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Reato di calunnia: esclusione del dolo eventuale e consapevolezza certa dell’innocenza

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Tribunale Campobasso, 20/06/2023, n.412

Il reato di calunnia non è integrato dal dolo eventuale; per la sua configurazione è necessaria la consapevolezza certa dell'innocenza della persona accusata, così come richiesto dalla formula normativa "taluno che egli sa innocente". L'assenza di tale consapevolezza, se basata su un errore materiale o su elementi oggettivi tali da ingenerare dubbi ragionevoli, esclude la responsabilità penale per il reato di calunnia. (Cass. pen. Sez. VI, Sent. n. 2750/2009; Cass. pen. Sez. VI, Sent. n. 3964/2010).

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La sentenza integrale

Svolgimento del processo
Con decreto del 29.4.2021 il G.u.p, presso il Tribunale di Campobasso, disponeva il rinvio a giudizio nei confronti Ge.Ba. dinanzi all'intestato Tribunale, in composizione monocratica, affinché rispondesse del reato indicato in epigrafe.

All'udienza del 12.10.2021, il Giudice, verificata la regolare instaurazione del contraddittorio, preliminarmente richiedeva alle parti di depositare la denuncia di cui al capo di imputazione come corpo del reato; in seguito, dichiarata aperta l'istruttoria dibattimentale e ammesse le richieste di prova avanzate dalle parti, valutatane la pertinenza e rilevanza ai fini della decisione, aggiornava il processo all'udienza del 25.1.2022.

In data 25.1.2022, il difensore di parte civile rappresentava l'assenza della persona offesa, citata in qualità di teste per l'udienza a causa delle sue precarie condizioni di salute dopo essersi sottoposta al vaccino covid-19; indi, le parti procedevano all'escussione del teste Mo.Fe. e, acquisite la richiesta e il decreto di archiviazione relative a procedimento recante n. 1959/2017 R.G.N.R., iscritto nei confronti dell'odierna parte civile, il processo veniva rinviato al 17.05.2022.

Dopo una serie di rinvii (e, segnatamente, il 17.5.2022, per impedimento del magistrato titolare e, il 22.11.2022, in applicazione del prot. n. 902/2022 a firma del Presidente del Tribunale) si perveniva all'udienza del 21.2.2023, allorquando il Giudice, preliminarmente, disponeva la rinnovazione degli atti del dibattimento essendo intervenuto il mutamento della composizione soggettiva dell'organo giudicante; indi, in assenza di richieste di parte, venivano escussi i testi Di.Et., Ze.Ma. e Te.Al. e, all'esito, il Giudice disponeva l'acquisizione della documentazione prodotta dalle parti, rinviando il processo, per l'escussione del teste a difesa e discussione al 16.06.2023.

All'udienza odierna, in seguito alla deposizione di Gr.It., il Giudice dava atto che non si procedeva all'esame dell'imputata perché assente; indi, dichiarata chiusa l'istruttoria dibattimentale, invitava le parti a rassegnare le proprie conclusioni, come descritte in epigrafe, e decideva come da dispositivo, indicando, ex art. 544 co. 3 c.p.p., il termine di giorni 30 per il deposito della motivazione.

Motivi della decisione
Si impone una sentenza di assoluzione nei confronti dell'odierna imputata, ai sensi dell'art. 530 c.p.p., perché il fatto non costituisce reato.

L'odierno procedimento, invero, scaturisce dalla denuncia presentata presso la Procura della Repubblica di Campobasso da Ge.Ba., con cui quest'ultima incolpava Ze.Ma., di aver falsamente indicato, in qualità di erede universali; di Ge.Mi., nell'atto di integrazione alla dichiarazione di successione del de cuius del 6.6.2017, quale titolo attestante il suo status di erede, il testamento olografo pubblicato dal notaio dott. Ga.Ga. avente numero di repertorio 5455, in luogo di quello reale, pubblicato dal medesimo notaio, avente numero di repertorio 938.

Il procedimento che scaturiva da tale querela si concludeva con decreto di archiviazione del 24.1.2018 da parte del G.i.p. presso il Tribunale di Campobasso e contestuale restituzione degli atti al P.M. titolare, il quale procedeva nei confronti dell'odierna imputata per il reato di calunnia.

Tanto chiarito, all'udienza del 25.1.2022 veniva ascoltato il teste Mo., il quale riferiva che: "(…) Tale procedimento trae origine dall'atto di querela sporto dalla signora Ze.Ma... nei confronti della signora Ga.Ba., in quanto riteneva di essere stata ingiustamente dalla stessa accusata di essersi impossessata ai ulteriori beni del defunto padre della signora Ga.Ba., Ge.Mi. e ciò aveva originato un ulteriore procedimento penale. Questo perché la Ze.Ma.. era stata definita dal defunto Ge.Mi., padre della Ga.Ba., quale erede universale di tutti quanti i suoi beni con un testamento pubblicato dal Notaio Ga. di Isernia, testamento che recava quale numero di repertorio il 5455, se non vado errate. Successivamente a ciò la signora Ze.Ma.. aveva provveduto a formulare una dichiarazione di successione e una richiesta di voltura all'Agenzia delle Entrate, proprio per procedere all'intestazione di questi beni che aveva ereditato dal defunto Ge.Mi.. Poi ancora successivamente erano emersi ulteriori beni di cui la stessa Ze. non aveva provveduto a indicare nella dichiarazione di successione e pertanto aveva formulato un'ulteriore successione integrativa, nella quale aveva indicato tali beni, facendo però sempre riferimento allo stesso testamento, all'unico testamento, ma non indicando il numero di repertorio 5455, ma erroneamente il numero di registro del testamento 938. La Ge. essendo venuta a conoscenza di questa situazione, incaricò un suo consulente che è il teste principale, il signor Te., di accertare l'esistenza di questo ulteriore testamento presso il Notaio Ga. di Isernia. Chiaramente questo testamento non esisteva, perché la signora Ze.Ma.. aveva indicato erroneamente non il numero di repertorio, ma bensì il numero di registro. Situazione che il consulente poi sentito, aveva fatto presente alla signora Ge.. Questa è la vicenda" (v. pag. 4 e 5 del verbale stenotipico dell'udienza 25.1.2022).

La parte civile, Ze.Ma.., escussa all'udienza del 21.2.2023, riferiva di essere erede universale di Ge.Mi. e di aver sporto denuncia querela nei confronti di Ge.Ba. perché "la signora è andata in giro a mostrare il testamento dicendo che c'erano due testamenti, quando ne era uno solo che io ho pubblicato. Anche se lei sapeva che ne era uno solo, ha continuato a dire in giro che ne erano due. Mostrava il testamento e diceva: "No, riporta il numero ...Cioè dopo tante volte che uno... poi, alla fine, ho fatto la denuncia" (v. pag. 4-5 del verbale stenotipico dell'udienza del 21.2.2023). La parte civile dichiarava che il testamento cui si riferiva era quello avente il numero di repertorio 5455, così come mostratole dal P.M. durante il suo esame, e che il 6.6.2017 aveva fatto una dichiarazione di successione integrativa - acquisita agli atti del dibattimento nulla opponendo le parti - perché nell'asse ereditario del de cuius risultavano altri beni che le spettavano e non aveva ereditato.

Su domanda della difesa tecnica dell'imputata, la parte civile precisava di aver redatto personalmente la domanda di voltura della dichiarazione integrativa e, interrogata sulla differenza tra il numero di repertorio e il numero di registrazione del testamento, rispondeva che: "DIFESA - AVVOCATO Ro.: Vedo che lei ha inserito il numero di Repertorio dell'atto, cioè del testamento che è stato pubblicato. Lei conosce la differenza tra il numero di Repertorio e quello di Registrazione se lo vede sull'atto? Cioè era capace di distinguerlo all'epoca? TESTE - Ze.Ma..: Adesso non mi ricordo. GIUDICE: Lei conosce questa differenza? DIFESA - AVVOCATO Ro.: Cioè conosce questa differenza? Se vede l'atto... TESTE - ZE.MA. Ho messo quello che stava sopra al testamento, non quello che stava a fianco" (v. pag. 8 del verbale stenotipico del 21.02.2023).

Alla medesima udienza veniva escusso il teste Te.Al., il quale ha rappresentato che: "Dopo la morte di Ge.Mi., si è rivolta a me la signora Ze. perché era in possesso di un testamento olografo di Ge.Mi.; ne ho curato un po' tutta la parte successoria presso il notaio, pubblicazioni del testamento, successiva denuncia di successione, insomma, questi atti necessari. Il testamento era un testamento dove veniva nominata erede universale la signora Ze., che era una nipote acquisita di Ge.Mi., era la moglie del nipote. Ho fatto la successione, le volture catastali dei beni che erano di Ge.Mi. ed era chiusa qua. Successivamente sono venuto a sapere tramite un po' le liti di famiglia che mi hanno chiamato e volevano sapere - che era stata fatta una successione integrativa da parte di Ze., successione che non ho fatto io, ma l'aveva fatta un altro professionista, perché nel rivedere i beni che avevo indicato io precedentemente nella successione, secondo la Ze. ci sarebbe stata una parte di fabbricato che non era stato inserito in successione. Io non l'avevo inserito perché quel ben z era intestato a Ga.Ba. che l'aveva comprato all'asta. C'era un passaggio del testamento - che ha ritenuto Ze. - dove il testatore aveva detto che l'acquisto all'asta di questa porzione di fabbricato era stato fatto con soldi suoi dati alla figlia e che quindi il fabbricato era stato... diciamo che era stata un po' da prestanome ipoteticamente la figlia, ma il fabbricato era suo. Sulla scorta di queste cose, Ze. ha presentato la successione integrativa dove ha indicato nei beni anche questa porzione di fabbricato richiamando lo stesso testamento che era unico. Dove si è generato il dubbio che c'era un secondo testamento? Il Catasto, nel fare le volture catastali, ha indicato nelle motivazioni non il numero di Registrazione del testamento, ma il numero di Repertorio, un errore materiate insomma. In un primo momento è venuta questa signora Ba. e mi dice: "Ma tu hai fatto...". Io le ho detto: "Guarda, la seconda successione non l'ho fatta io. Ma cosa è successo?. "No, là c'è un secondo testamento. Qua ci sono delle cose false. Io denuncio tutti", insomma era venuta un po' arrabbiata. Io le ho detto: "Calmati, vediamo un attimo. Mi sembra strano questo fatto di un secondo testamento". Tanto è vero che abbiamo confrontato le cose ed effettivamente in un primo momento ci sono cascato anche io perché nelle motivazioni di voltura si parlava di "Testamento olografo registrato il..." e c'era il numero del Repertorio. Ho detto: "Ma questo è un altro numero, non è il numero di Registrazione. Qua ci sarà un altro testamento". Ho chiamato il notaio Ga. che aveva fatto la pubblicazione del testamento e gli ho esposto la questione, gli ho detto: "Dottore, ma non è che avete pubblicato un secondo testamento di Ze. e questi non hanno capito niente e stanno impicciando mezzo mondo?". Mi ha detto: "Ma no, il testamento è quello che avete visto voi ed è quello ". Gli ho detto: "No, perché qua è emerso che c'è un testamento che reca un nuovo numero di Registrazione che mi fa supporre che c'è un secondo testamento". "Non può essere, non può essere. Geometra, per accertarvi fate una cosa, fate accesso ai Pubblici Registri e vedete se è trascritto un secondo testamento". Ho fatto una visura ai Pubblici Registri e non c'era nessuna cosa. Sono andato all'ufficio del Catasto delle Volture e abbiamo rivisto un po' insieme. Ho detto: "Ma come è questa storia qua?". "No, il testamento è uno solo che hanno allegato", che era il primo.

Ho detto: "Guardate, qua c 'è questa situazione. Qua porta un numero di Registrazione diverso, quindi fa supporre che sia un altro atto testamentario". Nel dubbio tutti quanti... nessuno sapeva darsi una spiegazione perché effettivamente là parlava di numero di Registro. Successivamente mi è cominciato a sorgere un sospetto, dico; "Ma non è che c'è qualche errore qua? "e abbiamo scoperto che in effetti il testamento era sempre lo stesso, era stato un errore del Catasto, un errore materiale di riportare il numero di Repertorio come numero di Registrazione" (cfr. da pag. 10 a 13 del verbale stenotipico di udienza). Informata la Ge. sulla questione, il Te. riferiva che quest'ultima si mostrava scettica, ragion per cui sporgeva querela nei confronti della Ze..

Chiarita in questi termini la vicenda di cui ci si occupa occorre, preliminarmente, evidenziare che l'art. 368 c.p. sanziona chi, con denuncia, querela, richiesta o istanza, anche se anonima o sotto falso nome, diretta all'Autorità giudiziaria o ad un'altra Autorità che a quella abbia obbligo di riferirne o alla Corte penale internazionale, incolpa di un reato taluno che egli sa innocente, ovvero simula a carico di lui le tracce di un reato.

Emerge, dunque, il carattere plurioffensivo del delitto de quo, in relazione al quale si è affermato che lo Stato assume la posizione di soggetto passivo primario ma non esclusivo, giacché l'offesa colpisce anche l'onore dell'incolpato, bene proprio del privato, tutelato dalla stessa norma. Pertanto, nel caso del delitto in questione, vi è immedesimazione nella stessa persona delle due posizioni di "danneggiato" e di "offeso dal reato" (Cfr. Cass. Sez. VI, sent. n. 49740 del 2017).

Il delitto di calunnia è reato di pericolo, poiché ad integrarne gli estremi è sufficiente la possibilità dell'inizio di un procedimento penale a carico della persona falsamente incolpata. Tale assunto trova conferma nella giurisprudenza di legittimità, secondo cui è sufficiente la astratta possibilità di inizio di un procedimento penale (sul punto, si veda, ex plurimis, Cass. Sez. VI, sent. n. 10282 del 2014).

Si è pure precisato che l'elemento materiale del delitto di cui all'art. 368 c.p. consiste nell'incolpare falsamente taluno di un reato, di un fatto cioè che alla stregua della prospettazione fattane dall'agente corrisponda in ogni suo estremo ad una ben determinata fattispecie legale di delitto o di contravvenzione, di guisa che non si può ravvisare il delitto di calunnia nel fatto di colui che, denunziandola all'Autorità giudiziaria o ad altra che a questa abbia obbligo di riferire, attribuisca ad una persona una condotta non corrispondente ad alcuna fattispecie legale di reato e tanto finanche quando il denunziante abbia dato un preciso nomen juris al fatto addebitato all'incolpato e si sia proposto di provocare l'apertura di un procedimento penale nei suoi confronti.

Il reato di calunnia è altresì integrato se il denunciante non si limita alla enfatizzazione dei fatti narrati o alla loro ricostruzione con modalità particolarmente allarmanti, ma compia una descrizione nella quale denunci un fatto che incide sull'essenza degli illeciti denunciati e sulla qualificazione giuridica della condotta dell'accusato (Cass. Sez. VI, sent. n. 9874 del 2016).

Inoltre, integra l'art. 368 c.p. la condotta oggettivamente idonea a far scattare un procedimento penale nei confronti di un soggetto, univocamente ed agevolmente individuabile, che si sa innocente, non essendo necessario che questi venga accusato esplicitamente (Cass. Sez. VI, sent. 18987 del 2012).

Altro requisito presente nel delitto de quo è costituito dalla incolpazione nei confronti di un soggetto che il calunniatore sa innocente. A tal proposito, in giurisprudenza si è chiarito che, ove manchi nell'agente la certezza dell'innocenza, dell'incolpato il fatto stesso non può ritenersi offensivo dell'interesse tutelato dalla norma penale. Difatti, il nocumento di tale interesse, attinente al pericolo di deviazioni nell'amministrazione della giustizia, è correlato dalla norma non già a qualsiasi denuncia che risulti in prosieguo infondata, ma ad una incolpazione orientata a procurare siffatta deviazione in forza della consapevolezza dell'innocenza dell'incolpato. Si è, inoltre, affermato che la certezza dell'innocenza dell'incolpato costituisce l'essenza del dolo e deve essere piena e assoluta nel momento in cui l'incolpazione ha luogo (Cass. Sez. II, sent. n. 46258 del 2019).

Rapportando tali considerazioni alla vicenda in esame, risulta di palmare evidenza il difetto della consapevolezza, in capo all'odierna imputata, dell'innocenza della parte civile Ze.Ma...

Invero, dalla semplice consultazione degli atti acquisiti al fascicolo del dibattimento, è possibile rilevare come nella dichiarazione di successione (n. 521 vol. 9550 del 26.04.2016) e successiva integrazione (n. 536 vol. - 9990 del 06.06.2017) venga indicato, come titolo, il testamento registrato, per atto del notaio dott. Ga.Ga., al n. 938 serie IT a Isernia il 12.04.2016, e come in entrambe le dichiarazioni il testamento allegato sia il medesimo.

Nella domanda di voltura presentata dalla Ze. all'Agenzia delle Entrate in data 08.06.2017, invece, viene erroneamente riportato dall'istante, quale numero di repertorio del testamento, il numero di registrazione di tale atto (n.938), ingenerando così, nei confronti della Ge., il dubbio che fossero esistenti due testamenti uno al rep. 938 e uno al rep 5455.

Anche i testi escussi nel corso dell'istruttoria dibattimentale (e, segnatamente, Mo.Fe. e Te.Al.) hanno chiarito come la vicenda di cui si occupa sia scaturita da un equivoco legato alla compilazione della voltura relativa all'integrazione della dichiarazione di successione, in cui, per errore dovuto ad imperizia, la Ze. ha indicato, nella parte relativa al numero di repertorio del testamento olografo, il numero relativo alla trascrizione dello stesso, ingenerando così il convincimento, da parte dell'odierna imputata, della sussistenza di due testamenti a firma del de cuius Ge.Mi.. Tale situazione fattuale emerge pure dalle dichiarazioni del teste della difesa Gr.It., marito dell'odierna imputata, il quale ha evidenziato come il convincimento dell'esistenza di un secondo testamento derivasse da quanto rappresentato alla Ge. dai funzionari del Catasto di Campobasso, anch'essi, verosimilmente, fuorviati dalla dichiarazione integrativa erronea presentata dalla parte civile.

Alla luce del complessivo compendio probatorio, dunque, va ribadito il consolidato orientamento giurisprudenziale, secondo cui, perché possa escludersi la consapevolezza dell'innocenza del denunciato, occorre accertare che il denunciante abbia agito basandosi su circostanze di fatto non solo veritiere, ma la cui forza rappresentativa sia tale da indurre una persona di normale cultura e capacità di discernimento a ritenere la colpevolezza dell'accusato (Cfr. Cass. pen. Sez. VI Sent., 29/01/2010, n. 3964). La supposta illiceità del fatto deve essere dunque, fondata, su elementi oggettivi, connotati da un riconoscibile margine di serietà e tali da ingenerare concretamente la presenza di condivisibili dubbi da parte di una persona di normale cultura e capacità di discernimento, che si trovi nella medesima situazione di conoscenza (si veda Cass. pen. Sez. VI Sent., 18/07/2012, n. 29117).

Nel caso di specie, tutti questi elementi risultano di piena evidenza, al punto tale da aver generato il dubbio della commissione di un atto illecito, non solo nell'odierna imputata, ma anche nei confronti del teste Te.Al., cui la Ge. si era rivolta per ottenere una consulenza tecnica sulla vicenda.

La circostanza che il predetto teste, dopo i suoi accertamenti, abbia rassicurato l'odierna imputata sull'esistenza di un singolo testamento - e, dunque, sull'errore materiale in cui era incorsa la Ze. nella compilazione della voltura per l'integrazione della dichiarazione di successione - non consente di ritenere integrato l'elemento soggettivo richiesto dall'art. 368 c.p., potendosi, al più, ravvisare un atteggiamento psicologico qualificabile alla stregua del dolo eventuale (avendo la Ge., con la denuncia querela sporta, "accettato il rischio" dell'eventuale innocenza della Ze.), come tale incompatibile con il delitto di calunnia. A tal proposito, giova richiamare il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui l'elemento soggettivo del reato di calunnia non può consistere nel dolo eventuale, in quanto la formula normativa "taluno che egli sa innocente" richiede la consapevolezza certa dell'innocenza dell'incolpato (Cass. pen. Sez. VI Sent., 21/01/2009, n. 2750).

Conclusivamente, alla luce delle suesposte considerazioni, l'imputata deve essere mandata assolta dal reato ascrittogli perché il fatto non costituisce reato, non essendo integrato l'elemento psicologico previsto dal reato contestatole.

Ai sensi dell'art. 544 co. 3 c.p.p., in virtù della complessità delle questioni affrontate, si indica il termine di giorni 30 per il deposito della motivazione.

P.Q.M.
Visto l'art. 530 c.p.p.;

assolve Ge.Ba. dal reato ascrittole in imputazione perché il fatto non costituisce reato.

Visto l'art. 544 co. 3 c.p.p.,

indica il termine di giorni 30 per il deposito della motivazione.

Così deciso in Campobasso il 16 giugno 2023.

Depositata in Cancelleria il 20 giugno 2023.

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