Corte appello Ancona, 15/01/2024, n.2421
Il reato di calunnia, ai sensi dell’art. 368 c.p., richiede che l’agente abbia la consapevolezza della falsità delle accuse mosse e della innocenza del soggetto accusato. La mancanza di prove certe e univoche sulla scienza dell'innocenza del denunciato impone l'assoluzione, prevalendo il principio del ragionevole dubbio.
Svolgimento del processo
Il Tribunale, attraverso le risultanze probatorie emerse durante l'istruttoria dibattimentale (escussione p.o. Fa.Lu.; testi Be.Ro., Ma.Do. e Ga.Fe.; esame imputata Io.Ro.; unitamente alla documentazione prodotta dalle parti) ricostruiva la vicenda processuale, analizzando gli elementi di fatto e di diritto caratterizzanti la condotta dell'imputata (pagg. 2-6 motivazione). Valutata l'illogicità degli episodi narrati in querela dall'imputata, concludeva nel riconoscere, al di là di ogni ragionevole dubbio, la penale responsabilità della Io. per il delitto di calunnia (pagg. 4-6 motivazione); quest'ultima veniva condannata, concessa l'attenuante di cui all'art. 62 n. 6 c.p. per aver immediatamente ritrattato, alla pena di anni 1 e mesi 4 di reclusione.
- Avverso la sentenza di primo grado ha proposto tempestivo atto di appello (depositato 27.10.2021) la difesa dell'imputata, deducendo i motivi di seguito compendiati. - La difesa, dopo una premessa in fatto in cui si duole della unilaterale valutazione delle risultanze istruttorie, essendo state estrapolate solo quelle idonee a supportare la tesi accusatoria, senza considerare, di contro, quelle favorevoli all'imputata, ha dedotto:
1. Inutilizzabilità delle dichiarazioni auto accusato rie rese nell'immediatezza dall'imputata
Le dichiarazioni autoindiziarie -rilasciate dall'imputata in assenza di un difensore-utilizzate dal primo giudice ai fini del riconoscimento della penale responsabilità dell'imputata, devono essere ritenute inutilizzabili ai sensi dell'art. 63 c.p.p,. Tali dichiarazioni non possono avere alcuna incidenza nel determinare il convincimento del giudicante; la loro utilizzazione deve essere ritenuta illegittima e fuorviante.
2. Carenza dell'elemento oggettivo
La difesa sostiene che essendo stato emesso decreto di archiviazione nel procedimento attivato nei confronti del Fa., non sarebbe emersa la prova della commissione o meno dei fatti addebitati dalla Io. al coniuge separato. Il giudice non ha avuto dubbi sul perché l'imputata non si fosse limitata a rimettere la querela senza aggiungere le dichiarazioni auto-accusatorie; eppure, mentre la semplice remissione non avrebbe portato all'immediata archiviazione, l'autoaccusa comportava l'automatica archiviazione per Fa. e l'apertura del procedimento per calunnia per la denunciante.
3. Carenza della prova in ordine alla responsabilità dell'imputata
La difesa, prendendo in esame tutte le risultanze probatorie emerse durante l'istruttoria, rileva la sussistenza di un'insanabile carenza probatoria nei confronti dell'imputata. Per quanto concerne l'elemento soggettivo la difesa riteneva non raggiunta la prova della sussistenza del dolo in capo alla Io. poiché, come emerso, tra l'altro, dalla teste Ga. e dalla relazione del Centro Anti-Violenza, l'imputata stava patendo un enorme stress derivante dalla situazione familiare in corso e chiedeva aiuto a soggetti esterni che potessero darle una mano per superare il delicato momento della vita coniugale.
Tale situazione di disagio dimostrerebbe, secondo la difesa, come l'imputata avesse riferito nella querela, poi rimessa, fatti realmente percepiti come reati perpetrati nei suoi confronti, ciò determinando l'insussistenza dell'elemento soggettivo del reato. Inoltre, il giudicante avrebbe valutato in maniera errata e superficiale la valenza probatoria dei certificati medici prodotti dalla difesa in ordine alla veridicità della versione offerta dalla stessa.
Nel rimarcare l'inattendibilità della p.o. Fa.Lu., la difesa chiede anche la rinnovazione istruttoria con l'escussione della figlia Au. Fa. di anni 16, poiché teste oculare dell'episodio occorso nei pressi del porto di Pesaro.
Motivi della decisione
L'appello merita accoglimento.
Le dichiarazioni rese dall'imputata successivamente alla remissione della querela, sintetizzate nel verbale reso dalla p.g., sono effettivamente permeate di contenuti su cui conclamare la responsabilità penale della dichiarante per calunnia; essendo state rese in assenza di difensore, sono inutilizzabili nei suoi confronti, in base all'art. 63 cpp. Le residue risultanze istruttorie, coordinate tra loro ed apprezzate globalmente, risultano insufficienti e contraddittorie a dimostrare, al di là di ogni ragionevole dubbio, la penale responsabilità dell'imputata; le prove dichiarative acquisite, nonché la documentazione prodotta dalla difesa, pongono seri dubbi sulla sussistenza dell'elemento oggettivo, oltre che di quello soggettivo, del delitto di calunnia contestato alla Io., anche a prescindere dall'esame testimoniale della figlia della coppia, pur richiesto dalla difesa appellante.
Dubbi ed incertezze che permangono anche sulla versione fornita dalla p.c. Fa. e condivisa dal primo giudicante. Invece, il giudizio di condanna presuppone la certezza processuale della colpevolezza, mentre all'assoluzione deve pervenirsi in tutti i casi in cui vi sia la semplice non certezza e dunque anche il ragionevole dubbio (Cass. Pen., sez. VI, sent. n. 20656/2011, dep. 28.05.2018).
Nella querela sporta dalla Io.Ro. e rimessa il giorno seguente, l'imputata narrava due episodi ben distinti, uno accaduto il 06.07.2016 nei pressi dell'androne dello stabile dove vi era lo studio dell'Avvocato di famiglia, e l'altro avvenuto il 16.07.2016 nei pressi del Porto di Pesaro alla presenza della loro figlia minore Au. di anni 11; in entrambi gli episodi il Fa., secondo la ricostruzione dell'imputata, avrebbe tenuto una condotta particolarmente violenta caratterizzata da minacce reiterate e lesioni. Tali episodi non sono stati accertati con una compiuta ed esaustiva attività di indagine poiché il giorno seguente della proposizione della querela, l'imputata la rimetteva e rilasciava spontanee dichiarazioni autoaccusatorie: "Tutto quello che ho raccontato nella querela per minacce e maltrattamenti in famiglia che ho sporto presso questi Uffici ieri, 06.10.2016, è falso, poiché non corrisponde al vero ed è stato da me inventato quale ripicca nei confronti di mio marito, Fa.Lu. con me residente, poiché lui aveva avviato, contro il mio volere, un procedimento presso il Tribunale Civile dì Pesaro per la nostra separazione" determinando l'archiviazione del procedimento appena avviato.
Le dichiarazioni della Io. risultano, ad avviso di questa Corte, credibili. Gli episodi narrati, come correttamente rilevato dalla difesa, non sono il frutto di circostanze avulse dalle risultanze istruttorie e non sono nemmeno irrealistici, a giudicare dalle forti tensioni tra i coniugi, in piena crisi coniugale; i referti medici prodotti dalla difesa ed a corredo della querela sporta dalla Io., fungono da plausibile riscontro oggettivo esterno; invero, sulla persona dell'imputata, quando si presentava al Pronto Soccorso dopo il verificarsi del primo episodio, all'esame obiettivo si presentavano: "segni di morsicatura avambraccio dx e rossore angolo mandibolare sn compatibili con la dinamica riferita"; mentre con il secondo: "dolore gomito sx, avambraccio sx, dita mano sx".
La credibilità della versione difensiva si evince anche dalle dichiarazioni della teste Ga.Fe., la quale, escussa, riferiva: contatti con la signora avvenivano per un normale scambio di... insomma di informazioni relative alle questioni scolastiche, a questioni educative e insomma era un confronto a volte che ci si incontrava quando la signora veniva a prendere le ragazze, oppure ce le accompagnava, oppure ... eh a volte chiedeva anche magari un sostegno no, nella gestione anche quotidiana a casa, no, per situazioni che si potevano creare, questo è un po' il contatto che [...] Sì, allora, quando la signora, eh quando le ragazze sono venute al nostro centro la separazione era già in corso, mi pare, e quindi sapevamo che... eh a detta insomma della signora e poi anche per conoscenza della figlie, che era una separazione molto conflittuale e che spesso e volentieri sfociava in grosse liti, eh dove c'erano aggressioni verbali, almeno questo dal racconto insomma della signora e in qualche modo avvallato un po' anche dall'atteggiamento delle ragazze e in cui insomma emergeva un po' che c'era una... insomma un continuo accapigliarsi, a volte in maniera fisica, a volte solo verbale e per questioni di... insomma anche quotidiane, insomma del fatto che la casa fosse in disordine, quindi il marito eh spesso si arrabbiava perché la trovava in disordine e quindi in qualche maniera un po' minacciava di far presente, questa cosa ai servizi e... quindi la signora dopo che avvenivano questi scambi verbali così, no, accesi, spesso capitava che telefonasse a noi operatori del centro per, no,m chiedere un sostegno, per chiedere come poteva fare, eeeh... in uno stato un po' di... diciamo così un po' di agitazione, a volte un po' più sconvolta di altre, però in una situazione in cui sicuramente non c'era una serenità di fondo e... e quindi insomma sembrava sempre che ci fosse eh non tanto un pericolo fisico, quanto magari una ...eh un perpetrare insomma delle... un po' dei... insomma delle minacce e comunque una mortificazione, eh questo appariva a noi per quello che io posso aver conosciuto, anche perché eh comunque i miei rapporti" (trascrizione fonoregistrazione ud. 17.09.2019 pag. 8). Tali dichiarazioni confermano la condizione di disagio familiare e grave prostrazione in cui versava la Io. a causa del rapporto conflittuale con il coniuge Fa.; la documentazione medica versata in atti, unitamente alla deposizione della professionista Ga. - terza ed imparziale -, inducono questo Collegio a ritenere plausibile la verificazione degli episodi narrati dall'imputata in querela. Peraltro, in relazione alle dichiarazioni autoaccusatorie, questa Corte reputa non peregrina l'ipotesi che le stesse, per la modalità, il contenuto e le giustificazioni rese dall'imputata, siano da considerare il frutto della pressione esterna, tenuto conto dell'attività lavorativa svolta dal marito (in forza alla Polizia di Stato); non è fuori da ogni logica pensare che quelle parole fossero state rilasciate su consiglio di soggetti terzi e che non fossero rilasciate in maniera libera e consapevole dalla Io.. Chi, come correttamente rilevato dalla difesa, dopo aver rimesso la querela rilascerebbe ulteriori dichiarazioni non richieste auto lesive ? E' plausibile che la vicenda potesse essere andata cosi come narrato dalla stessa Io. e che le spontanee dichiarazioni fossero il fratto delle implorazioni del marito, disperato per le conseguenze sul piano lavorativo e, indirettamente, per tutto il nucleo familiare.
La Corte ritiene, in definitiva, la presenza di risultanze istruttorie insufficienti e contraddittorie che impediscono di affermare, al di là di ogni ragionevole dubbio, la penale responsabilità di Io.Ro. per il delitto per cui è stata condannata. Non risultano elementi di netta conferma dell'ipotesi accusatoria, idonei ad evidenziare la non razionalità del dubbio derivante dalla alternativa ricostruzione dei fatti prospettata dalla difesa. In altri termini, le fonti di prova a carico offrono una ricostruzione della vicenda non adeguatamente riscontrata: dal suo canto, la difesa ha offerto una ricostruzione alternativa, sufficientemente plausibile alla stregua delle risultanze processuali, non al di fuori dell'ordine delle cose e della normale razionalità umana che porta a dubitare dell'effettiva innocenza dell'incolpato e, di riflesso, della scienza dell'innocenza dell'incolpato, componente dell'elemento soggettivo del delitto di calunnia.
Al proscioglimento dell'imputata per la insufficienza della prova, ex art. 530, comma 2, c.p.p., consegue la revoca delle statuizioni civili.
P.Q.M.
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DI APPELLO DI ANCONA
Visti gli artt. 605 e 530, comma 2, c.p.p., in riforma della sentenza in data 20.07.2021 del Tribunale di Pesaro, appellata dall'imputata Io.Ro., la assolve dall'imputazione ascrittale perché il fatto non sussiste, revocandone le statuizioni civili.
Motivi entro giorni 90.
Così deciso in Ancona il 23 ottobre 2023.
Depositata in Cancelleria il 15 gennaio 2024.