Tribunale Pescara, 24/07/2023, n.1002
In caso di conflitto probatorio riguardante denunce per reati di lesioni personali, la mera insufficienza delle prove non può fondare una condanna per calunnia o falsa testimonianza, richiedendo la dimostrazione certa della falsità delle accuse o dichiarazioni contestate.
RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE
Con decreto del 15.4.2021 il Giudice per l'Udienza Preliminare presso il Tribunale di Pescara ha disposto il giudizio di Di.El., D'A.Gi. e D'A.Ma., per rispondere del reato trascritto in epigrafe. All'udienza del 14.10.2021 verificata la correttezza delle notifiche, il Tribunale ha aperto il dibattimento, ammettendo le prove richieste dalle parti.
All'udienza del 10.11.2022 sono stati escussi i testi Me.Pa., Pe.Lu., Ma.Ma. ed in pari data il Pubblico Ministero ha prodotto documentazione costituita dalla sentenza Tribunale di Pescara nel procedimento penale n. 9972/14 RGNR a carico di Me. e decreto citazione a giudizio a carico della persona offesa, nonché dai certificati medici relativi a Pe.Lu. e Di.El..
All'udienza del 16.3.2023 è stato esaminato il teste La.Ga., nonché i tre imputati, D'A.Ma., D'A.Gi., Di.El.. All'udienza del 4.5.2023 il Tribunale ha invitato le parti a concludere e, esaurita la discussione, ha pronunciato sentenza come da dispositivo del quale è stata data immediata lettura in aula.
L'istruzione espletata non ha dato riscontro alla prospettazione accusatoria, pure molto suggestiva.
Si contesta a Di.El. il reato di cui all'art. 368 c.p. per aver denunciato, presso la stazione dei carabinieri di Spoltore, Me.Pa., asserendo che questi l'aveva colpita al capo con un ramo e di averle cagionato un bernoccolo in testa e dei graffi allegando referto medico ospedaliero che documentava lesioni personali guaribili in giorni cinque, il tutto nella consapevolezza dell'innocenza del Me.. Con riferimento alle stesse circostanze, la stessa Di.El. risulta imputata ai sensi dell'art. 372 c.p., per averle riferite nel corso del dibattimento di cui al procedimento n. 9972/14 RGNR Procura della Repubblica presso il tribunale di Pescara, che dalla sua denuncia evidentemente è scaturito. Analoga imputazione è mossa agli altri due imputati D'A.Gi. e D'A.Ma., rispettivamente marito e figlio dell'imputata Di.El.
La ricostruzione della vicenda pertanto non può che prendere le mosse dall'esame della deposizione di Me.Pa., persona offesa e costituita parte civile. Questi, all'udienza del 10/11/2022 Ha riferito che i tre imputati sono i suoi vicini di casa, e che le due abitazioni in verità sono sostanzialmente contigue tanto da avere un balcone condiviso, i cui spazi sono separati da un divisorio. Gli ingressi delle due abitazioni si trovano sullo stesso pianerottolo dello stabile abitato dal Me. e dagli imputati. Il Me. ha riferito che in data 20 luglio 2014 sua moglie, Pe.Lu., era intenta a compiere le operazioni di pulizia sul balcone della loro abitazione, adiacente alla stessa cucina. Improvvisamente i due coniugi udivano D'A.Gi. che inveiva nei confronti della donna e non riuscivano a comprendere la ragione di tale aggressione verbale. La Pe., onde evitare ulteriori problemi, è rientrata in casa. Ciononostante il D'A. continuava a inveire a dire addirittura minacciando di violenze fisiche i due coniugi.
In particolare, il D'A., continuando ad inveire contro i due vicini, minacciandoli di dare fuoco alla loro abitazione, spingeva con una stecca degli oggetti che questi avevano posizionato lungo il divisorio tra i due balconi, spingendoli e facendoli cadere a terra sul balcone dei Me.Pe..
A quel punto, il Me. usciva e riposizionata gli oggetti lungo il divisorio. La Pe., tuttavia, invitava il marito a rientrare per consentirle di Con i vicini e comprendere quali erano le loro rimostranze. Il Me. e la figlia, presente al momento dei fatti, rimanevano dunque sulla soglia tra il balcone e la cucina mentre la Pe. parlava con D'A.Gi..
Questi, sporgendosi oltre il divisorio, Strappava il ramo di una pianta che i Me. Pe. avevano posizionato nella parte finale del predetto divisorio e colpiva sul viso la Pe. dicendole che la pianta non doveva stare in quella posizione seguiva a tale colpo un violento schiaffo. A quel punto, il Me., vista la situazione, afferrava la moglie e la riconduceva presso la cucina contattava i carabinieri e virgola vedendo che la Pe. era in una condizione di estrema agitazione, la conduceva presso il pronto soccorso dell'ospedale di Pescara. Giunto sul posto, contattava i militari segnalando loro che non si trovava più presso la sua abitazione ma si era recato presso il nosocomio punto dopo circa 20 minuti i militari raggiungevano il Me. e gli comunicavano che erano già stati presso i D'A. - Di.El. i quali avevano lamentato la presenza, a loro dire illegittima, di svariati oggetti sul balcone dei vicini. Il Me. riferiva ai militari la dinamica dell'aggressione subita dalla moglie, E lo stesso giorno, una volta che la donna era stata refertata, veniva sporta denuncia presso i militari della stazione dei carabinieri di Spoltore. Nei tre mesi successivi la coppia Me. - Pe. veniva più volte contattata dai militari della stazione dei carabinieri di Spoltore, I quali si facevano tramite di una richiesta da parte dei vicini, che volevano che la querela venisse rimessa e che minacciavano in caso contrario, di presentarne una contro Me. e Pe.. Il Me. ha inteso chiarire di non aver rimesso la querela poiché non intendeva sottostare a quello che gli appariva un ricatto.
Tre mesi dopo, visto che la querela non era stata rimessa, la Di.El. presentava una denuncia che presentava ai fatti in termini opposti alla loro dinamica, sostenendo di essere stata aggredita dal Me., ciò che aveva dato origine ad un procedimento penale, sostanzialmente parallelo a quello subito dal D'A..
Tuttavia, a differenza del D'A., il Me. veniva assolto per insussistenza del fatto.
Risulta in atti la sentenza numero 2777/2018 emessa in data 11/09/2019 dal giudice monocratico del tribunale di Pescara, relativa alla lesione cagionata alla Di.El. ("trauma cranico minore", come da certificato medico acquisito agli vatti del fascicolo dibattimentale).
Invero, il procedimento n. 2475/2016 RGT, definito con la predetta sentenza, è scaturito dalla denuncia della stessa Di.El., la quale, stando alle dichiarazioni riportate nella predetta sentenza, del tutto coerenti sia con le testimonianze dalla stessa e dai due D'A. rese in quella sede dibattimentale sia con le successive dichiarazioni rese dai tre imputati nell'ambito del procedimento odierno, lamentava di essere stata colpita sul capo, con un ramo secco e spinoso, proprio dal Me..
Orbene, la sentenza in esame, pur dando conto della non credibilità della rappresentazione dei fatti fornita dalla Di.El. e dai suoi familiari, e della verosimiglianza, al contrario, della versione degli stessi fatti offerta dalla difesa dei Me., non consente di escludere, dal punto di vista fenomenico, in termini assoluti, che il Me. abbia effettivamente colpito la Di.El., come da questa dichiarato. In altri termini, la sentenza assolutoria, resa per insufficienza di prove, nei confronti del Me., non consente di per sè stessa di ritenere comprovata la falsità di quanto asserito in denuncia dalla Di.El. e dunque di fondare una pronuncia di condanna per calunnia e falsa testimonianza a carico degli imputati.
In particolare, deve rilevarsi come la comparazione operata dal giudice della cognizione del reato imputato al Me., ha ad oggetto la verosimiglianza delle due versioni e la credibilità degli attori del processo. In altri termini, ritenuta non inverosimile la versione dei fatti offerta dal Me., e anzi, ritenuto che la stessa fosse, invero, ben più probabile che la vicenda si fosse svolta nei termini da questi offerti, il Giudice non ha potuto fare altro che assolvere il Me. all'accusa di aver colpito la Di.El., limitandosi il Tribunale ad affermare che tale responsabilità non risultava provata e che, anzi, il Me. aveva fornito una versione dei fatti più probabile rispetto a quella offerta dalla Di.El..
Tale valutazione di tipo comparativo, tuttavia, non ha ad oggetto la effettiva dinamica della vicenda, se non in termini di probabilità di realizzazione e credibilità dei testi sentiti nel corso del dibattimento, non potendosene inferire (i) che il Me. certamente non abbia colpito la Di.El. (ii) che le due ricostruzioni operate nelle due sedi dibattimentali dalla pubblica accusa sia no incompatibili e dunque che non sia fisicamente possibile che il Me. abbia colpito la Di.El. pur se il D'A. certamente ha colpito la Pe.
Infatti, dalla lettura della sentenza in atti si evince che la decisione del giudice si è fondata, evidentemente, sulla impossibilità di ritenere comprovata la responsabilità del Me., nonostante gli elementi a suo carico e in particolare nonostante il certificato medico dimostrasse che la Di.El. avesse effettivamente riportato un trauma cranico minore, del tutto compatibile, in astratto con l'eventuale colpo da questa asseritamente ricevuto sul capo.
Non soccorre, onde dimostrare la falsità delle dichiarazioni della Di.El. neppure la produzione documentale relativa al procedimento dinanzi al giudice di pace a carico del D'A., conclusosi con una condanna definitiva per le lesioni cagionate alla Pe.. Anche nell'ambito di tale procedimento, pur emergendo dinamica dei fatti relativa alla lesione cagionata alla Pe., non è stata riscontrata la completa dinamica della vicenda e non può escludersi, all'esito dell'esame della documentazione in atti, che anche la Di.El. sia stata colpita, non essendo possibile escludere tale circostanza sul solo rilievo che certamente è stata colpita la Pe..
Anzi, dall'esame delle emergenze probatorie, qui costituite sia dal certificato medico della Di.El. sia dalle dichiarazioni rese dalla stessa e dai coimputati, emerge una situazione di evidente conflittualità condominiale, del tutto coerente anche con il quadro rappresentato dal Me. e dalla Pe., che non consente di ritenere certamente non verificata la sia pure minimale aggressione ai danni della Di.El. Questa, peraltro, ha giustificato il proprio ritardo nella proposizione della querela con l'intenzione di non esasperare gli animi e avendo riguardo al tentativo esperito su consiglio dei militari di addivenire ad una composizione bonaria di tutte le controversie. In altri termini, la scelta di denunciare con notevole ritardo la condotta asseritamente posta in essere dal Me. e la circostanza che sul volto della Pe., esaminata dai medici, siano stati rinvenuti residui vegetali, al contrario non presenti sul capo della Di.El., sono elementi che, condivisibilmente, nell'ambito del processo a carico del Me., hanno fondato il ragionevole dubbio in ordine alla colpevolezza di quest'ultimo, imponendo al giudice l'assoluzione dello stesso. Resta il fatto che nell'ambito del procedimento dinanzi al giudice di pace a carico del D'A., nell'ambito del procedimento a carico del Me., e, infine, nel corso del procedimento in esame, non è emersa con certezza una ricostruzione dei fatti che renda del tutto incompatibile con le emergenze probatorie la versione offerta dalla Di.El. e confermata da D'A.Gi. e D'A.Ma., con specifico riferimento alla lesione subita dalla Di.El..
E poiché le tre imputazioni di cui ai presente procedimento si appuntano, specificamente, sulla lesione subita dalla Di.El., si impone l'assoluzione di tutti gli imputati per i relativi reati loro ascritti per insussistenza dei fatti ai sensi dell'art. 530 comma 2 c.p.p.
P.Q.M.
Letto l'art. 530 co. 2 c.p.p. assolve Di.El., D'A.Gi. e D'A.Ma. dai reati loro rispettivamente ascritti perché i fatti non sussistono.
Termine al 31.7.2023 per il deposito della motivazione.
Così deciso in Pescara il 4 maggio 2023.
Depositata in Cancelleria il 24 luglio 2023.