quanto da lui narrato in relazione al capo p) e, rispetto alla dichiarazione del teste Fa., (capo s), reputata dalla difesa lacunosa e contraddittoria, ha rilevato che le imprecisioni erano dovute al notevole lasso di tempo trascorso tra il momento in cui egli fu sentito e l'epoca dei fatti, puntualmente rispondendo anche alle censure riguardanti le dichiarazioni rese dalle persone offese R.T. e S.F. la quale con l'aiuto delle contestazioni del P.M., ha confermato quanto ricostruito nel corso delle indagini preliminari (pag. 17). Ciò posto deve ribadirsi che ogni ulteriore questione circa il giudizio di attendibilità delle persone offese è precluso a questa Corte, rappresentando una questione di fatto che ha una sua chiave di lettura nel compendio motivazionale fornito dal giudice di merito e non può essere rivalutata in sede di legittimità, salvo ce il giudice non sia incorso in manifeste contraddizioni che non si ravvisano nel caso di specie (Sez.U., n. 41461 del 19/07/2012, Rv. 253214; Sez. 6, n. 27322 del 14/04/2008, Rv. 240524;Sez. 3, n. 8382 del 22/1/2008, Rv.239342).
4. Allo stesso modo manifestamente infondato il motivo di ricorso con cui si contesta la dosimetria della pena con particolare riferimento all'omessa considerazione della condotta post delictum dell'imputato. Va ribadito infatti che la determinazione degli aumenti e delle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti e attenuanti e la fissazione della pena base, rientrano nella discrezionalità del giudice di merito che la esercita in aderenza ai principi enunciati negli artt. 131,133 c.p. dandone conto in motivazione. Nel caso di specie l'onere argomentativo del giudice di merito è stato adeguatamente assolto attraverso un congruo riferimento agli elementi ritenuti decisivi e rilevanti (si veda in particolare pag. 18 della sentenza impugnata).
5. Quanto al ricorso di S.F., fondato è il primo motivo di ricorso. Il giudice di appello nel rideterminare la pena a seguito della declaratoria di non doversi procedere per estinzione di alcuni R. per prescrizione, ha considerato quale reato più grave l'estorsione di cui al capo g),(posta in essere in danno di Fa.Se. il (Omissis)), reato dichiarato estinto per prescrizione. Si tratta di un errore che comporta l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata dovendo il giudice di appello individuare il reato più grave, tenendo conto della declaratoria di prescrizione del capo g) e rideterminare la pena base sulla quale effettuare gli aumenti per la continuazione.
6. I restanti motivi proposti da S.F. sono inammissibili perché generici e manifestamente infondati. Va ricordato che la genericità dei motivi ricorre non solo quando essi risultano di per sé indeterminati, ma anche quando difettino della necessaria correlazione con le argomentazioni poste a base della decisione impugnata, (Sez. 5, n. 28011 del 15/2/2013, Rv.255568).
Il ricorrente trascura inoltre di considerare che alla Corte di legittimità è preclusa la rilettura degli elementi di fatto posti a base della decisione impugnata e l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di un maggiore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice di merito (Sez. 6, n. 47204 del 7/10/2015, Rv. 265482). Ciò premesso rileva il collegio che la censura di omessa motivazione in relazione al capo ol), non ha pregio. La Corte d'appello non era tenuta a rendere alcuna motivazione al riguardo, visto che, al di là di quanto sintetizzato dalla Corte d'appello, il reato era stato dichiarato estinto per prescrizione già in primo grado, quindi l'atto di appello non poteva riguardare tale capo ma, necessariamente, i soli capi I) ed m).
8.Quanto alla affermazione di penale responsabilità per i delitti di cui ai capi m) ed I), il motivo che contesta la completezza della motivazione sostenendo che i giudici di appello non avrebbero esaminato le censure difensive sollevate con i motivi di impugnazione, è generico. La Corte d'appello con motivazione giuridicamente corretta e aderente ai dati processualì (in particolare valorizzando le dichiarazioni della p.o. Florani), ha ritenuto provati i fatti estorsivi e l'usura aggravata dallo stato di bisogno della vittima (pagg. 14 e 15 della sentenza impugnata) evidenziando come lo stato di bisogno non vada inteso come una necessità tale da annientare in modo assoluto qualunque libertà di scelta del soggetto passivo, ma come impellente assillo che limitando la volontà del medesimo, lo induca a ricorrere al credito accettando condizioni usurarie (Sez. 2, n. 1255 del 04/10/2022,Rv. 284286).
9. Il motivo concernente l'omessa motivazione sulla continuazione è manifestamente infondato, gli aumenti di pena per la continuazione sono stati fissati dal giudice di merito in misura minima e dunque l'impegno motivazionale, tenuto conto di tale dato, appare ampiamente soddisfatto. Va ribadito infatti che il grado di impegno motivazionale richiesto in ordine ai singoli aumenti di pena è correlato all'entità degli stessi e tale da consentire di verificare che sia stato rispettato il rapporto di proporzione tra le pene, anche in relazione agli altri illeciti accertati, che risultino rispettati i limiti previsti dall'art. 81 c.p. e che non si sia operato surrettiziamente un cumulo materiale di pene (Sez. U n. 7930/95, Rv.201549).
10. Anche il motivo concernente il diniego delle attenuanti generiche è inammissibile in presenza di una motivazione esente da evidenti illogicità risultando chiaro il ragionamento del giudice in merito circa il diniego del trattamento più favorevole invece riconosciuto ai coimputato S.C. (pag. 18 della sentenza impugnata).
11. Inammissibile anche il motivo che contesta la correttezza della motivazione posta a base della dichiarazione di responsabilità per i R. di estorsione e usura. La censura poggia sulla diversa lettura del materiale probatorio contrapponendo a quella dei giudici di merito, la propria personalistica lettura degli elementi di prova. Il giudice di merito, con valutazione conforme in primo e secondo grado, ha esplicitato le ragioni del suo convincimento (pag. 15 e 16) facendo applicazione di corretti argomenti giuridici ai fini della dichiarazione di responsabilità e della sussistenza dei R. nonché dell'aggravante dello stato di bisogno. Alla stregua delle osservazioni che precedono il ricorso di S.F. è parzialmente fondato e dunque la sentenza impugnata va annullata con rinvio alla Corte d'appello di Perugia limitatamente al trattamento sanzionatorio che va rideterminato ed è inammissibile nel resto con conseguente passaggio in giudicato dell'affermazione di responsabilità per tutti i R. ad esclusione del capo g).
13. Il ricorso di S.C. è inammissibile pertanto il ricorrente va condannato al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Nulla è dovuto alla parte civile FATA Assicurazioni Danni s.p.a. in considerazione del fatto che la stessa non ha contrastato le avverse argomentazioni dei ricorrenti limitandosi a depositare una memoria scritta con la quale ha chiesto la conferma della sentenza impugnata in relazione al capo f1).
Va infatti ribadito che sebbene la parte civile abbia diritto ad ottenere la liquidazione delle spese quando il ricorso dell'imputato viene dichiarato, per qualsiasi causa, inammissibile, indipendentemente dalla sua presenza in udienza è però necessario che essa abbia effettivamente esplicato, un'attività diretta a contrastare l'avversa pretesa a tutela dei propri interessi di natura civile risarcitoria, fornendo un utile contributo alla decisione (Sez. 3, n. 27987 del 24/03/2021, Rv. 281713; Sez. 4, n. 36535 del 15/09/2021, Rv. 281923).
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata nei confronti di S.F. limitatamente alla determinazione del trattamento sanzionatorio con rinvio per nuovo giudizio sul punto alla Corte d'appello di Perugia. Dichiara inammissibile nel resto il ricorso di S.F.. Dichiara inammissibile il ricorso di S.C. e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Nulla sulle spese alla parte civile. Visto l'art. 624 c.p.p., dichiara irrevocabile l'affermazione di responsabilità di S.F. per tutti i R. ad esclusione del capo G.
Così deciso in Roma, il 17 agosto 2023.
Depositato in Cancelleria il 21 agosto 2023