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Abuso d'ufficio: non è sufficiente una situazione valutabile economicamente solo in modo potenziale


Corte di Cassazione

La massima

In tema di abuso di ufficio, il vantaggio patrimoniale, considerato tra gli elementi essenziali della fattispecie di cui all' art. 323 c.p. , deve determinare di per sé un beneficio economicamente apprezzabile, nel senso che deve avere un connotato di intrinseca patrimonialità oppure deve derivare dalla creazione di una condizione più favorevole sotto il profilo economico, non potendosi considerare sufficiente il determinarsi di una situazione valutabile economicamente solo in maniera indiretta o potenziale. (Fattispecie di annullamento senza rinvio ex art. 620 lett. l) c.p.p. di sentenza di condanna di un agente penitenziario che, in violazione delle disposizioni di legge disciplinanti la materia, aveva introdotto in carcere un telefono cellulare e ne aveva consentito l'uso a un detenuto per l'effettuazione di una comunicazione, a fronte della mancata indicazione, nel risparmio del costo della telefonata, di un vantaggio economicamente apprezzabile.


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La sentenza integrale

Cassazione penale sez. III, 03/03/2022, (ud. 03/03/2022, dep. 13/05/2022), n.18985

RITENUTO IN FATTO

1. Con l'impugnata sentenza, la Corte di appello di Torino ha parzialmente riformato la sentenza del Giudice dell'Udienza preliminare del Tribunale di Aosta e, in accoglimento dell'appello del Pubblico Ministero, previa riqualificazione del reato di cui al capo 1) quale violazione di cui all'art. 319 c.p., e i reati di cui ai capi 6), 7) e 8) quale violazione del D.P.R. n. 309 del 9 ottobre 1990, art. 73 comma 1, ha rideterminato la pena, con la riduzione per il giudizio abbreviato, nella misura di anni quattro e mesi quattro di reclusione e Euro 16.300,00 di multa.


1.1. Con sentenza emessa dal Giudice dell'Udienza preliminare del Tribunale di Aosta, l'imputato era stato condannato per il reato di cui al capo 1), qualificato il fatto quale violazione dell'art. 323 c.p., per i reati di cui ai capi 3) e 4), nonché dei capi 6), 7) e 8) qualificati quali violazione del D.P.R. n. 309 del 9 ottobre 1990, art. 73 comma 5, nonché di cui al capo 5). L'imputato era, invece, assolto dal capo 2).


Investita dell'impugnazione da parte del Pubblico Ministero e dell'imputato, la corte territoriale, rigettato l'appello dell'imputato, ha diversamente qualificato il fatto contestato nel capo 1) quale violazione dell'art. 319 c.p., come originariamente contestata, stante l'intervenuto accordo corruttivo tra il pubblico ufficiale G.D., agente della Polizia Penitenziaria in servizio presso la Casa circondariale di (OMISSIS), e il detenuto M.M., avente ad oggetto l'utilizzo del telefono cellulare, con il quale quest'ultimo comunicava all'esterno, verso il pagamento di una somma di denaro di importo variabile da Euro 50 a 100; ha confermato la responsabilità penale del ricorrente in ordine al reato di cui all'art. 322 c.p., comma 3 perché, nella medesima qualità, sollecitava la corresponsione di una somma di denaro di Euro 1.000,00 da parte della madre del detenuto M., quale corrispettivo per avere consentito a quest'ultimo di utilizzare il suo telefono cellulare per le comunicazioni con l'esterno, di cui al capo 3); del reato di cui all'art. 323 c.p. per avere concesso ad un detenuto l'uso del suo telefono per consentirgli di comunicare con l'esterno, di cui al capo 4); del reato di cui all'art. 640 c.p. perché, con artifici e raggiri consistiti nel farsi rilasciare dal proprio medico di base certificati attestanti una malattia, in realtà inesistente, induceva in errore l'amministrazione di appartenenza e si procurava l'ingiusto profitto pari alla retribuzione corrisposta indebitamente, di cui al capo 5); nonché dei reati di violazione del D.P.R. n. 309 del 9 ottobre 1990, art. 73 comma 1, descritti nei capi 6), 7), 8), riqualificati i fatti secondo l'originaria contestazione, e, previa unificazione dei reati dal vincolo della continuazione (ad esclusione del capo 5), ha rideterminato la pena nei termini di cui sopra.


2. Avverso detta sentenza ha presentato ricorso per cassazione l'imputato, a mezzo del difensore, e ne ha chiesto l'annullamento per i seguenti motivi.


2.1. Con il primo motivo denuncia il vizio di violazione di legge in relazione all'art. 319 c.p. e di motivazione in ordine all'affermazione della responsabilità penale in ordine al capo 1).


Argomenta il ricorrente che la corte territoriale, contraddicendo le conclusioni a cui era giunto il Giudice dell'Udienza preliminare del Tribunale di Aosta, avrebbe ritenuto sussistente l'accordo corruttivo in assenza di elementi probatori, rinvenibili dal compendio intercettato, del patto medesimo dal momento che era emersa unicamente la circostanza che il detenuto M. avesse chiesto alla madre il versamento di Euro 100 sul suo conto corrente e non vi sarebbe, nelle conversazioni intercettate, alcun riferimento all'imputato. La ricostruzione operata dal giudice dell'impugnazione secondo cui il M. avrebbe promesso denaro al ricorrente sarebbe meramente congetturale e priva di supporto probatorio. Il generico riferimento al fatto che l'imputato era solito farsi retribuire per l'utilizzo del suo telefono proviene da altro soggetto ( C.A.) della cui attendibilità v'e' motivo di dubitare. Quanto alle ricariche telefoniche dell'apparecchio in uso all'imputato, queste non potrebbero essere qualificate in termini di utilità economica integrante il reato di corruzione.


2.2. Con il secondo motivo denuncia il vizio di violazione di legge in relazione all'art. 322 c.p., comma 3 e di motivazione in ordine all'affermazione della responsabilità penale in ordine al capo 3). Argomenta il ricorrente che la condanna sarebbe fondata su un'unica conversazione registrata (quella del 6 ottobre 2014 n. 398) la cui lettura sarebbe sufficiente per convincersi dell'inesistenza degli elementi costitutivi del reato di istigazione alla corruzione dal momento che non è richiesta alcuna minaccia o oltra costrizione né tanto meno sarebbe ravvisabile l'atto delle sue funzioni oggetto di mercimonio, non avendo chiesto denaro alla madre del M. per compiere un atto dell'ufficio, ma semplicemente per acquistare un telefono cellulare per i figlio detenuto affinché avesse la possibilità di comunicare con la donna. Mancherebbe inoltre la "serietà" e "idoneità" della condotta non avendo compreso la donna la natura della sollecitazione e la finalità perseguita, nessuna sollecitazione sarebbe ravvisabile dal momento che l'imputato a fronte della risposta negativa non insistette.


2.3. Con il terzo motivo denuncia il vizio di violazione di legge in relazione all'art. 323 c.p., e di motivazione in ordine all'affermazione della responsabilità penale in ordine al capo 4). La censura si appunta sulla motivazione della corte territoriale che ha ritenuto integrato il reato di abuso di atti di ufficio per avere consentito l'utilizzo del suo apparecchio telefonico da parte di un detenuto che lo utilizzava per contatti con l'esterno, motivazione meramente congetturale e fondata sulle dichiarazioni fantasiose di C.A..


2.4. Con il quarto motivo denuncia la violazione di legge processuale in relazione alla nullità del capo di imputazione per indeterminatezza. Assume il ricorrente l'indeterminatezza del capo 5) dell'imputazione mancando delle componenti descrittive del fatto di reato di cui all'art. 640 c.p., indeterminatezza che non può essere ovviata attraverso un postumo rinvenimento di fonti probatorie e non essendo sufficiente l'affermazione che in concreto il diritto di difesa sarebbe stato esercitato.


2.5. Con il quinto motivo denuncia il vizio di violazione di legge in relazione all'art. 640 c.p. e di motivazione in ordine all'affermazione della responsabilità penale in ordine al capo 5). Non sarebbe prospettabile alcun inganno nella condotta dell'imputato che si era limitato a dichiarare al proprio medico curante di soffrire di mal di gola e di male ai denti senza alcuna falsificazione dei dati di realtà. Egli si sarebbe limitato a rappresentare al proprio medico circostanze di fatto sulla scorta delle quali il medico curante ha stilato il certificato medico, senza peraltro neppure effettuare alcun controllo e diagnosi, ed ha provveduto a rilasciare il certificato medico. Nella condotta dell'imputato non sarebbe ravvisabile alcun artificio o raggiro.


2.6. Con il sesto motivo denuncia il vizio di violazione di legge in relazione al D.P.R. n. 309 del 9 ottobre 1990, art. 73 comma 1, e di motivazione in ordine all'affermazione della responsabilità penale in ordine al capo 7). Non vi sarebbe in atti alcuna prova che l'imputato detenesse sostanza stupefacente non essendo dimostrabile l'acquisto sulla scorta delle conversazioni tra il 18 e 21 ottobre 2014. Trattandosi di c.d. droga parlata non sarebbero stati osservati i requisiti più stringenti di valutazione della prova.


2.7. Con il settimo motivo denuncia il vizio di violazione di legge di motivazione in relazione all'assenza della prova della capacità drogante della sostanza stupefacente in assenza di sequestro della stessa, nonché della natura della stessa sostanza.


2.8. Con l'ottavo motivo denuncia il vizio di violazione di legge in relazione all'art. 193 comma 3 c.p.p. e di motivazione in ordine all'affermazione della responsabilità penale in ordine al capo 8), fondata su una chiamata in correità (dichiarazioni rese da P.D.) in assenza di riscontri.


2.9. Con il nono motivo denuncia il vizio di violazione di legge e di motivazione in ordine al diniego di riconoscimento del fatto di lieve entità ai sensi dell'art. 73 comma 5 D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 in relazione ai capi 6), 7) e 8).


2.10. Con il decimo motivo denuncia il vizio di violazione di legge in relazione all'art. 323 bis c.p. e di motivazione in ordine alla mancata concessione della circostanza attenuante del fatto di particolare tenuità in relazione ai capi 1), 3) e 4).


2.11. Con l'undicesimo motivo denuncia il vizio di motivazione in ordine al trattamento sanzionatorio e all'eccessivo aumento di pena per i reati posti in continuazione.


CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato con limitato riguardo alla contestazione di cui al capo 4) e la sentenza va, sul punto, annullata senza rinvio perché il fatto non sussiste. Nel resto il ricorso è infondato e va, pertanto, rigettato.


2. Non è fondato il primo motivo di ricorso con cui si contesta la motivazione sull'affermazione di responsabilità per il reato di corruzione propria come contestata nel capo 1).


La sentenza impugnata con logica motivazione aderente al dato processuale ha ritenuto dimostrato il patto corruttivo tra l'imputato e il detenuto avente ad oggetto l'utilizzo del telefono cellulare del primo da parte del secondo per comunicare con l'esterno in cambio del versamento di una somma di denaro sul conto corrente del detenuto e di due ricariche telefoniche.


Da pacifiche circostanze di fatto ovvero l'utilizzo del telefono dell'imputato da parte del detenuto M. per comunicare con l'esterno, la richiesta del detenuto rivolta alla madre di accreditare sul suo conto corrente la somma di Euro 100,00 e l'avere eseguito costei due ricariche telefoniche dell'apparecchio telefonico dell'imputato, la sentenza impugnata ha valorizzato le dichiarazioni di altro soggetto, C.A., detenuto, presso la medesima casa circondariale nel medesimo lasso di tempo, che aveva riferito che l'imputato era solito offrire ai detenuti il proprio telefono per consentire le comunicazioni con l'esterno in cambio di somme di denaro variabili tra Euro 50-100. La sentenza impugnata, all'esito di una valutazione complessiva degli elementi obiettivi e delle dichiarazioni rese da altro detenuto, ha tratto in via logica la prova del patto corruttivo e l'ha argomentata con motivazione logica e come tale non manifestamente illogica, unico profilo del vizio denunciabile ai sensi dell'art. 606 c.p.p., comma 1 lett. e). Ora, a fronte della generica contestazione circa l'attendibilità del portato dichiarativo del C., la censura difensiva, che contesta la logicità della motivazione, non è fondata.


Giova rammentare che l'indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di cassazione essere limitato - per espressa volontà del legislatore - a riscontrare l'esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari punti della decisione impugnata. L'illogicità della motivazione, come vizio denunciabile, deve essere evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile ictu oculi, dal testo della sentenza o da altri atti specificamente indicati, situazione non sussistente nel caso in esame. Tale non è la motivazione sull'affermazione di responsabilità per il reato di corruzione per atto contrario ai doveri d'ufficio.


3. Anche il secondo motivo non è fondato. Al netto della richiesta di rivalutare il contenuto della conversazione del 6 ottobre 2014 n. 398, secondo cui, nell'interpretazione alternativa che ne dà il ricorrente, senza peraltro dedurre un travisamento della prova, l'imputato avrebbe chiesto la somma di denaro di Euro 1000,00 alla madre del M. per l'acquisito di un telefono per conto del detenuto, la sentenza impugnata, dalla circostanza pacifica della richiesta di siffatta somma di denaro, desunta dal contenuto inequivoco della conversazione intercettata, valorizzando il contesto fattuale in cui si inseriva tale richiesta (secondo le dichiarazioni del C. l'imputato era solito chiedere denaro in cambio dell'utilizzo del suo telefono per comunicare con l'esterno) ha ritenuto provata la condotta di istigazione, stante la serietà della richiesta con giudizio ex ante considerato in contesto ambientale di cui si è già detto, con giudizio che non presta in fianco a rilievi di illogicità manifesta. La condotta di istigazione, contestata, nel capo 3), si inserisce in un contesto ben preciso nel quale l'imputato, agente delle polizia penitenziaria, consentiva l'utilizzo da parte dei detenuti del proprio telefono per le comunicazioni all'esterno e per questo si faceva retribuire, da cui la serietà, valutata con giudizio ex ante, della condotta di istigazione che si qualifica come una richiesta formulata dal pubblico agente al privato senza esercitare pressioni, risolvendosi nella prospettazione di un mero scambio di "favori", connotato dall'assenza di ogni tipo di minaccia diretta o indiretta e si distingue sia da quella di costrizione, cui fa riferimento il novellato l'art. 317 c.p., che da quella di induzione, caratterizzante la nuova ipotesi delittuosa di cui all'art. 319-quater c.p., (Sez. 6, n. 18125 del 22/10/2019, Bolla, Rv. 279555 - 12).


3. E' fondato il terzo motivo di ricorso là dove censura l'affermazione della responsabilità penale per il reato di cui all'art. 323 c.p. per avere, secondo la contestazione per la quale ha riportato condanna, in violazione di legge, introdotto il suo telefono nella casa circondariale e poi concesso l'uso ad un detenuto, non identificato, consentendogli di contattare i parenti di altro detenuto, in tal modo procurando all'ignoto detenuto un illecito vantaggio patrimoniale consistito nell'utilizzo del cellulare in sua disponibilità.


Va osservato, incidentalmente, che non assume rilievo, quanto al caso in esame, la modifica normativa all'art. 323 c.p., per effetto del D.L. n. 76 del 16 luglio 2020, art. 23, "Misure Urgenti per la semplificazione e l'innovazione digitale", conv. con mod. nella L. 11 settembre 2020, n. 120, secondo cui all'art. 323 comma 1 c.p., le parole "di norme di legge o di regolamento," sono sostituite dalle seguenti: "di specifiche regole di condotta espressamente previste dalla legge o da atti aventi forza di legge e dalle quali non residuino margini di discrezionalità", essendo la condotta contestata all'imputato in violazione di legge come indicato nel capo di imputazione. Ciò premesso, il delitto di abuso d'ufficio è integrato dalla doppia e autonoma ingiustizia, sia della condotta (che deve essere connotata da violazione di norme di legge o di regolamento), che dell'evento di vantaggio patrimoniale (che deve risultare non spettante in base al diritto oggettivo), con la conseguenza che il reato richiede l'accrescimento "contra ius" della sfera patrimoniale di un privato che derivi dalla deliberata strumentalizzazione della funzione da parte del pubblico agente che, abusando della sua funzione per finalità di carattere privatistico, abbia violato specifici parametri normativi al fine di favorire o danneggiare qualcuno (Sez. 6, n. 17676 del 18/03/2016, Florio, Rv. 267171 - 01). Quanto al vantaggio patrimoniale, deve determinare di per sé un beneficio economicamente apprezzabile, nel senso che deve avere un connotato di intrinseca patrimonialità oppure deve derivare dalla creazione di una condizione più favorevole sotto il profilo economico, non potendosi considerare sufficiente il determinarsi di una situazione solo indirettamente o potenzialmente valutabile economicamente (Sez. 6, n. 39259 del 20/09/2005, Rv. 232582 - 01).


Quanto al caso in esame, non è configurabile un vantaggio economicamente apprezzabile, nei termini sopra indicati, nella condotta dell'agente penitenziario che, violando le disposizioni di legge che regolano la materia, ha dapprima introdotto il telefono cellulare e poi consentito che un detenuto lo utilizzasse per effettuare una comunicazione. Vantaggio patrimoniale individuato nell'utilizzo del telefono da parte di quest'ultimo per effettuare una chiamata che la corte territoriale ritiene avente natura patrimoniale (cfr. 18) senza alcuna indicazione del profilo di apprezzabilità dello stesso nei termini sopra indicati. Ed anzi, l'individuazione del vantaggio patrimoniale nel risparmio del costo della telefonata, come emerge dalla sentenza impugnata, per l'ignoto detenuto non appare in alcun modo economicamente apprezzabile. Consegue l'insussistenza del fatto per mancanza di un requisito della fattispecie di cui all'art. 620 lett. I) c.p.p. 232 c.p. e la sentenza va sul punto annullata senza rinvio, ai sensi dell'art. 620 lett. I) c.p.p., per effetto dell'annullamento senza rinvio deve essere rideterminata la pena, poiché la sentenza impugnata ha specificatamente indicato il quantum di pena inflitto per il reato, nella misura di mesi due e Euro 500,00 di multa (ridotta per il rito a mesi uno e giorni 10 di reclusione e Euro 334,00 di multa) frazione di pena che dovrà essere eliminata.


4. Non sono fondati il quarto e quinto motivo di ricorso con cui si censura la motivazione della sentenza sull'affermazione di responsabilità per il reato di truffa.


Al limite dell'inammissibilità appare la censura di nullità del capo di imputazione per indeterminatezza, che neppure si confronta con la motivazione della corte territoriale che, a pag. 23, ha rilevato come il fatto fosse ben determinato con riferimento alle certificazioni sanitarie tramesse dall'imputato all'amministrazione di appartenenza, e, dunque, in suo possesso, per giustificare l'assenza dal servizio, nel periodo tra il 28/09/2014 e 27/10/2014, da cui anche l'indicazione del tempus commissi delicti, indicazione che avevano consentito di esercitare pienamente la difesa. Infatti, come stabilito da questa Corte, ai fini della completezza dell'imputazione, è sufficiente che il fatto sia contestato in modo da consentire la difesa in relazione ad ogni elemento di accusa, sicché è legittimo il ricorso al rinvio agli atti del fascicolo processuale, purché si tratti di atti intellegibili, non equivoci e conoscibili dall'imputato (Sez. 5, n. 10033 del 19/01/2017, dep. 01/03/2017, Ioghà e altro, Rv. 269455).


Quanto alla correttezza della motivazione è sufficiente dare atto di quanto scrivono i giudici territoriali; l'imputato aveva trasmesso all'Amministrazione di appartenenza dei certificati rilasciati dal medico di base attestanti quanto riferito dall'imputato (certificati contenenti l'anamnesi indicata dal G.) sulla base dei quali giustificava l'assenza dal servizio per ragioni di salute e, al contempo, trattandosi di fatti contrari al vero poiché era risultato che il predetto nei giorni di assenza dal servizio per ragioni di malattia si recava a (OMISSIS), in (OMISSIS) e finanche allenava una squadra di calcio (cfr.pag. 9-10), induceva in errore l'amministrazione di appartenenza che erogava, sulla base della falsa rappresentazione della realtà, la retribuzione prevista in tali casi. Non è questione di accertamento della falsità del certificato medico (correttamente il medico non è stato imputato), ma di pre-costituzione di un certificato medico basato su una falsa rappresentazione di un fatto (mal di gola e mal di denti) che, prodotto all'ente pubblico, lo induceva in errore in relazione al diritto della corresponsione degli emolumenti per il caso di assenza dal servizio per ragioni di salute.


5. Con il sesto e settimo motivo il ricorrente ripropone i medesimi argomenti già dedotti in appello con riguardo all'affermazione della responsabilità, senza confrontarsi con le puntuali risposte fornite dalla Corte territoriale, il che costituisce causa d'inammissibilità del ricorso (Sez. 6, n. 20377 del 11/03/2009, Arnone e altri, Rv. 243838) ed è anche diretto a richiedere una lettura dei fatti alternativa (contenuto delle conversazioni telefoniche) a quella già effettuata dai giudici di appello, e, in parte generico, laddove deduce la violazione dei canoni ermeneutici di valutazione della prova.


Con il sesto motivo di ricorso si contesta la motivazione della sentenza con la quale è stato ritenuto responsabile del reato di cui al D.P.R. n. 309 del 9 ottobre 1990, art. 73 comma 1, per avere acquistato e detenuto grammi 40 di cocaina per il corrispettivo di Euro 800,00, fatto commesso il 22 ottobre 2014 (capo 7).


L'affermazione di responsabilità per il capo 7), oggetto di doppio conforme accertamento, poggia su un solido apparato argomentativo costituito dalle risultanze delle intercettazioni telefoniche tra il medesimo e tale P., nelle quali il primo ordina 40 grammi di sostanza stupefacente (venti e venti), dai servizi di o.c.p. da cui era risultato che l'imputato si era recato in (OMISSIS) all'indirizzo del P. e si era trattenuto con questi per dieci minuti, e dalla successiva telefonata nella quale si lamenta della qualità dello stupefacente. Nessun dubbio sul fatto che lo scambio aveva ad oggetto sostanza stupefacente deponendo il contenuto delle conversazioni riportate a pag. 20, tra cui quella in cui si lamenta della consegna di quella dura, in un contesto nel quale, si rammenta pochi giorni dopo, l'imputato è stato tratto in arresto in flagranza del reato di cui al D.P.R. n. 309 del 9 ottobre 1990, art. 73 comma 1 (capo 6).


6. Alla stessa sorte non si sottrae il settimo motivo in quanto, in tema di reati concernenti gli stupefacenti, per stabilire l'effettiva natura di una sostanza e la capacità drogante non è necessaria l'effettuazione di una perizia tossicologica, essendo sufficienti altri mezzi di prova, quali le dichiarazioni testimoniali o confessorie e le risultanze degli accertamenti di polizia o di altri indizi gravi, specifici e concordanti (Sez. 3, n. 18611 del 18/01/2019, Aigbe', Rv. 275704 01). A tali principi si è attenuta la corte territoriale là dove a pag. 20 ha argomentato la natura e quantità di sostanza stupefacente dal contenuto delle conversazioni registrate.


7. L'ottavo motivo che contesta la motivazione e la violazione di legge in relazione alla valutazione della prova, in relazione alla cessione di grammi 25 di cocaina a P.D. (giudicato separatamente perché arresto in flagranza di reato di violazione legge stupefacenti) al prezzo di Euro 1.200,00 non è fondato.


Le dichiarazioni di P.D., giudicato separatamente, che aveva dichiarato di avere acquisito lo stupefacente dall'imputato, sono state correttamente valutate e utilizzate ai sensi dell'art. 192 c.p.p., comma 3 là dove i giudici territoriali danno atto dei riscontri ricavati dai numerosi messaggi di testo SMS intercorsi tra l'imputato e il P. (cfr. pag. 21) da cui emergeva l'impazienza e il disappunto dell'imputato per il mancato pagamento integrale del prezzo e la rassicurazione del secondo dell'intenzione di saldare il debito, in un contesto nel quale l'imputato non aveva spiegato i rapporti con il P. che era un noto tossicodipendente.


8. Il diniego di riconoscimento del fatto di lieve entità, ai sensi del D.P.R. n. 309 del 9 ottobre 1990, art. 73 comma 5, oggetto del nono motivo di ricorso, è stato adeguatamente argomentato (peraltro sul punto la corte territoriale ha accolto l'appello del Pubblico Ministero) in ragione del dato ponderale (tra l'altro si consideri che oltre alla c.d. droga parlata del capo 7) vi è il sequestro di grammi 42,47 di cocaina avvenuto il 28 settembre 2014 di cui al capo 6) e della dimostrata organizzazione dell'attività di spaccio che, secondo i giudici territoriali, qualificavano il predetto quale "anello intermedio" nella catena dell'attività illecita e come tale incompatibile con il fatto di lieve entità.


9. Il decimo motivo di ricorso con cui si lamenta violazione di legge in relazione al diniego di riconoscimento della circostanza attenuante di cui all'art. 323 bis c.p. con riguardo ai capi 1), 3) è infondato.


La circostanza attenuante speciale prevista per i fatti di particolare tenuità ricorre quando il reato, valutato nella sua globalità, presenta una gravità contenuta, dovendosi a tal fine considerare non soltanto l'entità del danno economico o del lucro conseguito, ma ogni altra caratteristica della condotta, dell'atteggiamento soggettivo dell'agente e dell'evento da questi determinato. (Sez. 6, n. 30178 del 23/05/2019, Fundarò, Rv. 276280 - 01; Sez. 6, n. 14825 del 26/02/2014, Di Marzio, Rv. 259501 - 01; Sez. 6, n. 8295 del 09/11/2018, Santimone, Rv. 275091 - 01).


Ciò premesso, tenuto conto che per il capo 4) la sentenza va annullata senza rinvio perché il fatto non sussiste e che per il capo 1) la corruzione ha ad oggetto oltre alle due ricariche telefoniche anche la somma di Euro 100,00, la motivazione della sentenza pare del tutto congrua avendo la corte territoriale escluso, alla luce dei parametri indicati dalla giurisprudenza di legittimità, che i fatti di cui ai capi 1) e 3) per le caratteristiche dell'azione potessero essere ritenuti di particolare tenuità in un contesto nel quale la malattia (ludopatia) non può assurgere ad elemento psicologico valutabile.


10. L'ultimo motivo che si appunta sul trattamento sanzionatorio e, in particolare, sugli aumenti per la continuazione (con esclusione del capo 5), appare manifestamente infondato.


Al riguardo deve osservarsi che nell'ipotesi in cui la determinazione della pena non si discosti eccessivamente dai minimi edittali, il giudice ottempera all'obbligo motivazionale di cui all'art. 125, comma 3, c.p.p., anche ove adoperi espressioni come "pena congrua", "pena equa", "congruo aumento", ovvero si richiami alla gravità del reato o alla personalità del reo (Sez. 3, n. 33773 del 29/05/2007 Ruggeri, Rv. 237402), principio a cui si è attenuta la Corte d'appello che, tenuto conto dei limiti di pena, ha specificatamente indicato i singoli aumenti per ciascun reato posto in continuazione a pag. 26 con motivazione oltremodo specifica e adeguata.


11. Conclusivamente, la sentenza va annullata senza rinvio in relazione al capo 4), nel resto il ricorso va rigettato.


L'indicazione specifica di ciascun aumento di pena in relazione a ciascun reato consente a Questa Corte di legittimità di procedere alla rideterminazione della pena complessiva, ai sensi dell'art. 606 c.p.p., lett, I), per effetto dell'annullamento della sentenza con riguardo al capo 4) per il quale era stata inflitta la pena di mesi due e Euro 500,00 di multa, ridotta per il rito a mesi uno e giorni 10 di reclusione e Euro 334,00 di multa, pena che elimina.


12. Infine, si dispone che copia del presente dispositivo sia trasmessa all'Amministrazione di appartenenza del dipendente pubblico a norma dell'art. 154 ter disp. att. c.p.p..


P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al reato di cui al capo 4) dell'imputazione perché il fatto non sussiste ed elimina la corrispondente pena di mesi uno e giorni 10 di reclusione e Euro 334,00 di multa. Rigetta nel resto il ricorso.


Dispone che, ai sensi dell'art. 154 ter disp. att. c.p.p. il presente dispositivo sia trasmessa all'Amministrazione di appartenenza del ricorrente.


Così deciso in Roma, il 03 marzo 2022.


Depositato in Cancelleria il 13 maggio 2022

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