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Violenza privata e concorso in reati plurimi: accertamento della responsabilità e limiti probatori sulla sottrazione patrimoniale (Collegio - Cristiano presidente)

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Tribunale Napoli sez. IV, 20/03/2010, (ud. 26/02/2010, dep. 20/03/2010)

La partecipazione attiva e continuativa ad aggressioni fisiche e verbali, anche in contesti successivi al fatto principale, integra il concorso nel reato di violenza privata, pur in assenza di un'organizzazione preordinata tra i soggetti coinvolti. L'assenza di prova certa sulla sottrazione di beni personali può giustificare l'assoluzione dall'accusa di rapina.

Violenza privata e concorso in reati plurimi: accertamento della responsabilità e limiti probatori sulla sottrazione patrimoniale (Collegio - Cristiano presidente)

Violenza privata in forma tentata: minacce e condotte intimidatorie nella guida (Giudice Rossana Ferraro)

Violenza privata e lesioni aggravate: continuità del disegno criminoso e risarcimento alle parti civili (Giudice Simona Capasso)

Condanna per violenza privata: ostruzione del passaggio e configurabilità del dolo generico (Giudice Speranza Fedele)

Violenza privata: non punibilità per particolare tenuità del fatto (Giudice Gemma Sicoli)

La sentenza integrale

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con decreto dispositivo del giudizio immediato emesso dal GIP, per la data del 22.1.10 veniva tratto innanzi a questo Collegio della sezione IV del Tribunale di Napoli P.C. per rispondere dei reati precisati in rubrica.

Presente l'imputato - detenuto in carcere per questi fatti -, si dava corso alle formalità di apertura del dibattimento; data lettura delle imputazioni, il PM chiedeva la prova con i testi di lista, l'esame dell'imputato ed allegava documentazione - verbale di fermo, referti medici del P.S.; la difesa si riservava il controesame dei testi e chiedeva quello dell'imputato e dei propri come da lista.

Su tali richieste il tribunale pronunciava come da ordinanza contenuta nel verbale cui si rinvia integralmente, con particolare riferimento alla mancata ammissione dei testi a discarico per la genericità del capitolato di prova.

Venivano quindi ascoltati la p.o. G.M. ed il teste Bu.G. della P.G.; revocata poi l'ammissione degli altri testi di P.G. - avendo tutti svolto lo stesso accertamento - veniva reso l'esame da parte dell'imputato.

All'esito, sulla concorde richiesta delle parti, ex art.195 c.p.p. veniva esaminato D.C.L., originariamente indicato nella lista a discarico.

Sostituita quindi la misura cautelare della CCC con gli AA.DD., esaminato quest'oggi ex art. 210 co. 1 c.p.p. l'imputato A.E. - avvalsosi della facoltà di non riportate in epigrafe, il Tribunale emetteva il dispositivo, riservandosi il deposito dei motivi.

MOTIVI DELLA DECISIONE
Osserva il Tribunale che dall'istruttoria espletata è stata raggiunta la prova piena della responsabilità dell'imputato solamente in ordine ai fatti - reato a lui ascritti sub 2) e 3); non così pure per quello di cui all'art. 628 c.p. sub 1) dal quale va mandato assolto per non aver commesso il fatto conformemente alle convergenti conclusioni delle parti.

Dalla ricostruzione dei fatti offerta dalla p.o. G.M., è emerso inequivocabilmente che ella, nel pomeriggio del 27.10.2009, nel percorrere con la propria Fiat Stilo una via di P., ebbe ad impattare con un ciclomotore a bordo del quale si trovavano due ragazzi, poi riconosciuti per A.E. e D.F.S.. I due, una volta rialzatisi dopo la caduta, l'avevano aggredita, attribuendole la responsabilità dell'accaduto; quando, poco dopo, la donna si era rifiutata di seguirli c/o un vicino bar, come richiesto da loro, era stata nuovamente picchiata. L'aggressione si era ripetuta ancora una terza volta allorquando, dopo che i due l'avevano minacciata di denuncia per omissione di soccorso, la donna aveva replicato di aver preso il numero di targa del loro motorino. Questa terza aggressione era avvenuta con calci, pugni e tirate di capelli a seguito delle quali la G. era caduta a terra, frattanto che A.D.F. e G. si stavano dirigendo verso il vicino bar. La G. in quei frangenti aveva appena verificato che il motorino coinvolto nell'incidente era sparito quando sopraggiunsero diverse altre persone, circa una decina: tra queste l'odierno imputato che l'aveva colpita insieme agli altri. In quel contesto i suoi aggressori avevano anche infilato le mani nella borsa che stringeva al braccio: a suo dire credevano che vi fosse l'appunto sulla targa che invece aveva solo memorizzata. Pertanto, dopo che i ragazzi dell'incidente si erano allontanati a bordo di un ciclomotore condotto da una terza persona, quando era salita sulla propria auto per andarsene a sua volta, era stata nuovamente aggredita dal P.. Questi, minacciandola anche di morte e chiamandola in napoletano ripetutamente "bionda", colpendo l'auto con calci e pugni, pretendeva che gli desse il numero di targa. Tale aggressione alla sua auto, portata con calci e "cazzotti nel vetro" tanto da temerne la rottura, era stata ripetuta dall'imputato anche più avanti, alla fine di via C.. In tale punto era stata bloccata da un motociclo che l'aveva pedinata sin dal luogo dell'incidente. Anche in quella occasione P. aveva ripreso a minacciarla e colpirla con calci nell'auto. Era quindi finalmente giunta, dopo aver parlato a telefono con il marito ed ancora sconvolta per l'accaduto, al Pronto soccorso dell'Osp. S. Paolo dove le avevano refertato varie lesioni e dove aveva, con terrore, rivisto i due ragazzi dell'incidente. Li aveva perciò prontamente segnalati alla P.S. ed aveva denunciato l'accaduto. Aveva infine effettuato il riconoscimento - rectius individuazione - dei due ragazzi sul motorino protagonisti dell'incidente ed anche di P.C., che aveva immediatamente riconosciuto in assoluta sicurezza. La teste più volte ha precisato di aver potuto bene osservare più volte ed anche a distanza ravvicinata il P. da lei più volte distintamente visto nel corso delle reiterate aggressioni. La donna ha infine precisato di aver scoperto solo più tardi, e su invito del marito, l'assenza nella propria borsa del portafogli e della somma di E. 500,00 in esso contenuta: credeva infatti che i suoi aggressori, rovistando nella sua borsa, ne avessero asportato solo i documenti. Ha precisato infine che non aveva visto nessuno dei tre imputati prelevare il danaro e che l'imputato, che aveva partecipato solo alla terza delle aggressioni, l'aveva minacciata di morte perché gli desse il numero di targa del motorino che apparteneva al papà o al fratello.

Il teste della PG esaminato ha ricordato di aver identificato e quindi sottoposto a fermo di PG, sulla base della denuncia della G. e dalle dichiarazioni rese da A., l'odierno imputato e gli altri due soggetti, sottoposti tutti alla ricognizione di persona da parte della denunciante. A seguito di tale atto di indagine la G. aveva riconosciuto in assoluta sicurezza P.C., A. e D.F.S. quali protagonisti dei fatti denunciati mentre sugli altri soggetti identificati non aveva avuto analoga certezza.

Dal proprio canto l'imputato nell'esame reso ha cercato di minimizzare la propria partecipazione ai fatti, limitandola ai colpi portati - schiaffi allo sportello - solamente all'auto della G., perché questa aveva erroneamente preso il numero di targa di un veicolo del tutto estraneo all'incidente. Ha aggiunto di essere arrivato sul luogo dell'incidente nel quale era stato coinvolto il suo amico E. solo dopo la sua verificazione, a bordo del motociclo condotto dall'amico Ba.: questo era il ciclomotore del quale la donna aveva annotato la targa - suscitando la sua reazione -. L'imputato ha ammesso inoltre di aver inseguito la donna con l'amico quando questa si era allontanata in auto e di averne nuovamente colpito l'auto con gli schiaffi per indurla a "cancellare" il numero di targa, sempre però senza sfiorarla.

Infine il teste D.C.L., originariamente indicato a discarico ed ammesso dal Tribunale ex art. 195 c.p., dopo una prima versione dei fatti diretta a favorire l'imputato - questi avrebbe solo scagliato pugni contro la auto della donna -, innanzi alle contestazione del PM, ha smentito P.. Infatti egli ha dovuto riconoscere che erano giunti sul luogo dell'incidente dal frontistante parco insieme ed a piedi (non quindi in moto con Ba.); ed ha dovuto altresì riconoscere che, essendo egli poco dopo ritornato nel parco a differenza dell'amico, vi erano stati diversi minuti - almeno cinque - durante i quali l'imputato si era trattenuto sul luogo dell' incidente, rimanendo così del tutto fuori dalla sua osservazione.

Le emergenze istruttorie sono completate dal verbale di fermo dei CC. di Napoli Rione Traiano, dai referti medici del P.S. Osp. S. Paolo evidenzianti le lesioni patite dalla p.o. G.M. (trauma toraco addominale, trauma cranico, contusione spalla dx e ginocchio sx guaribili in gg. 25 s.c.) e quelle della D.F..

Da esse risulta certa la consumazione da parte dell'imputato, in concorso con A.E. e con la minore D.F.S., dei reati sub 2) e 3): le chiare dichiarazioni della p.o., anche per come riscontrate dalla documentazione medica acquisita - hanno pienamente dimostrato le diverse e successive aggressioni fisiche e verbali portate dai tre soggetti - unitamente ad altri rimasti ignoti o comunque di non certa identificazione -; così come la violenza privata adoperata dal P.C. nei confronti della donna, con le medesime violenze fisiche e minacce verbali, affinché ella "dimenticasse" il numero di targa del motociclo del suo amico. Tale veicolo, per come dimostrato dalle stesse parole della p.o., era effettivamente estraneo al sinistro stradale anche se non del tutto privo di valenza contro gli odierni imputati, costituendo indubbiamente l'unico elemento nelle mani della G. per una eventuale iniziativa legale sulla base dell'accaduto.

Del resto del tutto irrilevante, innanzi alle citate dichiarazioni della p.o., risulta la circostanza della mancata partecipazione dell'imputato odierno anche alla precedenti due aggressioni portate dai coimputati alla G.: certo è che egli la ebbe a colpire con calci e pugni insieme agli altri; seguitando poi a colpire la sua auto e minacciarla anche dopo l'allontanamento dei coimputati.

Al riguardo le dichiarazioni dell'imputato risultano del tutto non veritiere e, come visto, in stridente contrasto con lo stesso D.C.. Inoltre, per altro verso, esse appaiono comunque poco credibili tenuto conto della persistenza, nel tempo e nello spazio, della sua violenza contro la donna per come da egli stesso ammesso in sede di esame; invero egli ha riconosciuto di aver seguito l'auto della donna in luogo lontano da quello dell'incidente e di essersi scagliato contro di essa.

Invece, quanto al reato di rapina sub 1), va preso atto che non può ritenersi provato in modo certo che, nel parapiglia della aggressione, proprio l'imputato odierno ed i coimputati abbiano sottratto il portafogli ed il danaro in esso contenuto alla G., prelevandoglieli dalla borsa nella quale pure avevano tutti e tre rovistato. Sul punto la p.o., in assoluta sincerità, ha riconosciuto di non averli visti nell'atto di "sfilare" il portafogli.

Tanto premesso va pronunciata nei confronti di P.C., sentenza di condanna in relazione ai fatti ascrittigli sub 2) e 3), esclusa l'aggravante reati da ritenere accomunati dal medesimo disegno criminoso sotto la più grave ipotesi sub 3).

La condotta processuale e la oggettiva gravità dei fatti accertati, ad onta della incensuratezza dell'imputato come da certificato penale in atti, ostano al riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.

Quanto alla determinazione della pena, valutati i criteri di riferimento di cui all'art. 133 c.p., si stima equa quelle di anni 2 mesi 6 di reclusione, pena così determinata: p.b. per il capo 3) anni 2 mesi 2 di reclusione, aumentata per la continuazione per l'art. 582 c.p. fino alla pena complessiva indicata.

Seguono le spese processuali e della custodia cautelare sofferta come per legge.

Ai sensi degli artt. 163 c.p., la personalità dell'imputato e la stessa sua giovane età, favoriscono la prognosi favorevole in ordine alla concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena ai sensi dell'art. 163 co. 4 c.p., trattandosi di soggetto infraventunenne all'epoca dei fatti.

PER QUESTI MOTIVI
letti gli artt. 533 e 535 c.p.p., dichiara P.C. colpevole dei reati a lui ascritti sub 2) e 3) ed, esclusa l'aggravante di cui all'art. 61 n.2 c.p., unificati i reati per la continuazione sotto la più grave ipotesi sub 3), lo condanna alla pena di anni due mesi sei di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali e della custodia cautelare.

Pena sospesa.

Letto l'art. 300 c.p.p. dichiara la sopravvenuta inefficacia della misura cautelare in atto e per l'effetto ordina immediata liberazione di P.C. se non detenuto per altra causa.

Letto l'art. 530 co. 2 c.p.p. assolve P.C. dal reato ascrittogli sub 1) per non aver commesso il fatto.

Motivi in trenta giorni.

Napoli 26.2.2010

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