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Condanna per violenza privata: ostruzione del passaggio e configurabilità del dolo generico (Giudice Speranza Fedele)

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Tribunale Nola, 17/01/2022, (ud. 18/10/2021, dep. 17/01/2022), n.1981

Integra il reato di violenza privata ex art. 610 c.p. la condotta di chi parcheggia un veicolo in modo tale da ostacolare coattivamente il passaggio e impedire l’accesso a un bene o luogo, privando la persona offesa della libertà di determinazione e azione.

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La sentenza integrale

RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE
Con decreto di citazione a giudizio emesso a seguito di opposizione a decreto penale di condanna dal G.I.P. in data 26.10.2018 Ta. Vi. era tratto a giudizio innanzi al Giudice Monocratico di Nola, per rispondere del reato di violenza privata perpetrato con le modalità narrate in rubrica.

All'udienza del dì 19.12.2019, assente l'imputato, ex art. 420 bis c.p.p., dopo i rinvii in data 29.04.2019 e 09.09.2019 disposti al fine del perfezionamento del rapporto processuale con l'imputato, il giudice ammetteva la costituzione di parte civile di Im. Iv.; quindi, dichiarava l'apertura del dibattimento e pronunciava ordinanza ammissiva dei mezzi di prova. Venivano, poi, escussi, la parte civile ed il maresciallo maggiore dei CC di (omissis), Ca. Or.

All'udienza del 27.02.2020, legittimamente impedito l'imputato, il g.m. dichiarava sospesi i termini di prescrizione, differendo la trattazione del processo.

Dopo i rinvii in data 27.04.2020 e 5.10.2020, quando, ritenuto legittimo l'impedimento del difensore dell'imputato, il Tribunale rinviava al 12.11.20, dichiarati sospesi i termini di prescrizione, la trattazione del processo veniva ancora rimandata ad altra data a causa della assenza giustificata dei testi della difesa.

Alla successiva udienza del 25.03.2021 il Tribunale revocava la dichiarazione di assenza del Ta. Vi., che compariva e si sottoponeva ad esame. All'esito, acquisita varia documentazione come da lui richiamata. Venivano escussi, quali testi a discarico, Ro. Nu. e D'Al. Ga.

Su istanza congiunta delle parti, veniva differita la trattazione senza formale chiusura dell'istruttoria che seguiva il 16.09.2021, dopo il rinvio in data 14.06.2021, quando veniva allegato al fascicolo processuale la consulenza tecnica richiamata a verbale.

Udite le conclusioni delle parti, su istanza di repliche da parte del P.M. veniva fissata l'udienza del dì 18.10.2021, quando, all'esito della camera di consiglio, il g.m. dava lettura del dispositivo, cui fa seguito la presente sentenza, per il cui deposito si indicava il termine di giorni 90.

Ritiene il giudicante che le prove orali e documentali raccolte nel corso dell'espletata istruttoria, consentano di giungere ad un'affermazione di penale responsabilità dell'imputato per il reato di cui all'art. 610 c.p. a lui ascritto in rubrica.

Ta. Vi. risponde, nel presente procedimento, del delitto di cui all'art. 610 c.p. "perché, con violenza consistita nel posizionare stabilmente autovetture a lui in uso in particolare, tg. (omissis) e (omissis), dinanzi all'ingresso pedonale - posto nel garage condominiale del fabbricato sito alla via (omissis) - agli appartamenti, impediva ad Im. Iv. l'accesso al predetto ingresso, costringendolo ad accedere alla propria abitazione o al garage effettuando il percorso esterno. In (omissis) dal 28.03.2018 condotta perdurante al 19.09.2018".

Im. Iv., escusso in dibattimento all'udienza del dì 19.12.2019, ha dichiarato, riferendo della denuncia da lui sporta dinanzi ai CC di (omissis) a monte del presente procedimento, che Ta. Vi., odierno imputato, nel marzo del 2018, parcheggiava due autovetture, una (omissis) ed una (omissis), nel garage comune dell'immobile in (omissis), alla via (omissis) n. (omissis), impedendogli, di fatto, l'ingresso al vano di accesso alle scale da lui utilizzato per giungere al suo appartamento. Im., constatato, dunque, che il veicolo in uso al Ta. ostruiva completamente il detto varco, contattava l'imputato, perché lo spostasse. Ta. invitava l'Im. a rivolgersi al proprio legale di fiducia, rimanendo sordo alle sue richieste e non provvedendo a rimuovere l'autovettura posta in prossimità dell'ingresso al vano di accesso alle scale.

La parte civile, dopo pochi giorni, inviava a mezzo del proprio legale di fiducia, un formale atto di diffida e costituzione in mora con il quale sollecitava, ancora una volta, il Ta., a spostare l'auto dal garage per consentirgli di passare. Il tutto, invano.

Precisava la persona offesa che, all'epoca del fatto, nel garage, come da scrittura privata del 20.7.2016, venivano parcheggiate quattro autovetture, due, dal Ta. nella parte destra, due, dall'Im., in quella sinistra, rispetto all'ingresso del vano scala.

A seguito degli accertamenti compiuti dai CC di (omissis) illustrati in dibattimento dal maresciallo maggiore Ca. Or., veniva acclarata, ancora in data 19.09.2018, nel garage dello stabile in (omissis), alla via (omissis) n. (omissis), la presenza delle due autovetture menzionate dalla parte civile, una (omissis) tg. (omissis) ed una (omissis), Tg. (omissis).

I veicoli erano parcheggiati come indicato dall'Im. Iv. in denuncia e tra gli stessi ed il muro vi erano solo pochi centimetri che non consentivano il passaggio e l'utilizzo del vano di accesso alle scale. I militari effettuavano rilievi fotografici, formando il fascicolo, poi acquisito agli atti.

Circostanze, peraltro, chiaramente emergenti anche dalle relazioni transitate nell'incarto processuale, quella del ctu del 9.08.2019, ing. Gi. Di Lo., quella del ctp, D'Al. Ga., espletate nel giudizio recante N.R.G.A.C. 2406/2018 GDP di Pomigliano D'Arco acceso da Ta. Vi. e Ro. Nu. nei confronti della odierna parte civile per la regolamentazione dei diritti sulle parti comuni dell'edificio.

Ta. Vi., in sede di esame, non ha contestato i fatti storici, come ricostruiti dalla parte civile, ma ha evidenziato che lo stesso Im. parcheggiava due auto nello spazio a lui assegnato e che era stato proprio la parte civile ad insistere perché si mettessero quattro autovetture.

Precisava, poi, di avere denunciato Im. Iv. per minacce.

I testi a discarico, Ro. Nu., moglie dell'imputato, ha confermato la sua medesima versione dei fatti; il teste, D'Al. Ga., ctp nominato del mentovato giudizio civile dal Ta. Vi., la cui perizia è acquisita agli atti, dava conto, così come il consulente tecnico d'ufficio, ing. Gi. Di Lo. nella perizia depositata ed unita all'incarto processuale, della impossibilità di parcheggio di due autovetture nello spazio assegnato al Ta. senza ostruire il vano di immissione alle scale.

Risulta di lapalissiana evidenza, nel caso de quo, che la narrata condotta dell'imputato, sia rilevante ex art. 610 c.p., sostenuta dal dolo che richiede la norma incriminatrice.

Si evidenzia che nel caso di costituzione di parte civile, attese le pretese economiche vantate dalla parte civile, e, dunque, l'interesse ad una pronuncia di condanna, il controllo di attendibilità della persona offesa deve essere più rigoroso rispetto a quello generico cui si sottopongono le dichiarazioni di qualsiasi testimone e può rendere opportuno procedere al riscontro di tali dichiarazioni con altri elementi (Cfr.: Cass. Pen. 24/2011).

Le dichiarazioni della persona offesa possono, anche da sole, essere poste a fondamento dell'affermazione di responsabilità penale dell'imputato e così configurarsi, anche in assenza di riscontri estrinseci, come fonte di prova ricostruttiva del fatto costituente il reato per il quale si procede (cfr. tra le altre Cass. n. 28837/2020; Trib. Napoli n. 4242/2020; Cass., Sez. Un., n. 41461/2012). Affinché la deposizione della persona offesa sia posta a fondamento della responsabilità penale dell'imputato occorre valutare la stessa con la dovuta cautela, all'uopo anche procedendo con un'approfondita indagine circa l'attendibilità delle propalazioni rese (cfr. Trib. Napoli, n. 11481/2018; Cass. n. 1818/2011). Necessita, in merito una previa verifica a mezzo della quale deve essere vagliata la credibilità soggettiva del dichiarante e l'attendibilità intrinseca del suo racconto (ex pluris: Trib. di Napoli, n. 3400/2020; Trib. Taranto n. 2775/2020; Cass. n. 46218/2018).

Occorre accertare anche se la narrazione si presenti logica, verosimile e coerente in riferimento ai fatti oggetto di giudizio, alle persone eventualmente coinvolte e alle altre circostanze utili per individuare l'interazione tra soggetto agente e persona offesa (Cass. Pen. n. 16351/2018; Trib. Chieti n. 321/2018 Cassazione Penale Sent. Sez. 1 Num. 13016 Anno 2020).

La verifica in merito alla credibilità soggettiva della persona offesa e all'attendibilità intrinseca del suo racconto deve essere più penetrante e rigorosa rispetto a quella cui vengono sottoposte le dichiarazioni di qualsiasi testimone (Cass. n. 28837/2020; Trib. Napoli, n. 12736/2019; Cass., Sez. Unite, n. 41461/2012), e ciò a fortiori allorché la stessa sia portatrice di un personale interesse all'accertamento del fatto.

In tali ipotesi può rendersi opportuno procedere al riscontro delle dichiarazioni della persona offesa con altri elementi, tali da escludere circostanze incompatibili con la condotta contestata (Trib. Napoli, n. 3400/2020; Cass., Sez. Un., n. 41461/2012) giacché in mancanza - onde affermare la responsabilità penale dell'imputato - le sue sole dichiarazioni potrebbero essere ritenute insufficienti nel sostenere ed avvalorare l'ipotesi accusatoria (Trib. Vicenza n. 528/2020).

Le dichiarazioni della persona offesa, dotate di intrinseca coerenza e non contraddittorie, debbono ritenersi sufficientemente riscontrate da tutti gli elementi di prova orale e documentale raccolti nel processo, gli accertamenti dei CC di (omissis) successivi alla denuncia, le stesse dichiarazioni dell'imputato che non ha contestato i fatti, nonché l'ampia documentazione transitata nel fascicolo.

La circostanza che tra le parti, in epoca coeva ai fatti, vi fosse in corso una causa civile avente ad oggetto anche l'esercizio del diritto di parcheggio all'interno del garage, non costituisce, a parere di questo giudice, circostanza esimente sotto il profilo psicologico, anzi rende ancor più evidente la consapevolezza da parte del Ta. Vi. in merito alla ostruzione del passaggio nel vano scale determinata in danno dell'Im. e da lui lamentata in denuncia.

Per quanto attiene al delitto di violenza privata menzionato nel capo di imputazione e perpetrato dal Ta. Vi. in danno di Im. Iv., dunque, certamente integrano gli elementi oggettivo e soggettivo del delitto de quo, le descritte condotte poste in essere dall'odierno imputato, avendo quest'ultimo impedito all'Im. intenzionalmente l'uso del vano di accesso alle scale.

Ed invero, ai fini della configurabilità del delitto di violenza privata, il requisito della violenza si identifica in qualsiasi mezzo idoneo a privare coattivamente l'offeso della libertà di determinazione e di azione.

Sotto il profilo soggettivo, ai fini della configurazione del reato di violenza privata è sufficiente la coscienza e volontà di costringere taluno, con violenza o minaccia, a fare, tollerare od omettere qualcosa, senza che sia necessario il concorso di un fine particolare: il dolo è, pertanto, generico.

Mette conto osservare che vi è una consolidata giurisprudenza di legittimità in forza della quale integra il delitto di violenza privata la condotta di colui che parcheggi la propria autovettura in modo tale da bloccare il passaggio impedendo l'accesso alla persona offesa considerato che, ai fini della configurabilità del reato in questione, il requisito della violenza si identifica in qualsiasi mezzo idoneo a privare coattivamente l'offeso della libertà di determinazione e di azione (Cass. 51236/2019; Sez. 5, n. 8425 del 20/11/2013; conf., ex plurimis, Sez. 5, n. 603 del 18/11/2011; Sez. 5, n. 1913 del 16/10/2017; Sez. 5, n. 48369 del 13/04/2017; Sez. 5, n. 29261 del 24/02/2017). I fatti di causa consentono di ritenere riconoscibili all'imputato le circostanze attenuanti generiche.

Venendo alla determinazione della pena, valutate tutte le circostanze di cui all'art. 133 c.p., stimasi equa la pena di mesi quattro di reclusione, così determinata: pena base mesi sei di reclusione, ridotta, ex art. 62 bis c.p. alla pena, in concreto, inflitta.

Segue, per legge, la condanna dell'imputato al pagamento delle spese processuali.

Al riconoscimento della responsabilità penale consegue l'obbligo per Ta. Vi. di risarcire alla costituita parte civile i danni morali conseguenza immediata e diretta del reato, da liquidarsi come da dispositivo, nonché di rifondere le spese legali di costituzione e rappresentanza liquidate in dispositivo.

Sussistendo i presupposti di legge e potendosi presumere che l'imputato si asterrà dal commettere ulteriori reati, può concedersi allo stesso la sospensione condizionale della pena.

P.Q.M.
Letti gli artt. 533 e 535 c.p.p., dichiara l'imputato, Ta. Vi., colpevole del reato a lui ascritto in rubrica e, concesse le circostanze attenuanti generiche, lo condanna alla pena di quattro mesi di reclusione, oltre che al pagamento delle spese processuali.

Pena sospesa.

Condanna, inoltre, Ta. Vi. al risarcimento dei danni non patrimoniali in favore della costituita parte civile, Im. Iv., che liquida, in via equitativa, in Euro 1000,00, oltre interessi dal fatto al soddisfo.

Condanna, altresì, Ta. Vi. alla rifusione delle spese di costituzione e rappresentanza sostenute dalla parte civile suddetta, che liquida in Euro 1500,00 oltre Iva, Cap e rimborso spese generali come per legge.

Letto l'art. 544 co 3 c.p.p. indica il termine di giorni 90 per il deposito della motivazione.

Così deciso in Nola, il 18 ottobre 2021

Depositata in Cancelleria il 17 gennaio 2022

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