Tribunale Nola, 12/01/2024, n.2211
La condotta di minacce, violenza privata e lesioni aggravate da futili motivi integra reati unificabili nel vincolo della continuazione, quando realizzati nell’ambito di un medesimo disegno criminoso volto a esercitare sopraffazione su altri soggetti per scopi personali.
Svolgimento del processo
Con decreto di citazione emesso dal P.M. sede il 6.11.2020, MA.Ci. e RE.Ma. venivano tratti a giudizio di questo Tribunale per rispondere del reato in epigrafe trascritto innanzi alla dott.ssa (…).
Alla prima udienza del 14.6.2021, veniva dichiarata l'assenza degli imputati, regolarmente citati e non comparsi e si dava atto della costituzione di parte civile delle persone offese.
La successiva udienza del 6.9.2021 veniva rinviata per assenza testi, mentre all'udienza del 31.1.2022 veniva dichiarata l'apertura del dibattimento, le parti formulavano le proprie richieste di prova che il giudice ammetteva e si acquisiva il referto medico rilasciato a Te.Ra. il 7.9.2018. Con il consenso delle parti, inoltre, si acquisivano le denunce sporte dalle p.o. Te.Um., Te.Ra. e Mo.Co. e il processo veniva rinviato il prosieguo.
La successiva udienza del 30.5.2022 veniva rinviata per assenza testi sul ruolo della dott.ssa (…) ai sensi del decreto n. 54/2022 del Presidente del Tribunale.
Dopo gli ulteriori rinvii disposti alle successive udienze del 27.9.2022, del 14.2.2023 e del 16.5.2023 da parte del Got in sostituzione della dott.ssa (…), trasferita in altro ufficio giudiziario, si giungeva in quella dell'11.7.2023 nella quale si rinnovava la dichiarazione di apertura del dibattimento e si procedeva ad escutere il teste presente Sc.An.
All'esito il Pm dichiarava di revocare l'altro teste di P.G. e il giudice disponeva in conformità per superfluità. Il processo veniva a quel punto rinviato in prosieguo all'udienza del 28.11.2023.
In quella sede il processo veniva celebrato dalla scrivente, subentrata sul ruolo ai sensi del decreto n. 135/2023 del Presidente del Tribunale: si procedeva quindi alla rinnovazione della dichiarazione di apertura del dibattimento e le parti si riportavano alle proprie richieste istruttorie che venivano ammesse. Con il loro consenso si dichiarava l'utilizzabilità delle prove assunte e si acquisiva la denuncia sporta da Ci. con rinuncia al suo esame.
Alla successiva udienza del 12.12.2023 si dava atto che la denuncia sporta da Mo.Co. era inglobata in quella sporta dal marito Te.Um., a quel punto il giudice provvedeva alla formale dichiarazione di chiusura dell'istruttoria dibattimentale e invitava le parti a rassegnare le proprie conclusioni riportate in epigrafe, sulla base delle quali pronunciava la sentenza di cui all'allegato dispositivo.
Motivi della decisione
Sulla scorta dell'istruttoria dibattimentale svolta e degli atti acquisiti al fascicolo del dibattimento, va affermata la penale responsabilità degli odierni imputati per i fatti loro ascritti. La vicenda per cui si procede può essere ricostruita nei seguenti termini.
Va premesso che nel maggio del 2018 i coniugi Te.Um. e Mo.Co. avevano concesso alla famiglia Ma. (così composta: Ma.Vi. e la moglie Re.An. e i figli Cr. e Ci.) un appartamento di loro proprietà sito in Br. alla via (…), nello stesso stabile ove gli stessi risiedono. I coniugi Ma. avevano occupato l'appartamento dal mese di giugno, prima ancora di aver attivato le utenze a loro nome, in quanto erano ancora attivi i contratti stipulati dai proprietari. Dopo qualche tempo, resosi conto che il Ma. non aveva fatto richiesta di fornitura di energia elettrica, il Te.Um. gli aveva staccato il collegamento con il contatore a suo nome, non intendendo più pagare per l'elettricità consumata dai suoi inquilini.
A seguito di questo evento, il giorno 7.9.2018 era scaturita una discussione tra il Te.Um. e il Ma.Ci., il quale nell'occasione aveva minacciato i coniugi Te. dicendo loro "ora vado a prendere una latta di benzina e do fuoco alla casa". Udito ciò, spaventati dai possibili comportamenti del Ma., i Te. avevano chiesto aiuto alla loro figlia Ra., che, giunta sul posto, nell'occasione fu anche lei vittima di minacce da parte del Ma., che si scagliò contro la donna anche fisicamente.
Nella denuncia sporta dalla Te.Ra. il 19.9.2018, la donna riferiva, infatti, che a seguito della decisione del padre di staccare il contatore dell'appartamento locato ai Ma., costoro non avevano perso occasione per rivolgersi ai suoi genitori con toni aggressivi e minacciosi e, inoltre, non avevano mai pagato i canoni di locazione. In particolare, il giorno 7.9.2018, gli anziani genitori avevano chiesto il suo aiuto a seguito di un'ennesima minaccia ricevuta da Ma.Ci.: sopraggiunta a casa di costoro, mentre cercava di mettere pace tra i genitori e gli inquilini, Re.Ma. si era rivolta nei suoi confronti dicendole "vrenzola puttana, zoccola, togliti di mezzo perché non sei nessuno in questa casa e il figlio Ma.Ci. l'aveva colpita con un portaombrelli: nel tentativo di schivare il colpo, la Te. era stata colpita alla mano ed era rovinata al suolo. A quel punto la donna aveva preso il cellulare per registrare quanto stava accadendo, ma l'imputato si era nuovamente scagliato contro di lei, colpendola con un calcio al ginocchio destro.
Te.Ra. aveva quindi chiamato le forze dell'ordine, che però non erano sopraggiunti non essendovi pattuglie disponibili. Prima di allontanarsi, il Ma.Ci. l'aveva ulteriormente minacciata dicendole "non ti preoccupare! Questa sera vengo al negozio e metto una bomba" (la p.o. chiariva, infatti, di gestire con il marito un negozio di ferramenta a Castello di Cisterna). In seguito a questi fatti, la Te. si era portata presso il p.s. della (…) dove le venivano refertate lesioni personali consistite in "algia alla mano dx, alle gambe e alle ginocchia per percosse ripetute a seguito di aggressione da parte di persona nota" giudicate guaribili in giorni 2 (cfr. referto in atti).
Infine, la Te. riferiva di non aver avuto più a che fare con i Ma. fino al 19 settembre, giorno in cui i genitori l'avevano chiamata perché gli imputati avevano danneggiato il portoncino d'ingresso in alluminio rompendo i vetri. Nell'occasione Ma.Ci. aveva anche divelto l'armadietto che copriva i contatori dell'energia elettrica, lanciandolo davanti alla porta d'ingresso dei Te.
Quel giorno, su richiesta di Te.Lu., figlio di Te.Um. e della M., era intervenuta una pattuglia della sezione radiomobile dei Carabinieri di Castello di Cisterna, composta dagli agenti Sc. e D.Ma., i quali avevano raccolto le dichiarazioni del richiedente e constatato l'avvenuta rottura del portone del palazzo, i cui vetri erano in frantumi.
I fatti riferiti dai coniugi Te. e dalla figlia Ra. venivano confermati anche da Ci.Ma., anche ella inquilina dei Te. e residente nell'appartamento di fronte a quello occupato dai Ma.
La Ci., in particolare, riferiva che gli imputati sin dal principio avevano dato fastidio nel palazzo, con rumori e schiamazzi continui, e rispondevano sempre in tono scortese e maleducato a qualunque richiesta. Ricordava, poi, che in data 4.9.2018, mentre si trovava in strada sotto al balcone della casa dei Ma., le era arrivato addosso un mozzicone di sigaretta accesa, che le provocò una bruciatura: alzato lo sguardo aveva notato che vi era Re.Ma. affacciata al balcone sopra di lei. Era quindi sopraggiunto sul balcone anche il figlio Ciro, che le disse "ti devo buttare una latta di benzina addosso e ti devo bruciare da testa a piedi!, prima che vado via vi devo mettere una latta qua sotto e devo far scoppiare tutto il palazzo" mentre la Re.: "puttana zoccola vai a fare i bocchini".
La Ci., infine, confermava anche l'episodio avvenuto il 19.9.2018, sera nella quale aveva sentito i Ma. profferire minacce e insulti e poi un rumore di colpi inferti alla serranda di ferro del portone e quindi di vetri infranti. Quando era scesa, aveva quindi constatato l'avvenuta rottura del portone e dell'armadio ove erano custoditi i contatori di (…).
Ora, sulla base di tali risultanze processuali, ad avviso di questo giudice, risulta certamente dimostrata la realizzazione da parte degli imputati dei contestati reati di violenza privata e di lesioni, aggravate dall'aver il Ma. agito per futili motivi.
Le persone offese hanno riferito delle minacce subite dagli imputati, i quali si sono rinvolti sia verso il nucleo familiare Te.-Mo., che nei confronti della Ci. con frasi gravemente minacciose al fine di farli desistere dalle richieste di pagamento dei canoni arretrati, ovvero di utilizzo della corrente elettrica erogata dal contatore pagato dal Te.Um., ovvero a tollerare i loro comportamenti aggressivi e molesti senza lamentarsene.
I fatti sono stati esposti in maniera chiara e lineare dalle persone offese, che non sono parse alimentate da alcun intento calunniatolo ai danni degli imputati - i quali, per inciso, non hanno fornito una versione alternativa dei fatti - e hanno reso una versione priva di contraddizioni logiche o di tratti di inverosimiglianza e si sono riscontrati vicendevolmente quanto agli episodi più gravi, come quello delle lesioni ai danni di Rachele o del danneggiamento del portone del palazzo.
Va al riguardo ricordato che, come chiarito in. Più occasioni dalla giurisprudenza di legittimità (cfr. ex multisCass. sez. pen. 1, 24/9/97 nr. 8606, Sez. 2, Sentenza n. 43278 del 24/09/2015) la valutazione nel merito della testimonianza resa dalla persona offesa può costituire una fonte di convincimento, ancorché esclusiva, per il giudice; tuttavia, affinché possa essere posta a fondamento di un giudizio di colpevolezza, deve essere sottoposta ad un rigoroso vaglio critico della sua attendibilità, sia intrinseca che estrinseca, al fine di escludere che sia l'effetto di mire deviatrici.
In sostanza, alla persona offesa è riconosciuta la capacità di testimoniare a condizione che la sua deposizione, non immune da sospetto per essere la stessa portatrice di interessi in posizione di antagonismo con quelli dell'imputato, sia ritenuta veridica, dovendosi a tal fine far ricorso all'utilizzazione ed all'analisi di qualsiasi elemento di riscontro o di controllo ricavabile dal processo (Cass. pen., Sez. 5, n. 839 del 03/11/1992).
Come già anticipato, le dichiarazioni rese dalle persone offese hanno superato il vaglio di attendibilità intrinseca, parendo senza dubbio credibili, nonché estrinseca, essendo riscontrate dalla testimonianza resa dal teste di p.g., oltre che dal referto medico acquisito in atti attestante l'avvenuta produzione di lesioni personali cagionate a Te.Ra. compatibili con i colpi a lei inferti dal Ma.
Quanto al contributo dato da ciascuno degli imputati, entrambi hanno concorso alla realizzazione del reato di cui all'art. 610 c.p., innescando la propria condotta su quella dell'altro.
Quindi, a parere del giudicante, senza dubbio Ma.Ci. e Re.Ma. vanno dichiarati colpevoli del reato di cui all'art. 610 c.p., loro contestato al capo a) della rubrica e il Ma. anche del reato di cui al capo b), essendo stato provato che egli abbia volontariamente cagionato a Te.Ra., attraverso la sua azione violenta, delle lesioni personali lievi.
E', inoltre, sussistente la circostanza aggravante contestata, ovvero l'aver commesso il fatto per futili motivi, dal momento che il Ma. ha colpito la Te.Ra. solo perché costei era intervenuta in aiuto degli anziani genitori.
Secondo la giurisprudenza della Corte di Cassazione a cui questo Giudice aderisce "la circostanza aggravante dei futili motivi sussiste ove la determinatone criminosa sia stata indotta da uno stimolo esterno di tale levità, banalità e sproporzione, rispetto alla gravità del reato, da apparire, secondo il comune modo di sentire, assolutamente insufficiente a provocare l'anione criminosa, tanto da potersi considerare, più che una causa determinante dell'evento, un mero pretesto per lo sfogo di un impulso violento (Fattispecie relativa all'omicidio preterintenzionale del coniuge determinato dalla reazione ad una lite provocata dalla gelosia della vittima - cfr. Cass. Pen. Sez. 5, Sentenza n. 25940 del 30/06/2020 Ud. (dep. 11/09/2020) Rv. 280103 - 02).
In assenza di alcun comportamento positivamente valutabile tenuto dagli imputati, essi non appaiono meritevoli della concessione delle circostanze attenuanti generiche.
Giova in proposito ricordare che le circostanze attenuanti generiche sono state introdotte per consentire soltanto una migliore individualizzazione della pena al caso concreto e non devono trasformarsi in uno strumento improprio per mitigare il rigore delle sanzioni, tanto che è stato necessario un intervento del legislatore che ha imposto, per legge, dei limiti alla concessione delle stesse. Le quali, per la loro atipicità, possono soltanto consentire al giudice di valutare elementi di fatto particolarmente significativi, sia di natura oggettiva che soggettiva, capaci di far risaltare il valore positivo del fatto, elementi positivi che non sono assolutamente rilevabili nel presente processo, I reati per i quali gli imputati sono chiamati a rispondere possono essere unificati sotto il vincolo della continuazione, essendo stati evidentemente commessi in esecuzione di un medesimo disegno criminoso.
Pertanto, tenuto conto di tutti i criteri valutativi di cui all'art. 133 c.p., stimasi equo irrogare a Ma.Ci. la pena finale di anni uno e mesi sei di reclusione, determinata partendo dalla pena di un anno di reclusione per il reato più grave di lesioni aggravate, aumentata di mesi due per ogni episodio di violenza aggravata e a Re.Ma. la pena di mesi otto di reclusione, partendo da una pena base di mesi sei di reclusione, aumentata di due mesi a titolo di continuazione.
Consegue per legge, ai sensi dell'art. 535 c.p.p., la condanna degli imputati al pagamento delle spese processuali.
In considerazione del quantum delle pene irrogate e del fatto che gli imputati sono incensurati, sussistono i presupposti normativi per la concessione agli stessi del beneficio della sospensione condizionale della pena.
Riguardo alla domanda di natura civilistica formulata nel presente giudizio, va osservato che la realizzazione dei reati per cui si procede da parte degli imputati ha indubbiamente provocato dei pregiudizi alle persone offese di carattere fisico e morale e pertanto il Ma. e la Re. vanno condannati al risarcimento del danno in favore delle parti civili costituite, da liquidarsi in separato giudizio.
Infine, l'imputato, soccombente nel giudizio civile instaurato nell'ambito del processo penale, va condannato al pagamento delle spese di costituzione e rappresentanza affrontate dalla parte civile costituita, che si liquidano come segue: fase di studio euro 500,00, fase introduttiva euro 500,00, fase istruttoria euro 500,00 fase decisoria euro 1.000,00: totale di 2.500,00 euro, oltre IVA e CPA e rimborso spese generali nella misura del 15 per cento, come per legge.
Si ritiene congruo indicare un termine di novanta giorni per il deposito della motivazione.
P.Q.M.
Letti gli artt. 533 e 535 c.p.p. dichiara Ma.Ci. e Re.Ma. colpevoli dei reati a loro ascritti in rubrica, riunti sotto il vincolo della continuazione, e per l'effetto condanna Ma.Ci. alla pena di anni uno e mesi sei di reclusione e Re.Ma. alla pena di mesi otto di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali.
Letti gli artt. 538 e ss. c.p.p., condanna gli imputati al risarcimento dei danni in favore delle costituite parti civili da liquidarsi in separata sede.
Condanna, altresì, Ma.Ci. e Re.Ma. al pagamento delle spese di costituzione e rappresentanza in favore delle costituite parti civili, che liquida complessivamente 111 euro 2.500,00, oltre IVA e CPA e rimborso spese generali nella misura del 15 per cento, come per legge.
Concede agli imputati il beneficio della sospensione condizionale della pena.
Fissa in giorni 90 il termine per il deposito della motivazione.
Così deciso in Nola il 12 dicembre 2023.
Depositata in Cancelleria il 12 gennaio 2024.