Tribunale Trento, 27/11/2023, n.1333
Nel reato di calunnia, l'elemento oggettivo richiede la falsa rappresentazione del fatto attribuito a un soggetto innocente, mentre l'elemento soggettivo consiste nella volontà di accusare consapevolmente un innocente. Se il fatto riportato corrisponde alla verità, pur integrando astrattamente un illecito, difetta l'elemento della falsità necessario per configurare il reato.
RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE
Con decreto del 16 giugno 2022 del Giudice dell'Udienza Preliminare, Fr.Al. veniva rinviato al giudizio di questo Tribunale in composizione monocratica per rispondere dei reati di cui in epigrafe.
Al giudizio si procedeva in assenza informata dell'imputato e con la parte civile Ke.Wa. costituitasi all'udienza preliminare in relazione al solo reato sub b) della contestazione; all'udienza 8 marzo 2023, previa declaratoria di apertura del dibattimento, venivano formulate ed ammesse le istanze istruttorie delle parti ed acquisito, su produzione del Pm, il verbale di sommarie informazioni testimoniali rese da Fr.Al. alla Pg il 24 luglio 2020 costituenti corpo del reato; all'udienza 23 ottobre 2023 venivano assunte le testimonianze indotte dal Pm ed acquisita la documentazione prodotta dalle parti; all'udienza 22 novembre 2023 veniva esaurita l'assunzione delle prove orali ed acquisito con il consenso delle parti il verbale di sommarie informazioni testimoniali rese da Fr.Ug. alla Pg; all'esito veniva dichiarata chiusa l'istruttoria dibattimentale e le parti discutevano e concludevano come da separato verbale di udienza.
All'imputato è contestato il reato ex art. 11, c. 1 D.L.vo n. 74/2000 perché, al fine di sottrarsi al pagamento di imposte sui redditi o sul valore aggiunto, ovvero di interessi o sanzioni amministrative relativi a dette imposte di ammontare complessivo pari ad Euro 1.373.518,36 (superiore alla soglia di Euro 50.000,00), faceva figurare la madre, Ta.Da., quale acquirente della P.T. (...), p. ed. (...), della p.f. (...) e della p.f. (...), situate nel Comune di Pergine Valsugana e cedute da Tr.Fr., al fine di rendere in tutto o in parte inefficace la procedura di riscossione coattiva; con l'aggravante di cui all'art. 11, c. 1, secondo periodo del citato decreto, posto che l'ammontare di imposte, sanzioni ed interessi è superiore ad Euro 200.000,00; fatti commessi in Trento il 3 agosto 2017.
All'imputato è contestato altresì il reato ex art. 368 c.p., perché con querela dd 19 febbraio 2020 diretta all'autorità giudiziaria, incolpava Ke.Wa. di avergli richiesto la restituzione di una somma di Euro 25.000,00 entro il 31 gennaio 2018, a fronte di un prestito di Euro 12.000,00 versati da Ke. in suo favore in data 17 novembre 2017, con ciò essendo ravvisabile a carico di Ke. il reato di usura; con la consapevolezza della innocenza del denunciato; fatti commessi in Trento il 19 febbraio 2020.
All'esito del giudizio si impone una pronuncia liberatoria dell'imputato da entrambi i reati a lui ascritti, per insussistenza dell'elemento oggettivo delle fattispecie legali.
In relazione al primo reato di natura tributaria contestato sub a), va ricordato che trattasi di una fattispecie a consumazione anticipata, improntata ad una evidente finalità di prevenzione generale, che censura non il mero inadempimento di una obbligazione tributaria, bensì mira a sanzionare il compimento di attività fraudolente, finalizzate a far venir meno le garanzie di una efficace riscossione dei tributi da parte dell'Erario; che l'oggettività giuridica del reato va individuata nell'interesse a rendere possibile la riscossione delle imposte, sanzioni ed interessi attraverso la intangibilità della garanzia patrimoniale rappresentata dai beni dell'obbligato.
Nella tesi d'accusa, l'imputato, al fine di sottrarsi al pagamento delle imposte sui redditi o sul valore aggiunto o interessi o sanzioni amministrative ad esse relative per l'importo indicato in contestazione aveva simulato un acquisto in favore della propria madre dell'immobile ivi indicato sito nel Comune di Pergine Valsugana; detto acquisto, in realtà effettuato da lui stesso, deve ritenersi avere carattere simulato e fraudolento, in quanto posto in essere al fine esclusivo di ridurre la capacità patrimoniale di esso contribuente obbligato verso l'Erario, sottraendo il bene oggetto di quell'acquisto ad ogni iniziativa di recupero delle imposte non versate, sì da rendere inefficace in tutto o in parte la procedura di riscossione coattiva da parte dell'Erario.
Al riguardo risulta evidente la carenza di prova in ordine a tale capo di imputazione, non potendosi utilizzare ai fini del giudizio le dichiarazioni rese a sommarie informazioni testimoniali direttamente dall'imputato alla Pg in data 24 luglio 2020 (acquisite all'udienza dibattimentale 8 marzo 2023 in quanto corpo del reato sub b) ), trattandosi di dichiarazioni che l'imputato, sentito in merito alla denuncia querela da esso sporta contro Ke. nel febbraio 2020, aveva reso contro se stesso senza l'assistenza del difensore, per le quali sussiste il divieto di utilizzazione a norma dell'art. 63 c.p.p.; risulta anzitutto carente la prova sul presupposto del fatto di reato in riferimento al caso concreto, ossia in ordine alla precisa tempistica del presupposto dell'operazione asseritamente simulata e fraudolenta con cui si sarebbe concretato il reato.
In particolare, non sono stati apportati in sede istruttoria elementi probatori in ordine ai tempi di una presunta antecedente notifica a carico del soggetto anche solo di un avviso di accertamento dell'Agenzia delle Entrate per evasione di imposte, sì che fosse preannunciata a carico dello stesso, al momento del presunto atto fraudolento, una procedura di riscossione coattiva di imposte evase.
Invero, al dibattimento è emerso dalla deposizione del teste verbalizzante (Lgt. Co.Re., già in servizio presso la Sezione di PG presso la Procura della Repubblica dì Trento) che alla data dell'accertamento effettuato in sede di indagini da esso verbalizzante, ossia al 17 aprile 2020, l'imputato era oberato di debiti, essendo risultato a quella data proprietario per un terzo di immobili su cui erano iscritti diritti di ipoteca, ed in particolare:
di una particella edificiale nel Comune catastale di Lavis (categoria A2 e C6, appartamento e garage);
di una particella edificiale ((...)) nel Comune di Pergine Valsugana classificata F2 (costruzioni di notevole degrado) e di due particelle fondiarie ((...) e (...)) classificate a bosco.
Dal resoconto del teste verbalizzante, inoltre, è emerso che questi ultimi immobili intestati al Fr., siti nel Comune di Pergine Valsugana, erano stati dallo stesso ereditati dalla madre, Ta.Da. - deceduta nel settembre 2018 -la quale a sua volta li aveva acquistati in forza di atto di compravendita del 3 agosto 2017 dalla società It., legalmente rappresentata da Tr.Fr., al prezzo dichiarato di Euro 2950,00 (risultato vicino al valore reale dell'immobile) corrisposto con due bonifici (non si sa da che conto corrente) di Euro 1000,00 ciascuno (rispettivamente il 5 novembre 2013 e il 26 febbraio 2014) e mediante denaro contante versato alla data del rogito; in relazione a tale ultimo pagamento dalla deposizione del teste Tr.Fr. era emerso che, mentre i due bonifici erano stati effettuati, ma non si sa da quale conto corrente, la differenza di Euro 950,00 era stata pagata mediante lavori eseguiti dalla ditta del Fr., la Sc., per il corrispondente importo, poi fatturati dalla ditta rappresentata da esso teste, la It..
Dagli elementi probatori disponibili non risulta dunque che l'acquisto dell'immobile indicato nel capo a) dell'imputazione - poi effettivamente ereditato dal Fr. - peraltro inerente particelle fondiarie ed edificiali di valore reale assai modesto (che si aggirava intorno al prezzo dichiarato di Euro 2950,00) fosse un acquisto simulato in realtà effettuato in capo all'imputato, anziché in capo alla di lui madre che figurava averlo acquistato nell'atto di compravendita; invero fu la madre formalmente ad acquistare detto immobile e neppure consta che i due bonifici (ciascuno per Euro 1000,00) che costituivano la gran parte del pagamento del relativo prezzo fossero in realtà stati effettuati dal conto del Fr..
In base agli esiti dell'istruttoria dibattimentale, dunque, l'immobile, pur di modesto valore, oggetto di compravendita menzionato nel capo a) dell'imputazione era stato acquistato dalla madre dell'imputato, come anche risulta da un punto di vista formale, ed era poi stato ereditato dall'imputato dopo la morte di lei.
In ordine al reato di calunnia contestato sub b), va ricordato che l'elemento materiale del delitto consiste nell'incolpare falsamente taluno di un reato, di un fatto cioè che alla stregua della prospettazione fattane dall'agente corrisponda in ogni suo estremo, al di là del nomen juris dato al fatto, ad una ben determinata fattispecie legale di delitto o di contravvenzione.
Elemento essenziale del reato è la falsa prospettazione fatta dal soggetto agente, nell'attribuzione a taluno che si sa innocente di un fatto sussumibile in una fattispecie di reato, e dunque la falsa rappresentazione del fatto.
In diritto, è affermato in un pacifico e consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità il principio per cui in tema di calunnia non sussiste il dolo quando la falsa incolpazione consegue ad un convincimento dell'agente in ordine a profili essenzialmente valutativi o interpretativi della condotta denunciata, sempre che tale valutazione soggettiva non risulti fraudolenta o consapevolmente forzata (v. Cass. sez. VI, n. 37654/2014).
E' altresì affermato nella giurisprudenza di legittimità il condivisibile principio secondo il quale nel reato di calunnia il dolo consiste nella volontà cosciente della condotta criminosa e nella consapevolezza dell'innocenza della persona cui viene attribuito un fatto costituente reato, irrilevanti essendo i moventi psicologici della medesima condotta (v. Cass. sez. VI, n. 89/180685).
Nel caso di specie, difetta l'elemento oggettivo del reato, consistente nella falsa rappresentazione del fatto effettuata incolpando dunque falsamente taluno di un reato.
Va premesso che gli atti costituenti il presunto corpo del reato vanno ravvisati nella denuncia querela 19 febbraio 2020 sporta da Fr.Al. alla Procura della Repubblica di Trento e nel verbale di sommarie informazioni testimoniali dallo stesso rese il 24 luglio 2020 alla Pg in merito alla denuncia da lui presentata nei confronti di Ke.Wa..
Orbene, dall'istruttoria dibattimentale è emerso pianamente che la calunnia non è ravvisabile in tali atti, diretti all'autorità giudiziaria, in quanto non vi è in essi una falsa rappresentazione del fatto a carico del Ke.; nella querela Fr. -per come poi ripresa per quanto atteneva asili elementi circostanziali del fatto nelle dichiarazioni rese a sommarie informazioni testimoniali dallo stesso Fr. del 24 luglio 2020 - riferiva il vero allorché rappresentava che all'epoca, allorché esso era oberato di debiti, si era trovato nella necessità di chiedere a Ke., con cui aveva rapporti lavorativi da anni e di commensalità, un prestito di danaro per Euro 12.000,00 ottenuto con bonifico dd 17 novembre 2017, e che - come poi spiegato nelle sit esplicative, si era sentito tanto pressato da tale sua necessità che - era stato disposto a sottoscrivere - come poi spiegato nelle sit, proponendolo - un accordo a fronte del quale si era esso impegnato a restituirne Euro 25.000,00 entro il 31 gennaio 2018.
Il teste Ke.Wa. (parte civile in questo processo), sentito al dibattimento, ha confermato di avere a suo tempo prestato al Fr. Euro 12.000,00 per bonifico, ma non ha spiegato, nonostante fosse stato incalzato da ripetute domande, la sottoscrizione da parte sua e da parte dello stesso Fr., documentato in atti, il diverso accordo dd 20 novembre 2017 che dava conto del prestito per Euro 25.000,00, e soprattutto l'obbligo del Fr. di restituirne altrettanti, ossia Euro 25.000,00, pure a fronte di un reale prestito di Euro 12.000,00, segno che l'accordo sottoscritto dalle parti doveva essere un escamotage, avendo esso Ke. pacificamente prestato solo Euro 12.000,00 e poi agito in sede esecutiva per Euro 25.000,00, come documentato dalla difesa dell'imputato all'udienza 23 ottobre 2023, per consentire al Fr. di ricevere il prestito di cui necessitava, anche a costo che l'altro agisse per più del doppio della cifra ricevuta in prestito, come evidentemente si erano accordati i due, in ragione della pesante situazione debitoria che aveva indotto Fr. a sottoscrivere quell'accordo, che aveva poi deciso di denunciare come usurario a prestito avvenuto. Nelle sit menzionate infatti, costituenti corpo di reato come la querela Fr., quest'ultimo precisava, in merito alle circostanze che lo avevano portato a sporgere querela, testualmente: "Riguardo al prestito di cui trattasi, per invogliare e convincere il Ke. a concedermi tale prestito, gli ho fatto intendere che volevo acquistare una baita con annesso terreno, in realtà già di proprietà di mia madre, nonché gli ho promesso di restituirgli il prestito, che mi avrebbe concesso per 12.000,00 euro, con più del doppio, vale a dire con 25.000,00 euro. ...Ero consapevole che non sarei mai riuscito a restituire i 25.000,00 euro che io gli avevo promesso, né entro il 31.01.2018 né mai. Per quanto riguarda il prestito reale di 12.000,00 euro, mi ero ripromesso di restituirglieli in maniera rateizzata man mano che riuscivo ad incassare i soldi per le mie prestazioni lavorative. Di fatto non ho restituito nemmeno un euro al Ke.Wa..".
Da tale ricostruzione in punto di fatto desumibile dagli esiti dell'istruttoria dibattimentale risulta che effettivamente la querela sporta da Fr. rappresenta sì un fatto astrattamente sussumibile in fattispecie di reato a carico del Ke. (che tuttavia ad esso era stato indotto perché a sua volta incalzato dal Fr.), ma non contiene alcuna falsa prospettazione del fatto riportato, perché questo risulta veritiero, laddove la calunnia presuppone invece una falsa rappresentazione del fatto di reato rappresentato.
Infatti, per quanto arguibile dalla deposizione del teste verbalizzante verosimilmente anche all'epoca in cui era stato richiesto ed ottenuto dal Fr. il prestito di danaro da parte del Ke. (novembre 2017) l'imputato era oberato di debiti, circostanza che rende altamente plausibile l'assunto che esso si fosse sentito per così dire costretto a chiedere il prestito anche a condizioni per lui di estremo sfavore; tale sua condizione spiega l'accordo proposto da esso Fr. al Ke., il quale a seguito della mancata restituzione della somma non pagata dall'imputato aveva poi agito dando piena esecuzione all'accordo.
L'imputato va dunque mandato assolto da tutti i reati a lui ascritti, con la formula ampia di cui in dispositivo.
P.Q.M.
Visto l'art. 530 c.p.p.;
assolve
Fr.Al. dall'imputazione a lui ascritta, perché il fatto non sussiste.
Così deciso in Trento il 22 novembre 2023.
Depositata in Cancelleria il 27 novembre 2023.