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Atti persecutori: quando il vizio totale di mente esclude la responsabilità penale

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Tribunale Frosinone, 03/05/2024, n.450

Il delitto di atti persecutori ex art. 612-bis c.p. richiede la reiterazione di condotte minacciose o moleste tali da cagionare nella vittima un grave e perdurante stato di ansia o di paura, un fondato timore per la propria incolumità o l'alterazione delle abitudini di vita. Tuttavia, l'integrazione della fattispecie non esclude l'applicazione dell'art. 88 c.p., qualora si accerti che l'autore del reato, al momento della condotta, fosse affetto da vizio totale di mente, tale da escludere la capacità di intendere e di volere, giustificando l'assoluzione e l'eventuale applicazione di una misura di sicurezza.

Stalking: esclusa la particolare tenuità del fatto in caso di recidiva e condotta abituale

Atti persecutori: necessaria prova rigorosa di idoneità e abitualità delle condotte

Stalking e conflittualità condominiale: condanna agli effetti civili per molestie e danno morale

Assoluzione per mancanza di prove sul reato di atti persecutori tra fratelli in conflitto ereditario

La calunnia come strumento di offesa: dolo specifico e consapevolezza della falsità dell'accusa


Stalking: esclusione del reato per mancanza di elementi probatori certi, ma conferma delle statuizioni civili per danno extracontrattuale

Stalking: condanna confermata per condotte reiterate di molestie e minacce con mutamento delle abitudini di vita della vittima

Stalking indiretto e gelosia ossessiva: configurabilità del reato di atti persecutori e rilevanza della condotta per interposta persona

Assoluzione per atti persecutori e lesioni volontarie nell'ambito di gestione del servizio sanitario

Sentenza riformata per intervenuta prescrizione del reato di stalking e diffamazione, confermate le statuizioni civili

La sentenza integrale

RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE
All'esito dell'udienza preliminare del 16.9.2022, DI.SO. è stato rinviato a giudizio per rispondere del reato sopra rubricato.

Il 6.12.2022, verificata la regolare instaurazione del contraddittorio (l'imputato è stato citato a mani proprie), è stato aperto il dibattimento e sono state ammesse le prove così come rispettivamente richieste dalle parti; quindi, accolta la richiesta del Pubblico Ministero di procedere alla valutazione della pericolosità sociale dell'imputato, è stato disposto il rinvio al 10.1.2023 per il conferimento dell'incarico al perito.

Il 10.1.2023 è stato conferito l'incarico alla Dott.ssa CO.Fr.

Il 2.5.2023 si è proceduto con l'esame di CO.Fr.

Il 17.11.2023 è stata sentita CE.Fr.

Il 23.1.2024, conferito preliminarmente formale incarico alla Dott.ssa CO.Fr. per la rivalutazione delle condizioni del prevenuto, sono stati escussi PI. ed altri (…); quindi, sono state acquisite, su accordo delle parti, le annotazioni di servizio a firma degli operanti in luogo del loro esame.

Il 19.3.2024, è stata acquisita sull'accordo delle parti la relazione della dott.ssa Co.; quindi, conclusa l'istruttoria, sono state raccolte le conclusioni delle parti ed è stata assunta la presente decisione.

Ce.Fr., quale persona offesa dal reato, ha spiegato le ragioni che l'hanno spinta a sporgere querela ai danni di DI.SO.: "è iniziato tutto intorno a novembre del 2020, si è presentato davanti il cancello di casa, ha parcheggiato la macchina davanti il cancello di casa, è sceso, c'era mia mamma che spazzava le foglie in cortile e le ha chiesto di me, di una ragazza che lui aveva visto (…) perché sul citofono c'è scritto il nome di mia madre, mio padre e sotto io avevo lo studio, dottoressa Ce.Fr.; mia madre inizialmente pensava fosse un paziente, però io non c'ero, ero a lavoro, ero fuori in una struttura; poi lo ha visto un po' particolare, un pò perso con lo sguardo e ha detto: "no, guardi, non c'è nessuna ragazza"; ha preso e se n'è andato (…). Poi è ritornato il giorno dopo, aveva letto il nome presumo dal citofono e mi ha chiesto l'amicizia su Facebook. Poi sono tornata a casa, l'ho fatto vedere a mamma e (…) lei mi ha detto: "guarda che è quello che è venuto qua ieri mattina"; "(…) nella serata si presenta a casa; ha citofonato insistentemente"; "ha chiesto proprio di me: "c'è Fr., c'è Fr.?".

E', poi, intervenuto il padre - allora convivente - e ha allontanato "lo sconosciuto" inopportuno.

Dopo questo primo episodio, tuttavia, se ne sono verificati altri a distanza di qualche giorno. In particolare, l'8.12.2020 mentre "(…) io ero a casa, giù a prendere la legna nel cortile, affianco al garage (…); mi ricordo che pioveva, quindi era tutto abbastanza scuro. (…) ero tutta imbacuccata; prendo la legna, arriva la macchina, sempre la stessa, era una macchina nera (…); appena lo vedo mi fa: "Sei Fr.!"; è rimasto fuori dal cancello, ma stavamo abbastanza vicino (…); io gli ho detto: "senti, ma io non ti conosco, che vuoi da me?" e ha detto: "io mi sono innamorato, io voglio te"; gli ho detto: "guarda (…) io ho un compagno, ho un figlio grande, non è il caso, smettila" (…); si è preso con la coda tra le gambe e se n'è andato (…)".

Il giorno seguente, il 9.12.2020, DI.SO. ha fatto ritorno presso l'abitazione della CE.FR.: "intorno alle sei, dovevo uscire e arriva questo con questa rosa, si mette a citofonare in maniera insistente; poi mamma andò in agitazione e mi fa: "è arrivato, è arrivato un'altra volta! Questo ha la rosa mò, ma non ci avevi parlato?! (…) scende mio padre e gli fa: "ma ancora stai qua? Vattene! Invece (…) non se ne va questa volta, rimane là e strilla con questa rosa in mano (…)".

Vista l'insistenza dell'uomo, la vittima ha allertato i Carabinieri, giunti poco dopo sul posto; è uscita fuori dall'abitazione poiché doveva allontanarsi per un impegno professionale e ha ascoltato l'imputato che diceva "il mio capo superiore mi ha detto che dovevo venire da te, io voglio te"; aveva gli occhi spaventati, sgranati; io purtroppo per il lavoro che faccio nella struttura dove lavoro li vedo i pazienti con disturbi psichiatrici".

Nella medesima occasione, gli operanti hanno constatato che D.SO. "(…) non poteva neanche guidare, come se la patente fosse sospesa (…)"sicché hanno contattato i suoi familiari che sono intervenuti per accompagnarlo a casa.

In quella circostanza, il fratello del prevenuto ha parlato col padre della Ce.Fr. e l'ha informato dei problemi di salute mentale per i quali era in cura a Cassino.

Peraltro, la persona offesa aveva, comunque, appreso della presenza di tali problematiche per il tramite di una conoscenza comune, tale Tu.Gi.

La CE.FR. ha aggiunto che per il tramite della predetta conoscenza in comune il DI.SO. ha persino avuto una conversazione telefonica con il suo compagno, in occasione della quale egli si scusò per i suoi comportamenti.

Nel prosieguo dell'esame, la persona offesa ha riferito che in seguito al descritto episodio del 9.12.2020 i contegni molesti dell'imputato si sono interrotti per qualche tempo, fino alla sera del 24.12.2020, quando, di rientro dal lavoro: "(…) mia madre mi chiama e mi fa: "Fr. non rientrare", (…) "non rientrare perché è venuto mò, se n'è appena andato, quindi fai un'altra strada, fermati da una parte; è sceso tuo padre che gli ha detto di andarsene (…)"; rientrata a casa, ha aggiunto la teste, "(…) ho sentito mio padre che parlava con il fratello (nde: del prevenuto) e lo avvisava, diceva: "guarda che questo si è ripresentato un'altra volta, che dobbiamo fare!? (…).

Anche in tale occasione sono stati allertati i Carabinieri.

Proprio la ripetizione di questi contatti sgraditi ha indotto la vittima a sporgere formale denuncia.

Nell'aprile successivo, dopo alcuni mesi di tregua, i comportamenti inopportuni del DI.SO., sono ripresi: egli ha cercato di contattare la Ce.Fr. sul luogo di lavoro.

Al riguardo, la vittima ha affermato: "il mio collega, con cui viaggio, che lui all'epoca era presidente dell'ordine dei fisioterapisti, io invece ero vicepresidente, (…) sapeva di questa storia, mi fa: "Fr., mi è arrivata una e-mail all'ordine", "indovina chi è?", "voleva il numero tuo" (…)"; "(…) quindi, ho detto: "avvisiamo tutti in riunione - io ho detto - guardate io mi vergogno anche a dirlo - c'è questa persona che mi dà fastidio, io non la conosco, se si dovesse presentare qua non date numeri, non date niente"; "poi sono andati a vedere che in realtà erano arrivate anche delle email a febbraio, prima", "lui ci aveva provato forse a contattarmi".

Ancora, la teste ha spiegato che il DI.SO. si è poi personalmente presentato presso gli Uffici dell'Ordine dei Fisioterapisti sito in Frosinone alla Via (…) in data 19.7.2021, giorno del compleanno; la Ce.Fr. si trovava fuori città, precisamente in Val D'Aosta, insieme al compagno ed ai suoi familiari, allorquando fu raggiunta dalla telefonata di tale Pa., presidente dell'Ordine dei Radiologi, che la informò che il DI.SO. l'aveva cercata per consegnarle un regalo.

La persona offesa ha precisato che dopo l'accaduto del 19.7.2021 i comportamenti di natura molesta del DI.SO. sono proseguiti per tutto il mese successivo, interrompendosi definitivamente a far data dall'agosto 2021.

Ce.Fr. ha descritto il proprio stato d'animo in conseguenza delle molestie del DI.SO., parlando di un importante stato di ansia e di preoccupazione, non solo per sé ma anche per i suoi cari, vista la presenza sgradita a casa e presso l'ordine professionale.

La donna ha, più in dettaglio, chiarito: "(…) ho dovuto modificare una cosa sul profilo Facebook perché quando lui mi ha richiesto l'amicizia e poi quando ho saputo che ha contattato l'ordine, io avevo scritto sul profilo nome, cognome e poi la professione che faccio e sotto c'era scritto il luogo dove lavoro come dipendente, che è a (…); e quindi ho detto lo levo perché questo se si presenta pure là (…)".

Per scongiurare di incontrare il prevenuto ha cercato di cambiare spesso il percorso verso il lavoro o di rientro a casa; inoltre, la vittima si è rivolta ad una psicologa, sua conoscente, per via del particolare stato emotivo perché "(…) mi svegliavo la notte, (…) ogni tanto ho anche lavato la casa la notte a quell'ora. Mi alzavo perché non mi tornava il sonno".

D'A.Pa. ha confermato il racconto della CE.FR., riferendo in particolare di aver conosciuto l'imputato "(…) perché é venuto una volta all'Ordine Professionale che è sito in Via (…) qui a Frosinone cercando la mia collega; ha suonato la porta, prima ha chiesto delle informazioni, cercava la collega e io gli ho detto che non l'avrebbe trovata nello studio (…); lui insisteva (…), ha chiesto il numero di telefono, ha chiesto contatti, quel giorno venne perché era il compleanno, era il 19 luglio 2021, di Ce.Fr.; lui disse che aveva portato un regalo"; "chiamammo la Polizia (…)"; "(…) ha sempre telefonato, più di qualche volta ho risposto io e chiedeva sempre il telefono perché aveva un problema e quindi aveva bisogno di un professionista fisioterapista per delle problematiche che aveva avuto"; l'ultima telefonata dell'uomo presso l'Ordine Professionale risale al settembre 2021.

DI.SO., fratello dell'imputato, ha confermato il proprio intervento il pomeriggio del 9.12.2020: "io l'unica cosa cui ho assistito é quella sera che sono stato chiamato dagli Agenti della Polizia di Frosinone che mio fratello era lì a casa della signora Ce.Fr."; "(…) mi hanno detto che era meglio che andavo perché comunque non dava segni di una persona che stava bene, quindi era meglio se lo potevo accompagnare a casa (…). Quindi, siamo andati io e mia moglie e l'abbiamo riaccompagnato" nonché il confronto/racconto con Ce.Fr. padre sulle condizioni psichiche del fratello.

TU.Gi. ha riferito: "Fr. mi ha raccontato che ci sono stati diversi episodi di questa persona che è andata a casa sua (…); che lei ha cominciato ad assumere un atteggiamento ansioso", "(…) di conseguenza è andata a modificare le sue giornate, il suo comportamento, le sue abitudini; per esempio, quando usciva per andare a lavoro la mattina, ma soprattutto la sera, richiedeva sempre la presenza di una persona (…)"; "(…) a volte rifiutava proprio di uscire (…) era preoccupata (…)".

CO. Fr., incaricata dal Tribunale di procedere alla valutazione della pericolosità del DI.SO., ha dichiarato: "Ho incontrato il signor DI.SO. presso la struttura in cui è attualmente ospite, in Tivoli, la struttura Villaggio (…); ho anche sentito la Dottoressa Al. che è la psichiatra che lo segue (…); attualmente, il signor DI.SO. segue le terapie e quindi grazie alla terapia farmacologica e alle terapie psicologiche, (…) è riuscito in qualche modo a ristabilite il suo stato psicologico; si tratta comunque di un soggetto affetto da disturbo schizoaffettivo che si innesta in un quadro di una persona che ha fatto massiccio uso di sostanze psicoattive (…). Il signor DI.SO. ha dimostrato di capire bene le motivazioni del colloquio, (…) si è mostrato dispiaciuto per quanto accaduto, per i fatti per cui si procede; (…) ha espresso più volte il desiderio di entrare a lavoro (…). DI.SO. comunque (…) dimostra di avere una scarsa consapevolezza circa la propria malattia e potrebbe esserci l'elevato rischio di abbandono di queste cure (…)"; "allo stato attuale (…) se lasciato libere di poter scegliere, se continuare o meno il percorso terapeutico, ci potrebbe essere un'alta probabilità che il signor DI.SO. non segua le indicazioni terapeutiche".

Il Consulente Tecnico Dott. PI.Ca., incaricato di periziare l'allora indagato, si è così espresso: "in effetti lui (ndr. l'imputato) ha una personalità destrutturata perché negli anni ha assunto tantissime sostanze, poi è stato disorganizzato ulteriormente per via dello sviluppo della malattia psichiatrica schizofrenica e un'alterazione psicologica (…). È una situazione molto complessa perché partiamo da una persona che inizialmente è brillante, si laurea, è un ingegnere, lavora (…). La terapia può ben poco (…)"; "assolutamente alterato, disorganizzato (…)"; "è un paziente a doppia diagnosi, (…) e psichiatrico e da Serd (…)"; "è un anno e più che è ricoverato, quindi è una malattia molto importante".

A causa della condizione psichiatrica appena descritta, tanto il dott. Pi. quanto la dott.ssa Co., hanno concluso le valutazioni medico-scientifiche sulla persona del prevenuto affermando coralmente che questi, all'epoca dei fatti denunciati da Ce.Fr., "(…) versava in una significativa e grave condizione che lo portava ad esternare il suo malessere attraverso condotte violente ed un marcato discontrollo degli impulsi. Pertanto, (…) è possibile sostenere che egli non fosse in grado di operare delle scelte autonome e responsabili ed autodeterminarsi. (…) inevitabilmente, la capacità di intendere e di volere ne veniva profondamente compromessa e danneggiata durante il compimento degli atti delittuosi a lui contestati (…)".

Tra novembre 2020 e luglio 2021 DI.SO. ha molestato e assillato ripetutamente Ce.Fr. provocandole un grave stato d'ansia e timore e costringendola a guardarsi le spalle, per evitare incontri sgraditi.

Il racconto della persona offesa è assolutamente lineare e dettagliato; trova, inoltre, conforto nel racconto dei familiari e colleghi di lavoro che hanno assistito in prima persona agli approcci, in casa e sul luogo di lavoro oltre che tramite social, apparentemente innocui del prevenuto ma concretamente assillanti e fastidiosi, compiuti quando il DI.SO. era profondamente provato dal disturbo schizoaffettivo (accertato dal consulente e dal perito) dal quale era affetto da lungo tempo e che si trovava in fase acuta proprio nel periodo oggetto di processo.

Risultano, dunque, integrati, in fatto, gli elementi costitutivi del delitto di atti persecutori oggetto di contestazione.

L'art. 612 bis c.p., è noto, punisce chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l'incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita.

Nel gergo delle aule di giustizia, la fattispecie in esame viene anche denominata "stalking", parola che deriva dal lessico venatorio inglese nel quale lo stalker colui che, a caccia di una preda, si apposta o la segue ossessivamente.

Estrapolato dal linguaggio tecnico della caccia, per quel che riguarda l'ordinamento penale, il termine può essere interpretato con la locuzione fare la posta o braccare e, in modo più ampio, assillare, molestare, disturbare e perseguitare.

Di regola, si parla di stalking con riferimento alle condotte del fan innamorato della star del cinema o dell'ex fidanzato che non riesce a dimenticare la ex ragazza, entrambi, comunque, spinti dalla loro ossessione a perseguitare quello che rappresenta l'oggetto del desiderio: lo seguono, si insinuano nella sua vita privata con telefonate o altri mezzi (sms, e-mail) fino a minacciarlo e a violarne il domicilio.

Talvolta, si realizza una vera e propria escalation persecutoria e lo stalker può diventare violento o pericoloso per la vittima. Nei casi più gravi, il persecutore aggredisce brutalmente la vittima, talora uccidendola.

La norma incriminatrice in esame, all'evidenza, è posta a tutela della tranquillità individuale e, in relazione all'evento del costringimento della vittima a mutare le proprie abitudini di vita, anche della libertà di autodeterminazione personale.

In ragione del bene giuridico protetto, viene a profilarsi tra l'art. 612 bis, da una parte, e gli artt. 612 e 660 c.p., dall'altra, un rapporto di gravità a scalare, crescente, che si riflette sulle diverse sanzioni predisposte per ognuna di queste tre fattispecie.

La condotta tipica del reato consiste nella reiterazione di comportamenti minacciosi (art. 612) o molesti (art. 660) tali da determinare nella vittima "un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l'incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita".

Gli atti che costituiscono lo stalking sono perlopiù comportamenti che, considerati in modo isolato, sono solitamente accettati sul piano sociale e ritenuti normali ma che, proprio a causa della loro ripetizione ossessiva, si caratterizzano per insistenza ed invadenza nel tempo, causando effetti psicologici sulla vittima, oltre ad esporre quest'ultima al rischio di violenza.

In altri termini, comportamenti di per sé leciti o tollerati, quando ripetuti nel tempo e causativi di ansia, paura per la propria incolumità o, nei casi più gravi, forieri di veri e propri cambiamenti di vita e/o abitudini, si tramutano in atteggiamenti illeciti, penalmente rilevanti.

Come si è detto in precedenza, DI.SO. ha infastidito ripetutamente, assillandola e provocandole ansia e paura, Ce.Fr.: si è presentato a casa sua in più occasioni ravvicinate manifestando il proprio amore "folle", sollecitato da un incomprensibile "potere superiore" senza invito, anzi contro la volontà della donna.

Dopo il primo approccio di novembre, a dicembre si è presentato ancora ed è stato allontanato grazie all'intervento delle forze dell'ordine e del fratello.

Pur edotta dello stato di "follia" del prevenuto, la Ce.Fr. è stata costretta a sporgere denuncia: DI.SO., infatti, si è presentato di nuovo a casa della vittima per imporre una presenza non gradita.

Analogamente, ha cercato "la preda" presso l'ordine dei fisioterapisti, ha tentato contatti a mezzo social e telefono.

Con tali condotte, apparentemente innocue, ha posto la vittima in uno stato di prostrazione e preoccupazione evidenti; la Ce.Fr. ha dovuto cambiare percorso casa-lavoro per evitare incontri sgraditi e ha provato una significativa ansia, soprattutto notturna, tale da spingerla a rivolgersi ad una psicologa.

Risulta, perciò, integrato l'evento del reato oggetto di contestazione (Cass. n. 9222/2015).

DI.SO. ha perseguitato Ce.Fr. senza avere contezza del significato del proprio comportamento assillante: a causa del disturbo psichiatrico dal quale era (ed è ancor oggi) affetto proprio tra il 2020 e il 2021 egli deve essere mandato assolto per vizio totale di mente.

Tanto il dott. Pi. quanto la dott.ssa Co. hanno concordato nel ritenere il prevenuto incapace di intendere e di volere, soffermandosi sulla sua attuale pericolosità sociale, originata dall'inconsapevolezza della condizione di malattia e della necessità di proseguire il percorso terapeutico intrapreso con vigore solo in seguito all'esecuzione della misura di sicurezza provvisoria applicata dal GIP in sede.

In conclusione, quindi, va pronunciata sentenza di assoluzione e va confermata e mantenuta la misura di sicurezza con durata di anni uno (art. 228, quinto comma, c.p.), come da ordinanza separata emessa in data odierna (ordinanza che si riporta di seguito per comodità di lettura: Il Giudice, letti gli atti del procedimento n. 1511/2022 a carico di DI.SO. generalizzato come in atti, sottoposto alla misura di sicurezza provvisoria della libertà vigilata; vista la richiesta del P.M. all'esito dell'udienza del 19.3.2024 e quella della difesa dell'imputato; letta la relazione della dott.ssa Fr. Co., incaricata di verificare le condizioni di salute attuali del prevenuto; osservato che, seppure "il quadro clinico attuale appare caratterizzato da buon equilibrio psicopatologico e comportamentale", "permangono tuttavia disturbi del pensiero a contenuto persecutorio il paziente continua a mostrare una deficitaria consapevolezza della malattia che lo porta a sottostimare i trattamenti riabilitativi" (cfr. relazione Co., pag. 6); evidenziato che gli effetti pregiudizievoli della malattia psichiatrica sono stati acuiti dai danni cerebrali che DI.SO. ha subito nel tempo, a causa della dipendenza da sostanze stupefacenti (la dott. Co. scrive in proposito: "una caratteristica importante dei disturbi da uso di sostanze è un cambiamento sottostante nei circuiti cerebrali che può persistere anche dopo la disintossicazione, in particolare negli individui affetti da disturbi psichiatrici gravi, come nel caso del sig. DI.SO. ripetute ricadute e un intenso carving per la sostanza possono incidere su specifiche aree del cervello, limitandone grandemente la loro funzionalità; ritenuto che, a fronte dell'atteggiamento assillante assunto, immotivatamente, ai danni della Ce.Fr. e della scarsa consapevolezza di malattia e, soprattutto, della necessità e costanza nelle cure persiste la condizione di pericolosità, intesa come inclinazione soggettiva a reiterare condotte della medesima indole (sul punto sono ancora pienamente calzanti le valutazioni della dott.ssa Co. illustrate all'udienza del 2.5.2023, pag. 5 delle trascrizioni); osservato, quindi, che deve essere mantenuta la misura di sicurezza della libertà vigilata, con le prescrizioni indicate in dispositivo, per la durata di anni uno;

P.Q.M.
Applica, in via definitiva, a DI.SO. nato a (…) la misura della libertà vigilata con le seguenti prescrizioni: - obbligo di mantenere il domicilio in (…) presso la madre, domicilio che potrà raggiungere a partire dal 20.3.2024, accompagnato dai propri familiari o dal personale del luogo di cura;

- DI.SO. potrà allontanarsi dal suddetto domicilio, anche quotidianamente, per svolgere la propria attività lavorativa con le modalità (in presenza o da remoto) che saranno concordate dal personale sanitario e dal datore di lavoro, al fine di garantire il graduale rientro in servizio del DI.SO. nel rispetto del piano terapeutico in atto, e, più in generale, per far fronte alle proprie esigenze di vita;

- DI.SO., in ogni caso, dovrà rientrare ogni sera presso il domicilio materno, escluse motivate esigenze di lavoro o di cura;

- dovrà di proseguire il percorso terapeutico in atto con presa in carico presso il CSM territorialmente competente, assumendo la terapia farmacologica prescritta;

- dovrà evitare qualsivoglia forma di contatto, con qualsiasi mezzo, con Ce.Fr., con prescrizione di non avvicinarsi ai luoghi (familiari, di lavoro, di tempo libero) frequentati dalla medesima e di allontanamento in caso di incontri fortuiti).

Il carico complessivo dell'Ufficio giustifica il prolungamento dei termini per il deposito dei motivi.

P.Q.M.

Visto l'art. 530 c.p.p.

ASSOLVE DI.SO. dal reato ascritto perché il fatto è stato commesso da persona affetta da vizio totale di mente.

Applica al prevenuto la misura di sicurezza della libertà vigilata per la durata di anni uno, come da separato provvedimento.

Visto l'art. 544 c.p.p.,

indica in giorni 60 il termine per il deposito dei motivi.

Così deciso in Frosinone il 19 marzo 2024.

Depositata in Cancelleria il 3 maggio 2024.

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