Tribunale Udine, 14/06/2024, n.812
Nel reato di furto aggravato, la rimozione di una placca antitaccheggio non integra l'aggravante della violenza sulle cose ex art. 625, n. 2 c.p., se la manipolazione non causa danni al bene o allo strumento di protezione, rendendoli immediatamente riutilizzabili. Tale circostanza si distingue dall'aggravante del mezzo fraudolento, configurabile qualora l'azione sia diretta ad eludere i controlli con condotte insidiose eccedenti il necessario per il mero impossessamento del bene.
RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE
Ml.Sl. è stato tratto in arresto in flagranza per il reato in epigrafe; all'udienza del 23.3.24 veniva convalidato l'arresto e disposto il giudizio direttissimo.
Su richiesta del procuratore speciale veniva concesso termine a difesa e rinviato il giudizio all'udienza del 11.4.2024. In tale data la difesa formulava ulteriore istanza di rinvio anticipando istanza di rito abbreviato al fine di perfezionare iniziative risarcitorie. All'udienza del 23.5.24 il difensore formulava istanza di ammissione al rito abbreviato condizionato a produzione documentale.
l Tribunale ammetteva il rito, acquisiva il fascicolo delle indagini, invitava le parti alla relativa discussione e decideva come da dispositivo riprodotto in calce.
Il reato ascritto risulta provato alla luce degli atti di indagine utilizzabili per il rito prescelto.
1122.3.2024 alle 18.40 circa, Ml.Sl. cercò di guadagnare la fuga dal negozio (…), giacché il suo passaggio attraverso i varchi dotati di dispositivi antitaccheggio aveva provocato l'attivazione dell'allarme acustico. Lo straniero fu inseguito da Ra.Ma. e Ra.Gi. e fermato, all'esterno del magazzino, in conseguenza di una sua caduta a terra e trattenuto fino all'arrivo della volante.
L'immediato intervento evidenziò che Ml.Sl. si era impossessato di due giubbini (…) del valore complessivo di 660,00 euro, che aveva prelevato dai banchi espositivi, rimosso la placca antitaccheggio esterna (cfr. il verbale d'arresto) e occultato sotto il suo giubbotto.
Giungevano quindi sul posto gli operanti che identificavano e arrestavano l'imputato.
I responsabili del punto vendita sporgevano regolare querela in data 22.03.2024.
L'imputato, anche in sede di interrogatorio per la convalida dell'arresto, confermava di aver commesso il fatto.
In via preliminare si rileva che non sussistono i presupposti per una pronuncia di non doversi procedere ex art. 162 ter c.p.
Dalla documentazione dimessa dalla difesa risulta che i titolari del punto vendita (…) hanno rifiutato l'offerta risarcitoria in loro favore di Euro 300,00 proposta dal Ml., chiedendo viceversa il versamento di Euro 2.000,00 in favore dell'associazione per disabili (…).
In considerazione di un tanto, la difesa ha prodotto copia del bonifico effettuato dalla madre dell'imputato, Ra.Ve., per la somma di Euro 300,00 in favore del (…).
La somma versata a titolo risarcitorio da un lato non consente di apprezzare una reale intenzione dell'imputato di impegnarsi per eliminare, per quanto possibile, le conseguenze dannose del reato commesso, atteso che il pagamento è stato eseguito da soggetto estraneo al reato (la madre dell'imputato); dall'altro lato la riparazione del danno, ai sensi dell'art. 162 ter c.p., deve avvenire in favore della persona offesa dal reato ovvero tramite "offerta reale ai sensi degli articoli 1208 e seguenti del codice civile" secondo il tenore letterale del citato art. 162 ter c.p.
Ciò detto, l'intervenuto pagamento può essere concretamente valorizzato per la concessione delle attenuanti generiche in quanto sicuramente apprezzabile sul piano obiettivo e, seppur indirettamente, ricollegabile ad iniziativa dell'imputato.
Quanto alla qualificazione del fatto, occorre evidenziare che il reato è stato correttamente contestato nella forma consumata.
Rientra infatti nella fattispecie di furto consumato (e non nel tentato furto) la condotta dell'imputato che sia riuscito a nascondere la merce rubata e a portarla oltre la barriera delle casse, addirittura al di fuori del punto vendita, conseguendo, seppur momentaneamente, l'autonoma ed effettiva disponibilità della refurtiva, uscita dalla sfera di vigilanza e di controllo del soggetto passivo (Cass. Pen. Sez. Un., 17/07/2014, n. 52117).
Sussiste altresì l'aggravante dell'esposizione alla pubblica fede in considerazione del luogo in cui l'imputato ha prelevato la merce, ossia i banchi espositivi dell'esercizio commerciale, non sottoposti a una vigilanza costante e continuativa da parte del personale dipendente.
Né l'aggravante dell'esposizione a pubblica fede può considerarsi esclusa dalla mera presenza di dispositivi di videosorveglianza (non presenti nel caso di specie), o dalla presenza di dispositivi di antitaccheggio. Questi ultimi, infatti, in sé, non sono mai idonei ad escludere l'aggravante contestata in quanto consentono solo la mera rilevazione acustica della merce occultata al varco, ma non assicurano la possibilità di controllo a distanza (Cass. Pen. sez. V, 30/03/2023, n.21648).
Parimenti corretta la contestazione dell'aggravante del mezzo fraudolento di cui all'art. 625, numero 2), del codice penale. Ml. oltre ad aver occultato la merce sulla propria persona, condotta da sola inidonea a configurare l'aggravante, ha altresì posto in essere una ulteriore attività volta ad evitare l'attivazione del sistema antitaccheggio sfilando la placca magnetica apposta ai capi di abbigliamento in vendita: il complesso delle condotte poste in essere costituisce strumento volto ad eludere i controlli e assicurare la refurtiva all'autore della condotta, azione insidiosa, eccedente quanto strettamente necessario all'impossessamento della refurtiva e diretta ad eludere il controllo del soggetto passivo sui beni esposti in vendita.
Poiché l'azione ladresca fu preparata dall'agente col ricorso a mezzi fraudolenti, non rileva che, in concreto, gli stessi non abbiano effettivamente agevolato l'impossessamento per la presenza di ulteriori placche antitaccheggio non individuate al momento della manipolazione.
Nella querela viene inoltre specificato che tutta la merce è protetta con sistema antitaccheggio che prevede oltre alla placca antitaccheggio esterna magnetica un altro dispositivo inserito all'interno del prodotto in vendita.
Va invece esclusa l'aggravante della violenza sulle cose di cui all'articolo 625, numero 2), del codice penale poiché la placca antitaccheggio è stata rimossa - nella parte esterna- senza danneggiare la merce.
La giurisprudenza di legittimità è concorde nel ritenere che l'aggravante della violenza sulle cose sia ravvisabile anche quando l'energia fisica non sia rivolta direttamente sul bene che si vuole sottrarre, ma verso lo strumento posto a sua protezione. Richiede, tuttavia, che la condotta dell'agente debba aver prodotto qualche conseguenza sul bene oggetto della sottrazione o sullo strumento posto a protezione dello stesso determinandone la rottura o il guasto o il danneggiamento o la trasformazione oppure mutandone la destinazione (cfr. Cass. Pen. Sez. V, 12/06/2017 n. 33898; Cass. Pen, Sez. V, 29/11/2019 n. 11720).
Nel caso di specie i due giubbini e le "due placchette antitaccheggio in materia plastica" sono stati restituiti integri al titolare dell'esercizio commerciale (cfr. verbale di restituzione del 22.3.24).
La violenza non è quindi integrata atteso che lo strumento antitaccheggio rimosso può, a quanto risulta, essere riutilizzato senza bisogno di attività di ripristino e che la merce era intatta (Cass. Pen. sez. IV, ud. 07/06/2022, dep. 15/07/2022 n. 27625).
Con riguardo alla recidiva, la stessa andrebbe esclusa (come richiesto dal Pubblico Ministero) solamente nell'ipotesi in cui si considerassero i precedenti di Ml.Sl.; tuttavia attesi i precedenti dell'imputato anche con altre generalità (quelle di Ml.Bo., cfr. l'elenco precedenti dattiloscopici) per analoghi episodi di furto aggravato, va confermata la sua applicazione.
Affermata, così, la penale responsabilità di Ml.Sl., quanto alla pena, equa appare quella di mesi otto di reclusione ed euro 300 di multa così calcolata: pena base dodici di reclusione ed euro 450 di multa, concesse le circostanze attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti e alla recidiva in ragione della somma offerta a titolo risarcitorio, ridotta per il rito a mesi otto di reclusione ed euro 300 di multa.
La modalità dei fatti, la natura voluttuaria e di pregio dei beni nonché la reiterazione di condotte analoghe giustificano una pena superiore ai minimi edittali, impongono l'anzidetto giudizio di comparazione ed escludono una favorevole valutazione prognostica, sicché all'imputato non può essere concessa la sospensione condizionale della pena (di cui ha già beneficiato).
P.Q.M.
Il Tribunale di Udine, in composizione monocratica, v. gli artt. 442, 533 e 535 c.p.p., dichiara l'imputato colpevole del reato ascritto, concesse le circostanze attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti di cui all'art. 625 n. 7 (esposizione alla pubblica fede) e 625 n. 2 cod. pen., (mezzo fraudolento) e la recidiva, esclusa l'aggravante di cui all'art. 625 n. 2 cod. pen. (violenza sulle cose) considerata la diminuente per il rito, lo condanna alla pena di mesi 8 di reclusione ed euro 300 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali.
Motivazione riservata nel termine di legge (gg 30).
Così deciso in Udine il 23 maggio 2024.
Depositato in Cancelleria il 14 giugno 2024.