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Violenza privata: non punibilità per particolare tenuità del fatto (Giudice Gemma Sicoli)

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Tribunale Nola, 10/01/2023, n.24

Il reato di violenza privata può ritenersi non punibile ai sensi dell'art. 131-bis c.p. qualora, in relazione alla particolare tenuità dell'offesa arrecata e in assenza di abitualità della condotta, le modalità del fatto, l'assenza di danni concreti e le circostanze del caso concreto ne evidenzino una minima offensività.

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Violenza privata: non punibilità per particolare tenuità del fatto (Giudice Gemma Sicoli)

La sentenza integrale

Svolgimento del processo
Con decreto di citazione emesso dalla Procura in sede del 03.01.22, veniva disposto il rinvio a giudizio di Ru. Al. innanzi a questo Tribunale in composizione monocratica, chiamato a rispondere dei reati trascritti in rubrica.

Alla prima udienza dibattimentale del 03.05.2022 il Giudice dava atto dell'omessa indicazione del difensore dell'imputato nel corpo del DC e il PM procedeva all'integrazione dello stesso, indicando come difensore di fiducia dell'imputato l'avv. Vi. Gi., come da verbale di interrogatorio che produceva. La scrivente disponeva in conformità. Alla medesima udienza il Giudice, stante l'omessa notifica del DC e del verbale d'udienza all'imputato, ne disponeva la rinotifica e la trasmissione allo stesso e, in caso di esito negativo, ex art. 161 co.4 c.p.p.. Il Giudice procedeva alla rinotifica e trasmissione del verbale d'udienza altresì nei confronti della PO al domicilio eletto, come da nomina della stessa prodotta dal PM e, all'esito, rinviava il processo all'udienza del 25.10.2022.

Alla predetta udienza, il Giudice dava atto dell'assenza dell'imputato e dichiarava aperto il dibattimento, le parti formulavano le rispettive richieste istruttorie e, attesa la pertinenza e la rilevanza delle prove richieste, ammetteva le stesse con ordinanza.

La scrivente procedeva all'escussione del teste Sa. Lu. e, con il consenso delle parti ex art. 493 co. 3 c.p.p., acquisiva la denuncia querela sporta dalla PO e procedeva altresì alla sua escussione con domande a chiarimento. La scrivente dava atto che la PO esprimeva la volontà di rimettere la querela sporta in data 11.02.2021.

La scrivente procedeva all'acquisizione, previo consenso delle parti ex art. 493 co. 3 c.p.p., dei verbali, di S.i.t. rese dai testi Lo. Ed., Ma. Ro., Ro. Do. e dell'annotazione di pg redatta dal teste Ru. Sa. e, attesa la rinuncia delle parti alla loro escussione, ne revocava l'ordinanza ammissiva. All'esito il processo veniva rinviato all'udienza del 10.01.2023

All'odierna udienza il Giudice, dato atto dell'assenza dell'imputato, acquisiva agli atti il verbale di interrogatorio dello stesso, all'esito il Giudice dichiarava chiusa l'istruttoria utilizzabili gli atti presenti al fascicolo del dibattimento ed invitava le parti a concludere, sulle conclusioni delle parti, a seguito della deliberazione in camera di consiglio, pronunciava sentenza come da dispositivo letto in udienza.

Motivi della decisione
Ritiene questo Giudice di dover assolvere l'imputato dal reato ascrittogli trattandosi di fatto non punibile per particolare lievità, a norma dell'art. 13 l-bis c.p..

Sulla scorta delle fonti di prova documentali raccolte, poste a fondamento della decisione (denuncia querela sporta da Sa. Lu. nei confronti di Ru. Al. in data 16.02.2021/ verbale di interrogatorio del 17.06.2021 / verbale di S.i.t. rese da Lo. Ed. del 17.02.2021 / verbale di s.i.t. rese da Ma. Ro. del 12.07.202l / verbale di s.i.t. rese da Ro. Do. del 14.07.202l / annotazione di PG del 09.02.202l / testimonianza resa dalla P.O. Sa. Lu. all'udienza del 26.10.2022) la vicenda processuale risulta così brevemente ricostruita.

Il presente procedimento trae origine dalla querela presentata alla Stazione Carabinieri di (omissis) da Sa. Lu. in data 09.02.2021 nei confronti di Ru. Al..

In sede di denuncia querela la P.O. dichiarava che, in data 09.02.2021 alle ore 18.00 circa, recatosi presso il distributore di carburante "(omissis)" sito in (omissis) alla Via (omissis), dopo aver chiesto e ricevuto rifornimento per un importo pari ad Euro 20, si avvedeva di non avere con sé il portafogli e, dunque, i soldi per adempiere al pagamento del carburante; a tal punto, il Sa. si rendeva disponibile a recarsi immediatamente presso la propria abitazione per prendere il denaro, e successivamente ritornare sul posto per estinguere il debito, lasciando anche fotocopia del documento di identità all'operatore, quale garanzia del suo ritorno. Dal verbale di denuncia-querela emerge che l'operatore pretendeva di trattenere la carta di circolazione fino al ritorno del Sa., ma quest'ultimo si opponeva asserendo che non avrebbe potuto spostarsi senza la stessa e che l'operatore non aveva nessuna qualifica per trattenerla. Il querelante, pertanto, invitava l'operatore a chiamare il responsabile del distributore che, giunto sul posto, inveiva contro il Sa., pronunciando frasi minacciose come "o paghi o ti rompo il culo" aggredendolo verbalmente e spintonandolo. La P.O. dichiarava altresì che, nonostante il tentativo di esporre al Ru. l'intenzione di pagare quanto dovuto recandosi momentaneamente presso la propria abitazione per prendere il denaro e ritornare, quest'ultimo apriva con violenza la portiera anteriore lato passeggero della sua autovettura e, prendendo le borse che erano riposte all'interno, di proprietà del Sa., le lanciava con forza a diversi metri provocando la rottura dello schermo del tablet di lavoro e, successivamente, le requisiva, pronunciando la frase "tu da qua non te ne vai se non cacci i soldi", entrava altresì nell'autovettura e si appropriava delle chiavi, provocando la rottura del laccetto della chiave, del block shaft. A tal punto il querelante, impossibilitato ad andar via per recuperare il denaro, contattava la Stazione Carabinieri di (omissis), richiedendo il loro intervento. Nell'attesa elei militari, il Ru. continuava a minacciare ed aggredire verbalmente la P.O. e a trattenere le chiavi e le borse, finché un altro soggetto interveniva per placare l'aggressione e restituiva gli oggetti al Sa.. I Militari operanti, ivi giunti, raccoglievano le generalità di entrambi i soggetti.

Dal verbale di denuncia-querela emerge altresì che il Sa., in data 11.02.2021 si recava presso il distributore e pagava quanto dovuto.

In sede di interrogatorio (Cfr. verbale di interrogatorio della persona sottoposta alle indagini del 17.06.2021 reso alla P.G.) l'imputato, Ru. Al., negava ogni addebito e avanzava richiesta di archiviazione del procedimento con richiesta di avviso, asserendo che al tempo dei fatti, a seguito dell'erogazione della fornitura del carburante, avendo riferito, il Sa., di non avere in quel momento la disponibilità economica per adempiere al pagamento, si offriva di accompagnarlo alla sua abitazione e lo invitava a chiamare un familiare per procurarsi il denaro, ma otteneva un rifiuto da parte dello stesso. Il Ru., a tal punto insospettito, chiedeva copia della carta di circolazione dell'autovettura al Sa. il quale si mostrava non collaborativo e contattava la Stazione dei Carabinieri richiedendo il loro intervento. Dal verbale di interrogatorio emerge che in quel luogo, durante i fatti, risultavano presenti: un dipendente, tale Ma. Ro., che aveva provveduto ad allertare il Ru. circa la situazione, una cliente, tale Bi. Gi., e la dipendente del bar, Ro. Do..

In sede di escussione dibattimentale la P.O., Sa. Lu., su domanda poste a chiarimento del difensore riferiva che, al suo arrivo presso il distributore di carburante, non era presente nessun oggetto rotto di sua proprietà. Dall'escussione del teste emergeva, altresì, la volontà della P.O. di rimettere la querela sporta in ordine ai fatti in contestazione nei confronti di Ru. Al..

Gli agenti di PG intervenuti, App. Se. Q.S. Ru. Sa. e App. Se. Gr. Em. (Cfr. verbale di annotazione di polizia giudiziaria del 09.02.2021, in atti) annotavano di essere stati inviati presso il distributore carburanti "(omissis)" in via (omissis), in data 09.02.2021, dalla Centrale operativa del Comando Compagnia CC di (omissis), per lite in atto, su richiesta della p.o. Sa. Lu.. Ivi giunti, rilevavano la presenza del richiedente, Sa. Lu., che riferiva di aver ricevuto rifornimento e di essersi reso conto, solo successivamente, di non avere con sé il portafogli, e di Ru. Al., titolare dell'impianto con cui sorgeva una discussione verbale a seguito di tale circostanza. All'esito, riportata la calma tra le parti, il Sa. prometteva si saldare il debito quanto prima.

Lo. Ed., coniuge del Ru., il 17.02.2021 presso gli uffici del Comando Stazione Carabinieri di (omissis) (Cfr. verbale di sommarie informazioni del 17.02.2021, in atti) riferiva che il giorno 09.02.21, quando il Sa. "ha effettuato il rifornimento senza provvedere al relativo pagamento", erano altresì presenti in loco Ro. Do., la barista, nonché Ma. Ro., l'addetto all'erogazione dei carburanti e la cliente, Gi. Bi.. Precisava altresì che il marito Ru. aveva provveduto a contattare i Carabinieri e a richiederne l'intervento con il telefono cellulare di cui l'utenza (omissis).

Dal verbale di s.i.t. assunte da Ma. Ro. [Cfr. verbale di sommarie informazioni testimoniali del 12.07.2021), emerge che lo stesso si trovava a svolgere le mansioni di benzinaio presso la citata area di servizio e, testualmente affermava "Ricordo che mentre stavo eseguendo il mio lavoro, si presentava un ragazzo a bordo di autovettura, di cui al momento non ricordo il tipo e modello, il quale mi chiedeva di erogare Euro 20,00 di gasolio. Mentre stavo eseguendo detta operazione, il ragazzo mi diceva di fermarmi, poiché sì era accorto di non avere con lui il portafoglio. Bloccavo la pistola erogatrice e lui dopo pochi istanti mi chiedeva di continuare. Terminata l'erogazione, mi avvicinavo per ricevere il corrispettivo e luì, senza scendere dall'auto mi riferiva nuovamente di non avere i soldi per pagare". Il Ma. riferiva che, non avendo potuto, il Sa., ottemperare alla sua richiesta di rendere un documento di identità, invitava lo stesso a parcheggiare l'auto e informava il Ru., coniuge della titolare Lo. Ed., circa l'accaduto. Il Ru. si avvicinava al ragazzo e gli proponeva di accompagnarlo presso la sua abitazione per procurarsi il denaro. Il Ma. dichiarava di essersi poi allontanato per svolgere le proprie mansioni e di non aver visto alcun uso di violenza da parte del Ru. nei confronti del Sa..

Ro. Do., il 14.07.2021 presso gli uffici del Comando Stazione Carabinieri di (omissis) (Cfr. verbale di sommarie informazioni testimoniali del 14.07.2021) riferiva di trovarsi nel bar ubicato nell'area di servizio in questione, per svolgere le mansioni di barista, in data 09.02.21. La stessa dichiarava che, in quella data, l'addetto all'erogazione del carburante, il sig. Ma., entrava all'interno del bar e riportava al Ru., ivi presente, "che un cliente non voleva pagare il corrispettivo relativo al rifornimento di benzina" e che si rifiutava di lasciare un documento di riconoscimento, a titolo di garanzia. II Ru. si avvicinava, insieme ai Ma., all'uomo in questione. Successivamente rientrava all'interno del bar per prendere il proprio cellulare e usciva nuovamente, invitando il Sa. a spostare l'autovettura all'esterno delle corsie del distributore di carburanti. La dichiarante precisava, altresì, di non aver assistito ad alcun tipo di violenza da parte del Ru. nei confronti del Sa..

Queste le risultanze processuali, nessun dubbio sulla configurabilità del reato per cui è processo.

Premesso che, nelle more del dibattimento, è sopravvenuta la carenza di interesse della persona offesa a perseguire il denunciato, attesa la remissione della querela versata in atti, - tuttavia non operante quale causa estintiva del reato trattandosi di fattispecie procedibile d'ufficio - si osserva quanto segue.

In punto di qualificazione giuridica, il delitto di cui all'art. 610 c.p. sanziona la condotta di chi usa il mezzo della violenza o della minaccia per costringere taluno a fare, tollerare od omettere qualcosa.

Il dettato normativo richiede, quindi, la violenza o minaccia che siano causalmente e finalisticamente orientate alla costrizione di fare od omettere talune attività laddove la violenza e/o minaccia sono elementi costitutivi del delitto ed in essi sono assorbiti (non vi è pertanto concorso di reati vds. Cass. pen. Sez. 5, Sentenza n. 43219 del 17/10/2008 dep. 19/11/2008 Rv. 242190).

La giurisprudenza di legittimità fornisce un puntuale concetto di minaccia idonea ad integrare questa fattispecie delittuosa:

"Integra gli estremi del delitto di violenza privata (art. 610 c.p.) la minaccia, ancorché non esplicita, che si concreti in un qualsiasi comportamento o atteggiamento idoneo ad incutere timore ed a suscitare la preoccupazione di un danno ingiusto alfine di ottenere che, mediante la detta intimidazione, il soggetto passivo sia indotto a fare, tollerare o ad omettere qualcosa" (Cfr. Cass. Pen. sez. V, 26/01/2006, n. 7214).

Dottrina e giurisprudenza sono concordi nel ritenere, quanto all'idoneità offensiva, che la minaccia, quali che ne siano le modalità di estrinsecazione, deve possedere un'effettiva potenzialità coattiva, nel senso che deve apparire capace - alla luce di un giudizio ex ante, certamente più selettivo in caso di minaccia larvata, obliqua o implicita - di creare uno stato di costringimento, da apprezzare sulla base di un doppio criterio, oggettivo-soggettivo, ossia sia con riferimento alle circostanze oggettive del caso concreto, quali potrebbero essere l'entità del male prospettato, la sua credibilità e realizzabilità, sia alle particolari condizioni psicologiche del soggetto passivo, quali l'impressionabilità, la pavidità, l'età, la capacità di resistenza.

Ai fini dell'integrazione del delitto di violenza privata (art. 610 cod. pen.) è necessario che la violenza o la minaccia costitutive della fattispecie incriminatrice comportino la perdita o, comunque, la significativa riduzione della libertà di movimento o della capacità di autodeterminazione del soggetto passivo, essendo, invece, penalmente irrilevanti, in virtù del principio di offensività, i comportamenti che, pur costituendo violazioni di regole deontologiche, etiche o sociali, si rivelino inidonei a limitarne la libertà di movimento, o ad influenzarne significativamente il processo di formazione della volontà (cfr. Cass. Sez. 5, Sentenza n. 1786 del 20/09/2016 Ud. dep. 16/01/2017 Rv. 268751 Imputato: Pa.)

Oggetto di tutela penale è, invero, la libertà individuale, intesa come possibilità di determinarsi spontaneamente, quale libertà individuale di autodeterminazione e di azione (Sez. 5, n. 2283 del 11/11/2014 - dep. 16/01/2015, C; Rv. 26272701). Per assumere rilievo penale, la violenza o la minaccia devono determinare una perdita o riduzione sensibile, da parte del soggetto passivo, della capacità di determinarsi ed agire secondo la propria volontà (Sez. 5, n. 3562 del 09/12/2014. - dep. 26/01/2015, Li., Rv. 262848), sicché non ogni forma di violenza o minaccia integra la fattispecie delittuosa ma solo quella idonea - in base alle circostanze concrete - a limitare la libertà di movimento della vittima o influenzare significativamente il processo di formazione della volontà, incidendo su interessi sensibili del coartato.

A tanto conduce - secondo la Corte di legittimità - sia il principio di offensività, sia l'esigenza di confinare nel "giuridicamente indifferente" i comportamenti costituenti violazioni di regole deontologiche, etiche o sociali, inidonei - pur tuttavia - a rappresentare un reale elemento di turbamento per il soggetto passivo (vds. Cass. pen. cit. 1786/2016).

Né rileva che in concreto i destinatari non siano stati intimiditi e che il male minacciato non si sia realizzato dovendo la valutazione essere operata ex ante (Cfr. Cass. pen. sez. 6; Sentenza n. 32390 del 16/04/2008Ud. dep. 31/07/2008 Rv. 240650 Imputato: Ma. e altri).

La minaccia deve avere a oggetto la prospettazione di un male ingiusto, ovvero la lesione o la messa in pericolo di un bene giuridico appartenente al soggetto passivo o a persona a lui legata da particolari vincoli di affetto o di solidarietà.

Quanto alla violenza, essa si identifica in qualsiasi mezzo idoneo a privare coattivamente l'offeso della libertà di determinazione e di azione, potendo consistere anche in una violenza "impropria", che si attua attraverso l'uso di mezzi, anomali diretti ad esercitare pressioni sulla volontà altrui, impedendone la libera determinazione (cfr. Cass. pen. Sez. 5, Sentenza n. 4284 del 29/09/2015 Ud. dep. 02/02/2016 Rv. 266020).

Sul versante dell'elemento psicologico del reato, è sufficiente la coscienza e volontà di costringere taluno, con violenza o minaccia, a fare, tollerare od omettere qualcosa, senza che sia necessario il concorso di un fine particolare tale che il dolo è generico (cfr. Cass. pen. sez. 5, Sentenza n. 4526 del 03/11/2010 udienza dep. 08/02/2011 Rv. 249247 Imputato: Pi.).

Tutto ciò premesso, ritiene il Giudice che, nel caso dì. specie, sia integrata la fattispecie delittuosa contestata.

Il perimetro accusatorio contempla testualmente il requisito della minaccia consistita nel proferire espressioni del seguente tenore "o paghi o ti rompo il culo" "da qua non te ne vai se non mi dai i soldi" e il requisito della violenza su cose consistita nel prelevare dall'abitacolo dell'autovettura in uso alla P.O. una borsa contenente effetti personali e nello scaraventarla con forza per terra, cagionando il danneggiamento di un tablet ivi custodito, nell'introdursi all'interno dell'autovettura impossessandosi delle chiavi e impedendo in tal modo al proprietario di spostarsi da quel luogo.

Così delineata e circoscritta la contestazione accusatoria nei suoi termini descrittivi-naturalistici alla quale il Giudice è tenuto nell'apprezzamento degli elementi di prova in base al principio di necessaria correlazione accusa/sentenza, ritiene il Giudice che sia presente il requisito costitutivo della violenza, necessario elemento del delitto in esame, peraltro sorretta dalla coscienza e volontà finalisticamente orientata a costringere la vittima a tollerare la descritta situazione.

Appare chiaro, nel caso di specie, l'elemento oggettivo del reato di violenza privata, che si concretizza in una violenza o minaccia che abbiano l'effetto di costringere taluno a fare, tollerare, od omettere una determinata cosa, in quanto è emerso, dalie dichiarazioni di Sa. Lu. in sede di denuncia-querela, che lo stesso veniva sottoposto a minaccia e violenza da parte del Ru., il quale, anzitutto, pretendeva di trattenere la carta di circolazione dell'autovettura, nonostante l'offerta del Sa. di lasciare quale garanzia una copia della stessa, inveiva contro il Sa. con frasi minacciose quali "o paghi o ti rompo il culo" "da qua non te ne vai se non mi dai i soldi", lo spintonava ed infine sottraeva le chiavi dell'auto di proprietà della P.O., costringendolo a rimanere in quel luogo.

Si rileva, inoltre, che la violenza di cui sopra veniva esercitata dall'imputato altresì sui beni di proprietà del Sa.. Nello specifico, infatti, è emerso che il Ru., introducendosi mie titulo all'interno dell'autovettura della P.O., prelevava una borsa contenente effetti personali e la scaraventava con forza a terra, cagionando danni materiali al dispositivo elettronico ivi contenuto. Tale condotta, posta in essere unitamente alla pronuncia di frasi minatorie, palesa l'intenzione dell'imputato di condizionare le azioni del Sa., provocando in quest'ultimo timore per la propria incolumità fisica e morale, ciò condizionando la propria autodeterminazione.

La violenza personale, secondo la Corte, si esercita con "qualsiasi mezzo idoneo a privare coattivamente l'offeso della libertà di determinazione e di azione, potendo consistere anche in una violenza "impropria", che si attua attraverso l'uso di mezzi anomali diretti ad esercitare pressioni sulla volontà altrui, impedendone la libera determinazione".

Quanto alla minaccia i giudici di legittimità hanno ritenuto si prospetti in "qualsiasi comportamento od atteggiamento, sia verso il soggetto passivo, sia verso altri, idoneo ad incutere timore ed a suscitare la preoccupazione di subire un danno ingiusto, onde ottenere che, mediante tale intimidazione, il soggetto passivo sia indotto a fare, tollerare od omettere qualcosa". Rileva unicamente che l'oggetto della minaccia sia un bene giuridicamente rilevante, e, dunque, nel caso di specie corrisponde all'integrità fisica e morale del Sa..

Nessun dubbio circa la configurabilità del reato, in quanto tali violenze e minacce utilizzate dall'imputato, costitutive della fattispecie incriminatrice, hanno comportato una significativa riduzione della libertà di movimento e della capacità di autodeterminazione della P.O., in quanto impossibilitata a spostarsi da quel luogo, difatti, tale fattispecie non risulta penalmente irrilevante.

Ritiene, questo Giudice, attendibile la P.O. per quanto dichiarato in sede di denuncia querela e in sede di escussione dibattimentale, difatti, le dichiarazioni rese sono risultate lineari, non contraddittorie e le circostanze di luogo e di fatto hanno trovato pieno riscontro nell'annotazione di PG agli atti.

In primo luogo, a differenza di quanto sostenuto dall'imputato in sede di interrogatorio, dall'annotazione del 9.02.2021 si evince che era il Sa. a chiedere l'intervento delle forze dell'ordine per i motivi dallo stesso esposti in denuncia, inoltre, veniva prodotto al fascicolo del dibattimento un album fotografico dal quale si evinceva l'immagine di un tablet danneggiato e il pagamento di Euro venti effettuato dalla p.o. presso la stazione di servizio di cui è processo, in data 11.02.2021, così come riferito dal denunciante.

Di contro, non risulta provata, dalle sommarie informazioni testimoniali acquisite in atti, l'estraneità del Ru. all'addebito ascrittogli.

Nello specifico, infatti, il teste Ro. Do. rilasciava una dichiarazione neutra, in quanto non presente in beo allo svolgimento dei fatti de quo, atteso che la stessa donna precisava che in quel momento si trovava all'interno del bar e di non poter aggiungere altro in merito alla discussione.

Altresì, le dichiarazioni rese dai testi Lo. Ed. e Ma. Ro. non risultano neutrali rispetto alla posizione dell'imputato, dati i rapporti intercorrenti con l'odierno imputato, in quanto rispettivamente risultano la coniuge e dipendente della ditta "Ru. Petroli riferibile ai coniugi Ru..

Tanto chiarito, a parere di questo giudicante, nel caso di specie, non può comunque addivenirsi ad una sentenza di condanna dell'imputato alla luce dell'indubbia ricorrenza degli estremi della causa di esclusione della punibilità contemplata dall'art. 131 bis c.p.

Tenuto conto dei criteri di cui all'art 133 c.p. risulta infatti evidente come, stanti le modalità della condotta e l'assenza di danni da essa concretamente cagionati, oltre che la remissione di querela in atti, l'offesa arrecata dal prevenuto all'interesse protetto dalla norma incriminatrice debba considerarsi di particolare tenuità.

Va rilevato ancora che il comportamento dell'imputato non può ritenersi abituale considerato che dal certificato penale in atti non emergono precedenti specifici a suo carico negli ultimi dieci anni (i precedenti sono risalenti e hanno natura diversa rispetto a quello in contestazione).

P.Q.M.
Letto l'art. 131bis c.p. dichiara non punibile RU. AL. per il reato a lui ascritto per la particolare tenuità del fatto.

Così deciso in Nola, il 10 gennaio 2023

Depositata in Udienza il 10 gennaio 2023

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