Corte appello Taranto, 10/10/2023, n.508
Integra il reato di calunnia ex art. 368 c.p. la condotta di chi, mediante denuncia o querela, attribuisce consapevolmente a terzi l’esecuzione di reati mai commessi, con l’intento di distorcere la realtà dei fatti e di perseguire finalità ritorsive. Tale comportamento, aggravato dall’uso doloso di strumenti legali, denota una spregiudicata volontà lesiva dell’onore e della libertà dei querelati, in spregio alla corretta amministrazione della giustizia.
RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE
Con sentenza del Tribunale di Taranto, resa in data 26.04.2022, Be.Va. e Ru.Gi. venivano ritenuti colpevoli dei seguenti reati:
Be.Va.:
del delitto di calunnia di cui all'articolo 368 c.p. per avere, con querela presentata il 23/11/2015 presso la Stazione dei Carabinieri di Fragagnano, falsamente incolpato, sapendolo innocente, De.Gi., accusandolo falsamente di averlo minacciato con una pistola, puntandogliela in faccia sulla pubblica via e dicendogli che lo avrebbe sparato, e di avergli provocato lesioni colpendolo con il calcio della suddetta pistola sulla testa. Commesso in Fragagnano (TA), il 23 novembre 2015;
Ru.:
del delitto di calunnia di cui all'articolo 368 c.p. per avere, con denuncia querela presentata il 20/11/2015 presso la Stazione dei Carabinieri di Fragagnano, falsamente incolpato, sapendoli innocenti: i fratelli De.An. e De.Bi., accusando falsamente il primo di aver tentato di investirlo, urtandogli il fianco destro con lo specchietto della propria autovettura Audi di colore nero e di averlo minacciato dicendogli "poi parliamo noi due" e il secondo di averlo minacciato con una pistola semiautomatica, che impugnava dall'interno della suddetta autovettura condotta dal fratello. Commesso in Fragagnano (TA), il 20 novembre 2015. Con la recidiva reiterata ex articolo 99 co. 1 e 4 c.p. per Ru.
Tanto sulla scorta delle risultanze dell'attività istruttoria svolta dalla quale emergeva che, in data 12 novembre 2015, De.Gi. fosse stato aggredito, da Be.Va., in prossimità dell'azienda del padre. Esattamente Be.Va. aveva aggredito il De. con un bastone di legno facendolo cadere per terra. La vittima, al solo fine di difendersi, gli aveva scagliato contro una pietra colpendolo alla testa.
Questo episodio, così raccontato, veniva confermato da tutti i testimoni esaminati i quali rappresentavano altresì la rappresaglia/vendetta avviata dalla famiglia Be.Va./Ru. ai danni della famiglia De. subito dopo la suddetta aggressione.
Fatti questi già oggetto della sentenza acquisita agli atti con cui era stata pronunciata la condanna sia di Be.Va. che di Ru.Gi., oltreché di altri.
Altra certezza acquisita, senza ombra di dubbio, doveva ritenersi quella che, nella circostanza, il De. non fosse armato di pistola e si fosse difeso dal Be.Va. solo scagliandogli una pietra contro e colpendolo alla testa. L'assenza di arma è circostanza confermata anche dal teste oculare Va.Ig. che appunto aveva assistito all'aggressione posta in essere dal Be.Va.. Con altrettanta certezza emergeva che anche De.An. e De.Bi. - intervenuti prima recandosi presso il capannone dove si trovava Gi. (del 99), che aveva appena subito l'aggressione, e poi presso l'abitazione dei loro genitori, una volta venuti a conoscenza della rappresaglia/vendetta avviata dalla famiglia Be.Va./Ru. - non fossero armati di pistola, circostanza anche questa confermata, oltre che da tutti i testimoni esaminati nel corso dell'istruttoria, anche dal verbalizzante intervenuto nella immediatezza dei fatti e che aveva proceduto alla perquisizione personale e veicolare dei predetti De.An. e De.Bi. appurando che gli stessi non fossero in possesso di alcuna arma.
Infine, nessuno dei testimoni riferiva di un tentativo di investimento e di minacce che De.An. avrebbe perpetrato ai danni di Ru.Gi., come da quest'ultimo denunciato, anzi l'istruttoria aveva dimostrato esattamente il contrario, ovvero che la famiglia Ru./Be.Va. avesse organizzato e posto in essere una spedizione punitiva ai danni della famiglia De., esattamente dopo che De.Gi. (del 99) aveva scagliato una pietra contro il suo aggressore Be.Va., per difendersi da quest'ultimo che lo stava colpendo ripetutamente con un bastone, tanto da farlo cadere a terra.
Pertanto, sulla scorta di tali risultanze, il primo Giudice condannava i predetti alla pena ritenuta di giustizia, con le statuizioni conseguenti.
Avverso tale pronuncia propongono tempestivo appello i difensori degli imputati. Nell'interesse del Be.Va. il difensore si limita ad affermare l'inattendibilità del teste Va. in quanto amico del De. nonché la mancata valutazione critica del frammento d'immagine ritraente il suo assistito intento a massaggiarsi il cranio; così giunge a ritenere che ben avrebbe potuto l'appellante scambiare la pietra con un colpo del calcio di una pistola, con conseguente assenza dell'elemento psicologico del reato. Lamenta, infine, il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.
Nell'interesse del Ru. il difensore rileva che la circostanza che la perquisizione veicolare e personale avesse sortito effetto negativo non implicherebbe necessariamente l'accusa calunniosa da parte del suo assistito in quanto ben avrebbe potuto l'accusato essersi disfatto della pistola, risultando plausibile che i due, per raggiungere il luogo dell'aggressione del fratello, si fossero muniti di un'arma. Lamenta, infine, il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.
In data odierna il P.G. e i difensori degli imputati, previa discussione, hanno concluso nei termini riportati in epigrafe.
In data odierna il P.G. e i difensori della parte civile e degli imputati, previa discussione, hanno concluso nei termini riportati in epigrafe.
Entrambi gli appelli sono infondati rasentando l'inammissibilità.
Con riferimento alla posizione del Be.Va., il generico richiamo ad una "mancata valutazione critica" del frammento d'immagine in cui l'odierno imputato appare intento a massaggiarsi il cranio trascura le seguenti circostanze:
- la persona offesa ha dichiarato di aver colpito il predetto con un sasso per difendersi dall'aggressione del predetto armato di bastone, di talché il gesto visibile dai fotogrammi acquisiti in atti è compatibile con la presenza di una ferita provocata da un oggetto contundente senza che ciò possa essere utilizzato per indicare di quale oggetto si trattasse;
- sebbene la contestazione si focalizzi sulla presunta minaccia con arma da parte di De.Gi. nei confronti dell'odierno imputato, poi colpito con il calcio della fantomatica pistola, è l'intera denuncia a risultare incongrua rispetto alle stesse immagini estrapolate dal filmato ed anche rispetto al contenuto della deposizione del Mar. Le. che aveva visionato l'intera sequenza deducendo che i fatti così come esposti in denuncia non potevano corrispondere a quanto realmente accaduto. Basta, infatti, analizzare la presunta aggressione assertivamente portata dapprima nei confronti del motoape e poi alla persona, in uno con la reazione che il Be.Va. avrebbe avuto, fino al suo allontanamento dal luogo teatro dei fatti, per rendersi conto che i fotogrammi acquisiti ritraggono una scena del tutto diversa: dal bastone di cui era armato l'appellante, all'arrivo dello zio del Be.Va. con il quale quest'ultimo si allontanava a bordo della vettura del parente che stazionava lì nei pressi solo dopo che costui si era diretto a tutta velocità verso la zona dove si trovava il De.; orbene, considerata la distanza tra il luogo dell'aggressione e quello del posizionamento delle telecamere nonché il tempo, pari ad un solo minuto, tra l'arrivo del motoape sulla scena e il riapparire del Be.Va., a piedi, sui monitor (v. aerofotogrammetria in atti) occorre dedurne che l'aggressione fosse stata breve e si fosse conclusa al momento del ferimento del Be.Va.;
- va rimarcato, infine, che se fosse vera la minaccia con la pistola e il colpo alla testa con il calcio della stessa non avrebbe avuto alcun senso da parte del Va. avvisare i genitori dell'amico di quanto stesse accadendo e di recarsi a prelevarlo presso il capannone di loro proprietà in quanto il De. sarebbe stato in grado di difendersi da sé;
- tale logica argomentazione conferma la genuinità delle dichiarazioni rese dal Va. confermate da quelle della madre del De. proprio in relazione alla telefonata ricevuta dal teste in parola per avvisarli di quanto stesse accadendo. Motivo per il quale lei ed il marito si erano recati prontamente presso la zona industriale per prelevare il figlio.
La circostanza dedotta nell'atto di gravame secondo la quale il Be.Va. avrebbe potuto scambiare il colpo con un sasso con il calcio della pistola lascia intendere, peraltro, che il suo assistito fosse stato effettivamente colpito con il primo e non con il secondo.
Ad analoghe conclusioni si giunge in relazione al gravame proposto nell'interesse del Ru.. Innanzitutto, il Ru. aveva ricevuto da Ru.Fi., colui cioè che aveva prelevato il Be.Va. dalla zona industriale, un bastone che verosimilmente era quello utilizzato dal Be.Va. per aggredire il De.. E' quanto mai verosimile che fosse stato proprio Ru.Fi. ed il nipote ad avvisare gli altri familiari dell'accaduto per cui aveva avuto inizio una sorta di caccia all'uomo nei confronti della famiglia De.. L'arma impropria era stata utilizzata dall'imputato per danneggiare i mezzi della famiglia De. ed il portone dell'abitazione di costoro, come dichiarato dalle persone presenti alla scena. In tale contesto, i tentativi d'investimento denunciati, semmai posti in essere, paiono essere solo una condotta di guida tesa a sottrarsi all'aggressione da parte dei Ru., conclusione confermata dal fatto che i presunti investimenti sarebbero stati effettuati con gli specchietti retrovisori e non con la parte anteriore dell'auto. Inoltre, proprio perché inseguiti dagli aggressori e poi subito dopo controllati dai carabinieri, il cui intervento non può dirsi che fosse atteso, esclude l'ipotesi difensiva secondo la quale De.An. avrebbe potuto disfarsi dell'arma durante il tragitto. Tesi del tutto improbabile anche sotto un profilo squisitamente logico in quanto se davvero i due fossero stati armati avrebbero tenuto con loro la pistola perché il loro nascondimento avrebbe potuto essere scoperto dagli aggressori e quindi avrebbero avuto bisogno di difendersi ancora.
Infine, non può non rimarcarsi che la ricostruzione degli avvenimenti fatta propria dalla sentenza di primo grado, sulla scorta degli elementi acquisiti nel corso dell'istruttoria dibattimentale, coincide con quella di cui alla sentenza del Tribunale di Taranto dell'8.09.2020 emessa contro il Be.Va., Ru.Gi. ed altri, per i reati commessi nei confronti di De.Gi., padre e figlio, passata in giudicato, per come si evince dal certificato del casellario giudiziale, ad eccezione del reato di porto ingiustificato di arma impropria, evidentemente prescritto; sentenza che fa stato sullo svolgimento della vicenda avendo gli odierni imputati partecipato al giudizio ed essendo corroborata dagli elementi acquisiti nel presente processo.
Non vi sono motivi per riconoscere agli appellanti le circostanze attenuanti generiche stanti la gravità dei fatti in sé e soprattutto il tentativo di capovolgere la realtà dei fatti posto in essere nell'immediatezza, con sfrontatezza tale da far emergere una non comune personalità criminale da parte di entrambi gli appellanti, considerati altresì i precedenti penali di cui il Ru. è portatore. Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte, visti gli artt. 605 e 592 c.p.p., conferma la sentenza del Tribunale di Taranto, resa in data 26.04.2022, appellata da Be.Va. e Ru.Gi., che condanna al pagamento delle spese processuali verso lo Stato e a quelle sostenute dalla parte civile, nel medesimo grado, che
liquida in complessivi 2640,00 euro, oltre iva, epa e spese forfettarie (nella misura del 15%), se dovute e come per legge.
Con separato e contestuale decreto, liquida al difensore del Ru., ammesso al patrocinio a spese dello Stato, le competenze del presente grado di giudizio.
Termine di 90 gg. per il deposito della motivazione.
Così deciso in Taranto il 12 luglio 2023.
Depositata in Cancelleria il 10 ottobre 2023.