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Lavoro di pubblica utilità: in caso di revoca va sottratta nel ricalcolo la pena già scontata


Sentenze della cassazione in materia di guida in stato di ebbrezza

La massima

La revoca della sanzione sostitutiva del lavoro di pubblica utilità, disposta per mancata osservanza delle prescrizioni, comporta il ripristino della sola pena residua, calcolata sottraendo dalla pena complessivamente inflitta il periodo di positivo svolgimento dell'attività, mediante i criteri di ragguaglio dettati dall' art. 58 d.lg. 28 agosto 2000, n.274 (Cassazione penale , sez. IV , 28/01/2022 , n. 4176).

Fonte: Ced Cassazione Penale



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La sentenza

RITENUTO IN FATTO

1. Il Gip del Tribunale di Cosenza ha revocato la sanzione sostitutiva del lavoro di pubblica utilità di giorni centoventisei presso il Comune di (OMISSIS), disposta con la pronuncia 227/19 del 27.06.2019 in quanto dalla relazione dell'UEPE risultava che l'imputato non aveva effettuato parte del lavoro di pubblica utilità residuando 24 giorni, non ha rispettato il limite orario giornaliero, non ha preso contatti con l'UEPE, ha interrotto i lavori senza alcuna motivazione dal 26.08.2020.


2. Avverso la suddetta s ordinanza di revoca ricorre il difensore dell'imputato, deducendo:


I) violazione di legge e vizio per illogicità della motivazione in quanto nel ripristinare la pena originaria non ha tenuto conto dei periodo di lavoro di pubblica utilità effettuato;


II) violazione del D.Lgs. n. 285 del 1992, art. 186, comma 9 bis in quanto buona parte del lavoro di pubblica utilità era stato espletato e residuavano solo 24 giorni lavorativi e la pena detentiva pertanto doveva essere applicata solo per la parte residua.


3. Il procuratore generale in sede con requisitoria scritta ha chiesto l'annullamento con rinvio dell'ordinanza.


CONSIDERATO IN DIRITTO

1.L'ordinanza impugnata ha giustificato la decisione assunta di revoca del beneficio dell'ammissione al lavoro di pubblica utilità in ragione della condotta tenuta dal condannato durante l'esecuzione, che ha stigmatizzato come inottemperante all'obbligo del rispetto della puntualità e della continuità della prestazione; ha quindi apprezzato la gravità dei comportamenti e l'interruzione ingiustificata del lavoro di pubblica utilità dal 26.08.2020.


2. Merita accoglimento la censura che segnala il vizio di violazione di legge in riferimento alla ammissione al lavoro di pubblica utilità ed al ripristino dell'intera pena sostituita, come determinata nella sentenza di applicazione della pena ex art. 444 c.p.p..


2.1 Il ricorso pone la questione in punto di diritto dell'individuazione degli effetti derivanti dall'interruzione del lavoro di pubblica utilità, quale pena sostituiva applicata al condannato ai sensi dell'art. 186 C.d.S., comma 9 bis e del conseguente provvedimento di revoca, imponendo di verificare se operi in via retroattiva senza assegnare alcuna rilevanza al periodo di lavoro già svolto, oppure se debba tenersene conto mediante lo scomputo dalla pena residua ancora da eseguire, previo ragguaglio.


Nel caso in esame il giudice di merito ha ripristinato la sanzione originaria.


2.2 Rileva il Collegio che la norma di riferimento è costituita dall'art. 186, comma 9-bis citato stabilisce che in caso di violazione degli obblighi connessi al lavoro di pubblica utilità il giudice che procede o il giudice dell'esecuzione dispone "la revoca della pena sostitutiva con ripristino di quella sostituita e della sanzione amministrativa della sospensione della patente di guida e della confisca". Di per sé la disposizione nel suo testuale tenore prescrittivo e nell'interpretazione letterale per l'uso del verbo ripristinare pare significare l'eliminazione per il futuro della pena sostitutiva e l'applicazione di quella originariamente inflitta e sostituita con il lavoro di pubblica utilità, senza testualmente disporre alcunché per il caso in cui tale misura punitiva abbia trovato attuazione concreta sino alla violazione delle relative prescrizioni e quindi nemmeno disciplinare positivamente gli effetti prodotti dalla revoca disposta.


2.2.1 Ritiene questa Collegio di ribadire il principio affermato da questa Corte di legittimità secondo cui la revoca della sanzione sostitutiva del lavoro di pubblica utilità, disposta per mancata osservanza delle prescrizioni, comporta il ripristino della sola pena residua, calcolata sottraendo dalla pena complessivamente inflitta il periodo di positivo svolgimento dell'attività, mediante i criteri di ragguaglio dettati dal D.Lgs. 28 agosto 2000, n. 274, art. 58. (Sez. 1, n. 32416 del 31/03/2016 Cc. (dep. 26/07/2016) Rv. 267456 - 0).


E' stato osservato infatti che, entrambi gli artt. 186 e 187 C.d.S. operano il richiamo esplicito, in quanto compatibile, all'istituto del lavoro di pubblica utilità come disciplinato dal D.Lgs. n. 274 del 2000, che regola il procedimento davanti al giudice di pace e prevede le sanzioni irrogabili per i reati attribuiti alla sua competenza; viene in rilievo in particolare il disposto dell'art. 58, secondo il quale ad ogni effetto giuridico l'obbligo di permanenza domiciliare ed il lavoro di pubblica utilità si considerano come pene detentive della specie corrispondente a quella della pena originaria. Ritiene questa Corte che la limitazione della libertà personale subita da chi abbia espletato attività lavorativa nell'interesse della collettività costituisce per l'ordinamento sanzione detentiva espiata e non misura alternativa alla carcerazione secondo la disciplina dettata per gli istituti previsti dall'ordinamento penitenziario.


Deve ritenersi che il comportamento del condannato inadempiente che non si sia del tutto sottratto all'esecuzione dell'attività impostagli a titolo di sanzione para-detentiva, ma ne abbia violato gli obblighi dopo una prima fase esecutiva caratterizzata da svolgimento regolare, susciterebbe una duplice reazione dell'ordinamento, da un lato la sanzione penale per il reato commesso ai sensi del D.Lgs. n. 274 del 2000, art. 56 e dall'altro il prolungamento della durata della pena originaria sostituita per effetto della revoca. Per evitare tale irragionevole inasprimento punitivo, che pone nel nulla il pur corretto comportamento esecutivo tenuto, seppur temporalmente limitato, e che finirebbe per contrastare la finalità rieducativa del reo, cui anche il lavoro di pubblica utilità tende, è stato affermato il seguente principio di diritto che questo Collegio ribadisce secondo cui "l'inosservanza degli obblighi inerenti il lavoro di pubblica utilità può comportarne la revoca, ma l'adozione di tale provvedimento impone al giudice, quanto agli effetti della revoca stessa, di tener conto del periodo di lavoro espletato sino al momento della commessa trasgressione e, previa effettuazione del ragguaglio dei giorni di lavoro non prestato con la pena detentiva sostituita secondo i criteri di cui al D.Lgs. n. 274 del 2000, art. 58, di scomputarlo dalla restante pena ancora da eseguire nelle forme ordinarie" (Sez. 1, n. 42505 del 23/09/2014, Di Giannatale, rv. 260131; Sez. 1 n. 46551 del 25.05.2017).


2.2.2. Poiché il provvedimento in verifica non si è attenuto ai superiori criteri interpretativi, ma ha in via automatica disposto la revoca retroattiva della pena sostitutiva senza condurre alcuna indagine in merito ai complessivi comportamenti tenuti dal ricorrente, alla individuazione temporale delle violazioni compiute e alla loro incidenza sul periodo di esecuzione della sanzione sostitutiva, in ciò incorrendo in violazione di legge, lo stesso va annullato con rinvio al Tribunale di Cosenza per il rinnovato esame della richiesta di revoca che dovrà svolgersi alla luce del principio di diritto sopra affermato.


P.Q.M.

Annulla l'ordinanza impugnata, limitatamente agli effetti della revoca del lavoro di pubblica utilità e rinvia sul punto al Tribunale di Cosenza.


Così deciso in Roma, il 28 gennaio 2022.


Depositato in Cancelleria il 7 febbraio 2022

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