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Bancarotta preferenziale: ne risponde il liquidatore che dispone il pagamento del proprio compenso senza delibera societaria

Bancarotta preferenziale

Cassazione penale sez. V, 12/04/2018, n.32378

Risponde del reato di bancarotta preferenziale e non di bancarotta fraudolenta per distrazione il liquidatore che disponga in proprio favore il pagamento del compenso proporzionato alla quantità e alla qualità dell'attività prestata, ma in assenza di una corrispondente delibera societaria. (In motivazione, la Corte ha precisato che il delitto di bancarotta fraudolenta ricorre, invece, nel caso in cui l'amministratore si auto attribuisca un compenso sproporzionato all'attività svolta).

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La sentenza integrale

RITENUTO IN FATTO 1. F.M. è stato condannato in primo e secondo grado per bancarotta fraudolenta per distrazione, commessa in relazione al fallimento della (OMISSIS) srl, fallita il 25/5/2006, per avere, quale liquidatore della società, disposto a proprio favore il pagamento della somma di Euro 8.994,90, a titolo di compenso per l'attività prestata, in assenza di una corrispondente delibera societaria. 2. Contro la sentenza suddetta ha proposto ricorso per Cassazione il difensore dell'imputato, con due motivi. Col primo lamenta l'erronea applicazione dell'art. 219 L. Fall., in cui non rientrerebbe, a suo giudizio, la condotta a lui contestata; nonchè per mancanza di motivazione sull'elemento soggettivo. Col secondo eccepisce, in subordine, l'erroneo inquadramento della condotta nella fattispecie della bancarotta per distrazione, invece che in quella della bancarotta preferenziale. CONSIDERATO IN DIRITTO Il ricorso merita accoglimento per le ragioni e nei limiti di seguito esposti. 1. La più recente giurisprudenza di questa Corte è ferma nel ritenere che risponde di bancarotta preferenziale e non di bancarotta fraudolenta per distrazione l'amministratore che ottenga in pagamento di suoi crediti verso la società in dissesto, relativi a compensi e rimborsi spese, una somma congrua rispetto al lavoro prestato (Cass., n. 48017 del 10/7/2015, rv 266311; n. 5186 del 2/10/2013; n. 28077 del 15/4/2011). Tanto, perchè l'amministratore, come il liquidatore, è un creditore della società, che ha diritto ad un congruo compenso per l'attività svolta, sicchè l'autoliquidazione di somme a proprio favore altera la par condicio creditorum, ma non depaupera la società. 2. Non può condividersi, pertanto, la tesi del ricorrente, secondo cui la riforma del diritto societario del 2004 avrebbe fatto venir meno l'illiceità della condotta addebitata a F., in quanto l'art. 2630 c.c., ora abrogato, che sanzionava la percezione, da parte dell'amministratore, di compensi in violazione dell'art. 2389 c.c., si riferiva alle società in bonis, e non già a quelle in fase prefallimentare. L'abolizione della norma suddetta non ha fatto venir meno, pertanto, l'illiceità consistente nell'eseguire pagamenti a favore di creditori particolari, allorchè le condizioni economiche e finanziarie della società lascino prevedere uno sbocco verso il fallimento, con la conseguenza che ne risulti alterato il paritario trattamento dei creditori. 3. Non può condividersi nemmeno la conclusione dei giudici territoriali, secondo cui l'amministratore risponde sempre di bancarotta per distrazione (allorchè si ripaghi del lavoro svolto verso la società in assenza di corrispondente delibera assembleare), giacchè tale illecito insorge allorchè l'auto attribuzione concerna un compenso sproporzionato all'attività effettivamente svolta, e non già quando concerna un compenso proporzionato alla quantità e qualità del lavoro prestato. In tal caso, fermo restando il carattere illecito dell'operato dell'amministratore (conseguente alla violazione della normativa civilistica sul funzionamento della società), la condotta rientra nella previsione dell'art. 216, comma 3, L. Fall., perchè altera il paritario concorso dei creditori sui beni del fallito. 4. Consegue a quanto sopra che la sentenza va annullata con rinvio al giudice di merito, affinchè accerti la congruità, o meno, delle somme incassate dall'imputato rispetto all'attività svolta per la società e assuma le conseguenti determinazioni in ordine alla qualificazione della fattispecie. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame ad altra sezione della Corte d'appello di Bologna. Così deciso in Roma, il 12 aprile 2018. Depositato in Cancelleria il 13 luglio 2018
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