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Atti persecutori: le condotte reiterate configurano il reato anche con lunghe pause

Stalking

Cassazione penale sez. V, 17/09/2024, n.40304

Il delitto di atti persecutori (art. 612-bis c.p.), reato abituale e di danno, si configura attraverso la reiterazione di condotte persecutorie che, considerate nel loro complesso, determinano l'evento lesivo. La rilevanza giuridica non è attribuita alla datazione dei singoli atti, ma alla loro identificabilità come segmenti di una condotta unitaria, causalmente orientata alla produzione dell'evento, anche quando intervallati da un prolungato lasso temporale. Eventuali pause tra le condotte o richieste di ammonimento non interrompono necessariamente la sequenza causale.

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La sentenza integrale

RITENUTO IN FATTO 1. Con ordinanza del 25 maggio 2024, il Tribunale di Trento, a seguito dell'arresto di Po.Si. in ordine al reato di cui agli artt. 81 cpv e 612 bis, cod. pen., non ha convalidato l'arresto, ritenendo il reato procedibile a querela, non potendosi ritenere rilevante, ai fini della procedibilità d'ufficio, la circostanza che l'indagato era stata ammonito l'8 agosto 2017, tenuto conto della notevole distanza temporale, della assenza in atti del provvedimento del Questore e del suo riferimento ad altra e diversa serie delittuosa dal momento che l'indagato è stato già giudicato e condannato per i fatti pregressi coperti da giudicato. In particolare, per il Tribunale lo iato temporale tra i fatti in precedenza contestati al Po.Si. e quelli della odierna vicenda processuale non consentiva di attualizzare l'ammonimento, rendendo il delitto di atti persecutori contestato procedibile d'ufficio. 2. Contro l'ordinanza, il Pubblico Ministero presso il Tribunale di Trento ha proposto ricorso deducendo violazione e falsa applicazione dell'art. 8, comma 4, L. n. 38 del 2009. 3. Con requisitoria scritta il Sostituto Procuratore Generale, Francesca Ceroni, ha concluso per l'annullamento senza rinvio, condividendo le ragioni del ricorso. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso promosso dal P.M. avverso l'ordinanza di non convalida dell'arresto è fondato e deve essere accolto. 2. Innanzitutto va premesso che il delitto previsto dall'art. 612-bis c.p., che ha natura di reato abituale e di danno, è integrato dalla necessaria reiterazione dei comportamenti descritti dalla norma incriminatrice e dal loro effettivo inserimento nella sequenza causale che porta alla determinazione dell'evento, che, pur manifestandosi solo a seguito della consumazione dell'ennesimo atto persecutorio, deve essere il risultato della condotta persecutoria nel suo complesso. Ciò che rileva, non è tanto la datazione dei singoli atti, quanto la loro identificabilità quali segmenti di una condotta unitaria, causalmente orientata alla produzione dell'evento (Sez. 5, n. 7899 del 14/01/2019, P., Rv. 275381 - 01). In questa cornice, diversamente da quanto sostenuto dal Tribunale, né la richiesta di ammonimento né, tantomeno, il lasso di tempo trascorso tra lo stesso e le condotte da ultimo oggetto di querela, costituiscono necessariamente una cesura nell'ambito della serie causale determinativa dell'evento. Ed invero, come ha avuto modo di affermare più volte questa Corte "il delitto di atti persecutori è configurabile anche quando le condotte di violenza o minaccia integranti la "reiterazione" criminosa siano intervallate da un prolungato lasso temporale" (Sez. 5, n. 30525 del 22/04/2021, C., Rv. 281699), rilevando esclusivamente l'identificabilità delle stesse, ancorché distanti nel tempo, quali segmenti di una condotta unitaria, causalmente orientata alla produzione dell'evento. 3. L'ammonimento è un "comando" a carico del prevenuto, che rimane in ogni caso libero di aderirvi o meno senza che ciò comporti di per sé alcuna sanzione penale, e trova il suo presupposto nella segnalazione di fatti riconducibili all'art. 612-bis cod. pen. che rimangono suscettibili di accertamento in sede penale se, come nella specie, nonostante l'ammonimento, sono seguiti da ulteriori condotte espressione del medesimo comportamento molesto. Non a caso l'art. 8, commi 3 e 4, D.L. 23 febbraio 2009, n. 11, conv. con mod. dalla I. 23 aprile 2009, n. 38, come successivamente modificato dal D.L. 14 agosto 2013, conv. con mod. dalla I. 15 ottobre 2013, n. 119 ricollega alle condotte illecite poste in essere nonostante l'ammonimento le conseguenze "rafforzate" della procedibilità di ufficio e dell'aggravamento ex lege della pena. Né sussistono dubbi sulla ricorrenza nel caso di specie dei presupposti della procedibilità di ufficio perché ciò che rileva, in tema di atti persecutori, ai fini della procedibilità d'ufficio, come del resto per la sussistenza della circostanza aggravante di cui all'art. 8, comma 3, D.L. 23 febbraio 2009, n. 11, conv. in I. 23 aprile 2009, n. 38, è che l'agente sia destinatario di ammonimento del questore (così in motivazione Sez. 5, n. 34474 del 03/06/2021 Rv. 281771 - 01). Né ovviamente ai fini indicati è necessario - a differenza di quanto sostenuto dal Tribunale - che vi sia coincidenza tra i fatti oggetto di segnalazione al questore e fatti poi ascritti all'imputato, ben potendo quelli oggetto di ammonimento non possedere gli stringenti requisiti di cui all'art. 612-bis cod. pen., pur rivelandosi potenzialmente atti ad assumere sulla base della loro concreta manifestazione fenomenica connotati delittuosi. Né coglie nel segno la tesi sostenuta nel provvedimento impugnato che valorizza - al fine di escludere la procedibilità d'ufficio - la distanza temporale tra l'ammonimento ed i fatti oggi contestati. Invero, questa Corte ha avuto modo di precisare che anche nel caso di provvedimento di ammonimento esplicitamente revocato, l'aggravante in esame, in ragione della ratio e del tenore letterale del comma terzo dell'art. 8 citato, è da ritenersi configurabile, giacché essa ricorre "se il fatto è commesso da soggetto già ammonito" ovvero a prescindere dalla vigenza o meno dell'atto amministrativo in questione (Sez. 5, n. 34474 del 16/09/2021, M.L., Rv. 281771). Conforta tale interpretazione proprio la disposizione del citato comma quarto dell'art. 8, secondo la quale si "procede d'ufficio per il delitto previsto dall'art. 612-bis cod. pen. quando il fatto è commesso da soggetto ammonito ai sensi del presente articolo". È evidente, infatti, che è solo la circostanza della sussistenza di un precedente ammonimento a rilevare sia per la configurabilità dell'aggravante sia per la procedibilità di ufficio del reato, mentre si prescinde dalla considerazione dell'epoca in cui è stato emesso il provvedimento amministrativo e della vigenza dello stesso al momento della commissione degli atti persecutori. Né assume rilievo la circostanza della mancata indicazione dell'ammonimento da parte del P.M. nel capo di imputazione ovvero l'assenza del documento all'interno dal fascicolo, giacché è lo stesso Tribunale a dare atto dell'esistenza dell'ammonimento dell'8 agosto 2017 nella motivazione del provvedimento, fermo restando che il giudice avrebbe potuto d'ufficio acquisire l'atto amministrativo. In conclusione all'indagato è stato ascritto il delitto di atti persecutori (art. 612-bis cod. pen.) aggravato perché commesso da soggetto ammonito, segnatamente con provvedimento del Questore di Trento dell'8 agosto 2017. Dunque, il reato è procedibile d'ufficio ex art. 8, comma 4, cit., ragion per cui il Tribunale non avrebbe potuto non convalidare ritenendo la sua procedibilità a querela. 4. In linea con l'orientamento prevalente della Corte di legittimità (Sez. 2, n. 21389 del 11/03/2015, P.M. in proc. Morelli, Rv. 264026; Sez. 5, n. 12508 del 07/02/2014, P.M. in proc. Scognamiglio, Rv. 260000; Sez. 1, n. 5983 del 21/01/2009, P.M. in proc. Abdelsalam Ibrahim, Rv. 243358) deve pervenirsi all'annullamento senza rinvio della ordinanza di non convalida dell'arresto, attesa l'inutilità di investire il giudice a quo di una pronuncia che avrebbe valore meramente formale, essendo già stata riconosciuta in questa sede la legittimità dell'operato della polizia giudiziaria. 5. Va disposto l'oscuramento come da dispositivo, ai sensi dell'art. 52 D.Lgs. n. 196/2003. P.Q.M. Annulla senza rinvio l'ordinanza impugnata perché l'arresto è stato legittimamente eseguito. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma dell'art. 52 D.Lgs. n. 196/2003 in quanto imposto dalla legge. Così deciso in Roma il 17 settembre 2024. Depositato in Cancelleria il 31 ottobre 2024.
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